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Autore: Danail    30/12/2017    0 recensioni
Il Kamigakushi, locale famoso per la sua ospitalità e per essere un crocevia ideale per i viaggiatori interdimensionali, ospita ogni estate e ogni inverno un giovane elfo che, durante le vacanze, lavora lì come insegnante base a un gruppetto di bambini di razze diverse. È proprio durante il periodo di Yule che il giovane elfo torna al Kamigakushi, inconsapevole che sarà la sua ultima volta.
| Crossover | Pathfinder&Pokémon | What If? | È possibile leggerla anche come Originale Fantasy | Basata su un party realmente esistente (...circa) | Nessun chierico tiefling è stato maltrattato per scrivere questa storia (più o meno?) |
Genere: Angst, Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, N, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Velo degli Dei.'
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2 Dream of Spring

Lo sapeva
Lo sapeva ormai da un bel pezzo ormai: da quando tutti, quando erano immersi nel lago di mondi e mondi fa, avevano trovato ustioni sui loro corpi. Tracce del fuoco che aveva minacciato d'inghiottirli tutti quanti che il tempo aveva sbiadito, assieme alla loro memoria. E le avevano trovate curiose, visto che sembravano avere tutte un senso comune.
D'altronde erano tutti piccolissimi quando il Kamigakushi bruciò. Erano così piccoli quando attraversarono varchi per altri mondi, varchi verso la salvezza, varchi verso la vita.
Chi li aveva aperti, quei varchi? Uno stregone invitato da Akareth quella notte, per festeggiare assieme alle altre quella notte in maniera particolare.
Come potevano ricordarlo dopo così tanto tempo?
Anche lui aveva rischiato di dimenticare.
Eppure, a guardarli in quel momento, il vecchio Osses si chiedeva come aveva fatto a scordarsi di tutto nonostante i secoli. Plumeria e Guzma pattinavano assieme sul laghetto di Malie con una grazia quasi ultraterrena, complici forse i vent'anni passati a correre e a saltare in mezzo alle foreste, o forse grazie alle ultime avventure che li avevano forgiati.
Infaustus e Ash parlavano di un argomento che da un bel po' animava le loro discussioni: magia divina o magia degli elementi?
Osses ormai non interveniva più in quel genere di confronto: al massimo, si riscuoteva e tergiversava. Differenze simili perdevano di valore una volta raggiunta una certa età.
Tsadock e Pendragon, come sempre, bisticciavano riguardo la quantità di denaro da spendere per le armi e su quali ripiegare. A quanto pare la differenza fra lo stile di lotta di un Inquisitore e di un Barbaro non contava ancora gran che, per loro.
Il vecchio elfo, nello sporgersi dall'albero su cui si era appoggiato per guardarli meglio, non fece a meno di sorridere leggermente nel vedere il cugino dei due, Grimbull, sfruttare la situazione per arraffare i risparmi dei due ignari mezzorchi e sgattaiolare via.
Ma il Guerriero, invece che farla franca, fu rapidamente scoperto dai suoi due simili: le urla in orchesco e le corse dei tre attirarono l'attenzione non solo di Osses, ma anche del resto del gruppo e dei sfortunati che passavano quel giorno di fine anno nel Giardino, che dovettero sloggiare il più lontano possibile pur di non essere travolti.
A risolvere la questione con le persone coinvolte fu la diplomazia di Guzma e Ash, che convinsero gli scontenti a non dare troppo peso alla cosa, a lasciar perdere. A rimproverare i tre, tutti malridotti per le botte che si erano dati l'un l'altro, ci pensò Infaustus, parecchio seccato per esser stato interrotto nella sua discussione col Druido, e Plumeria, che riuscì a sequestrare ai mezzorchi il denaro incriminato senza commettere l'errore di Grimbull e non farsi scoprire.
"Sono cresciuti. E' normale che non mi chiedano più di risolvere i problemi al posto loro" pensò il mago mentre li seguiva con il suo passo un po' sbilenco: la sera calava, a Malie si sarebbero tenuti i festeggiamenti per Yule, nessuno voleva perderseli per nulla al mondo.
"Solo Larethian sa quanto tempo sia passato. Io ho passato secoli e secoli alla ricerca dei miei ragazzi e nell'approfondire le arti magiche, e loro? Per loro, nei loro mondi, non è passato neanche mezzo secolo".
Avevano passato tutti i quartieri residenziali di Malie, pullulanti di persone dalla più diversa etnia e in compagnia di quegli esseri magici che Osses ricordava vagamente.
Andando più indietro coi ricordi, forse poteva rievocare sfocate immagini di un essere come quelli: assomigliava al falco che, nei momenti di difficoltà, chiamava sempre per accecare gli aggressori e che una volta li aveva salvati, indirettamente, dalla furia di un'Idra. Ma quello di secoli fa... quello di tanto tempo fa aveva un altro nome, aveva un altro aspetto: le piume sul dorso erano marrone chiaro, quelle sul ventre giallo pallido. La coda era composta da quattro, forti piume rosse. Sulla testa aveva una cresta gialla e rossa, lunga e bellissima.
"Com'è che si chiamava?" si chiese il mago mentre entrava nell'immensa locanda dove i festeggiamenti sarebbero partiti, sedendosi in un angolino mentre gli altri si sparpagliavano per l'enorme salone.
"Ah, sì, ora ricordo. Pidgeot, si chiamava. Sì, era proprio lui!" pensò soddisfatto.
"... E comunque, ora che ci penso, questo posto mi ricorda troppo il Kamigakushi" riprese dopo qualche momento. In effetti, in cosa differivano quel posto e quei festeggiamenti a quelli di tanti, tanti anni fa?
In mezzo al salone vi era lo stesso albero bianco, addobbato come di consuetudine. C'era il bancone in fondo, proprio di fronte all'entrata. I tavoli erano disposti in cerchio attorno all'albero. C'era un odore particolare nell'aria, un odore sottile, qualcosa difficile da cogliere. Qualcosa che sapeva di gioia, ma che suonava come un avvertimento.
Tutto gli sembrava pericolosamente familiare.
-Sono cambiati dall'ultima volta che li ho visti- gli parlò un giovane uomo che s'era seduto accanto a lui.
Nel girarsi e nel guardarlo, Osses riconobbe l'Arcanista che li aveva aiutati una volta che Guzma li aveva condotti tutti in quel mondo che lui chiamava "casa".
Com'è che si chiamava? Kukui? Sì, era quello sposato con la studiosa di Piani.
-Sono cresciuti, 'ses! E noi siamo cresciuti con loro- annuì l'elfo. Kukui stava guardando Guzma, che nel frattempo era saltato su un tavolo per cominciare a suonare selvaggiamente il violino, e Plumeria, che serpeggiava silente fra i tavoli per assicurarsi che tutto andasse per il verso giusto.
Ormai lui era riuscito a farsi accogliere dalla società che in passato lo aveva rifiutato, non era più un reietto. Lei ormai non era più "il mostro" a cui tirare sassi, non era più l'aberrante punizione mandata sull'arcipelago per chissà quale motivo.
Osses però guardava anche al resto dei ragazzi, uniti in quel momento dal canto e dalla musica del loro bardo: Ash aveva risposto al richiamo della natura e trovato il suo cammino personale, Infaustus era riuscito finalmente a diventare un guaritore e guerriero di prim'ordine. Tsadock aveva trovato un compromesso fra magia e combattimento, Pendragon era riuscito a incanalare la sua ira e Grimbull a combinare tecnica e forza.
- 'ses?- ripetè Kukui, avvicinandosi un poco al mago per osservarlo meglio, come se lo vedesse per la primissima volta.
-Eh?- si riscosse l'elfo, che ricambiò lo sguardo curioso del giovane moro con aria smarrita.
-Io e te ci conoscevamo già. Prima di tutto questo, intendo- affermò l'Arcanista.
-Osses... Osses non ha memoria di questo- ribattè il vecchio, ancora più confuso di prima. Negli ultimi tempi la sua memoria cominciava a non funzionare come un tempo: ma, ne era sicuro, non aveva mai visto Kukui prima di quel momento.
-Sarà, ma io penso che ci siamo incontrati, un tempo. Sei proprio sicuro di non ricordare?-
Osses aggrottò la fronte e tornò a guardare al centro della sala, dove Guzma stava terminando la sua esibizione.
Nel vedere il ragazzo balzare giù dal tavolo, un frammento di un ricordo tornò alla mente: un ragazzino, uno dei pochi amici dei suoi bambini, con un padre mago e circondato da portali...
-Kukui!- esclamò, voltandosi di nuovo verso l'uomo.
-...Zio Osses? Eravamo tutti...-.
Non finì mai la frase.
Dal retrobottega si sentì l'eco di un'esplosione. Passò solo un istante di silenzio generale: prima che l'incendio esplodesse e divorasse le prime strutture già tutti gridavano e si precipitavano fuori, alla rinfusa, calpestandosi a vicenda per trarsi in salvo a discapito del vicino.
"Moriranno innocenti!" pensò disperato l'elfo, arrampicandosi sopra il tavolo per non farsi travolgere dalla folla.
Kukui era schizzato via per dare manforte ai ragazzi: Osses già sentiva Pendragon andare in ira per sfondare gli ostacoli, la musica frenetica di Guzma e le urla di Tsadock e Grimbull indirizzare i fuggitivi verso le vie più sicure. In mezzo alle fiamme crescenti, Osses non riusciva a scorgere Ash, Plumeria e Infaustus.
"Sono tornato nel passato, forse? Dove sono i miei ragazzi? Stanno rischiando la vita per aiutare feriti e quelli rimasti intrappolati più su?" continuò disperato l'elfo mentre li chiamava a gran voce, in mezzo al fuoco.
Le ombre delle ultime persone correvano a fianco a lui, cercando la tanto agognata uscita.
"Zio Osseees!" sussurravano deboli voci di bambini.
L'incendio stava facendo crollare le colonne portanti del grande locale: eppure in quell'inferno un bardo continuava a suonare imperterrito e dei mezzorchi a urlare per salvare le ultime anime.
L'ombra di una tiefling guizzò via, trasportando sulle spalle due piccole masse vagamente umanoidi.
"Zio Osseeees!" imploravano. Di Ash e Infaustus nessuna traccia, se non cenere e voci indistinte.
L'elfo ebbe un fremito prima di levare le braccia verso il cielo. Qualcuno lo chiamava a gran voce al di là dei muri di fiamme e del legno.
"Zio Ooosseees! Aiuto!"
Il mago alzò il capo, con gli occhi chiusi per cercare invano di fermare le lacrime, e cominciò a borbottare parole d'incantesimi noti solo a lui.
Le fiamme ormai avevano divorato la maggior parte del locale ma, appena sentirono la magia cantare attraverso il vecchio elfo, si tramutarono in bestie luminose per scagliarsi felici verso la nuova presenza.
"Bambini. Bambini, no, non piangete. Zio Osses è qui con voi" pensò tra i singhiozzi e le parole magiche. La morsa crudele del fuoco si faceva sempre più stretta, esseri attorno a lui cercavano di aiutare altri a salvarsi e di raggiungerlo.
"No no, bimbi miei. Andate via, non piangete, scappate via. Osses è qui per proteggervi. Questo fuoco vi divorerà anche se siete cresciuti così tanto. Andate via da qui. Io ormai sono solo uno stupido vecchio".
Bastavano solo leggeri movimenti delle braccia per dare alle fiamme vorticose quella di una colonna di fuoco, ma la pressione si faceva via via più insostenibile. Un macigno premeva sopra il cuore, il calore gli mangiava la pelle, il fuoco gli asciugava le lacrime e rendeva il suo corpo sempre più avvizzito.
La colonna arrivò al limite, bastavano solo pochissimi gesti e tutto sarebbe finito.
Osses piangeva a dirotto -o almeno, così credeva: chi lo sapeva cosa sarebbe uscito dalle ustioni e pus che lo avrebbero ricoperto?- mentre li compiva.
Gli avevano già raccontato della vita che scorreva negli istanti che precedevano la morte: lui stava rivivendo la sua gioventù, e ciò era più doloroso di qualsiasi altra fiamma.
Sentiva di nuovo le manine dei suoi bambini che lo prendevano, i loro abbracci, i loro chiacchiericci. I loro sguardi, i loro sorrisi, le loro facce che con l'età crescevano e cambiavano. E che urlavano il suo nome mentre bruciavano.
Osses spalancò le braccia, abbandonandosi al suo sacrificio. Il fuoco ululò prima di disperdersi nell'aria.
Si sentì cadere fra la cenere e il carbone, col corpo incendiato e con l'anima a pezzi.
Si sentì chiamare dalle voci dei suoi ragazzi. Li sentiva piangere e pregare, tutti.
Si sentì sollevare in alto e trasportato chissà dove. Ma, annilichito com'era, a malapena era riuscito a ritagliarsi un angolino nel suo inconscio per rifugiarvisi, tremante come un pulcino, in attesa che tutto finisca.
"Bambini miei. Vi avevo promesso che vi avrei protetto. L'ho fatto bene? Bambini..."

Era a letto privo di forze, immobile, paralizzato. Era collegato a migliaia di fini tubicini, attaccati a scatole metalliche di cui ormai conosceva le funzioni a menadito.
Era così malato, così ferito. Così irrimediabilmente spezzato. Dentro di sè sentiva solo dolore, solo vuoto, solo un lunga mancanza che sapeva di straziante agonia.
Sentiva la morte che avanzava leggera, mascherata da giovane donna dalla pelle pallida, dai capelli corvini e dal vestiario nero. Stringeva fra le mani una Chiave della Vita bianca e gli rivolgeva un sorriso amaro.
-Zio Osses?-
Caldo e freddo, a sinistra e a destra. Una dolce presenza accanto a lui, dall'altra solo il vuoto. Voce e silenzio. Cenere e Morte.
E un grande nulla tutto intorno.
-Zio Osses!-
Voce e silenzio, luce e ombra, il dolce ignoto che gli prende la mano per condurlo oltre il Velo degli Dei, verso nuovi orizzonti, lontano dai suoi preziosi bambini.
Ash, angelo mio, io sono pronto, lasciami morire. Del mio cuore non restano altro che braci.
-Zio Osses, svegliati! Fuori c'è la neve, il sole è già alto e non vogliamo uscire senza di te-.
I sensi lo stavano abbandonando, lasciando il posto a un silenzio che dava sul nulla.
No Ash, non posso alzarmi più. Bambino mio, non piangere: non ce la faccio a venire con voi. Siamo stati felici e fortunati assieme, vedrai che lo sarete anche senza di me. Non ti preoccupare. Avete tutta la mia anima, l'avete avuta da sempre.
E continuerete a sentirmi, come io ho sempre sentito le vostre voci nella mia mente. Basterà solo un po' di allenamento. Ma io sarò lì, con voi, per sempre.
-Zio Osses...-
I due sussurri si persero in un silenzio assordante.
Il cuore si fece di pietra.
Il mondo si tinse di nero, il suo corpo perse ogni tipo di consistenza.
In sottofondo, appena sussurrate, come se fossero suonate in un punto indefinito e lontane, le note di un carillon.

NOTE AUTRICE:

Eeeee nulla. Anche questa è completa.
Devo dire che sono riuscita a stupirmi: arrivare tranquillamente alla scadenza, senza affrettarmi all'ultimo, non capita spesso con me. Ma va bene così, è un piccolo traguardo.
Come anticipato dall'intro: questa mini-long è basata su un "What If?" che coinvolge il mio party di Pathfinder.
Trasportare tutti i personaggi in un'età decisamente più giovane del normale è stato... strano. Ma anche divertente, in un certo senso. È bello vederli tutti in una sfera ben al di fuori delle "classiche" avventure che Pathfinder potrebbe regalare, in modo da sviluppare situazioni che in un altro contesto non potrebbero mai svilupparsi. No?
Piccoli chiarimenti in più: Corellon Larethian, per i profani, è il dio elfico della magia, delle arti e della guerra, oltre che "rappresentante" divino della razza elfica.
La musica che il carillon di Guzma produce all'inizio, nella stanza di Plumeria, è -ovviamente- la stessa che Osses sente alla fine, ed è questa qui.

   
 
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