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Autore: PoisonLover    28/12/2017    0 recensioni
A Natale, anche i miracoli più impossibili possono accadere, come i nostri Joe e Luke stanno per scoprire.
Storia nata dalla collaborazione con Sherlokette (vi consiglio assolutamente di andare a leggere le sue storie https://efpfanfic.net/viewuser.php?uid=609243) e dal semplice desiderio di scrivere una storia natalizia.
Chiedo immensamente scusa a tutti coloro che stanno ancora aspettando il proseguimento di "La Stessa Medaglia", per un certo periodo di tempo non avevo più ispirazione, nè la volontà di continuare la storia; con ciò non voglio dire che non la concluderò (sarebbe il minimo), soltanto che non ho idea di quando.
Nel frattempo, godetevi questa adorabile oneshot!
Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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-Joe, ho fame.-
Era la quinta volta che Averell diceva di avere fame da quando erano evasi dal penitenziario, e Joe cominciava a perdere la pazienza.
-Anche noi, Joe- si lamentarono i gemelli.
-Finitela, e continuate a camminare.-
-Il vento si sta alzando- disse William, -e la temperatura si è abbassata notevolmente. Forse dovremmo fermarci e cercare un riparo.-
-Infatti. E poi non avevamo già oltrepassato quel masso?- disse Jack, alzando un sopracciglio.
-I massi sono tutti uguali…- borbottò il maggiore, -Non stiamo girando a vuoto; avremmo ritrovato le nostre impronte, no?-
-Non con questa neve.-
Di tutte le stagioni nelle quali potevano evadere, avevano scelto uno degli inverni più freddi che si fosse mai visto.
-Dici che ce la faremo a tornare a casa per Natale, Joe?- chiese speranzoso il fratello minore, sfregandosi le mani.
-Certo; oggi è il 23, giusto? Basterà trovare un’indicazione che porti a Cactus Junction ed è fatta.-
-Il problema è trovarla...- sospirò Jack.
-Non vedo l'ora di riabbracciare ma’! E di assaggiare il suo pollo arrosto, la sua zuppa di fagioli, la sua torta di carote...- elencò Averell.
-Chiudi quella ciabatta!!- lo minacciò Joe alzando una mano. Il minore si zittì subito, e i quattro continuarono a camminare in silenzio. Nel frattempo, qualche chilometro più indietro, un noto cowboy solitario era sulle loro tracce, assieme al suo fedele destriero e ad un piccolo cane tonto. Lucky Luke udì in lontananza una sfuriata familiare.
-Ci stiamo avvicinando, vecchio mio. Joe ci sta facilitando le cose con le sue sfuriate.-
-E meno male, perché se continua così mi si congeleranno gli zoccoli…- brontolò l’animale che non vedeva l’ora di tornare al caldo in qualche stalla.
-Resisti. Poi potremo goderci le vacanze di Natale- disse Luke dando qualche pacca gentile sul collo del cavallo.
-Se solo quell'insulsa bestiaccia non ci stesse tra i piedi, li avremmo già catturati...- continuò Jolly. Rantanplan, il cane più stupido del Far West, li seguiva a fatica per via della neve.
-Ehi, chi ha rovesciato tutta questa panna montata in giro? Non riesco a camminare!-
All’improvviso il cowboy arrestò il passo della sua cavalcatura.
Il vento si sta facendo più forte… Procedi spedito, Jolly Jumper, ci manca solo che restiamo bloccati da una tormenta di neve.-
-E del canide che ne facciamo, cowboy?- A Jolly Rantanplan non piaceva, ma non era così crudele da lasciarlo al gelo. Luke scese rapidamente dalla sella e cercò una corda nella piccola borsa fornita dalle guardie del penitenziario, che conteneva una corda e delle manette.
-Meglio mettergli il guinzaglio. Rantanplan, qui!- Ma il cane, fraintendendo il richiamo, si mise a correre superandoli a gran velocità.
-Lo prendo io il coniglio!- Con un sospiro, cavallo e cavaliere furono così costretti ad andargli dietro. Oltre al vento, anche la neve cominciò a farsi più fitta, e vorticava in piccoli mulinelli attorno al gruppo di galeotti che si stringeva nelle braccia.
-Joe! Sta cominciando a nevicare forte! Dobbiamo fermarci, o congeleremo!- gridò William.
-Cosa urli?? Vuoi farci beccare?-
-C-credi d-d-davvero che L-Lucky Luke ci stia i-inseguendo con questo t-tempaccio?- chiese Jack tremando dal gran freddo.
-Certo che sì! Mica ha di meglio da fare, quello là, se non rovinarci la giornata! Me l’aspetto da un momento all’altro di vederlo apparire come il peggiore degli incubi!-
Un abbaiare familiare raggiunse le orecchie dei quattro fratelli. Averell si dimenticò improvvisamente del gelo: -Rantanplan!-
Il cane si fiondò verso Averell, investendo in pieno Joe.
-Ehi! Questo coniglio lo conosco!- disse l’animale saltando in braccio ad Averell.
-Se questo sacco di pulci è qui il dannato cowboy non può essere lontano! Troviamo un rifugio, presto! E portiamo pure lui a questo punto!- sbraitò il maggiore scuotendosi dalla neve e tornando in testa al gruppo. Lucky infatti era praticamente dietro di loro, ma aveva un problema: la strada si stava facendo sempre più difficile da percorrere per via della neve.
-Forza Jolly! Dobbiamo sbrigarci!-
-Cosa credi che stia facendo, cowboy? Ballando la macarena?- Cavallo e cavaliere si trovavano adesso nel bel mezzo della tormenta, e riuscivano a malapena a tenere gli occhi aperti. Nemmeno la giacca invernale di Luke riusciva a proteggerlo dal freddo, e cominciò a rabbrividire.
-C-coraggio! Dobbiamo trovare un rifugio! Speriamo che Rantanplan stia bene!- Il cagnolino stava tranquillamente in braccio ad Averell; i quattro stavano cercando di guardarsi attorno ma la neve fitta impediva una buona visuale. Joe batteva i denti, nel tentativo di fare almeno un passo in quell’impenetrabile tappeto bianco che nel suo caso gli arrivava ormai all’altezza della cintura. -Ehi Joe! Guarda, una casa!- disse il più alto indicando davanti a sé.
-Perfetto!! Muovete le gambe prima che diventino stalattiti!!-
Luke, reggendosi con una mano il cappello, cercava di vedere oltre quella coltre apparentemente impenetrabile. Gli arrivò la voce di Joe, ma non avrebbe saputo dire da dove provenisse. -Fratelli Dalton!- provò a chiamare; -Mi sentite? Joe!- La sua voce era stranamente rauca, e cominciava a sentirsi sempre più debole. Il suo viso era un pezzo di ghiaccio, e faceva fatica a ragionare con quel gelo. -Fratellli -coff, coff- Dalton!!-
-Ehi, stai bene?- domandò preoccupato Jolly Jumper, che stava facendo del suo meglio per affrontare quel terreno soffice ma compatto.
-Sì… Non fermarti vecchio mio…-
Joe dette una forte spallata alla porta della casetta individuata da Averell. Era uno di quei rifugi di montagna che i boscaioli utilizzavano nei loro spostamenti sulle montagne. -Entrate, ragazzi, presto!- Il posto sembrava accogliente, e vicino al camino c’era una pila di legna. -Accendiamo un fuoco, è meglio- mormorò con un brivido William.
Jack lo aiutò, mentre Averell metteva Rantanplan a terra. -Che magnifico albergo! Molto chic!- scodinzolò la bestiola. Averell frugò nel sacco che aveva portato con sé; aveva "preso in prestito" qualche cosa da mangiare dal cuoco del penitenziario: un po' di pane secco, qualche verdura e un po' di lardo. -C'è una pentola qui dentro, da qualche parte? Così preparo la cena.-
Joe si appostò alla finestra: -Non c’è traccia del cowboy. Probabilmente ha rinunciato visto il tempo.- Sghignazzò: -Se non vuole diventare un pupazzo di neve gli conviene! Noi invece ce ne staremo belli tranquilli al riparo e al calduccio!- Ma un improvviso nitrito raggelò il suo buonumore. Era un verso insistente, non molto distante dalla casetta. -È il verso di un cavallo!-
-Oh, no, ci ha già trovati?-
-E adesso che si fa, Joe? –
-Zitti, ascoltate.- Il cavallo continuava a nitrire, sembrava agitato.
-Che succede?-
-C’è qualcosa di strano. Torno subito.- Sfidando il vento gelido, Joe uscì di nuovo nella tormenta, e scrutando l’orizzonte seguendo quel verso disperato individuò la sagoma di un grosso quadrupede, ma sembrava senza cavaliere. Quando si avvicinò, vide una sagoma a faccia in giù nella neve, e Jolly Jumper agitato che gli dava piccoli colpi col muso. -Luke?- Dalton si avvicinò con cautela, giusto per non beccarsi un calcio dall’animale, e si chinò sul cowboy afferrandogli una spalla e girandolo a faccia in su. Jolly nitrì e scalciò nervoso, cercando di allontanare Joe. Credeva che il galeotto volesse fare del male al suo già malconcio cowboy. -Buono bello, voglio solo controllare che respiri ancora.- E poggiandogli due dita sul collo, come aveva visto fare ad alcuni dottori, sentì una debole pulsazione. -Non ha una bella cera… Cavolo…- Guardò il cavallo, e questo guardò lui, l’espressione aggressiva. -… Ah, al diavolo.- Prese un braccio di Lucky, se lo passò sulle spalle e cominciò a trascinarlo verso la casetta: -C’è una stalla, Jolly Jumper. È piccola, ma dovresti stare al caldo. Ci pensiamo noi al cowboy.- Jolly guardò sospettosamente Joe, ma lo seguì senza fare storie; non che avesse scelta, e Luke doveva stare al caldo.
Quando il fratello maggiore tornò dentro, i tre lo guardarono sconvolti. -Joe, ma... quello è...-
-Niente domande. Cercate una coperta.- Scaricò il suo fardello sul divano un po’ sformato che arredava con un tavolino e una poltrona il salotto della casetta. Luke aprì lentamente le palpebre riprendendosi un attimo: -Dove… Cosa…-
-Ah, è sveglio!- Averell andò un attimo nel panico con William, ma il fratello maggiore accennò loro di fare silenzio portandosi l’indice alla bocca. Lucky reclinò di lato la testa; sembrava non riuscire a stare sveglio. -Ecco Joe...- disse Jack perplesso, portandogli una coperta di lana.
-Io non ci capisco più niente, ma perché lo stiamo salvando?- chiese Averell confuso.
-Non è un salvataggio. E ora zitto.- Poggiò una mano sulla fronte di Luke; scottava da far spavento. -Ha la febbre. Averell, ti ricordi cosa preparava nostra madre quando stavamo male? Tu conosci tutte le sue ricette a memoria.- E fra sé e sé pensò che forse il suo cervello in quel caso non era del tutto vuoto. Averell rifletté (sì, rifletté) un attimo.
-Beh... o il brodo di pollo... o una semplice minestra di verdure... quella la posso fare!- annuì mettendosi al lavoro.
-Meglio se ti sbrighi: rischia di andare in ipotermia se non si scalda subito- disse William. I fratelli lo guardarono strano, e lui sospirò. -Rischia di diventare un ghiacciolo. Joe, è meglio spostarlo vicino al camino.- Joe annuì e assieme avvicinarono il divano di fronte al camino. Averell si era messo a lavare, pelare e tagliare le verdure che aveva, mentre Jack aveva trovato una pentola all'interno della capanna; siccome non avevano acqua per far bollire le verdure, fu costretto ad uscire, riempire la pentola di neve fresca e metterla a scaldare sul fuoco: -I-io l-là fuori n-non ci torno!-
-Faremo a turno. Cerchiamo un’altra coperta, credo che non basti.- Joe dette dei piccoli colpetti sul viso di Luke: -Ehi cowboy, vedi di riprenderti. Mi senti?- Ma Luke era incosciente, in preda ai brividi a causa della febbre alta; il suo respiro era affannato, e piccole gocce di sudore imperlavano il suo volto. William tornò con altre quattro coperte.
-Queste sono le uniche che ho trovato, Joe.-
-Andranno benissimo. Accidenti, questo qua ci lascia le penne stavolta…- Jack alzò un sopracciglio: -Scusa, Joe, ma... non era questo quello che volevi? Hai aspettato tutta la vita per vedere Lucky Luke tirare le cuoia... e ora lo salvi? –
-E’ una questione di principio. Deve morire per mano mia, non certo per una stupida febbre, ti pare? Non avrebbe lo stesso gusto.- I due gemelli si guardarono dubbiosi, ma non dissero nulla.
La minestra cuoceva lentamente sul fuoco, emanando un profumo delizioso; i quattro si erano seduti vicino al fuoco, con Rantanplan accucciato tranquillamente sulle gambe di Averell. -Tra poco sarà pronta, sono sicuro che vi piacerà!- disse allegro il più giovane.
-Non deve essere bollente, credo che dovremo mangiarla subito.- Il fratello maggiore stava ancora badando a Luke. Averell servì la minestra in alcune ciotole con cinque cucchiai che aveva preso da una credenza. La distribuì ai suoi fratelli e ne diede un po' anche a Rantanplan, il quale la finì in un attimo. -Ehi, ce n’è anche per te- disse Joe passando il suo piatto sotto al naso di Luke nel tentativo di farlo riprendere per poter mangiare, ma non ottenne effetto. -William, cerca delle medicine. Di solito i taglialegna ne tengono sempre a portata di mano in questi rifugi; non basterà la minestra calda.-
-D'accordo.- William sì alzò e andò a frugare nei cassetti della cucina, ma non trovò nulla; guardò quindi nel bagno, arredato con una grossa tinozza di legno, un catino e un armadietto. Aprì quest’ultimo, e notò alcune bende, cerotti e una bottiglietta, con su scritto "sciroppo per la tosse e mal di gola ". Tornò indietro tenendo questa fra le mani: -Joe, ho trovato qualcosa di utile, ma non per la febbre.- sospirò, -Però ricordo che mamma, quando stavamo male, ci metteva una pezza bagnata con acqua e aceto sulla fronte, per abbassare la temperatura.-
-Preparala allora, questo lo teniamo comunque nel caso si presenti la tosse.- Prese la boccetta e la nascose sotto il divano, così non c’era il rischio che Averell la bevesse (sapeva che il fratellino ne era capace). L’altro tornò dalla cucina con ciò che serviva, e Joe tolse il cappello a Luke: -Passa qua. Non ti sembra che respiri meno a fatica?- -Un po' forse, ma guarda la sua espressione...sta soffrendo- disse William strizzando la benda e passandola a Joe. Rantanplan sì era avvicinato alla ciotola con acqua e aceto, e l'aveva annusata. -Puah! Che razza di aperitivo è questo?? Dovrebbero licenziare il barman!-
-Averell, tieni lontano quel botolo, mi disturba!- Poggiò, in maniera stranamente delicata, la pezza sulla fronte del cowboy. -Non posso credere che lo stiamo facendo davvero.- Luke respirava già meglio rispetto a prima, ma aveva il volto molto pallido, e continuava a tremare; quando Joe gli mise la benda sulla fronte, fece un piccolo sospiro e si rilassò. -...zia Martha?...- mormorò lui nel sonno.
-Ecco, pure il delirio ci mancava…- commentò Jack mentre tornava ad attizzare il fuoco. -Chi è zia Martha?- domandò William al fratello maggiore.
-Che ne so io?-
-Dovremmo cercare di dargli la minestra, ha bisogno di mettere qualcosa nello stomaco, o non guarirà mai- aggiunse il fratello.
-E come, se non si sveglia? Che vorresti fare, imboccarlo?-
-Beh... sì. D'altronde che scelta abbiamo?- Con gentilezza, William prese Luke dalle braccia e lo tirò un po' più su, abbastanza da riuscire a non fargli andare il cibo di traverso.
-Io lo tengo e tu lo imbocchi, dai Joe.-
-Ma sei scemo? Neanche per sogno!-
-E’ una tua responsabilità, visto che l’hai portato tu qui.- Con un ringhio, il maggiore allungò una mano verso Averell: -Dammi una ciotola con la minestra…-
-Subito, Joe.- Il fratello però non aveva tolto la pentola dal fuoco, così quando passò all’altro la stoviglia, Joe si sentì ustionare la mano e gridò di dolore.
-IMBECILLE!-
-Scusa, scusa!- Ne preparò prontamente un altro, facendo più attenzione nel porgerlo al fratellone.
-Dobbiamo svegliarlo un po’ perché riesca a mangiare…-
-Sono… sveglio…- mormorò il cowboy alzando leggermente la testa: -Quell’urlo scuoterebbe anche un grizzly in letargo…-
-Ti è tornato il senso dell’umorismo, buon segno.-
-Come ti senti?- chiese William, lasciandogli le braccia.
-Uno straccio… Mi sono sentito male nella tormenta… e sono caduto da… A proposito, dov’è Jolly?-
-Nella stalla. Joe lo ha sentito nitrire e ti ha trovato.-
-Joe?- Per un attimo gli occhi lucidi dalla febbre si spalancarono dallo stupore: -… Sono morto, vero?-
-Per la tua solita fortuna sei vivo, invece.-
-Fortuna mica tanto…- Rabbrividì e si strinse nelle braccia.
-Mangia un po' di minestra calda. Come va la gola?- continuò William, scrupoloso come un vero medico.
-Non molto bene, la sento in fiamme- rispose lui con una smorfia.
-Lo sciroppo servirà, dopotutto. Su, prendi.- Gli porse il piatto di minestra.
-Sto sognando, non è possibile…!- Un colpo di tosse improvviso interruppe la frase a metà. Luke si portò una mano alla bocca. Averell gli porse premurosamente un bicchiere d'acqua.
-Tieni, bevi a piccoli sorsi- disse sorridendo. Jack con una smorfia ignorò quel che stava succedendo e gettò un altro ciocco di legno nel camino, con Rantanplan che si accoccolò vicino ad esso dopo un paio di giri su se stesso. -Stavo proprio dicendo… I Dalton che si prendono cura di me…-
-Segnalo sul calendario perché non accadrà mai più- sbottò Joe, insistendo nel porgergli il piatto, -Visto che sembri in grado di farlo da solo, mangia, io non ti imbocco.-
-Che peccato...- ghignò Luke prendendo il piatto dalle mani di Joe; nel farlo, sebbene per un solo istante, le loro dita si sfiorarono. Dalton ritirò in fretta le mani, come se avesse ricevuto la scossa; cercò poi di giustificarsi: -Uh… Mi stavo bruciando di nuovo…- Anche se in realtà era la sua faccia quella che sentiva andare a fuoco.
Luke ridacchiò debolmente, trattenendo la tosse, e assaggiò la minestra calda. -È davvero ottima.- disse sorpreso.
-Davvero ti piace?- si illuminò Averell.
-Altroché! Non mangiavo un piatto così buono da quando...- si interruppe, lo sguardo perso nel vuoto.
-...da quando?- incalzò il minore dei fratelli.
-...da molto tempo- concluse Luke, riprendendo a mangiare. Joe notò il cambiamento d'umore improvviso, e si chiese se gli occhi lucidi del cowboy fossero dovuti soltanto alla febbre.
La tempesta non accennava a placarsi, o anche solo diminuire la sua forza. Gli ululati del vento accompagnavano i rapidi turbinii dei fiocchi di neve; Jolly Jumper era grato per quel piccolo riparo contro un simile tempaccio, e si domandò come se la stesse cavando il suo cowboy e soprattutto se i Dalton si stavano davvero prendendo cura di lui. Averell apparve nella piccola stalla, tutto imbacuccato in una coperta, con in mano due carote: -Ciao Jolly Jumper! Ti ho portato la cena! Non è molto, ma... è ciò che abbiamo- disse porgendole al cavallo. L’animale fu ben grato per il cibo, anche se aveva scovato un po’ di fieno ancora buono in un angolo. Il minore dei Dalton gli dette una piccola pacca sul fianco: -Non devi preoccuparti per Luke, sta già meglio sai? Sono sicuro che guarirà prima ancora che questa tempesta finisca!-
-Quanto ottimismo…- mormorò Jolly sgranocchiando una carota.
Dentro la capanna, intanto, William aveva detto a Luke di prendere un cucchiaio di sciroppo per la sua brutta tosse; il cowboy fu lieto di constatare che la medicina era dolce. -Adesso rimettiti sdraiato e riposa. La febbre si dovrebbe abbassare entro domattina.-
-Grazie mille.-
Joe, in un angolino, trovò fastidioso quel “grazie”, e si lasciò sfuggire un ringhio. Averell rientrò scuotendosi la neve di dosso: -Brrr, ora che è calata la notte fa ancora più freddo!-
-Come sta Jolly?- chiese Luke riaccoccolandosi sotto le coperte.
-Al sicuro e nutrito, la stalla sembra solida.-
-E’ già notte?- Joe guardò dalla finestra: -Il tempo è volato in fretta. Ma se la tempesta non si calma, non ce la faremo ad arrivare da ma’ in tempo.-
Averell sussultò: -Niente tacchino a Natale, allora? Niente albero?-
-Mi spiace deluderti, fratellino, ma almeno per adesso siamo bloccati qui. L’albero puoi comunque farlo con quello che c’è in casa, divertiti.-
Averell sospirò -Okay... magari domani. Vieni Rantanplan!- disse sdraiandosi sul tappeto d'orso; il cane si sdraiò vicino a lui e piombarono in un sonno profondo. William si mise su una sedia a dondolo e Jack su una poltrona logora; in poco tempo, rimasero svegli solo Joe e Luke, che per colpa della tosse non riusciva proprio ad addormentarsi. -Forse staresti più comodo su un letto?- suggerì Dalton.
-Non lo so… Non stavo così male da parecchio.-
-Beh, diamo un’occhiata in giro come si deve intanto.- Joe si aggirò per le stanze, scoprendo così una camera da letto. Andò a tastare il materasso e constatò che era abbastanza comodo, così tornò in salotto.
-Puoi alzarti?-
-Ci posso provare...- Lucky si sedette e provò ad alzarsi. A parte le gambe tremolanti, e lo scarso senso dell'equilibrio, sembrava che riuscisse a stare in piedi; con le occhiaie profonde, la pelle pallida e la coperta sulle spalle, pareva uno spettro.
-Lasciatelo dire, fai spavento. Seguimi.- Entrarono nella camera da letto, una stanza con un letto ad una piazza e mezza, un armadio e una cassettiera; Luke si lasciò cadere sul materasso, poiché arrivare fino a lì gli era costato una gran fatica. Dalla finestra si poteva sentire la tormenta devastare l'ambiente circostante, e Lucky non poté fare a meno di preoccuparsi per Jolly. Si sdraiò nel letto, sotto le coperte, e guardò Joe con occhi stanchi.
-Stai più comodo, immagino.-
-Sì. Grazie, Joe.-
-Non devi…- Dalton fece per andarsene, ma Luke domandò: -Perché non mi hai lasciato a congelare?-
-Come?-
-Sì, beh... perché? Sono anni ormai che… io ti inseguo per rimetterti in galera: tu evadi e io ti catturo, e poi… tu evadi di nuovo e così via. Non mi puoi sopportare, balleresti volentieri sulla mia tomba, insomma... mi detesti. Quindi, perché perdere tempo a salvarmi?-
-Ecco… Non lo so. Ti ho visto lì, nella neve, il tuo cavallo mi guardava male…-
-Sì, Jolly è molto protettivo nei miei confronti, fin da quand'ero piccolo- sorrise Luke, -Beh, qualunque sia il motivo, grazie per avermi aiutato, Joe.-
-Uhm… sì…- Voleva uscire dalla stanza, ma sentì di dover porre una domanda: -Prima hai cambiato improvvisamente discorso. Intendo, quando hai detto che non stavi così male da quando… chissà da quando.-
-Ah.- Luke si morse il labbro inferiore: -Ecco... l'ultima volta che mi ammalai così, fu all'età di sette anni. Avevo giocato fuori tutto il giorno nella neve con i miei amici, e non mi ero coperto abbastanza; mi venne la febbre alta e avevo le convulsioni, e zia Martha si era preoccupata molto... era rimasta sveglia tutta la notte al mio fianco- disse Luke, con lo sguardo perso nel vuoto.
-Zia Martha?-
-La donna che mi ha adottato e cresciuto. Si è presa cura di me, e mi ha dato il nome Luke; una donna forte e robusta, gestiva il saloon della cittadina ed era pronta a darle a chiunque non la rispettasse. Me incluso, ovviamente...- Luke divenne rosso e ridacchiò.
-Non hai dei genitori?-
-La tua sorpresa è la dimostrazione di quanto poco sappiamo l’uno dell’altro nonostante gli anni. Ebbene sì, sono un orfano.- Ci fu un breve silenzio imbarazzante, prima che Joe si riprendesse per primo e dicesse, ghignando: -Non l'avrei mai detto: sembri il tipico perfettino, coccolato e viziato da mamma e papà.-
-Credimi, l’unico vizio erano le sculacciate che prendevo quando mi comportavo male…- Abbassò lo sguardo: -Non li ho mai conosciuti, in effetti.-
-Da piccola peste a ragazzo d'oro, eh? Adesso ti adorano tutti. Sul serio, non importa dove andiamo, tutti ti conoscono, tutti invocano il tuo nome.- Ma Luke non rispose, né accolse la provocazione. -Ok, forse “invocare” è un po’ esagerato, diciamo che ti chiedono sempre aiuto.- Joe inclinò la testa: -Ma mi ascolti?-
-Come? Oh, scusami, non… Non sono concentrato.-
-Devi dormire. Ti serve niente?-
-Uhm…-
-Allora?-
-Direi di no, Joe, grazie.- Luke sì sdraiò sul fianco destro, con il viso rivolto verso il galeotto. -Buona notte.-
-Ok… Sei sicuro di non aver bisogno di niente?-
-Sì.-
-Al cento per cento?-
-Ti preoccupi troppo, adesso. Mi viene da pensare che tu sia affezionato a me, in fondo.-
-Figuriamoci! Buona notte!- Se ne andò chiudendo con forza la porta alle sue spalle. Luke sorrise e chiuse gli occhi, addormentandosi sereno.
La tormenta sembrava finalmente essersi calmata, e nella capanna tutto taceva. Joe andò a buttarsi di faccia sul divano prima occupato dal cowboy. C’era odore di aceto misto a qualcos’altro sulla stoffa. Era un odore di selvatico, di neve fresca e aghi di pino, un profumo che stranamente lo rilassava molto. Non passò molto tempo prima che crollasse a sua volta.

Il mattino dopo Joe si svegliò prima di tutti, esattamente all’alba. Si stiracchiò e si passò una mano fra i capelli, per poi rendersi conto che non era nella sua cella al penitenziario. -Sono troppo abituato a questi orari…- borbottò, guardando Averell accoccolato con il cane sul tappeto dove li aveva lasciati. Gli venne in mente così di controllare Luke. In punta di piedi, Joe si avvicinò alla camera da letto e aprì piano la porta: Luke era nel letto, mugugnando parole incomprensibili; un piccolo singhiozzo sfuggì dalle sue labbra, mentre si rigirava tra le coperte. -Ma… Sta avendo un incubo?- Lo afferrò per le spalle e provò a svegliarlo: -Ehi, cowboy. Luke, sveglia.- Gli occhi di Luke si aprirono all'istante, e Joe poté notare che le sue guance erano rigate dalle lacrime.
-Joe?...- Il cowboy si tirò su a sedere, e sbatté le palpebre. -Che ci fai qui?-
-Come sarebbe? È l’alba, e sono venuto a vedere come stavi.-
-L'alba?...- Luke guardò fuori dalla finestra, e vide i raggi del sole illuminare la stanza. -Oh...scusa- tossì.
-Che ti era preso? Farneticavi cose sconnesse.- Gli poggiò una mano sulla fronte: -Non è che ti è preso davvero il delirio per la febbre?-
-Ma no, era solo... un brutto sogno- rispose Luke spostando gentilmente la mano di Joe. Si asciugò gli occhi. -Mi sento decisamente meglio di ieri, comunque.-
-Sì, hai ripreso colore. Su cos’era l’incubo? Guarda che se riguarda il tuo cavallo, l’ho visto cercare l’erba nella neve dalla finestra.-
-Jolly?- Il volto di Luke si illuminò e scese dal letto, andando ad affacciarsi alla finestra; il suo amico stava facendo colazione mentre quel tonto di Rantanplan abbaiava ad un albero. Lo salutò con la mano e il cavallo nitrì felice.
-A quanto pare non si trattava di lui. Beh, non insisto, ma resta nel letto.- Lo afferrò per un braccio per rimetterlo sotto le coperte.
-Ah, ma mi sento molto meglio ora. Non serve che tu ti prenda ancora cura di me- disse il cowboy lasciandosi accompagnare verso il letto, -Anzi, potrei anche usci... Coff! Coff! Coff!- Un violento attacco di tosse lo interruppe.
-Scherzi? Sei ancora uno straccio. Non che ci provi gusto a farti da infermiera, ma non schiatterai per un malanno, chiaro?- Lo spinse praticamente giù sul materasso. Luke roteò gli occhi, mentre Joe gli rimboccava le coperte.
-Ti preoccupi troppo per me, Joe... dove sono i tuoi fratelli? Spero proprio che non siano andati a rapinare una banca.-
-Ronfano di gusto. Che c’è, credi che il mio improvviso interesse abbia un doppio fine?-
-E’ l’abitudine.-
-Sì, beh...ora le circostanze sono diverse.- disse Joe incrociando le braccia, -E adesso, se vuoi scusarmi, devo andare a svegliarli. Bisogna prendere altra legna e andare a cercare qualcosa da mettere sotto i denti. Tu non muoverti da lì, ci manca solo che hai una ricaduta, ci hai già fatto perdere troppo tempo!- concluse uscendo e sbattendo la porta. Lucky si mise seduto restando coperto, guardando l’uscio chiuso.
-Circostanze diverse?-

-Forza lazzaroni! Il tempo è più clemente, rendetevi utili!- Joe buttò giù dai loro giacigli i gemelli e tirò un calcione nel sedere ad Averell. -Ahia! Vuoi dire che ha smesso di nevicare?- chiese il minore massaggiandosi il didietro.
-Esatto, e bisogna prendere la legna per il fuoco e trovare del cibo. Perciò faremo così: io e William ci occupiamo della legna, tu e Jack invece andrete a caccia, magari riuscite a beccare un coniglio o un paio di pernici...-
-Senza armi?- commentò Jack rialzandosi.
-Fuori, vicino alla stalla, mi sembra che ci fosse un capanno degli attrezzi, magari troviamo qualcosa, Jack.- rispose Averell accarezzando Rantanplan.
-Dovremo arrangiarci. Magari c’è un vecchio fucile; di certo Luke non ci presterà mai la sua…- Stava per dire pistola, ma Joe si limitò a fare una faccia scioccata: -La pistola!! Potevo prendergli la pistola in tutto questo tempo!!- Tornò di corsa verso la camera da letto, e riaprì di colpo la porta.
Luke sbatté le palpebre, confuso.
-Uhm, ciao Joe, ti serve qualcosa?- chiese con un piccolo sorriso, -Come puoi vedere, non mi sono mosso, sono rimasto a letto.-
-La tua pistola.-
-Cosa?-
-Ammetto che nella confusione me ne sono completamente dimenticato, ma visto che non mi sembri in grado di reagire…- Si tirò su una manica della divisa: -Adesso mi prendo la tua arma.-
Per un attimo Luke lo guardò con espressione fredda, per poi fare un sorrisetto: -Fai pure Joe. La mia colt è lì per terra, ma non credo che ti servirà a molto...- Dalton afferrò l'arma in un baleno, ma sembrava più leggera. Sospirò.
-Hai tolto i proiettili.-
-Non potevo sapere quando ti saresti ricordato della mia pistola.-
-Dove li hai nascosti?-
-Figurati se te lo dico.-
-Non costringermi a usare le maniere pesanti, non sono così cattivo da infierire su un malato.-
-Che vorresti fare, perquisirmi?-
Joe lo guardò male per un istante, e poi ghignò: -Non è una cattiva idea...- Preso alla sprovvista da quella risposta, Luke si mise sulla difensiva.
-Bada, non sono così debole da non sapermi difendere, Joe. Non lo farei se fossi in te.-
-Vogliamo scommettere?- Si avvicinò ancora, tirando su anche l’altra manica.
-Joe. Non. Farlo.- Luke mise un piede fuori dal letto, pronto a scattare via: -Detesterei dover prendere a pugni quello che mi ha salvato la vita.- Dalton non sembrava ascoltarlo. Si avvicinava piano, pronto a beccarlo se avesse anche solo tentato di correre. -Se credi che io mi sia tenuto i proiettili addosso, ti sbagli.- Luke mise anche l'altra gamba fuori dal letto; non si sentiva ancora in perfetta forma, ma non aveva la minima intenzione di lasciarsi perquisire da Joe, tra tutte le persone.
-Suvvia, parliamone... tu hai la mia colt, e io ho i proiettili. In questo modo nessuno dei due può nuocere all'altro, saremmo pari.-
-Io invece penso che un piccolo vantaggio non mi dispiacerebbe…- Gli bloccò la strada definitivamente.
Luke alzò un sopracciglio. -Come vuoi allora.- Veloce come un lampo, il cowboy lanciò la coperta addosso a Joe, coprendogli la visuale, per poi spingerlo via con un calcio. Rotolando, Joe si liberò della coperta, e proprio in quel momento vide Lucky correre verso la porta. -Eh no!- Gli afferrò una caviglia, facendolo cadere a terra con una tremenda facciata. -Preso! Dove credevi di andare, furbastro??- Lo trascinò verso di sé tenendolo saldamente per la gamba.
Col naso dolorante, Luke cercò di allontanarlo: -Ma che fai?? Lasciami!-
-Vediamo se quel che dici è vero. Secondo me, hai mentito.- Joe si mise a frugare tra le tasche della camicia di Lucky, il quale cercava di liberarsi e fuggire via.
-Ti si è ammattito il cervello? Lasciami subito!-
-Non finché non avrò finito di ispezionarti!- Tra un movimento e l'altro, Luke tirò una ginocchiata sul mento di Joe, che in un attimo perse l'equilibrio e cadde in avanti, addosso al cowboy solitario. Proprio in quell’istante entrò William: -Ehi, abbiamo trova- Oh.-
Non solo il maggiore dei Dalton era finito addosso a Lucky, ma addirittura con la bocca molto, troppo vicina a quella dell’altro. Con gli occhi spalancati, fu sveltissimo a tirarsi indietro. Non solo, i vestiti del cowboy erano scomposti, quasi che Joe avesse tentato di spogliarlo. Quando i due si accorsero della presenza di William, quest’ultimo mormorò: -…Scusate.- Indietreggiò e chiuse la porta.
-No, aspetta! Non è come credi!- gridò Joe rimettendosi in piedi, ma ormai il fratello aveva chiuso la porta e si era allontanato. Ci fu un minuto di silenzio: Luke era rimasto a terra, rigido e immobile come un manichino, mentre Joe aveva un'espressione imbarazzata e scioccata allo stesso tempo; si riprese poco dopo: -Bravo, sarai contento adesso.-
-Te l'avevo detto di non farlo.-
-Se non avessi fatto tante storie, tutto questo non sarebbe successo!-
-Forse, se tu non avessi tentato di perquisirmi, non saremmo caduti!-
-Forse se non ti fossi ammalato come una femminuccia!-
-E allora perché diavolo mi hai salvato se ti do tanto fastidio?!- sbottò Luke rialzandosi.
-Non lo so! Ok? Non lo so nemmeno io!!-
Avevano entrambi le facce paonazze per l'agitazione e l'imbarazzo, e si guardarono in cagnesco per un po'. Almeno finché Luke non cominciò a tossire; era riuscito a trattenersi per un po', ma a quel punto la sua gola secca e infiammata non ce la faceva più, e dovette sfogarsi. -Coff! Coff! Che ti piaccia o no Coff! Non ti dirò mai dove sono i proiettili. Coff! Coff! Coff!- disse Luke tra un attacco e l'altro.
-Sai una cosa? Chi se ne frega. Non mi va di rischiare altre figure coi miei fratelli a causa tua.- Si avviò fuori della stanza: -Vado a prenderti lo sciroppo… femminuccia.-
-Vai Coff! Coff! Al diavolo!- rispose Luke rimettendosi a letto e incrociando le braccia.
William aveva trovato un'ascia e stava giusto per andare a cercare della legna da tagliare; vedendo il fratello maggiore non disse niente, per non rischiare di incappare nella sua famosa collera. Joe lo ignorò, prese la boccetta dello sciroppo e un cucchiaio e tornò nella camera.
-Vediamo di chiarirci: non è mai successo. Intesi?-
-Figuriamoci se vado in giro a raccontare quel che è successo…- sbuffò Luke girando la testa verso la parete.
-Bene.- Andò a sedersi ai piedi del letto e gli porse la medicina: -Ecco qua.- Luke gliela tolse dalle mani con un gesto irritato.
-Grazie…- bofonchiò prima di metterne un po' nel cucchiaio e berla. -Cambiando discorso, lo sai che sono arrivato fino a qui per arrestarvi e riportarvi al penitenziario. Ma visto che mi hai salvato la vita, e che alla fine volete solo festeggiare il Natale con mamma Dalton...vi lascerò andare. Anzi, se vorrete fare in tempo, vi converrà partire dopo colazione. Io me la caverò. Ah, e rivoglio la mia colt, naturalmente.-
-Come come? Cosa odono le mie orecchie? Scusa ma non credo di aver capito: ci lasci andare?- Aveva un tono di scherno.
-Hai capito bene. E spero per te che tu non vada in giro a raccontarlo- sbuffò Luke spostandosi il ciuffo dagli occhi, -Non capisco tutta questa voglia di festeggiare il Natale... tra l'altro non ti facevo un tipo molto "festivo".-
-Il Natale l’abbiamo sempre trascorso in famiglia. Immagino che tu l’abbia passato con tua zia Martha una volta, no?-
-Sì, certo... tutte le volte…- disse l’altro tirando su le ginocchia e abbracciandole. Ed ecco ancora quello sguardo malinconico. A Joe non poteva importargliene di meno del cowboy. Eppure, non riusciva a fare a meno di sentirsi strano ogni volta che lo vedeva triste. -…Uhm… Ho detto qualcosa che non va?-
-E’ solo che...- Luke sì passò una mano tra i capelli, frustrato. -Non sono un fan del Natale. Non più almeno.-
-Uh? Che c’è, ti arrivava solo carbone? No, sul serio, perché?-
-Fu in questo periodo che decisi di partire come cowboy solitario in cerca di avventure. Zia Martha non era d’accordo, abbiamo avuto una brutta litigata e… beh, in sostanza non la vedo da dieci anni, più o meno.-
-Dieci anni??- esclamò Joe stupito, -Noi ma’ la rivediamo il più possibile, e comunque le scriviamo sempre. Ci manda sempre qualche buon dolce, anche se è Averell a mangiarlo sempre tutto... infatti nostra madre ha dovuto smettere di metterci dentro una lima.- Si passò una mano sul viso: -Non riesco a immaginare dieci anni senza neanche un biglietto, un saluto… Qualcosa.-
-Invece è così. Ora che ci penso… Eri preoccupato nel vedermi triste?-
Joe roteò gli occhi. -Ma figurati! Ero solo curioso, tutto qua.-
-Certo.- Si rilassò, ma non abbandonò la sua posizione raccolta: -Sai, l’ultima cosa che le ho detto prima di andarmene è stata “non sei mia madre”. Me ne pento, ma… so già che se mi ripresentassi alla sua porta, prenderei tanti di quegli schiaffi neanche fossi un moccioso.-
-E te li meriteresti tutti! Dieci anni sono troppi- continuò Dalton incrociando le braccia al petto; vide Luke arrossire e appoggiare la testa sulle ginocchia. Joe sospirò.
-Schiaffi o no, non puoi continuare ad ignorarla in questo modo. È crudele nei confronti di chi ti ha allevato, quindi secondo me dovresti andare da lei e chiederle scusa, è il minimo.-
-Ci ho pensato, cosa credi?-
-Pensare non basta. Cavolo, sarai anche più veloce della tua ombra con la pistola, ma quando si tratta di rapporti umani sei lento!- Lucky sollevò un po’ lo sguardo.
-E tu sarai anche un temibile bandito, ma sei proprio un mammone.-
-Il mammone qui è Averell. Io le voglio bene, ovvio, ma non sono attaccato alla sua sottana.- Scrollò le spalle. -E poi tu sei Lucky Luke: dovresti sempre dare il buon esempio, no?-
-… Temo di averti attaccato la febbre; stai dicendo cose carine su di me.- Joe si sentiva la faccia bollente e distolse lo sguardo da Luke.
-Devo... devo andare a tagliare la legna. Ora. Già.- Si alzò e si diresse verso la porta.
-Perché? Dovete andare da vostra madre, no? E’ meglio che vi sbrighiate come ho detto.-
-Sì, ricordo…- rispose l’altro in tono vago.
Scese le scale lentamente, confuso per come si sentiva. Lasciò la colt sul divano e raggiunse il fratello fuori, che aveva quasi finito di tagliare alcuni ceppi. -Meno male che dovevamo tagliarla insieme, la legna!-
-Scusa… Ho dovuto… fare una cosa prima.- ma restò comunque lì invece di aiutare William, che si fermò e disse ancora: -Allora?-
-Uh… Non credo che ce la faremo ad arrivare da Ma’ per Natale.-
-Cosa?-
-Siamo senza cavalli, la neve ha riempito qualunque sentiero potessimo percorrere… e c’è il rischio che si scateni di nuovo una bufera.-
-Magari potremmo farcela, se partissimo adesso. Joe, non vorrai rimanere qui, in una vecchia capanna con Lucky Luke!?- chiese incredulo, -E poi dubito che a ma’ farebbe piacere... senza contare che quello come guarisce ci arresta!-
-Ha detto di no. Visto che lo abbiamo aiutato, ci lascia andare, solo per stavolta.-
-Mi prendi in giro?-
-No. E prima, parlandoci… Oh, maledizione!- Diede un calcio ad un mucchio di neve, spargendo fiocchi ovunque: -William, sono impazzito, non ho dubbi!-
-Perché?-
-Perché... non lo so! Quando ci parlo io... non ho il solito attacco di rabbia, e non mi viene l'ulcera a guardarlo. Mi piace sentirlo parlare e ridere, detesto vederlo triste, e quando mi guarda mi gira la testa, mi sento avvampare... William, il cervellone qui sei tu, devi sapere che diamine mi sta succedendo!-
-Ok, calma.- Posò l’accetta e la usò come appoggio per il braccio: -Innanzitutto: da quanto ti succede questa cosa?-
-Boh, da ieri più o meno... da quando ho cominciato a parlarci... Sono sicuro che sia uno dei suoi trucchi! Dev'essere per forza così!-
-Interessante. Ma, Joe, non credo sia un trucco e neanche pazzia. Le opzioni sono due, e lasciami finire prima di arrabbiarti: o sotto sotto lui non ti sta così sulle scatole come affermi, oppure sei stato preso dallo spirito natalizio.-
-Spirito natalizio. Sì, senza dubbio. Non può essere altrimenti- annuì Joe convinto.
-Joe. Tu sei la persona meno natalizia che io conosca- disse William raccogliendo i ceppi di legno.
-Però spiegherebbe tutto.-
-Non tutto…-
-Che stai insinuando?-
-Assolutamente niente- concluse il fratello ricordandosi cos’era successo poco prima. -Comunque. Che siamo bloccati qui è vero.-
-Già... e adesso chi glielo dice ad Averell?-
-Dirmi cosa?- si pronunciò il fratello minore mentre portava un cesto pieno di bacche, radici e funghi. Dietro di lui, Jack stava portando in spalla due conigli e qualche piccolo volatile.
-Uh… Vieni qui, fratellino...-


Averell tenne il muso tutto il tempo, vicino al camino, quando non cucinava. L’unico che lasciava avvicinare era Rantanplan. Lucky lo guardava perplesso, e domandò a Joe: -Sta bene?-
-Ecco, non è contento del cambio di programma.-
-Cioè?-
-Il Natale lo passiamo qui. Senza cavalli, e senza una guida, non ce la faremo ad arrivare a Cactus Junction.-
-Oh... mi dispiace...- disse Luke con sincerità. Guardò Averell e poi Joe e gli venne un'idea. –Joe, avete ancora quell'ascia?-
-Sì, perché?-
-Beh, perché se proprio bisogna festeggiare qui il Natale, potremmo cercare un albero da portare dentro e poi decorarlo. Che ne dici?-
-Sì. Questo gli tirerebbe un po’ su il morale; basterebbe anche solo un alberello. William, Jack, venite qui.- I tre formarono un cerchio e si consultarono a bassa voce per dividersi i compiti. Uno dei gemelli andò di stanza in stanza a cercare piccoli oggetti, l’altro uscì insieme a Joe per cercare un pino adatto. Luke nel frattempo rimase con Averell, cercando di tirargli su il morale, incitandolo a preparare una bella cena per quella sera. Il galeotto sembrò riprendersi un po' e andò a spennare i volatili che Jack aveva catturato.
Il cowboy ne approfittò per uscire fuori e salutare Jolly Jumper. -Mi sei mancato, vecchio mio.- Il cavallo gli espresse il suo affetto leccandogli il viso; Lucky rise e accarezzò il muso dell’animale: -Ce la siamo vista brutta, eh? Chi avrebbe mai detto che Joe Dalton e i suoi fratelli ci avrebbero soccorso.-
-Un miracolo di Natale, cowboy- rispose Jolly, -Peccato che non ci sia un altro miracolo per far sparire quel sacco di pulci...- commentò acido, vedendo Rantanplan affondare nella neve.
-Aiuto! La panna montata mi sta assorbendo!- Guaì il cane.
-Non essere duro con lui.- Diede una pacca sulla groppa del fido destriero: -Comunque non sono ancora in piena forma, mi è venuta una tosse terribile…-
-Diciamocelo cowboy: ultimamente, non mi sembri molto fortunato.- Arrivata sera, Joe e William erano riusciti a trovare un piccolo abete, che avevano portato all'interno della capanna e messo in un angolo; Jack era riuscito a trovare un po' di spago, delle pigne e varie cianfrusaglie da appenderci sopra. Luke voleva dare una mano visto che la febbre non si era ripresentata e la tosse sembrava sotto controllo, così stava seduto sul divano a legare le pigne e gli oggetti con lo spago passandoli di quando in quando ai fratelli. L'umore di Averell era decisamente migliorato, e aveva lavorato alacremente tutto il pomeriggio per poter creare un degno banchetto di Natale nonostante i pochi ingredienti; aveva cucinato i conigli a mo’ di stufato con funghi e radici, mentre i volatili li aveva arrostiti sul fuoco condendoli poi con noci e bacche. -Che profumino!- commentò Jack ad un certo punto, -Di certo Averell ha imparato bene a cucinare grazie a mamma.-
-Già, è sempre stato portato per queste cose- aggiunse William. Averell gonfiò il petto orgoglioso: -Grazie ragazzi, e ora... a tavola!-
La cena forse non era delle più lussuose, tutto ciò che c'era da bere era l'acqua e l'albero non era dei migliori... tuttavia nella stanza si poteva respirare appieno l'atmosfera del Natale. Joe alzò lo sguardo dal piatto per vedere Luke che chiacchierava tranquillo con Averell, che gli stava spiegando i segreti di un ottimo stufato. Sbocconcellando la sua porzione di coniglio, Joe si mise a guardare più attentamente il cowboy: il suo viso era tornato roseo, lo sguardo vispo, e a parte la tosse sembrava stare decisamente meglio. Jack su avvicinò al fratello. -Ehi Joe, adesso che Lucky Luke sta bene, che cosa succederà?-
-Che vuoi dire?- 
-Chi ci garantisce che non ci arresterà più tardi? Io non mi fido di lui.-
-Fratello, credimi: nemmeno io. Ma era disposto a farci andare da nostra madre nonostante le sue condizioni, quindi…-
-Sarà.-
Joe scrollò le spalle e ritornò a mangiare il suo piatto di stufato; quando alzò di nuovo lo sguardo, Luke lo stava guardando con un piccolo sorriso stampato sulle labbra. Restando con la forchetta poco sopra il piatto, Joe restò a guardarlo per quello che sembrò un lunghissimo istante. I suoi occhi scintillavano come due stelle, e (stavolta ne era certo) non era a causa della febbre. Sbattendo le palpebre due o tre volte, Dalton distolse infine lo sguardo. Forse se l’era immaginato, e infilò deciso un boccone di stufato sotto i denti. Alla fine della cena, Averell si era messo a giocare con Rantanplan davanti al camino, mentre Jack e William avevano iniziato a giocare a carte (Jack le aveva sempre con sé); Luke si mise sulla poltrona ad intagliare un pezzo di legno e Joe si era messo sul divano, ad osservare la partita dei suoi fratelli.
-Sapete una cosa?- se ne uscì il minore ad un certo punto, -Ci siamo dimenticati di appendere un rametto di vischio in casa.-
-E che ce ne facciamo?- replicò uno dei gemelli -Quello serve quando ci sono delle ragazze che vorresti baciare, è un’ottima scusa per provarci.-
-Così, come decorazione...-
-Beh, non ce n'è, rassegnati.-
William non disse nulla, ma un sorrisetto da volpone apparve sul suo volto. Le loro occupazioni durarono fino a tardi; Luke si alzò dalla poltrona, si stiracchiò e augurò la buonanotte. Nel vederlo salire le scale, William sì avvicinò a Joe e gli sussurrò: -Sarebbe meglio che tu lo seguissi, non si sa mai che cosa possa inventare... forse riesci a capire dove ha nascosto i proiettili.-
-Ottima idea. Magari ci ripensa e ci lega come pacchetti regalo per i secondini del penitenziario.- Prontamente, il fratello maggiore abbandonò il suo posto e seguì in punta di piedi Lucky fino alla porta della camera. Il cowboy entrò in camera e tentò di chiudere la porta, che però per qualche motivo restava sempre socchiusa. -E andiamo... stupida porta.- Joe sogghignò: se la porta non si chiudeva, poteva sbirciare nella stanza senza essere visto. Alla fine Luke rinunciò e si avvicinò al letto. Dalton allora ne approfittò per dare un’occhiata all’interno, e poco dopo entrò nella stanza praticamente strisciando; Luke si tolse il cappello, gli stivali e il suo gilet e abbassò le coperte pronto per andare a letto. In quel momento un piccolo oggetto cadde giù dalla porta; Joe ne avvertì il flebile tonfo e si paralizzò a metà strada tra l’uscio e il letto. Guardandosi indietro, notò un piccolo rametto con delle bacche bianche e un fiocchetto di spago. Vischio. Luke si era accorto che la porta si era aperta di nuovo, e sbuffando andò a richiuderla; Dalton si defilò sotto il letto più veloce di un topo. -E certo, adesso ti chiudi...- borbottò Luke tra sé e sé; quando vide il vischio per terra, sbatté le palpebre confuso: -Che strano... avevano detto che non ce n'era.- Lo raccolse e andò alla finestra, dando un'occhiata fuori: non stava più nevicando, il cielo era pieno di stelle e c'era una quiete quasi magica.
Joe non si azzardò a fare capolino finché non gli sembrò che Lucky fosse tornato sopra il letto. Sentì le doghe del letto scricchiolare, così si affacciò lentamente da un lato. Ma come gli capitava troppo spesso con il cowboy, si era fatto beccare; il viso dell’altro si sporse da sopra il materasso con un sorriso: -Salve. Spero il tuo non sia un altro tentativo di perquisirmi; stavolta sono pronto a difendermi.-
-No. Uhm… Controllavo se c’erano delle cimici, sai, Jack dice di averne trovate alcune.-
-Ma davvero?-
-Quelle pizzicano.-
Luke alzò un sopracciglio senza mai smettere di sorridere: -Mh-mh. E dimmi, ne hai trovate, Joe?-
-No. Cioè sì, e sono proprio brutte bestie; le ho trovate in cucina e ho pensato di venire a vedere se ce n’erano anche qui.-
-Che gentile, adesso sono sicuro che potrò dormire tranquillo.- Luke rimase a pancia in giù sul letto mentre Joe si rimetteva in piedi. -Grazie per il tuo scrupoloso controllo, Joe. Oh, e prima di andare, sapresti dirmi che cosa ci faceva questo nella camera?- aggiunse mostrando il rametto di vischio.
-Non ne ho idea.-
-Sicuro? Credo che fosse sopra la mia porta.-
-Ma che ne so?- Gli girò le spalle: -Come ha detto Jack, serve per quando ci sono delle ragazze da baciare.- Luke rimase in silenzio per pochi istanti prima di alzarsi dal materasso e camminare lentamente verso Joe; il rumore dei suoi passi era flebile sulle assi di legno.
-Tecnicamente... la tradizione è di baciare chiunque sia sotto al vischio, a prescindere dal sesso. È una specie di augurio per le feste e per l'anno che verrà.-
-Ah. Non lo sapevo. Non sono mica un esperto, io.- Non sembrava del tutto consapevole che Lucky fosse alle sue spalle.
-È un semplice augurio di buona fortuna, niente di più...-
-Quante fesserie, come può un bacio portare fortuna? Se fosse davvero così, io ne avrei bisogno a palate!-
-Joe.-
-Cosa?-
-Guarda sopra la tua testa.- Joe espiró seccato, ma guardò comunque in alto: "Toh, il rametto di vischio" pensò lui. "Aspetta. Cosa?" Dalton sgranò gli occhi e arrossì di colpo, ancora intento a fissare il vischio sopra la sua testa: -Ehi, che hai in mente…?- Gli occhi e il ghigno di Luke erano strani, come quelli di un gatto che giocava con il topo. -Augurarti buona fortuna.-
-Oh no, che diavolo…!- Joe elaborò il pensiero di allontanarsi, ma le sue gambe non risposero. Il suo cervello non riusciva ad inviare l'impulso di muoversi, perché in quel momento era in tilt. Le labbra di Lucky Luke, poté constatare Joe, erano molto più morbide di quanto mai si sarebbe aspettato, specialmente se messe in contrasto con la sua guancia ruvida. Non ci stava capendo più niente, il suo cuore cominciò a battere più in fretta, il suo respiro si fece più rapido e la stanza attorno a lui girava vorticosamente. Quel bacio sembrava durare in eterno.
-E-ehi!!- Il secondo errore di Dalton, dopo non essersene andato a gambe levate, fu quello di girarsi per dirgliene quattro a quello spilungone. Luke non fece in tempo a togliere le labbra dalla guancia di Joe, che si ritrovò a baciarlo sulla bocca.
Baciarlo. Sulla. Bocca. Un bandito. Stava baciando un bandito sulla bocca. E non un bandito qualunque, ma quello che più di tutti lo voleva vedere morto. Il cowboy sgranò gli occhi a sua volta è si staccò, imbarazzato. Che cosa aveva fatto?
Joe sentì il terreno molle sotto i piedi, o più probabilmente le sue ginocchia che cedettero per lo shock; si ritrovò seduto per terra, avvertendo un calore sulla faccia paragonabile alla febbre della quale aveva sofferto il cowboy il giorno prima. Lo fissò, il cervello che elaborava insulti e maledizioni parecchio coloriti che tuttavia non trovavano sfogo. Lucky sì tirò indietro a sua volta, restando immobile con le mani davanti alla bocca e il vischio dimenticato sul pavimento. Rimasero lì a fissarsi attoniti per minuti interi. Non un suono proveniva dalla stanza accanto; gli altri Dalton non dovevano essersi accorti di niente. Joe provò a rompere quel silenzio pesantissimo.
-Beh… Questo è un complotto, non c’è altra spiegazione.-
Luke, che fino a quel momento era rimasto a guardarlo con gli occhi scioccati come quelli di un cerbiatto sorpreso da un rumore improvviso, sbatté le palpebre. -...Come scusa?-
-Prima quando ho tentato di perquisirti, adesso questo… L’universo ci complotta contro!- Non era arrabbiato, ma imbarazzato sì; non stava neanche guardando il cowboy mentre parlava.
-Joe, io... mi dispiace, volevo solo farti uno scherzo...- Ma nemmeno Lucky era convinto di quella scusa; sapeva solo che si vergognava talmente tanto di quel che era appena accaduto, che sentiva le lacrime cominciare a formarsi nei suoi occhi. Era qualcosa che gli succedeva unicamente nei momenti di estremo imbarazzo, i quali erano molto rari.
-Uno scherzo? Quindi non avevi intenzione di passarmi un po’ di fortuna?- Dalton si accorse solo in quel momento dell’espressione sulla faccia del cowboy.
-Io... Io volevo, sì, certo, ma... m-mi dispiace tanto... mi dispiace Joe...- farfugliò l’altro distogliendo lo sguardo. Joe non l'aveva mai visto in queste condizioni.
-Ma che ti prende? Che… stai piangendo?- Inclinò la testa, sottolineando la domanda.
-No, non sto piangendo! Mi è entrata un po' di polvere negli occhi!- Luke non sapeva perché si sentisse così male dentro: forse era l'imbarazzo, forse era stata la reazione di Joe. Sapeva solo che voleva scappare via da lì e prendere una boccata d'aria; tuttavia, non si mosse.
-Polvere un corno.- Si rialzò Joe e gli si avvicinò: -Fa’ vedere.-
Controvoglia, Luke guardò Joe negli occhi, tormentandosi le mani nervoso. Per una volta, fu lui a dover alzare la testa per guardarlo, e vide che l'espressione del galeotto pareva sinceramente preoccupata.
-Pensavo fossi un tipo tosto, nel senso che difficilmente mostri emozioni così forti.- Gli si accomodò accanto: -E di certo non mi aspettavo lacrime. Bacio così male?-
Luke si voltò e lo guardò stupito. Fece una piccola risata e si asciugò gli occhi: -No, direi di no. Ma la tua barba e i tuoi baffi pungono tantissimo.-
-Io non mi raso. Comunque…-
-Sì?-
-Non piangere, ok? Mi fa strano.-
-Che vuoi dire?- chiese Luke piegando la testa da un lato.
-Un conto è veder piangere altre persone, un conto… tu. Sei sempre tutto d’un pezzo.-
-Ah. È vero, di solito sono più calmo. È solo in alcuni momenti che mi succede. Pochi, rari momenti.-
-Uno è quando sei in imbarazzo, vedo.-
-Uhm, già...- disse il cowboy mettendosi a gambe incrociate. -Ma sono felice che ci sia stato tu a consolarmi quando è successo.-
-Consolarti?!?- Subito la pressione risalì fino alla faccia di Joe.
-Ma veramente… Non… Ecco… Non sapevo che fare…-
-Eppure, hai fatto la cosa giusta: mi sei stato vicino e mi hai fatto sorridere. Senza contare il fatto che mi hai letteralmente salvato la vita e ti sei preso cura di me.- Girò il viso verso Dalton e sorrise dolcemente. -Grazie, Joe.- Quest’ultimo sentiva il sangue ribollire; quello sguardo tenero lo stava facendo impazzire.
-F-figurati!!-
-Beh... adesso è meglio andare a dormire. Domani ci aspetta una lunga strada da fare. Dovete andare da mamma Dalton, no? - chiese alzandosi da terra e pulendosi i jeans con le mani.
-Sì… Aspetta, “ci”? Vorresti venire con noi?- -L’hai detto tu che vi occorre una guida.-
-Certo. Vero. Ok, uhm… Buonanotte.- Sulla soglia, aggiunse: -E buon Natale.- Chiuse la porta prima di ricevere una replica.
-Buon Natale...- sospirò Luke. Raccolse il rametto di vischio e se lo mise vicino al cuscino prima di addormentarsi.


Il mattino seguente i banditi, ben intabarrati con abiti più pesanti (presi in prestito dal rifugio), insieme a Lucky si avventurarono nella neve per cercare di raggiungere al più presto Cactus Junction. Rantanplan giocava nella neve assieme ad Averell, e Joe stava in fila con gli altri dietro a Jolly Jumper. -Ci dovrebbe essere un sentiero poco lontano da qui- annunciò Luke.
-Ottimo. Ora noi-!- Il maggiore dei Dalton affondò improvvisamente nella neve, ritrovandosi la coltre bianca all’altezza del naso. Lucky lo ripescò afferrandolo per il collo della giacca che si era procurato.
-Serve un passaggio?-
-Eh?- Prima che potesse dire altro, Joe si ritrovò sulla sella assieme al cowboy, davanti a lui.
-Ehi, hai notato che ultimamente Lucky Luke è parecchio gentile con Joe e viceversa?- sussurrò Jack a William; quest'ultimo fece spallucce e ghignò: -Chissà. Forse sono stati entrambi pervasi dallo spirito natalizio.-
Joe brontolò: -Guarda che mica affogo nella neve…-
-E’ solo una precauzione.- Si assicurò che fosse ben piazzato e riprese a far muovere Jolly, che non sembrava molto convinto.
-Fortuna che il tappetto è un peso piuma…- Camminarono per ore ed ore nella neve, scaldati solo dalla pallida luce del sole, fermandosi giusto per pranzare (ancora una volta Averell era riuscito a trovare qualcosa da mettere sotto i denti). Finalmente, verso il tramonto, arrivarono nei pressi di Cactus Junction vicini alla loro casa natia.
-Qui ci salutiamo.- Luke fece scendere Dalton, che domandò: -Come sarebbe?-
-Non credo che vostra madre sarebbe felice di vedermi. Ma credo che ci ritroveremo molto presto; difficile che ve ne stiate lontani da una banca, o dai guai più in generale.-
-Puoi giurarci.-
Averell accarezzò Rantanplan: -È un peccato che tu non possa restare, Sweety non sopporta i cani.-
-Neanche ma’ li sopporta molto, in realtà- aggiunse Jack.
-Lui vi aspetterà al penitenziario, non c’è problema.- Il cowboy chinò il capo afferrandosi la tesa del cappello: -Buone vacanze, ragazzi, ci vediamo fra un po’.-
-Sempre se riesci a prenderci, Luke- rispose Joe.
-Sai che succederà. Andiamo, Rantanplan.- Voltando Jolly Jumper dalla parte opposta, si ricordò di una cosa: -Ehi Joe!-
-Uhm?- Questi si voltò indietro, mentre i fratelli proseguirono verso la città. Lucky frugò nella tasca del gilet sotto il giaccone e prese il rametto di vischio, lanciandolo a Dalton che lo prese al volo.
-Quel che è successo…rimarrà fra noi. Hai la tua reputazione da difendere dopotutto.-
Joe divenne rosso dalla testa ai piedi: -Ti conviene, cowboy! O saranno guai per te!- disse stizzito prima di raggiungere gli altri;
Lucky Luke rise e partì al galoppo verso l'orizzonte.


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Luke se ne stava di fronte a quella porticina di legno da un minuto buono, ormai, una mano chiusa a pugno ferma nell’atto che non riusciva a compiere di bussare, nell’altra il cappello. Alla fine si decise a dare due o tre colpetti sull’uscio. Attese un po’, poi vide la porta aprirsi; sentiva il cuore in gola. Di fronte a lui apparve una donna robusta, con indosso un abito verde e i capelli neri striati di bianco qua e là raccolti in una crocchia un po’ scomposta; aveva un mestolo di legno in mano e un grembiule bianco in vita. Lei lo guardò a occhi sgranati.
-…Ciao, zia Martha…- mormorò il cowboy, stringendo fra le mani la tesa del cappello. La donna rimase immobile a fissare il giovane uomo sull'uscio della sua dimora per un tempo che sembrò infinito.
-... Kid?... Sei proprio tu?-
-Sì… Sono io… E ti chiedo scusa se non mi sono fatto più vedere… Credevo ce l’avessi con me.-
-Puoi scommettere che ce l’ho con te!- esclamò Martha agitandogli il mestolo sotto il naso;
-Neanche una lettera, un telegramma, nulla! Tutto quello che sapevo di te l’ho letto sui giornali!-
Luke sollevò lo sguardo. -Leggevi le notizie su di me?-
-Difficile non notarle, visto che te ne vai in giro a fare l’eroe… I titoli sono cubitali.- Il suo sguardo si fece però meno severo. -Sei magro come un chiodo.-
Lucky ridacchiò, sentendosi già meno a disagio. -Sono sempre stato magro, zia. Tu invece non sei cambiata affatto.-
-Eh, mi prendi pure in giro, giovanotto? Forza, pulisciti gli stivali ed entra. Ne hai di cose da raccontarmi dopo dieci anni.-
-Sarà una lunga chiacchierata.-
-Ho tutta la notte, Kid.-
Luke scosse la testa sorridendo e abbracciò la donna. -Mi sei mancata, zia Martha.-
Lei ricambiò l'abbraccio: -Anche tu, mio piccolo Kid. Anche tu.-

  
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