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Autore: Samy92    26/12/2017    8 recensioni
Bulma parte per una missione di scienziati per andare nella Regione Polare a Nord della Terra, dopo aver brevettato una tecnologia per combattere il surriscaldamento globale. La scienziata più famosa del mondo, infatti, ha creato una molecola in grado di contrastare i gas serra. Non avrebbe mai potuto immaginare che, una volta arrivata tra il freddo dei deserti di ghiaccio, avrebbe fatto una scoperta che, forse, avrebbe cambiato per sempre la sua vita portandogli via la persona a cui, insieme a suo figlio, tiene di più: Vegeta.
Storia prima classificata al Contest “Come neve nella notte di Natale” indetto da Nede
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Goku, Nuovo personaggio, Trunks, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nick EFP/ Forum: Samy92 – Samy.92
Titolo: Amami senza lasciare traccia
Citazione canzone scelta: Neve, insegnami tu come cadere nelle notti che bruciano a nascondere ogni mio passo sbagliato
Rating: Arancione
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico
Note: Questa storia partecipa al Contest “Come neve nella notte di Natale” indetto da Nede.
 



Amami senza lasciare traccia 

 
Capitolo 1_ Scoperte e Segreti
 
La magia di quel momento si racchiuse tutta in quel bacio: le loro labbra si accarezzavano mentre la neve che accompagnava l’arrivo del Natale scendeva sopra di loro. In quello stesso momento le sette sfere si congelarono e in loro si creò una profonda crepa che le ridusse in mille pezzi. Al contrario, invece, il solco che si era creato nei loro cuori, grazie a quel bacio, finalmente veniva completamente risanato.
Vegeta aveva scelto lei e sarebbero stati così, insieme, per sempre.
 
Regione Polare a Nord della Terra, Novembre 778
 
Le prime luci dell’aurora avevano iniziato a colorare il cielo terso di un forte colore violaceo, striato solo dalle bande luminose che cambiavano velocemente colore, facendo passare gli archi aurorali per le diverse e assolutamente tutte bellissime tonalità che dal rosso diventavano di un più meraviglioso verde e azzurro.
Bulma se ne stava accoccolata con le ginocchia piegate contro il petto, seduta sulla neve sotto di lei, a fantasticare come quando era ancora una ragazzina di sedici anni, partita con solo un astuccio di capsule e un radar alla mano per andare a cercare delle sfere dei desideri: la sola razionalità umana avrebbe dovuto classificare quella assurda ricerca come una nozione ai limiti dell’assurdo.
Eppure, solo sei mesi prima, anche pensare che potesse esistere una particella in grado di assorbire completamente l’azione dei gas serra dall’atmosfera terrestre sarebbe stata etichettata come un qualcosa ai limiti dell’assurdo. Invece Bulma Brief, scienziata di punta della Capsule Corporation e, perché continuare a negarlo dopotutto, anche dell’intero pianeta, era riuscita a scovare la molecola di Ralgite e farla interagire con la ionosfera terrestre riuscendo a sintetizzare il veleno che si annidava nella stessa aria che respiravano.
Quella scoperta, però, l’aveva anche portata lontana da casa, insieme al suo staff e ad una folta schiera di trenta scienziati, per sei lunghi mesi. Il termine della spedizione era ancora lontano e, infondo, la mancanza di casa iniziava a pizzicarle il cuore. Le mancavano le urla scalmanate di Trunks, in netta contraddizione con i silenzi di Vegeta che però riuscivano a colmarle il cuore in ognuna delle loro diverse forme.
Fissava il cielo, avvolta in una pesante coperta termica, stringendosi con le braccia nella sua tuta, notandone ogni singola sfumatura, compresi gli angoli più bui che le ricordavano gli occhi scuri e profondi di colui che era, ormai a tutti gli effetti, suo marito. Sospirò profondamente, proprio pensando a Vegeta, godendosi gli ultimi istanti dell’aurora boreale, mentre il freddo condensava il suo respiro davanti ai suoi occhi in una nuvola di fumo.
Era passato quasi un anno da quando la minaccia di Majin Bu era svanita per sempre e molto, da quel punto in poi della sua vita, era cambiato. Con Vegeta era sempre stata una lotta e, soprattutto, lo era stata per i primi dieci buoni anni della loro vita insieme più vissuta come una sottospecie di relazione. Lo era ancora in realtà, una lotta, ma adesso riusciva ad affrontarlo con la certezza che, almeno per una volta, quando aveva scelto di morire, lo avesse fatto anteponendo lei e Trunks al suo orgoglio. Era cambiato e infondo, al tempo stesso, non lo era neanche poi così tanto, riuscendo a restare se stesso, solo un po’ migliorato. Ma, infondo, Bulma non lo avrebbe voluto diverso da quello che era. Forse…
Non riusciva a smettere di pensare che il principe dei Saiyan avrebbe potuto raggiungerla forse in meno di un’ora di volo. Eppure, per quanto lei desiderasse che fosse lì insieme a lei, Vegeta non si era mai fatto vedere. Non che se lo aspettasse, Bulma, ma il suo animo romantico non sarebbe mai guarito del tutto…
Sorrise di se stessa, per l’assurdità di quei pensieri e, consapevole che Vegeta mai e poi mai avrebbe fatto un qualcosa di quella categoria di gesti che lui avrebbe definito “inutili smancerie terrestri”, rientrò nel suo rifugio per riuscire a riprendere sonno per almeno qualche altra ora buona. Il giorno dopo ci sarebbe stata l’installazione definitiva dell’impianto per il rilascio delle molecole di Ralgite e nulla doveva, in nessun caso, andare storto…
 
***
 
“Trunks, hai fatto tutti i compiti?!”
Il fuso orario le aveva indicato che a casa sua, nella Città dell’Ovest erano appena le tre del pomeriggio e se Trunks voleva proprio che Goten lo raggiungesse alla Capsule Corporation avrebbe fatto meglio a non farsi trovare impreparato per le interrogazioni del giorno dopo. Guardò dallo schermo del pc il volto tenero e ancora paffuto del suo bambino di otto anni dai capelli lilla e gli occhi azzurri come i suoi, sbuffarle, prima che a prendere la parola e a dominare la scena fosse l’esuberanza di sua madre:
“Ma sicuro, tesoro! L’ho aiutato io stessa!” cinguettò Bunny, facendo alzare gli occhi azzurrissimi della figlia verso il cielo.
“Una garanzia, mamma!” borbottò tra sé e sé, prima di azzardare la domanda che tutti i giorni veniva posta e che trovava sempre la solita risposta.
“Trunks… dov’è tuo padre?!” chiese, con il masochistico desiderio di vederlo, anche senza poterlo toccare. Il loro rapporto era sempre stato molto fisico. Vegeta non parlava, Vegeta agiva e i loro contatti erano sempre stati la base imprescindibile della loro relazione.
“E’ nella Gravity Room…si sta allenando!” disse il bambino, masticando la merenda che la nonna gli aveva appena portato. Bulma sbuffò di nuovo:
Ovviamente” si ritrovò a pensare, sforzandosi di sorriderci di nuovo su. Era ben consapevole del destino a cui sarebbe andata incontro quando aveva, o forse non aveva affatto, deciso di innamorarsi di lui.
“Va bene, Trunks! Mi raccomando, tu e Goten fate i bravi e non fatelo arrabbiare… A presto, tesoro!” concluse mimandogli un bacio che Trunks corrispose prima di fuggire via dalla videochiamata.
Quando l’immagine di sua madre e del suo bambino svanì come una nuvola di fumo, Bulma richiuse il suo laptop, nello stesso istante in cui una mano fece una leggera pressione sulla sua spalla:
“Ti mancano, eh?!”
Il dottor Brief aveva assistito a tutta la scena, alle spalle di sua figlia, sorridendole per rincuorarla. Era una donna forte, sua figlia, ma tremendamente fragile quando si trattava di suo marito e di suo figlio, soprattutto dopo che aveva rischiato di perderli entrambi e, dopo solo un anno, non era sicuro che la ferita si fosse rimarginata del tutto.   
“Abbastanza, papà!” ammise fissando un punto davanti a sé, senza però perdersi d’animo. Se tutto fosse andato per il meglio, sarebbe riuscita a tornare a casa entro la settimana seguente. 
 
***
 
Una settimana dopo, nonostante qualche difficoltà incontrata durante l’installazione dell’impianto, i lavori erano completati. Avrebbero dovuto solo aspettare l’attivazione del diffusore di Ralgite che sarebbe avvenuta da lì a due settimane e, prima di quella scadenza, Bulma aveva deciso di approfittarne per tornarsene a casa per passare un po’ di tempo con la sua famiglia.
A pochi chilometri dalla distesa di ghiaccio in cui avevano installato il sistema di rilascio di Ralgite e dall’ acquartieramento degli scienziati, si ergeva il Villaggio Jingle e ormai, da diverso tempo, era abitudine di tutti gli scienziati e di tutti coloro che lavoravano alla base, recarsi in una piccola baita che per loro era diventato una sorta di punto di ritrovo in cui bevevano tazze fumanti di sidro bollente e mettevano qualcosa sotto i denti prima di tornare ognuno nei propri alloggi. Quella sera ritrovarsi aveva un sapore decisamente diverso, vista l’enorme vittoria che avevano riportato a casa gli scienziati.
Anche Bulma, come accadeva ogni sera, vi si recò a bordo della sua motoslitta, sapientemente confezionata da lei stessa in una delle sue Capsule Oplà e, come ogni sera, trovo già Kim, Ivar e Nikolai, tre dei suoi maggiori collaboratori della sede distaccata della Capsule Corporation della Città del Nord, già svaccati al bancone a scolare i loro boccali di sidro bollente mentre rivolgevano frasi tutt’altro che innocenti alla biondona e nordica barista di turno.
“Ehilà, Brief!” la salutò Ivar, un giovane alto e piazzato dai capelli rossicci e gli occhi azzurri, sbracciandosi per farle segno di raggiungerli, mentre Bulma si scrollava di dosso la neve che le si era attaccata sulla tuta a causa delle bufere di neve che puntualmente impazzavano a quell’ora della sera. La donna sorrise al loro indirizzo e si passò il casco sotto il braccio, iniziando ad avanzare verso di loro.
“Ragazzi, dovreste davvero smetterla di importunare ogni povera donna che capita lungo il vostro cammino!” scherzò la donna, sedendosi e prendendo anche per sé la sua parte di sidro, precedentemente preparata da uno dei tre ragazzi, insieme a qualcosa da mettere sotto i denti.
“Le donne non sono tutte cazzute come te, Brief! Alcune hanno profondamente bisogno delle nostre attenzioni e del nostro amore!” replicò Kim, scontrando i boccali, con quelli degli altri due, mentre un “Oh-oh” si levava tra i tre ragazzi e Bulma ghignando si portava il suo boccale alle labbra.
Finito di scaldarsi e rifocillarsi, la turchina si levò per congedarsi e tornarsene nel suo alloggio, con la speranza di trovare Trunks ancora sveglio per la buonanotte e per dargli la buona notizia: ancora due giorni e sarebbe tornata a casa per due settimane.
“Ehi, Bulma! Vai già via?!” chiese Nikolai, vedendo la turchina pronta ad abbandonare la comitiva, e all’assenso della turchina continuò “Allora posso scroccarti un passaggio Brief!” disse il giovane uomo, senza che fosse necessariamente una domanda.
“Come vuoi Nikolai, purchè tu tenga le tue manacce lontane da me!” precisò Bulma, scherzando, alzandogli l’indice contro mentre l’altra mano veniva poggiata sul fianco coperto dall’enorme tuta termica. L’altro alzò le mani in segno di resa esplodendo in una sonora risata, insieme agli altri due e, dopo essersi congedati, si avviarono insieme all’uscita, mentre Ivar e Kim seguivano la loro ritirata.
“Sarà anche prossima ai quaranta, ma donna come quella non l’ho mai conosciuta… una bella ripassata gliela darei volentieri!” disse Ivar, studiando la sagoma di Bulma allontanarsi, mentre Kim gli tirava una gomitata nel fianco.
“Falla finita imbecille… l’ho sentita più volte dire di avere un figlio!” lo rimproverò Kim.
“Già ma non l’ho mai sentita parlare del suo compagno!” lo corresse Ivar alzando un sopracciglio, scetticamente.
“Non fare stronzate con lei, Ivar, ricordati sempre che è il tuo capo e non dovresti neanche dire certe cose ad alta voce, quindi falla finita” cercò di rimettergli un po’ di sale in zucca il giovane dai capelli biondi, mettendo un punto a quella conversazione.
Nel frattempo, Bulma e Nikolai avevano già raggiunto l’uscita e, una volta fuori, si resero piacevolmente conto che la tempesta di neve era cessata. Ciò permise a Bulma, mentre faceva esplodere la capsula della motoslitta, di notare un dettaglio particolare a cui non aveva fatto mai caso fino a quel momento.
Ad attirare la sua attenzione, infatti, fu l’insegna di una strana baita di legno a una decina di metri di distanza da lì. Non serviva avere la vista di un falco per notare lo strano simbolo rosso sul rettangolo in legno laminato al fianco della porta: una sorta di tridente stilizzato che posava su una “C” ruotata di novanta gradi, un simbolo troppo singolare e, allo stesso tempo, troppo familiare per Bulma.
La sua mente si azionò iniziando a formulare dentro di sé le più svariate domande. Tra tutte spiccava la più ovvia: cosa ci faceva il tridente della casata reale dei Saiyan spiaccicato su un’insegna ai confini di un mondo ricoperto di ghiaccio?!
Anche Nikolai dovette notare lo stato confusionario della turchina e il suo viso che aveva assunto un colore decisamente più pallidiccio del suo splendido incarnato candido naturale:
“Bulma… stai bene?!” azzardò a chiederle, visto che la donna non schiodava i suoi occhi da un punto fisso di fronte a sé.
La scienziata si ridestò quando la mano di Nikolai si posò sulla sua spalla, reclamando di nuovo la sua attenzione:
“Sì, sì… è tutto ok!” affermò la turchina, stampandosi sul viso un sorriso di circostanza, prima di iniziare ad indagare. Sapeva che Nikolai e gli altri bazzicavano molto più di lei nel villaggio e di certo doveva avere qualche informazione importante che a lei, in tutto quel tempo, era decisamente sfuggita:
“Sai per caso a chi appartiene quella piccola baita?!” chiese la ragazza, indicando il punto che aveva osservato fino a quel momento.
“Perché ti interessa?!” chiese Nikolai, guardando scettico la scienziata. In genere non era una tipa attenta a certi dettagli.
“Oh… pura curiosità!” disse Bulma, cercando di nascondersi con il suo sorriso più convincente e ammaliante al suo interlocutore.
“Beh, se proprio ti interessa so che ci vive una sorta di vecchia megera, o forse una veggente… una ciarlatana in ogni caso” disse il ragazzo, facendo un gesto con la mano per liquidare la faccenda, montando sulla motoslitta in attesa che la proprietaria si decidesse a mettere in moto e a riportare il suo culo all’accampamento.
Ma Bulma non era ancora soddisfatta e c’era decisamente qualcosa di troppo strano. Quel simbolo, la sua presenza lì, quella baita… non potevano essere un caso.
“Ti dispiace se vado a dare un’occhiata?!” disse Bulma, ma prima che potesse ottenere una risposta, che di certo sarebbe stata negativa, si era già incamminata verso la piccola casetta di legno, mentre Nikolai continuava a chiamarla, sbuffando.
 
***
 
Lo scampanellio e il cigolio del legno ammuffito e tarlato dal tempo, anticiparono l’ingresso della scienziata all’interno del piccolo ambiente impolverato. Se da fuori la baita sembrava ben tenuta e conservata, dentro decisamente la situazione era ben peggiore. La misera saletta che dava sull’ingresso era completamente ricolma delle più svariate cianfrusaglie tanto che persino Bulma, che non aveva mai stretto un accordo particolare con l’ordine, si ritrovò a stupirsi di tanta confusione.
“Sapevo che prima o poi saresti arrivata da me, principessa Bulma! Lo speravo da quando il villaggio ha iniziato a parlare di te e del tuo arrivo!” disse una voce gracchiante e malaticcia alle sue spalle e, per un attimo, Bulma si ritrovò a deglutire il vuoto. O era impazzita o la donna l’aveva chiamata per nome con tanto di appellativo “principessa”. Si voltò lentamente e si ritrovò davanti la figura di una vecchia donna, alta e impostata per quanto le risultasse visibile, visto che era seduta su una vecchia e strana sedia a rotelle. Nonostante il peso degli anni su di lei fosse piuttosto evidente, Bulma notò subito i suoi capelli, ancora perfettamente corvini, senza la minima striatura di bianco, raccolti in una lunga treccia e i suoi occhi neri e ardenti come il carbone.
“Principessa?!” chiese Bulma, cercando di non vacillare, provando a convincersi che quella che aveva di fronte non fosse una Saiyan… non poteva essere una Saiyan… era impossibile.
“Sei la compagna del principe Vegeta, questo fa di te la principessa del popolo Saiyan” disse l’anziana e visibilmente malata donna, piegando le labbra in un ghigno.
“Come fai a sapere chi sono?!” chiese Bulma, iniziando a spazientirsi. Se il suo sesto senso non sbagliava, da quella situazione non ne sarebbe venuto fuori nulla di buono.
La strana donna esplose in una sonora risata, per quanto le riuscisse, tendendo i nervi di Bulma più di quanto non lo fossero già. Era più che decisa a prendere l’uscita, vista la piega che aveva preso la conversazione se la donna, capendo le sue intenzioni non l’avesse fermata:
“Mi chiamo Gula e, come avrai già notato da te, sono una Saiyan…” ammise la donna, confermando i sospetti di Bulma “una Saiyan abbastanza vecchia da aver visto nascere e crescere l’ultimo erede della dinastia dei Vegeta prima che Lord Freezer distruggesse il nostro pianeta riducendomi alla fuga con i miei figli e i miei poveri nipoti che non sono stati fortunati quanto me e non hanno trovato la salvezza”
A quelle parole, Bulma poté giurare di aver visto una scintilla omicida animare quelle due perle nere che erano gli occhi della donna.
“E’ per questo che sei venuta sulla Terra?! Per rifugiarti qui?!” chiese con una punta di disprezzo malcelata Bulma. Da quello che negli anni era diventato il suo bagaglio culturale sui Saiyan, l’atteggiamento della donna sarebbe stato da classificare come “vigliacco”.
“Rifugiarmi?!” chiese la donna, ridendo di nuovo “No, Bulma Brief... sono qui perché quello che voglio è che il mio popolo e il mio pianeta tornino a rivedere i loro splendenti giorni di gloria… e tu puoi aiutarmi, ragazza mia” ammise Gula, lasciando Bulma a macchinare per diversi istanti sui possibili significati di quella frase.
“Se è le sfere del drago che vuoi, ti avverto… non possono esaudire il desiderio di ripristinare il Pianeta Vegeta. Non hanno potere su quella parte della galassia e anche se lo avessero, il Supremo della Terra ha negato la possibilità di ripristinare Vegeta in quanto, insieme all’intera razza Saiyan, rappresenterebbe un pericolo per l’intero universo!” disse di getto la turchina, ricordando una conversazione avuta con Junior e Goku diversi anni prima, appena dopo la sconfitta di Freezer, quando ancora temeva che Vegeta avrebbe potuto commettere mille e più follie in nome della gloria e della sete di potere.
Gula si spostò con la sua sedia nei pressi di un vecchio mobile per poi chinarsi e tirare fuori uno strano scrigno di legno nero che dava l’idea di essere stato bruciato molti anni prima, aprendolo subito dopo, facendo arretrare Bulma di qualche passo dalla sorpresa e dallo sconcerto
No, non poteva essere vero. Era quello il mantra che la scienziata continuava a ripetersi, osservando le sette sfere nere come la notte più buia, le cui stelle rosso cremisi, con i numeri che andavano dall’uno al sette, scintillavano di una luce che brillava del colore del richiamo del sangue.
“Cosa diavolo sono?!” chiese Bulma, ai limiti dell’incredulità.
“Sfere del drago…” disse ovvia la Saiyan “realizzate per me da un namecciano. Devi sapere che mentre fuggivo dal Pianeta Vegeta che esplodeva sotto i miei occhi, sette frammenti del nucleo centrale del pianeta si sono conficcati nella mia navicella. Ho girato l’universo in lungo ed in largo alla ricerca di un namecciano che realizzasse per me le sfere che avrebbero riportato alla gloria il mio pianeta, ma avrei potuto esaudire il mio desiderio ad una sola condizione, anche dopo aver ottenuto le sfere…”
“E quale sarebbe questa condizione?!” chiese Bulma, affascinata e turbata dal racconto.
“A dover esprimere il desiderio dovrà essere il principe Vegeta, ultimo erede di sangue puro della razza Saiyan, proclamandosi finalmente re e tornando alla guida del suo popolo!” concluse la donna e Bulma pensò davvero che la terra potesse aprirsi sotto ai suoi piedi. Non poteva essere. Non doveva essere e soprattutto non sarebbe mai dovuta accadere una cosa del genere.  
“Perché non hai mai cercato Vegeta in tutti questi anni?! Avresti potuto dargli le sfere la prima volta che è arrivato sulla Terra” E tu probabilmente non lo avresti mai conosciuto la pizzicò la coscienza, mentre finiva di formulare la frase, mentre il cuore le si prosciugava lentamente.
“Guardami ragazza… sono troppo vecchia e malata per muovermi e sono rimasta bloccata qui da quando arrivai per la prima volta sulla Terra… i miei giorni ormai sono giunti al termine, ma il principe… lui può ancora avere la gloria che gli è stata portata via. Prendi queste sfere ragazza e portale da lui… questo è il mio ultimo desiderio” concluse l’anziana tossicchiando, ormai visibilmente provata dalla conversazione.
Le sue parole schiaffeggiarono Bulma in pieno volto.
La gloria, il potere, il suo orgoglio Saiyan erano le cose che avevano sempre creato un muro tra lei e Vegeta e, per quanto avesse imparato a fidarsi di lui, era sicura che tra lei e la sua gloria, la scelta non sarebbe ricaduta su di lei.
“Va bene… farò come chiedi” disse la scienziata, richiudendo lo scrigno di legno con un solo scatto, portandoselo sotto al braccio e, senza neanche congedarsi dall’anziana, con il vuoto nel cuore, uscì dalla porta con un solo pensiero: un paio di giorni e sarebbe finalmente tornata a casa.
Un paio di giorni e avrebbe trovato il modo di sbarazzarsi di quelle sfere cancellando via ogni traccia della loro esistenza.
 
***
 
Due giorni erano volati velocemente e, con loro, anche le ore del viaggio in aereo che dalla Regione Polare l’avrebbe riportata insieme a suo padre nella Città dell’Ovest.
Bulma da quel famigerato incontro era stata nervosa e turbata per tutto il tempo. Anche suo padre aveva notato il suo strano atteggiamento, sapendo perfettamente che dietro alle sue urla isteriche si celasse qualcos’altro ma, discreto come al solito, aveva preferito non chiedere per non infierire sull’umore già visibilmente instabile di sua figlia.
Mentre l’air car atterrava nel giardino della Capsule Corporation, Bulma continuava a domandarsi se sarebbe riuscita a nascondere a Vegeta quanto aveva scoperto e quanto si nascondesse nella sua valigia, almeno per il tempo necessario per recarsi da Dende al Palazzo del Supremo e trovare un modo per distruggere quelle sfere maledette, il cui colore da solo bastava ad evocare la morte.
Non fece neanche in tempo a posare un piede sull’erba fresca di taglio, mentre il torpore del caldo della Città dell’Ovest le scongelava le ossa dal gelo del clima nordico, nonostante fossero ormai ai primi di dicembre, che il suo Trunks le corse incontro, gettandosi tra le sue braccia facendola quasi finire per terra per lo slancio con cui l’abbracciò.
“Mamma!” gridò il bambino, stringendosi a lei che ricambiò l’abbraccio mentre sentiva tutte le lacrime, ricacciate indietro durante quei due giorni, pizzicarle gli occhi. Solo in quel momento, mentre stringeva suo figlio tra le braccia, passandogli una mano a scompigliargli i capelli lilla, si chiese cosa ne sarebbe stato di lui se Vegeta avesse scoperto delle sfere e avesse deciso di ripristinare il suo pianeta di origine e così, esattamente in quell’istante, come il richiamo di una luce che si staglia nelle ombre della notte, sentì i suoi occhi penetrarla da parte a parte come accadeva ogni volta che Vegeta la guardava, prima ancora di vederlo, mentre se ne stava con le braccia conserte, poggiato sotto uno degli alberi ormai spogli dell’immenso parco della loro casa.
Il cuore iniziò a batterle forte nel petto quando i loro occhi si incontrarono, soprattutto quando vide le labbra dell’uomo piegarsi in un sorriso. Quello era il suo modo per darle il benvenuto e, per quanto avesse una voglia matta di correre da lui e stringerlo tra le braccia, per cercare un conforto nel suo corpo, sapeva che avrebbe dovuto rimandare quel tipo di ricongiungimento a quando sarebbero stati da soli, con solo le mura della loro camera a testimoniare quanto il principe dei Saiyan potesse essere suo almeno nel loro letto.
Bastò quel sorriso a convincerla però che non lo avrebbe perso, non ora che, da poco più di un anno, la loro storia aveva raggiunto finalmente una stabilità. Quel sorriso sbieco che Vegeta le aveva elargito, era bastato da solo a spazzare via da lei ogni dubbio sul da farsi.   
 
***
 
Soltanto un’ora dopo, dopo aver salutato anche sua madre e aver assaggiato sotto costrizione gli ultimi dolcetti che aveva scoperto nella pasticceria dietro l’angolo, finalmente si ritirò nella stanza che oramai da diversi anni divideva con Vegeta.
Gettò a terra la sua valigia, sospirando profondamente, prima di piegarsi ai piedi dell’enorme letto che dominava la stanza, per iniziare a svuotarla degli innumerevoli vestiti che al solito si portava dietro. Aprendola, tuttavia, la vista dello scrigno contenente le sfere nere tornò a tormentarla e fece a malapena in tempo a nasconderlo con uno dei suoi maglioni, quando sentì due mani forti posarsi sui suoi fianchi, afferrandola da dietro, per poi voltarla di scatto con un solo gesto.
“Ve-Vegeta!” balbettò, sbiancando di colpo, temendo per un attimo di essere stata scoperta.
“Tsk! Non dirmi che sono riuscito finalmente a farti paura, donna!” disse il Saiyan, piegando la testa di lato studiandola, riducendo gli occhi a due fessure.
“No… mi hai solo colta alla sprovvista!” rispose lei piccata, alzando la voce di qualche tono, cercando di districarsi dalla sua presa, mentre di nuovo una voglia disperata di piangere era tornata a far capolino dai suoi occhi, chiedendosi, proprio mentre quei suoi magnifici occhi scuri che per primi l’avevano fatta innamorare la fissavano, se sarebbe riuscita a portarsi dietro il fardello di averlo ingannato nascondendogli una cosa tanto importante per lui.
“Sei tornata da meno di un’ora e mi stai già dando sui nervi, donna… forse è il caso che io faccia qualcosa per farti tacere” ghignò il Saiyan, cercando le sue labbra, trovandole, mentre provava ad intrufolare le mani sotto il suo maglioncino, nello stesso modo in cui la sua lingua aveva trovato uno spiraglio nella bocca di Bulma. Dopotutto, per quanto non glielo avrebbe mai detto a parole, gli era mancata.
“Vegeta” sussurrò Bulma, staccandosi dal bacio, cercando una scusa per sfuggire alle sue attenzioni che gli permettesse di mettere un po’ di distanza tra di loro “E’ appena pomeriggio e Trunks è in giro per ca…” venne interrotta di nuovo dalle labbra di Vegeta che tornarono a baciarla.
“E’ appena arrivato quell’inetto dei figlio di Kakaroth” le fece presente Vegeta, che aveva avvertito in quel preciso momento l’aura di Goten atterrare nel giardino, mollando le sue labbra solo per scendere a baciarle il collo, accarezzandole la pelle sotto il maglione e, senza darle modo di sottrarsi al suo darle il “bentornata a casa” con qualche altra scusa, l’afferrò per i glutei sollevandola, per poi farla ricadere sul morbido materasso alle loro spalle, prima di raggiungerla e coprirla con il suo corpo, mettendo fine alla conversazione nel modo che ad entrambi riusciva meglio, permettendo ai secondi, ai minuti e alle ore di portare il buio su di loro, lasciando che la notte avvolgesse i loro corpi avvinghiati in un unico abbraccio.
Quando Vegeta si addormentò al suo fianco, Bulma si fermò ad ammirarlo in tutta la sua bellezza selvaggia. Gli era mancato da morire e per un attimo fu tentata di allungare una mano per accarezzare la linea perfetta della sua schiena muscolosa, mentre se ne stava nudo, disteso con il ventre rivolto verso il basso. Non lo fece solo perché sapeva che lo avrebbe svegliato all’istante, visto che i suoi sensi di Saiyan erano sempre all’erta.
Si sollevò sul gomito continuando ad osservarlo riposare, rilassato e finalmente tranquillo dopo anni passati nell’inquietudine e nel non riuscire ad accettare quella nuova vita. Da qualche tempo aveva perso persino il cipiglio imbronciato che compariva sempre tra le sue sopracciglia, rendendolo, ora, innaturalmente pacato e rilassato durante il sonno.
Bastò notare quel piccolo particolare per risvegliare in Bulma il senso di colpa e, insieme ad esso, quello del bisogno di agire. Aveva fatto molta fatica per impedire che Vegeta scoprisse ciò che continuava a nascondere sotto la tensione e il nervosismo e non avrebbe permesso che i suoi tentativi si rivelassero vani.
Stando attenta a non svegliarlo, si alzò dal letto, infilandosi la vestaglia di seta nera per poi arrivare accanto alla valigia senza emettere neanche il minimo suono, recuperando lo scrigno in legno, prima di uscire silenziosamente dalla stanza. Troppo presa nel tentativo di non fare rumore per non farsi scoprire, non si rese conto che il sonno di Vegeta si era inevitabilmente spezzato.
Nello stesso istante in cui Bulma uscì dalla camera, Vegeta sgattaiolò via da sotto le coperte, infilandosi al volo un paio di boxer, per seguirla. Aveva osservato ogni singolo atteggiamento di Bulma dal suo ritorno e solo uno sciocco non avrebbe notato che in lei ci fosse qualcosa che non andava affatto, tanto più che lui non era uno sciocco e aveva percepito perfettamente come fosse tesa anche mentre facevano l’amore, cosa che non era mai capitata. Era sempre stato lui quello più restio a lasciarsi andare e lei gli aveva insegnato come sciogliere la neve che aveva congelato il suo cuore durante gli anni di cattività sotto il comando di Freezer. Come era possibile che adesso fosse lei a volerlo tenere a distanza?!
La risposta arrivò chiara e limpida al Saiyan, quando i passi nell’ombra di Bulma lo condussero davanti alla porta dei laboratori, mentre la turchina riponeva uno scrigno nero che teneva tra le mani in uno degli angoli più remoti del laboratorio.
Bulma gli stava volutamente nascondendo qualcosa. 





Buonasera a tutti!
Torno con una mini-long scritta per un bellissimo contest indetto da Nede, che ringrazio per la bellissima idea e opportunità, insieme alla mia cara Rohan che mi ha suggerito di partecipare a questo contest. 
Vi ringrazio in anticipo tutti per la lettura e spero che questa idea, abbastanza bizzarra sia di vostro gradimento!
Un grande abbraccio!!!
Sam 

 
   
 
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