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Autore: Flos Ignis    21/12/2017    4 recensioni
"Quarta classificata e vincitrice del premio "Tra le Tenebre" per la miglior introspezione al contest “Cuore d’Ombra” indetto da Laodamia94 sul forum di Efp."
L'origine della vendetta, si sa, risiede fin troppo spesso nel dolore, nella perdita, nelle ingiustizie subite.
Scar ha seppellito il suo nome insieme alla sua gente, ha perso ogni cosa.
Quando la sua terra è stata macchiata dal sangue del popolo di Ishval, che con tanta cura e pazienza l'aveva scelta e resa abitabile, il destino di questo vendicatore senza nome ha avuto inizio.
Quando suo fratello si è staccato un braccio per permettergli di sopravvivere, la follia gli ha fatto compiere un gesto sconsiderato, per il quale ancora non sa quale punizione gli sarà riservata dalla divinità.
Ma non gli importa, perchè ormai è rimasto SOLO.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Scar
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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UNA SPERANZA ROSSO SANGUE







In un'altra vita era stato un monaco guerriero, un uomo al servizio del suo Dio. In un tempo non troppo lontano aveva vissuto in pace, pregando la divinità di Ishval e proteggendo il suo tempio perchè quella era la strada che aveva scelto quando, da ragazzo, aveva capito lo scopo della sua esistenza.

Una vita, la sua, a cui era stato dato un nome che aveva in sè dei significati che erano inesplicabili nella lingua di Amestris: parole come protezione, coraggio e lealtà non erano sufficienti per chiarire il fine ultimo della sua vita.

A Ishval il nome che veniva conferito dal loro Dio era un grande onore, ma soprattutto un sigillo per il destino di ognuno. E quello che era stato affidato a lui portava in sè un voto che lui aveva onorato con l'orgoglio nel cuore... almeno fino a quella maledetta guerra.

Il mio destino era di servire e proteggere, amare e custodire la fede e la vita del mio popolo. Mi era stato affidato il compito di essere lo scudo e la spada che avrebbe vegliato sulla mia gente.

Ed io... ho fallito.


Quando la guerra civile del suo Paese era sfociata in una guerra di sterminio il destino aveva virato così violentemente da travolgere il suo popolo e lasciarlo annientato. Le braccia armate che avevano brutalmente interrotto le vite dei suoi fratelli e sorelle erano quelle degli Alchimisti di Stato, quei cani bastardi senza fede o pietà che non avevano risparmiato nessuno.

Fratello, era davvero questa l'Alchimia a cui hai dedicato tutte le tue energie?

Suo fratello era stato tutta la sua famiglia: era stato un bambino curioso, un ragazzo genitle ma introverso e infine un uomo profondamente intelligente, che aveva dedicato i suoi studi alla scienza alchemica. Aveva perso il conto delle volte in cui, immune alle perplessità che gli venivano continuamente rivolte in forme più o meno evidenti di proteste dai loro conoscenti, aveva tentato di convincerlo che un giorno quel potere avrebbe potuto salvare il mondo. Anche quando la guerra aveva bussato alla loro porta, ancor più violenta delle tempeste di sabbia della loro terra, aveva cercato di mettere al sicuro i risultati delle sue ricerche arrivando al punto di tatuarsele sulle braccia.

La sua fede in quella disciplina diabolica non aveva mai vacillato, sembrava che fosse in grado di osservare un lontano futuro che loro nemmeno potevano immaginare. Aveva letto speranza nel suo sguardo fino all0ultimo istante e questo non l'avrebbe mai potuto dimenticare, perchè nel momento in cui si era parato davanti a lui per proteggerlo, quando era stato evidente che il filo della loro vita stava per essere reciso, al posto della rassegnazione o dell'odio che fin troppe volte erano rimasti impressi come ultimo bagliore negli occhi rossi della sua gente... suo fratello aveva provato speranza. Perchè lui non si era arreso. Alla morte, alla perdita, alla crudeltà.

Ciò che era accaduto inseguito, Scar lo ricordava sempre come il suo peggior incubo. Perchè era stato reale.

Prima di svenire a causa dell'impatto della tremenda esplosione che l'Alchimista Scarlatto aveva provocato, ricordava chiaramente di essersi specchiato in quei laghi di speranza rossa come il sangue che era stato versato, come quello che ancora scorreva nelle vene dei sopravvissuti.

Ma quando si era risvegliato, gli occhi che l'avevano accolto erano azzurri come il cielo che aveva ammirato da bambino sulle alture che circondavano il suo villaggio. Da quando la cenere e la polvere dei combattimenti avevano iniziato ad appestare l'aria, non era stato più possibile ammirarlo.

La sua vista in quei momenti era offuscata e la mente confusa, ma gli occhi preoccupati di quella dottoressa di Amestris li avrebbe portati con sè anche oltre la sua morte, insieme al senso di colpa nei suoi confronti.

Si chiedeva spesso se non sarebbe stato meglio morire quel giorno.

Perchè insieme a suo fratello, anche l'uomo che era stato aveva smesso di esistere. Aveva fallito nel suo compito, non era degno di portare il nome che il Dio di Ishval gli aveva affidato, perciò l'aveva seppellito insieme a tutto ciò che era e all'unica famiglia che aveva avuto.

Tutto ciò che rimaneva di quei giorni gli scorreva nelle vene insieme al sangue: una rabbia sorda che reclamava vendetta e l'alchimia incisa sul braccio destro che gli era stato donato in punto di morte.

La sola vista di esso l'aveva gettato in uno stato di panico tale che ogni pensiero era stato annicchilito in favore del puro istinto animale, quello delle bestie ferite quando si sentono aggredite.

Tutto ciò a cui aveva pensato in quei terribili minuti era il corpo smembrato di suo fratello, privatosi di un arto per donarlo a lui. Poteva solo immaginare il lancinante dolore che doveva aver provato quando aveva utilizzato l'Alchimia per staccarselo, resistendo alla tentazione di lasciarsi andare alle ferite e al sangue che lo circondava in un lago di macabro splendore scarlatto. Era debole e mortalmente ferito, ma aveva usato le sue ultime forze per salvarlo.

Il suo cadavere era stato probabilmente lasciato a sè stesso, riverso senza un pezzo di sè nel sangue che in vita aveva fatto di loro una famiglia e in cui ora sarebbe annegato il corpo di suo fratello.

E la vista di quel braccio attaccato al suo corpo era stata semplicemente troppo.

Perchè se non era riuscito a proteggere nessuno, allora voleva solo morire e raggiungere i suoi cari. Si era scagliato contro le persone che avevano scacciato la morte dalle sue membra ricucite insieme come in un grottesco e sadico puzzle, finendo per ucciderle. 

Erano state le sue prime vittime, quei due dottori. Ma non sarebbero state le ultime, anche se ancora non poteva saperlo allora.

Quando gli era tornato il senno, aveva ponderato seriamente di raggiungere il suo popolo e il suo Dio, ma non si era sentito degno di quella morte pietosa. Il grido solitario e disperato che il suo cuore continuava incessantemente ad emettere gli faceva ribollire il sangue e vibrare l'anima come se delle scosse telluriche cercassero di spaccare l'arida terra e le aguzze rocce che circondavano le case del popolo di Ishval.

Non c'è speranza, fratello mio, nè per questo mondo nè per me.

Era stato allora, quando aveva realizzato quanto fosse vuota la speranza che aveva illuminato gli occhi rossi di suo fratello nel suo ultimo anelito di vita, quando il suo nome era stato privato del suo significato e non era riuscito ad ottemperare alle responsabilità che gli avevano posato sulle spalle, che aveva ripudiato il suo passato. Non per vergogna, non perchè avesse perso la sua fede.

Ma perchè ho perso me stesso e tutto quello che dovevo proteggere. Perchè sono rimasto solo io, che sarei dovuto essere il primo a cadere per difendere gli altri. Perchè non sono più degno di essere chiamato uomo di Ishval.

La sua religione era pacifista, conservatrice, ferrea. Così gli era stato insegnato, così ancora credeva.

Non aveva più alcun diritto di essere un sacerdote del suo Dio. Perchè aveva perso tutto, ma non avrebbe infangato la memoria della sua gente con l'odio che aveva preso dimora nella sua anima.

Invaso da un sacro furore, fu così che iniziò il lungo cammino che l'avrebbe portato a vendicare le vite che erano state strappate alla sua terra.

Senza più un nome, una famiglia, una patria a cui fare riferimento.

Era rimasto solo. Solo, con i suoi demoni, la sua furia e l'unico scopo che gli impediva di ammazzarsi.

La vendetta.


 
  
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