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Autore: topazio    30/12/2017    6 recensioni
Beth Greene è sempre stata diversa. Silenziosa, solitaria. Sa cose che non dovrebbe conoscere, perchè possiede un potere che la intrappola in un mondo fatto di immagini, frammenti e ricordi non suoi, non ancora avvenuti. E ha sempre saputo che prima o poi sarebbe finita in quel corridoio di quell'ospedale.
Dal testo:
Tra sette anni a partire da ora, io morirò. Nel 2011 una donna mi sparerà un colpo alla testa al quinto piano di questo ospedale. Ti prego salvami, Daryl.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Daryl Dixon, Rick Grimes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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And Remember

 

 

Sipario

 

 

 

 

Ormai io se penso al mio passato, mi sembra di essere nata solo il giorno in cui l'ho conosciuto. Prima la mia vita non la ricordo più neanche.

Sandra Mondaini

 


 

 

 

 

 

 

 

Piangeva, incapace di controllarsi. La lacrime le offuscavano la vista, impedendole di vedere dove correva. Daryl la guidava in mezzo alla foresta e le indicava dove andare. Pianse anche quando si fermarono.

Non riusciva a parlare, non riusciva a respirare. Si sentiva annegare, nel dolore, nelle lacrime. Il silenzio veniva interrotto solo dal rumore di passi e dai versi mostruosi delle creature dietro di loro. Un ostinato mutismo era quello che accomunava entrambi.

Daryl la osservava paziente, mentre la lacrime correvano sul suo volto. Avrebbe voluto gridarle di smettere, che non avevano acqua, che si sarebbe solo disidratata più in fretta. Ma non poteva farle questo. A loro non rimaneva altro che il loro dolore. Tutta la loro vita era stata spazzata via.

«Dovremmo allontanarci dai boschi» sussurrò Beth all’improvviso. Non piangeva più, ma il suo volto rimaneva umido. «Qui siamo troppo esposti.»

Daryl non rispose, lasciò che fosse lei a guidarlo tra gli alberi, come se sapesse esattamente quale direzione prendere. In qualche modo, averla con sé, sapere cosa fosse capace di fare lo rassicurava. Anche se temeva che la morte del padre avesse compromesso profondamente il suo giudizio.

«Tu lo sai dove sono gli altri?» domandò Daryl all’improvviso, dopo ore di cammino.

«No» Beth scosse il capo. Aveva uno schizzo di sangue sulla guancia, secco, scuro, rappreso. Il sangue di Zach. Daryl per un momento pensò di toglierlo dalla faccia, di cancellare quel segno, sperando potesse alleviare il dolore di entrambi. Si trattenne, sapendo di aver alcun diritto di toccarla. «Ma so che Maggie è viva.»

Stranamente la notizia non servì in alcun modo a dare un po’ di luce a quello sguardo spento. Daryl aggrottò le sopracciglia, confuso, ma non fece domande. «Merle? Rick?» chiese invece.

Beth abbassò il capo, senza smettere di camminare. Cercava di ricordare, di sentire dentro di sé se c’era una risposta a quella domanda. «Non so niente di Merle» si trovò costretta ad ammettere. «Ma Rick è con Carl. Stanno bene, ma hanno bisogno di tempo.»

Daryl annuì, senza smettere di guardarla, nonostante lei non ricambiasse. Avanzarono ancora, all’erta. Silenziosi, pensierosi. Daryl alla ricerca di un piano d’azione per riuscire a trovare gli altri, Beth immersa in ricordi, pensieri che non riconosceva come suoi.

«Glenn è con qualcuno che non riconosco» mormorò dopo interi minuti di silenzio. «Cercherà Maggie e lei sta cercando lui.»

«Cerca anche te» rispose Daryl, scavalcando un grosso ramo sul terreno.

«No» disse semplicemente, con una sicurezza che ancora sapeva sorprenderlo. «Non cerca me.» La voce di Beth era incolore, non lasciava trasparire alcuna tristezza e risentimento. Non sta cercando la sorella. La crede morta, realizzò Daryl. «Per lei sarebbe del tutto inutile cercarmi.»

Quelle parole erano uscite da sole dalle sue labbra, senza che Beth potesse impedirlo. Non rivedrò più Maggie. Si fermò all’improvviso, in mezzo agli alberi, lui la oltrepassò. Il vento le scompigliò i capelli arruffati. Daryl la stava guardando, la balestra stretta in mano, qualcosa nel suo sguardo la fece rabbrividire.

«Cosa vuoi dire?» domandò, con una durezza nella voce che lo aveva sentito usare poche volte.

«Niente» si affrettò a dire. «Non lo so» mentì. Lo raggiunse attenta non incrociare nuovamente il suo sguardo, e lo sorpassò. «Carol sta bene, era tornata alla prigione» proseguì, cercando di distrarlo. «Tyresse è con lei.»   

Non si sentiva molto tranquilla al pensiero di quell’unione. Non sapeva il perché, c’era qualcosa che non andava. Ma sapeva che se la sarebbero cavata, sarebbero stati bene. Eppure non riusciva a tranquillizzarsi. C’era qualche dettaglio che le sfuggiva. Che fosse per quello che aveva fatto Carol?

«Io so cosa ha fatto» confessò Beth in un sussurro. «Durante l’epidemia. E so che Rick te lo ha detto, ed è per questo che l’ha mandata via.» Non si voltò verso Daryl. «Sarebbero morti comunque, ha impedito che contagiassero molti altri.» Non le aveva impedito in alcun modo di agire, sapeva che era così che doveva andare. Guardò l’uomo. «Starà bene, non preoccuparti. La rivedrai presto» Non riuscì a impedire che una morsa stringente le contraesse lo stomaco. Sapeva bene quanti importante fosse Carol per Daryl, quanto profondo fosse il loro legame. Lo sapeva da anni, era destino che andasse così. Che lei rimanesse sullo sfondo a osservare, a guardarli avvicinarsi. Non le serviva alcun potere soprannaturale per capire quello che il suo cuore già sapeva.

«Lo avevo detto che sarebbe diventata forte, più di tutti gli altri» continuò Beth. «Vi salverà tutti.»

Riuscì a vedere distintamente Daryl irrigidirsi al sentir pronunciare quelle parole. Vi salverà. Vi, non ci. Si scrutarono per un momento lungo un’eternità. Aveva capito, Beth sapeva che lui aveva compreso. Lei non si sarebbe salvata, sarebbe morta nel corridoio di un ospedale. Il tuo tempo si stava esaurendo ormai, ne erano consapevoli entrambi.

Lo guardò aprire la bocca, pronto a dire chissà cosa, forse per inveirle contro o per chiederle quanto tempo avevano ancora. Un minuto, un’ora, una notte soltanto. Ma il verso che udirono li distolse dai quei pensieri. Si voltarono appena in tempo per vedere un vagante oltre un cespuglio. E dietro, altri ancora.

Ripresero a correre ancora, senza sosta, senza fiato. Non c’era tempo per le domande, non ancora.

 

 

***

 

 

Era piccola, sporca, angusta. Ma in qualche modo, Beth si sentì quasi al sicuro in quel posto.

«Come sapevi di questo posto?» domandò, mentre osservava Daryl sbarrare la sola finestra di quella casa malmessa.

«L’ho trovato per caso quando girovagavo–»

«Con Michonne» lo interruppe Beth, senza riuscire a trattenersi. Daryl si voltò a guardarla, mentre recuperava la balestra dal pavimento. «Scusa, a volte mi rendo conto tardi di sapere già la risposta alle mie domande.»

«Deve essere bello, sapere già tutto» Daryl si avvicinò alla porta, cercando di metterla in sicurezza.

«Se sapessi tutto non saremmo qui» mormorò. Saremmo alla prigione, o magari alla fattoria. E ci sarebbe mio padre, mio fratello, mia madre. Ci sarebbero tanti altri. Lui si voltò verso di lei. «Non è bello, a volte è irritante. A volte le persone scambiano la mia mancanza di domande per disinteresse. Non immaginano che io sappia già per risposte alle mie domande. Almeno per Zach era così.»

Daryl abbassò lo sguardo, improvvisamente a disagio. La realtà era che non sapeva mai come comportarsi con Beth Greene. Soprattutto quando la conversazione si spostava sul tipo di capacità che possedeva.

«Mi dispiace per Zach» disse soltanto, incapace di sostenere la lungo il contatto visivo con la ragazza. Si aspettava che si mettesse a piangere, ma Beth non batté ciglio.

«Doveva morire al supermercato, il giorno in cui gli ho detto di non seguirti» confessò lei. «Ha avuto più tempo di quanto gli era stato concesso.»

Daryl la scrutò. Ricordava quel giorno, e ricordava ancora meglio il bacio che li aveva visti scambiarsi. Lui non voleva darle ascolto, non voleva sentirsi dire da lei cosa poteva o non poteva fare. Le aveva rubato un bacio sotto la luce del sole prima di dirigersi verso Daryl, pronto a uscire.

Si erano guardati, Daryl e Beth. Lui imperscrutabile, lei supplichevole. Negli occhi chiari c’era una muta richiesta d’aiuto. Zach non era venuto con loro quel giorno, non era uscito, ed era sopravvissuto. Daryl glielo aveva impedito, aveva accolto e assecondato Beth Greene. Ma per un attimo, un momento soltanto, aveva esitato. Il perché non sapeva spiegarselo nemmeno lui. Forse trovava irritante che qualcuno la contraddicesse, prendendosi gioco delle sue preoccupazioni. Forse voleva mostrargli quello che tutti loro avevano compreso a poco a poco, ovvero che Beth non sbagliava mai.

«Non glielo hai mai detto? Quello che sai fare» domandò Daryl, senza osare compiere un passo verso di lei. Non aveva mai preso nemmeno in considerazione che a infastidirlo fosse stato quell’insignificante gesto d’affetto che lo aveva visto scambiarsi con lei.

«No» confessò Beth.

Zach non la conosceva, non sapeva niente di lei, si ritrovò a pensare Daryl. Quella notizia lo rincuorò, sapere di essere a conoscenza di qualcosa di cui molti altri erano all’oscuro. Beth non permetteva alle persone di avvicinarsi a lei. Parlava con tutti, sempre gentile, sempre disponibile, ma il sorriso che rivolgeva a loro – alla sua famiglia – era diverso. Più caldo, più vero.

Più triste.  

«Avevi ragione» proseguì la ragazza. «Non potevamo fare nulla per lui.»

Era il caos, spari, e vaganti dovunque. La prigione era caduta, il Governatore era tornato e si era portato via le loro vite. Beth era tornata indietro, cercava i bambini, sapeva di dover cercare i bambini. Ma non c’erano, non c’era più nessuno. Judith era sparita, ed era suo compito prendersi cura di lei. Doveva proteggerla, ma quando ne aveva avuto bisogno, Beth non c’era, era altrove. E ora la bambina era persa, perduta.

Zach era apparso accanto a lei, intimandole di seguirlo, di uscire, scappare. Avevano visto Daryl, all’esterno. Ed era stato un attimo. Il vagante era apparso dal nulla, strisciava per terra e non lo avevano visto arrivare. Aveva affondato i denti nella carne e Zach aveva urlato. La freccia aveva trapassato il cranio del vagante, ma la caviglia del ragazzo non sarebbe guarita.

Aveva tentato di aiutarlo, avevano tentato entrambi. Ma era infetto, zoppo, e li rallentava. Dovevano scappare, in fretta. «Scappa, Beth!» aveva gridato appena prima di spingerla lontana da un altro vagante. Questo aveva affondato le zanne nel collo di Zach.

Ma Beth si era fermata, lo sguardo rivolto quel ragazzo condannato. E un braccio caldo le aveva avvolto la vita, si era divincolata mentre Daryl la portava lontano, trascinandola via.

«Dobbiamo aiutarlo, dobbiamo portarlo con noi!» urlava, mentre lacrime che non si erano mai fermate le rigavano le guance.

«Non possiamo fare niente per lui» la voce dell’uomo era giunta calda e vicina. Un sussurro all’orecchio, la barba le solleticava la pelle. L’aveva spinta e trascinata. Le urla dietro di loro si acuirono, e poi, mentre oltrepassavano il recinto, si spensero.

Zach era morto, suo padre era morto. Molte altre persone non c’erano più.

«È colpa mia» sussurrò Beth all’improvviso, mentre il ricordo di quelle urla si spegneva. «Quello che è successo è colpa mia.» Dirlo ad alta voce non alleggerì in alcun modo il peso che percepiva sulle spalle. Non piangeva, non ce n’era bisogno. Daryl vedeva il suo dolore, lo stesso che sentiva lui, un dolore che andava aldilà delle lacrime.

«Non è vero» riuscì a dire solo questo. Non compì alcun passo verso di lei, non conosceva alcun modo per consolarla, non ne era in grado.

«Dovevo vederlo arrivare.»

«Lo hai fatto.»

«Quando era troppo tardi!» non voleva alzare la voce, ma non riuscì a impedirselo. «Quando mio padre era già stato preso, quando Michonne era già nelle sue mani! Non è servito a niente, tutto quello che ho visto, tutte le cose che ho fatto, non sono servite. Le persone che dovevo salvare sono morte comunque.»

«Hai salvato Merle.»

«Ma potrebbe essere morto!» Beth tornò a guardarlo negli occhi.

«Non lo è, grazie a te» disse. «La colpa non è tua.» Ci fu qualcosa in quelle parole che portò la ragazza a guardarlo. Non lo aveva mai sentito parlare con quel tono di voce. Era come se dietro le parole ci fosse qualcosa che non voleva che lei capisse. Senza riuscire a trattenersi lei fece un passo verso di lui. I suoi piedi si mossero, strisciando contro il pavimento impolverato.

«Beth» Un avvertimento, una supplica. Non avvicinarti. Le labbra della ragazza si socchiusero, in un’espressione di improvvisa consapevolezza. Aveva capito.

«Credi sia colpa tua» intuì la ragazza. «Credi che quello che è successo sia a causa tua. Perché non lo hai trovato.» Lo ha cercato per mesi, senza sosta. La mascella di Daryl si irrigidì, nel sentirla. Strinse forte la balestra, fino a far diventare bianche le nocche. Fece un passo indietro, sentendosi soffocare da quella vicinanza. «Perché hai continuato? Perché ti ostinavi a metterti in pericolo? Ti avevo detto che non avresti trovato.» 

Daryl non rispose, si irrigidì ulteriormente. Incapace di continuare quella battaglia di sguardi – quello di Beth inquisitorio, limpido, pulito; il suo torbido, sulla difensiva, degno di un animale braccato – le girò le spalle, con la scusa di posare la balestra alla parete.

«Oh» la sentì dire, in un soffio di consapevolezza. «Non per quello che stava per fare a Merle. Per Shawn.» Beth sentì le lacrime pungerle gli occhi. Sperò che la sua voce rimanesse salda. «Perché mio fratello è morto e il tuo no.» Non ci riuscì.

Per me, realizzò. La consapevolezza di quella rivelazione la colpì con la potenza di un fulmine. Osservò le ali disegnate sulla schiena di Daryl. Gli sembrò più ingobbito, più stanco, più vecchio.

«Daryl…» prese a dire, non sapendo bene come concludere quella frase.

«Non è servito a niente» lo sentì dire, in un ringhio di rabbia che più che sorprenderla, la rattristò. Ma non era solo questo, un tremore nelle spalle, nelle mani, nella voce. Una fragilità e un dolore che Beth non riusciva a immaginare. «Se… se non mi fossi arresto… magari tuo padre, lui…»  

Dio, sospirò Beth, sconvolta oltre ogni immaginazione. Sta piangendo. Si mosse senza pensare, senza l’intenzione di fermarsi. Lo abbracciò da dietro, come se quello fosse il gesto più naturale che le venisse in mente. Lo strinse, forte di quel calore che percepiva, che emanava Daryl. Lui tremò, scosso da quel gesto, e dai propri tremiti.  

C’era solo silenzio in quella baracca abbandonata in mezzo al bosco, un silenzio interrotto solo dal loro respiri. A poco a poco, Daryl si calmò, cullato da quell’abbraccio. Per un momento tentò di ricordare quante altre persone avessero compiuto quel tipo di gesto nei suoi confronti. Non era una lista tanto lunga, comprendeva solo Carol oltre a Beth.

Beth, la stessa ragazza che tanti anni prima lo aveva incontrato in una stanza d’ospedale. La stessa ragazza perfetta, buona, gentile, silenziosa che li aveva protetti, scavando dentro ricordi e visioni contenute dentro la sua testa. L’aveva osservata per tanto tempo, per mesi, mentre la vedeva crescere, rimanendo però pressoché immutata. Dopo quello che aveva rivelato loro alla fattoria, dopo aver capito che non mentiva, lui e Rick non l’avevano mai persa di vista.

Avevano imparato a riconoscere ogni sfumatura sul suo volto, il sorriso gentile, lo sguardo sperso, la tristezza celata in esso. Le sue frasi sconnesse, il suono della voce mentre canticchiava da sola, le grida che provenivano dalla sua cella in piena notte. Svegliava tutti, e li aveva spaventato a morte la prima volta. Le notti a seguire era andata meglio, nessuno era più accorso armi in mano nella sua stanza. E in seguito, più di una volta Daryl era passato vicino a lei nel cuore della notte, anche durante i suoi turni di guardia per controllarla, per vegliare sul suo sonno agitato.

Solo in quei momenti gli era parso di vederla per quello che era davvero, una ragazza sola, molto più giovane di quanto tradissero le sue parole, i suoi occhi e i suoi gesti. E aveva sulle spalle una responsabilità enorme. Poteva salvarli tutti, ma un errore di valutazione, una dimenticanza, poteva creare una strage.

Sembrava conoscere tutti, ognuno di loro, profondamente. E cosa più sorprendente, Beth Greene non sembrava spaventata da lui, o da Merle. Si era avvicinata a entrambi i fratelli Dixon quando nessun’altro sembrava intenzionato a dar loro fiducia. Daryl alla fattoria, Merle alla prigione. Era riuscita a mostrare a tutti la gentilezza di Merle, la dedizione e fedeltà di Daryl. E il resto del gruppo alla fine si era avvicinato a loro, Maggie per prima. Era persino riuscita a far convivere pacificamente Rick e Merle.

E piano piano, era riuscita a far risollevare tutti. Era stata accanto a Lori nelle sue ultime ore, rassicurandola. Era con Rick nel suo momento peggiore, con Carl quando si sentiva più solo. Con Carol, guidandola verso la luce, alla scoperta di un forza che non credeva di possedere. Con suo padre, afflitto, e sfiduciato. Con Michonne, estranea e diffidente. Con Maggie, piena di dubbi e confusa riguardo i suoi sentimenti. Con Glenn, quando si sentiva insicuro e non all’altezza. Con Merle, reietto, e pieno di rabbia.

E con Daryl, ora che si sentiva perso.

Mentre sentiva il proprio respiro calmarsi, le lacrime fermarsi, in un lampo di lucidità in mezzo a tutta quella sofferenza, Daryl si domandò come avrebbero fatto tutti loro quando Beth Greene non ci fosse stata più.

 

***

 

Il portico era silenzioso come la foresta attorno a loro. Era la prima volta che Beth lo notava in modo tanto lampante. Non c’erano grilli, o il ronzio del insetti. Nemmeno il fruscio del vento. Solo i loro respiri interrompevano quel nulla. Stringeva tra le mani il barattolo pieno di alcol che avevano sorseggiato a turno.

Daryl sembrava un altro, aveva lasciato dietro di sé tutta la rabbia, la frustrazione, la sofferenza. Quello che aveva davanti non era un guscio vuoto, come Beth aveva temuto. Era un uomo nuovo, lo stesso che aveva imparato a conoscere, lo stesso a cui si era affezionata, in un modo così profondo che un po’ se ne vergognava. Sentì il proprio stomaco contrarsi quando lui alzò lo sguardo su di lei. E non era a causa della fame.

«Perché non lo hai mai detto a Zach?» era poco più che un sussurro, ma lei lo udì comunque distintamente, nel silenzio di quella notte. Quella domanda la lasciò interdetta per un momento.

«Non lo so» rispose con sincerità, ma sapeva che non gli sarebbe bastata quella risposta. «Forse… forse temevo di non essere capita.»

«Non lo hai mai detto a nessun’altro? Nessuno all’infuori di noi?»

Beth si domandò perché all’improvviso gli fosse venuta tutta questa curiosità. Ma non si scompose. «No. Forse sapevo che sarebbe stato inutile espormi tanto, perché la mia famiglia eravate soltanto voi

Daryl la scrutò, perso in pensieri che Beth non poteva esplorare. All’improvviso sentì la propria gola pizzicare, come se si stesse preparando a trattenere le lacrime. Quando parlò, ogni parola pronunciata dall’uomo fu come una coltellata in pieno petto.

«Non hai mai legato davvero con qualcun altro.» Nemmeno con Zach, pensarono all’unisono, non per davvero. «Per un momento avevo pensato che fosse perché non volessi affezionarti a qualcuno che probabilmente sarebbe morto, ma non sapevi che la prigione sarebbe caduta. Ora capisco che non volevi che fossero loro ad affezionarsi a te.»

Per un momento, tutto sembrò fermarsi. Beth trattenne il fiato, combattendo contro l’impulso di scoppiare a piangere.

«Il mio tempo si sta esaurendo, Daryl» pronunciò quelle parole a fatica, lentamente. «Lo sento, e non riesco a fermarlo perché mi sfugge tra le dita senza che io riesca a impedirlo.»

L’ombra dell’uomo distrutto sembrò calare nuovamente su di lui, abbassò lo sguardo incapace di guardarla.

«Quanto tempo ti rimane?» tornò a guardarla a fatica, voleva essere certo che non mentisse.

«Non lo so» Beth assottigliò le labbra, in un gesto che lasciava trasparire tutto il suo nervosismo. Come poteva sentirsi una ragazzina a vivere fin dalla nascita con una spada di Damocle sopra la testa?

Ma a Daryl non poteva bastare quella risposta. E prima ancora potesse parlare però, Beth lo interruppe.

«Conosci la storia dell’uomo di Damasco?» domandò.

Daryl rimase interdetto, e ricordò di aver già sentito nominare quel racconto, da Maggie. Sembrava passata una vita intera da allora. Scosse la testa.

«Un uomo è seduto al tavolo di una taverna a Damasco, alza gli occhi dal suo vino e vede la Morte, che lo fissa attraverso la stanza» cominciò a raccontare Beth. L’aveva sentita farlo spesso alla prigione, i bambini la adoravano e adoravano ascoltare i suoi racconti. «L’uomo grida: “Ma non può essere arrivata la mia ora.” Così fugge da Damasco, cavalca sul suo cavallo veloce attraverso il deserto diretto a Samarra.» Daryl ascoltò con attenzione. «Quando arriva è assetato. In piedi davanti a lui accanto al pozzo c’è la Morte. Sta annuendo. Vedendo la Morte per la seconda volta, l’uomo le grida: “Non può essere, perché io ti ho già sfuggita a Damasco.” E la Morte appoggia la sua mano sulla spalla dell’uomo e dice: “Anch’io mi sono stupita di vederti a Damasco, perché il mio appuntamento con te è sempre stato accanto a questo pozzo, a Samarra.”»

Beth lo guardò per un lungo momento. «Per quanto si tenti, è impossibile sfuggire al proprio destino. Lo capisci?»

«Quanto tempo ti rimane?» ripeté, più arrabbiato di prima, mentre una paura che non comprendeva a pieno si allargò nel suo petto. «Settimane? Mesi?» la incalzò, sporgendosi verso di lei. Appariva ancora più piccola appoggiata alla colonna di quel portico, stringeva ancora il vasetto pieno d’alcol. Sembrava così fuori luogo quell’oggetto tra le sue mani.

Beth lasciò passare un momento prima che la verità uscisse dalle sue labbra. «Ore. Giorni al massimo.»

Ogni parola sembrò colpire Daryl come una pugnalata. E Beth fu certa che se fosse stato lui ad avere il barattolo tra le mani, lo avrebbe lanciato via. Invece si alzò, con uno scatto repentino.

«No» disse soltanto, mentre la prendeva per il polso facendola alzare a sua volta. «Ce ne andiamo.»

«Cosa?» sospirò Beth, cercando di gestire quell’improvvisa vicinanza. Nell’alzarsi gli era quasi andata addosso. «Dove?»

«Il più lontano possibile da Atlanta.»

 

 

***

 

 

La colonna di fumo era ancora visibile da quella distanza. Avevano camminato tutta la notte, guidati dalla luce della luna. Il fuoco che avevano appiccato alla vecchia casa fatiscente avrebbe attirato tutti i vaganti dei dintorni, lasciando a Beth e Daryl la possibilità di allontanarsi senza incontrare pericoli nella notte.

Daryl non aveva più parlato, sembrava assorto in pensieri che Beth non poteva scrutare. Solo dopo intere ore di cammino lui si era voltato verso di lei, deciso a chiederle quello che gli ronzava nella testa da molto.

«La donna» esordì. «La donna che…» si interruppe. Ma Beth sapeva quali parole si era trattenuto dal pronunciare. «Proverà a ucciderti. Com’è?»

La ragazza lo guardò, si erano fermati in una radura tra le fronde. Ricordò che solo in un’occasione gli aveva detto chi le avrebbe sparato, ed era stato in quell’ospedale, tanti anni prima. Lo ricorda, si ricorda davvero quello che gli ho detto.

«Magra, giovane, capelli castani raccolti» sussurrò lei, gli occhi velati, come se non lo vedesse realmente, ma come se scrutasse qualcosa aldilà. Parlò lentamente, cercando di ricordare ogni dettaglio di quel sogno ricorrente che l’aveva tormentata per anni. «Ha una divisa.»

«Una divisa?» domandò Daryl, assorto.

«Da poliziotto» aggrottò le sopracciglia, nel tentativo di ricordare, di capire di più.

«Ricordi altro?»

«Ricordo… il bacio di Rick» non sembrò accorgersi del lampo negli occhi di Daryl. «Tra i capelli, la sua mano sulla nuca.» Beth si sfiorò il capo, e quasi riuscì a percepire il calore su quell’impronta tra le ciocche bionde.

«Rick è lì?» non riuscì a controllare il proprio tono di voce.

«Ricordo il modo in cui mi hai toccato il braccio, mi spingi verso la porta, lontano da lei» Beth non dette nemmeno segno di averlo sentito. Daryl inghiottì un boccone amaro, era – sarà – lì anche lui. Accanto a lei, in quel corridoio, pronto a portarla via.

«E poi?»

«E poi sono di nuovo davanti a lei» Beth sembrò riscuotersi da quella sorta di trance, tornò a guardarlo, gli occhi vividi, lucidi. Perché sarebbe tornata da lei? Che cosa l’avrebbe spinta davanti alla Morte? Quel dettaglio, in tutti gli anni, non lo aveva mai compreso.

«Perché ti lascio andare?» domandò Daryl.

«Non lo fai, sono io che mi allontano» sussurrò appena. «Il colpo è preciso, mi colpisce alla fronte» proseguì, alzando le dita tremanti fino a toccare la pelle dove sarebbe apparso il foro. «È veloce, indolore forse. Sono morta prima ancora di toccare terra.»

Poi abbassò il capo, si guardò le mani come se potesse vedere qualcosa aldilà della pelle. «Il mio polso è ingessato. C’è qualcosa di freddo, a contatto con la pelle» lo sfiorò, ricordando il peso e il dolore che provava nei suoi ricordi. «È sporco di sangue» inclinò il capo. «Non è mio» rassicurò. Poi Daryl la vide portarsi le mani al volto. «Le cicatrici… Ho dei segni sulla faccia. Qui» toccò la guancia. «E qui» la tempia. «Non andranno mai via. E i lividi…» si sfiorò il voltò, gli occhi ora pieni di rabbia. «Ho dei lividi. Credo… credo di essere stata picchiata.»

Sentì Daryl trattenere un ringhio. «Stava per…» la sentì dire, ma Beth si bloccò. «Ma gli ho impedito di toccarmi.»

Questo fu troppo per lui, coprì con un paio di falcate la distanza che li separava. Non ricordava di averla mai vista così fragile. Sentiva l’improvviso bisogno di toccarla, ma non osò farlo.

«Chi ti ha fatto questo?» domandò e Beth alzò lo sguardo su di lui. Non si era accorta che si fosse avvicinato tanto. Per un momento desiderò che lui l’abbracciasse, ma sapeva che non avrebbe mai compiuto un gesto simile.

«Loro, quelli dell’ospedale» rispose. «Io voglio ucciderla» confessò lei, in un sussurro. «Per questo mi allontano da te.» Ma mancava qualcosa, lo sapeva. Mancava un qualche dettaglio sconosciuto. «Voglio che lei muoia. Per quello che mi ha fatto… per quello che mi ha fatto fare.»

«Non permetterò che ti prendano.»

E per un momento, Beth ci credette davvero.

 

 

***

 

 

Zoppicava mentre si avvicinava alla cucina. Le aveva consegnato la balestra in mezzo al bosco, ma era comunque riuscita a ferirsi alla caviglia, troppo concentrata a seguire le istruzioni che lui le aveva sussurrato incredibilmente vicino al suo orecchio.

Riesci a vedere più in là di chiunque, ma sei riuscita mettere il piede in una trappola per orsi, Daryl aveva trovato la forza per scherzarci su, prendendola in giro. E di questo Beth gli era stata immensamente grata. Quando poi si era offerto di portarla di peso attraverso il cimitero abbandonato, lei lo aveva fissato allibita. Ma quella volta non stava scherzando. Si era domandata se potesse sentire quanto forte battesse il suo cuore, nonostante gli strati di vestiti a separarli.

Poi aveva visto quella tomba in mezzo a mille altre. Beloved Father. Era scesa, zoppicando verso la lapide. Erano gialli i fiori che Daryl aveva posato lì davanti e Beth gli aveva stretto la mano, aggrappandosi a lui, e domandandosi in silenzio dove l’avrebbero seppellita. Quel pensiero, unito al rumore dei suoi ultimi rintocchi di vita, la colpì più violentemente di uno schiaffo. Pensare al suo corpo senza vita, alla decomposizione sotto terra, ai vermi, alla puzza… una lacrima sfuggì al suo controllo, rigandole il volto.

Non voglio morire, pensò con forza. Non voleva che di lì a qualche giorno la sua intera esistenza venisse spazzata via con un solo colpo, in un battito di ciglia lei sarebbe sparita. Inghiottita da un’oscurità prepotente e avvolgente. Forse, però, in quel nulla avrebbe trovato una pace che non era mai riuscita ad assaporare. E avrebbe potuto abbracciare nuovamente quel fratello e quel padre tanto amato che mancavano con l’aria.

Il male alla caviglia si era affievolito ora dopo ora. Sapeva che erano altre le ferite che la aspettavano. Quasi sovrappensiero si sfiorò la guancia, le sembrò quasi di poter percepire lividi e cicatrici sulla pelle.

«Patatine, coca cola, gallette» Beth non poteva credere al piccolo tesoro che avevano trovato negli scaffali di quella cucina. Si mise sulle punte per poter vedere meglio, mentre Daryl continuava a frugare nella stanza. «Zamponi, biscotti, barrette, cracker. Oh, Daryl! Cioccolata! Riesci a ricordare l’ultima volta che hai mangiato della cioccolata? E le patatine sono alla paprika, non riesco a–» si bloccò all’improvviso. «Sono nel container.»

Anche Daryl si interruppe, lasciando un armadietto aperto a metà. «Che cosa hai detto?» Beth si voltò verso di lui tremante e scosse la testa, quasi faticasse a ricordare quello che aveva appena detto. «Loro chi?»

«Non lo so…» mormorò. «Gli altri, credo.»

«Sai come raggiungerli?»

«No, ma li troverai, so che lo farai» Beth accennò un sorriso, ma non c’era alcuna allegria sul suo viso. Un pensiero la colpì all’improvviso, senza aspettare che Daryl dicesse alcunché, gli passò accanto e aprì un cassetto, sapendo che vi avrebbe trovato dentro quello che cercava.

«Cosa fai?» le domandò, guardandola stringere un foglio e una penna. «Vuoi scrivere un biglietto di ringraziamento?»

«Una lettera» Beth si sedette davanti a lui, e subito la penna cominciò a scorrere sulla carta. «Per Maggie.» Non alzò lo sguardo nel dirlo, doveva pensare a cosa scrivere, voleva che la sorella avesse almeno un pezzo di carta cui aggrapparsi. Con papà e Shawn non aveva avuto questa possibilità. Sperò solo che potesse esserle di un qualche conforto. «Vorrei che tu gliela dessi, quando la vedrai.»

«Dagliela tu.»

Beth si bloccò. Il gelo nella voce di Daryl la spinse ad alzare lo sguardo, e per un momento ebbe paura della rabbia che percepiva. Lasciò cadere la penna, aveva scritto solo due parole. Cara Maggie. Non le rimaneva molto tempo, non voleva sprecarlo cercando di spiegare ancora una volta quanto ineluttabile fosse il suo destino. Doveva finire quella lettera, almeno questo lo doveva a Maggie.

«Daryl, io non rivedrò più Maggie.»

Silenzio. Solo il silenzio seguì quella frase. Daryl sentì i capelli rizzarsi sulla nuca, come se fosse stato colpito da un’improvvisa folata di vento gelido.

«Smettila» sibilò in un sussurrò. Allora fu Beth a rabbrividire. Se avesse gridato sarebbe stato meglio. «Sono puttanate. Sei così convinta che morirai che non hai mai vissuto davvero. Ogni tuo passo ti porta un po’ più vicina a quell’ospedale, e tu vai incontro a quella donna convinta che sia inevitabile, ma sei tu stessa che lo rendi reale!» Aveva il fiatone, come se avesse corso per mezzo miglio. «E alla fine lo fai soltanto per dimostrare a tutti che hai sempre avuto ragione.»

Beth non aveva distolto gli occhi da lui nemmeno per un istante. Deglutì a vuoto, sentendo le lacrime pizzicarle gli occhi.

«Sai che non è così» non seppe ribattere nulla di meglio.

«Allora dimostralo.» Ignorò la fitta che percepì nel vederla improvvisamente così fragile. Così si chinò per prendere la balestra posata a terrà. Beth si sporse verso di lui.

«Dove vai?» non voleva che la sua voce sembrasse così allarmata, ma non poté impedirsi di sentire il cuore prendere a battere.

«Esco» disse soltanto, senza guardarla negli occhi. «Faccio un giro di perlustrazione.»

Beth mormorò un ok poco convinto solo quando ormai Daryl era già fuori dalla cucina. Comprendeva la sua rabbia, era la stessa che provava Maggie, che aveva provato la sua famiglia in tutti quegli anni, vissuti nell’attesa di quel diciottesimo compleanno tanto temuto. Come se la verità fosse stata sempre davanti a loro, in attesa che qualcuno dicesse ad alta voce ciò che tutti gli altri già sapevano.

Beth guardò la lettera incompleta abbandonata sul tavolo, e serrò le labbra.

 

 

***

 

Era stata la musica ad accoglierlo al suo rientro. Ne rimane sorpreso, quasi spaventato. Ma quando vide Beth intenta a suonare il piano, tutto dentro di lui sembrò acquietarsi all’improvviso, come se fosse stato spinto un interruttore dentro di lui. La rabbia, la fame, la paura, la frustrazione, scivolarono via nota dopo nota.

La guardò, domandandosi in silenzio per quanto ancora avrebbe potuto farlo. Ore. Giorni al massimo, aveva detto. Erano già trascorse ore, e anche giorni. Sapeva che qualcosa stava per dividerli, Beth era stata in grado di comunicarglielo senza dirlo. Probabilmente nemmeno lei sapeva cosa sarebbe successo, ma Daryl era certo che lo avrebbe impedito. Che si trattasse di vaganti o uomini, non avrebbe permesso che finisse ad Atlanta.  

La ascoltò per un tempo che gli parve infinito, mentre muoveva le dita sui tasti, mentre cantava una canzone che non conosceva. Non osò avvicinarsi, quasi temesse di rompere una sorta di equilibrio, di pace, di atmosfera.

Fu lei a girarsi, e Daryl si chiese se non sapesse fin dall’inizio che lui era lì a guardarla, ad ascoltarla. Si sentì colto in fallo, come se avesse compiuto un gesto proibito.

«Mangiamo?» domandò lei, con un limpidezza nello sguardo che non lasciava trasparire la lite che era avvenuta poco prima. Daryl annuì soltanto, incapace di pronunciare alcuna parola di scuse. La guardò alzarsi e zoppicare verso di lui. Fu un pensiero improvviso, non aveva ancora finito di valutarlo che l’aveva già presa tra le braccia, sollevandola senza troppi sforzi.

Beth non protestò, avvolse le braccia attorno al suo collo, quasi accoccolandosi contro di lui. Non gli disse mai che l’avrebbe presa nuovamente in braccio, ma avrebbe trasportato un corpo inerme, morto, eppure ancora caldo.

«Potrei farci l’abitudine» disse invece, nascondendo il volto in modo che Daryl non vedesse il turbamento che vi era nato.

«Non contarci.»

Beth non ribatté. Cercò invece di immagazzinare ogni possibile dettaglio di quel percorso fino alla cucina, per nutrirsene in futuro, quando sarebbe stata sola. Mangiarono come se nulla fosse successo, come se quella cucina non fosse stata teatro di un litigio.

Solo un particolare ricordò a Daryl ciò che era avvenuto. Quando si alzò per gettare gli involucri di plastica nel sacchetto sotto il lavandino, scoprì che non era vuoto. Si voltò verso Beth nel realizzare che era stata lei a gettare quel foglio accartocciato.

 

***

 

Avevano recuperato qualche ora di sonno quel pomeriggio, riposando veramente per la volta dopo la caduta della prigione. Il materasso era morbido e grande abbastanza da accoglierli entrambi. Non si erano sfiorati, si erano semplicemente stesi ai lati opposti, completamente vestiti, alla ricerca di quel riposo che avevano sacrificato nei lunghi giorni passati nella foresta, durante i quali avevano riposato poco e male, su un letto di foglie e radici.

Quando Beth si era svegliata, aveva sentito accanto a sé il calore di Daryl. Prima di alzarsi si era concessa un momento per osservarlo dormire, il volto disteso, vide quasi l’ombra di un sorriso sulle sue labbra. Curiosamente, Beth sentì i propri occhi inumidirsi nel ripercorrere le parole che aveva usato poche ore prima.

Pensò alla lettera mai finita gettata nel bidone, e quell’altra completa, scritta di getto e umida di lacrime che invece aveva completato, nascosta in una tasca dello zaino di Daryl. Aveva approfittato di un momento di distrazione dell’uomo. Era bastato poco, era stato quasi facile far sparire un foglio e una penna. L’aveva scritta sul ripiano del bagno, nel giro di pochi minuti. Le parole nella sua testa di tramutavano in inchiostro sulla carta. E infine l’aveva messa nel suo zaino.

Forse ci avrebbe messo giorni interi prima di accorgersi di quello che aveva fatto, della prova che aveva lasciato sullo il suo naso. Nascosta per fare in modo che la trovasse.

Il mio addio a Maggie, aveva pensato scrivendola, dicendosi che le avrebbe dato una qualche sorta di conforto. Era stato inevitabile rivolgere parte di quelle parole anche a Rick e Carl. E poi anche a Judith, quando fosse stata grande abbastanza da capire. Ma non si ricorderà di me.

Con orrore aveva realizzato che l’avrebbero dimenticata, presto o tardi, non avrebbero più parlato di lei. Anche Maggie avrebbe smesso di pensare a lei. Perché doveva andare avanti. Judith non avrebbe ricordato le sue ninnenanne, Carl avrebbe dimenticato i segreti confidati, le storie che gli raccontava. Rick avrebbe scordato la ragazza strana che gli aveva consegnato un foglio pieno nomi, la ragazza che lo aveva preso per mano nel momento più buio della sua vita.

Beth Greene sarebbe diventata una fantasma. Soltanto un’altra ragazza morta.

Quel pensiero, quelle parole risvegliarono in lei una sequenza di mille altri ricordi e momenti che non erano mai accaduti. E in quel momento, con in mano una penna e il volto umido, Beth aveva pensato di scrivere qualcosa anche a Daryl. Anche lui si meritava un addio, ma anche mentre quelle parole comparivano sul foglio, Beth aveva pensato che non sarebbe bastato. Non a lui, che credeva di poterla salvare.

Ma ormai era fatta. Aveva ripiegato quella lettera piena di lacrime e parole e l’aveva nascoste dove sapeva che l’avrebbero trovata.

Addio, Daryl. Provò a dirlo ad alta voce all’uomo addormentato, come per renderlo più reale. Ma non le uscì alcuna parola. Erano bloccate in gola. La verità era che non voleva andarsene, non voleva diventare un fantasma, che si scordassero di lei. Voleva rivedere Maggie, riabbracciare Judith, sentire tra i capelli il bacio di Rick, il calore di Daryl sulla pelle. Non voleva lasciarli andare.

Li aveva attesi tutta vita. Conoscendoli prima ancora che loro conoscessero lei. La verità era che non ricordava nemmeno la sua vita prima di incontrarli.

Daryl…

Non voleva morire non sapendo cosa sarebbe potuto succedere. Beth non era abituata a non sapere. E lei voleva stargli accanto, voleva… voleva che lui potesse guardarla come lei guardava lui. E lo desiderava da così tanto tempo… voleva una possibilità, una soltanto. Per poter essere felice. Voleva quell’occasione.

Voleva vivere.

Si alzò e il materasso cigolò sotto di lei. La decisione era stata presa prima ancora che l’avesse formulata appieno. Era calata le sera. La sua ultima sera, realizzò, mentre si allontanava dalla stanza. Lo zaino era in cucina, là dove l’aveva lasciato Daryl, la lettera ancora racchiusa in quella tasca. Le tremarono le mani quando la prese.

Non voglio andare, pensò. Non andrò.

«Cosa fai?»

Beth sussultò, sorpresa. Si girò, la lettera ancora tra le mani, verso Daryl. Assonnato, arrabbiato, silenzioso. L’aveva seguita fin lì? Era sveglio quando lei aveva passato interi minuti ferma a fissarlo? Poteva intuire la risposta senza alcun bisogno di fare appello alle sue capacità.

Beth sussultò nuovamente quando lo vide puntare lo sguardo verso ciò che teneva tra le dita. Fece un passo avanti, e gliela strappò tra le dita. Non sembrava rendersi conto di quanto si fosse avvicinato a lei per compiere quel gesto pieno d’ira.

«Allora?» la incalzò Daryl, tenendo alto quel foglio pieno di lacrime e parole. Voleva una spiegazione, una spiegazione esauriente. Nel vedere quel foglio accartocciato nel bidone aveva davvero creduto che Beth ci avrebbe provato a vivere, ci avrebbe creduto che poteva farcela. Ma vederla lì, con quel foglio tra le mani, era stato come un tradimento.

«Volevo… volevo prenderla» mormorò tremante, ma poi prese coraggio. «L’avevo nascosta dopo mangiato. Ma io…» abbassò lo sguardo. «La darò io a Maggie, quando la rivedrò.»

La sua voce non tremò, era ferma e sicura. Qualcosa mutò sul volto di Daryl. Tutta la rabbia sembrò sfumare, sciogliersi come neve al sole. La guardò, e capì che adesso lei lo credeva davvero, che voleva vivere.

«Cosa ti ha fatto cambiare idea?» le domandò. E si chiese perché stesse sussurrando. Guardò Beth fare una smorfia strana, come se tentasse di non sorridere. Il cuore di Daryl mancò un battito.

«Tu» soffiò, senza alcuna paura nel dirlo, come se avesse aspettato quella risposta per tanto, tanto tempo. Voleva quell’occasione, la voleva con tutto il cuore. E così si mosse. Non dovette fare tanta strada, erano già molto vicini. Ma si avvicinò lentamente, per dare a Daryl tutto il tempo di allontanarsi, di capire cose volesse fare e rifiutarla.

Ma non lo fece, Daryl rimase fermo immobile mentre Beth si alzava sulle punte per premere le proprie labbra su quelle di lui. Solo uno sfiorarsi di pelle, non fece niente per forzarlo, ma Daryl chiuse gli occhi. Il cuore sembrava impazzito, quasi volesse uscirgli dal petto. Socchiuse la labbra, lasciandosi guidare in quella follia.

Perché non aveva senso, era completamente assurdo che Beth Greene lo stesso baciando. Con una delicatezza, una dolcezza propria di quella ragazza così forte e fragile al tempo stesso. Non riuscì a spiegarsi come le sue mani avessero raggiunto la vita sottile di lei, ma ad un certo punto erano lì, a stringerla. Le mani di Beth arrivarono al suo volto, la pelle morbida e calda, mentre lo accarezzava. E in quel momento, Daryl capì che non era poi un gesto così folle, era piacevole, assurdo, bello e dolce.

Poi accadde.

Quel suono brusco e improvviso spezzò l’incantesimo. Per un momento, tutto quanto era scomparto. I morti, i vaganti, la prigione, il Governatore. Erano stati loro soltanto, uniti in quel gesto così intimo e inaspettato. Ma era finita, erano stati riportati dolorosamente alla realtà. Si staccarono all’improvviso, come scottati dal reciproco contatto.

Non si guardarono nemmeno, fissarono l’ingresso, in rigoroso silenzio, mentre quel suono si ripeteva. Era come un raschiare contro il legno. Per un momento un pensiero sfiorò la mente di Beth. Un cane. Ma sapeva che era qualcosa di molto diverso, qualcosa di più terribile e pericoloso. E allora Beth capì. Qualunque cosa ci fosse dietro quella porta li avrebbe divisi.

Lo vide muoversi quasi al rallentatore. Daryl non afferrò nemmeno la balestra, forse troppo scosso da quello che era appena accaduto per rendersi conto del pericolo, della sciocchezza commessa. Si allungò verso di lui, lottando contro la propria lentezza.

«Dobbiamo andarcene» gli afferrò il polso, stringendo forte. «Non dobbiamo apr– » Non completò quella frase. Il raschiare divenne più intenso, e lo stesso pensiero inespresso li catturò. Vaganti.

Si mossero in fretta, come una macchina perfettamente oliata. Chiusero la porta della cucina, mettendo davanti il tavolo e le sedie, nel tentativo di bloccare la loro strada. Non c’era nessun uscita secondaria, lo sapevano. L’unica via di fuga era la finestra, ma come tutte le era bloccata da grosse assi di legno.

«Devi prima trovare gli altri, ricordalo Daryl» parole pronunciate con affanno, nel tentativo di liberarsi da quella trappola che era stato il loro rifugio. Lui parve non ascoltarla nemmeno, e Beth pensò che avrebbe fatto meglio a dirglielo prima. Ma sperò comunque che si fidasse di lei.

Spinsero, mani contro il legno, nel tentativo di liberarsi da quella trappola che era stata la loro casa per così poche ore. Quando il primo asse cadde a terra, sentirono un tremendo colpo alle loro spalle. La porta aveva ceduto. Con il cuore in gola, Beth spostò ogni possibile oggetto contro l’ingresso della cucina, nel tentativo di bloccarli.

Daryl aveva intanto eliminato il secondo asse, creando un passaggio sufficiente appena per lasciar passare Beth. Senza dirle niente la sollevò accanto al lavabo spingendola quasi attraverso la finestra. Atterrò bruscamente in un cespuglio, ma subito si rialzò per togliere almeno un altro pezzo di legno. Con il cuore in gola, le unghie raschiarono e sbatterono contro l’asse inchiodato.

Un altro rumore. I vaganti presero a colpire la porta della cucina. Tirò con ancora più foga. Daryl l’aveva spinta fuori, l’aveva messa al sicuro. Ma lui era ancora intrappolato. L’asse iniziò a cedere proprio quando la porta della cucina lasciò intravedere una mano putrida attraverso il varco che stavano aprendo.

«Daryl!» ansimò senza fiato, mentre tavolo e sedie tremarono a causa dei colpi. I chiodi lasciarono andare l’asse di legno, che quasi rovinò addosso a Beth.

«Beth!» gridò lui, guardando oltre di lei, verso qualcosa nell’oscurità. Si girò appena in tempo per vedere un vagante venirle contro, schivò d’istinto e andò alla ricerca del coltello. Lo colpì mentre Daryl oltrepassava la stretta intercapedine della finestra. Atterrò con molta più grazie di lei, portandosi dietro balestra e zaino.

I vaganti arrivarono in cucina, il cibo non ancora consumato abbandonato tra scaffali e scomparti. Beth e Daryl si voltarono e con orrore capirono che il vagante abbandonato tra i cespugli non era solo.         

«Corri» le disse soltanto. La spinse dietro di sé, prendendole il polso. L’oscurità veniva spezzata soltanto dal debole chiarore lunare. Vedevano solo vaganti e udivano solo i loro versi tutt’attorno. Daryl all’improvviso la lasciò andare, e Beth per un momento si sentì persa. Colpì uno dopo l’altro gli assalitori che si avvicinavano troppo.

«Corri!» le ripeté, nel vederla fermarsi. «Corri, Beth! Vai in strada!»   

Beth si sentì senza fiato all’improvviso. Lo guardò per un momento appena, quasi volesse dire con gli occhi ciò che a voce non riusciva a esprimere. Non ti lascio. Ma la verità era che lui aveva lasciato andare lei. E così Beth Greene si voltò, senza più paura. La sua occasione l’aveva avuta, ed era stata dolcissima. Per quanto avesse voluto, non ce ne sarebbe stata un’altra. Lo sapeva, lo accettava, così come da molto tempo aveva accettato la sua sorte. E corse come le aveva detto.

Il terreno sotto i suoi piedi divenne asfalto. Si girò all’improvviso in un volteggiare di ciocche bionde. Vide una grande luce, udì lo stridio di freni. E il mondo, che per un istante era apparso così luminoso, piombò nuovamente nella più profonda oscurità.

  

 

Oggi è il giorno in cui morirò.

Era un pensiero bizzarro, ma per Beth era come arrivare all’ultima pagina di un libro molto amato. Quel genere di racconto talmente coinvolgente da spingerla a divorare una pagina dopo l’altra, con il grande timore di arrivare fino in fondo, di leggere quel finale tanto atteso e tanto temuto. Come se quel compagno, quel racconto, che l’aveva portata e guidata fino a quel momento la abbandonasse, come se qualcosa fosse irrimediabilmente finito, estinto. Morto.

Era un libro in disordine, con pagine non numerate, che lei aveva consultato senza conoscerne la trama completa. Conosceva soltanto il finale. E la scena si era presentata davanti ai suoi occhi, esattamente come l’aveva immaginata.

Era stranamente calma, imperturbabile come lo era stata per anni, prima che i vaganti rovinassero la sua vita e quella di tutti, prima che la prigione cadesse, che suo padre, che suo fratello, che sua madre morissero.

Quella calma, che sfiorava la freddezza, si infranse nel momento stesso in cui vide gli occhi di Rick incrociare i suoi. Sembrava soltanto l’ombra dell’uomo che conosceva. E andò solo peggio quando vide Daryl.

Avevano un aspetto orribile. E fu certa che lei non fosse da meno. I lividi sul volto, i tagli profondi, il gesso al polso macchiato di sangue non suo. Sorrise quasi al pensiero di cosa avrebbe detto Daryl se avesse saputo che aveva ucciso tre persone in quei pochi giorni, ma il sorriso sarebbe morto sulle sue labbra. Osservò il viso preoccupato di Carol, il cipiglio aggressivo di Merle, l’ombra negli occhi di Sasha.

Daryl li aveva trovati, aveva trovato tutta la sua famiglia. Rick sembrava stremato, Beth si appuntò mentalmente di costringerlo a tagliarsi la barba. Ma sapeva che non ne avrebbe mai avuto l’occasione. Vedere Noah non la sorprese – non c’era nulla che potesse farlo – ma in qualche modo la turbò. Per un momento pensò di non volerlo lì. Il perché non lo sapeva nemmeno.

Daryl e Rick, dall’altra parte del corridoio, non ebbero nemmeno bisogno di guardarsi, con la coda dell’occhio seppero che lo stesso pensiero li aveva attraversati. Era la stessa rabbia, la stessa paura, lo stesso sollievo nel vederla. Viva, ma in qualche modo… danneggiata. Il volto di Beth lasciava ben trasparire il tipo di trattamento subìto in quell’ospedale. Si domandarono quanto in là si fossero spinti, quanti altri segni avessero lasciato su di lei.

Stava per… Ma gli ho impedito di toccarmi.

Daryl ricordava alla perfezione le parole usate da Beth. Le ricordava a memoria, e nel riportarle a Rick durante la loro disperata fuga ad Atlanta, aveva osservato un orrore a lui conosciuto allargarsi sul volto dell’uomo. Avevano sorvegliato l’ospedale per ore. Ma l’incontro con Noah aveva permesso loro di stabilire il piano d’azione.

E per un momento gli tornarono in mente le parole di Rick. Era un pensiero che aveva sfiorato anche lui, ma subito l’aveva cacciato. Beth morirà nel momento in cui l’andremo a prendere. Forse… forse morirà a causa nostra. Ma che altra alternativa c’era? Lasciarla là? Con persone che avrebbero lasciato su di lei solo cicatrici?

C’è qualcosa, qualche circostanza che la riporterà davanti a quella donna, aveva proseguito Rick, ripercorrendo il racconto di Daryl. Per quanto si sforzassero non riuscirono a capire cosa avrebbe potuto condurre Beth lontano da loro. Sapevano solo che non l’avrebbero lasciata andare. Avrebbero ucciso quella donna prima ancora che potesse avvicinarsi in alcun modo a lei.

Ed eccola lì, esattamente come Beth l’aveva descritta. La mano di Daryl tremò, mentre si domandava quanto gravi sarebbero state le conseguenze se le avesse sparato in quel momento stesso. Ma il pensiero sfumò nel momento in cui vide Beth avanzare verso loro. Lo scambio d’ostaggi era fatto.

La ragazza sentì il bacio caldo di Rick tra i capelli, più vivo e dolce di quanto fosse mai stato nelle immagini della sua mente. E poi guardò Daryl, sembrava non dormisse da giorni, che l’ultimo momento di riposo risalisse a quando avevano condiviso quel materasso nella casa del cimitero. Ma invece di sfiorarle semplicemente il gomito e la schiena come credeva avrebbe fatto, Beth sentì la mano di Daryl artigliarle il polso, e poi la mano.

Una carezza gentile e perentoria, come se l’avesse ammanettata a sé, con l’intento di non volerla più lasciare andare. Beth era accanto a lui, viva. Non avrebbe permesso che morisse, mai. L’avrebbe protetta.

«Ora mi serve soltanto Noah.»

Oh.

La mano di Beth tremò nella presa di Daryl. Ecco. Ecco cosa l’avrebbe uccisa. Il gelo sembrò espandersi nel corridoio, ma non contaminò lei. Era pervasa da un calore intenso, il calore della consapevolezza. Ora il quadro era completo, ora comprendeva. Si divincolò, senza ascoltare alcuna frase pronunciata da Noah, alcuna protesta da parte di Rick.

Guardò Noah, il suo amico, il suo sostegno in quell’inferno, incamminarsi verso Dawn. Si divincolò senza successo dalla presa di Daryl, allungandosi verso quel ragazzo gentile. Sentiva un’improvvisa urgenza, come se dovesse a tutti i costi avvicinarsi a Noah, o l’avrebbe perso per sempre.

Oppure sarebbe stata lei a perdersi.

«Lascia che lo saluti» disse, a nessuno in particolare. Guardò Noah, i suoi occhi sperduti. Il ragazzo che le aveva dato un pezzo di pane quando lei moriva di fame. Un ultimo strattone e la presa attorno al suo polso si sciolse. Beth si mosse in avanti, sentì appena la mano di Rick sfiorarla, nel tentativo di fermare quella folle corsa.

In un battito di ciglia era accaduto ciò che i due uomini avevano a lungo temuto. Beth non era più accanto a loro. Assurdo come fosse sparita così all’improvviso. Era troppo lontana, e all’improvviso apparve irraggiungibile. La guardarono stringere il ragazzo in un abbraccio che sapeva di addio e in esso Beth cercò di imprimere tutta la sua sofferenza, gratitudine, dispiacere.

«Sapevo che saresti tornato.»

Qualcosa sembrò bloccarsi nella gola della ragazza. Si sciolse da quella stretta con una lentezza disarmante, il cervello che lavorava frenetico. Il bacio gelido del metallo contro la pelle del suo polso la portò a domandarsi perché avesse nascosto quell’oggetto innocuo nel gesso.

Ma ora capiva, ora era tutto chiaro. Adesso Dawn era davanti a lei, e per un momento lunghissimo Beth seppe che l’istante successivo sarebbe stato decisivo, la sua prossima mossa avrebbe segnato la sua condanna a morte. Capì, vide con chiarezza per la prima volta nella sua vita. Ogni frammento, ogni sogno, ogni visione acquistò una significato del tutto nuovo.

Ecco, ecco perché aveva sempre visto così vividamente il momento della sua morte. Perché lei, sapendo di non poterle sfuggire, le era andata incontro in ogni sua decisione, inseguendola persino, totalmente accecata dalla fiducia riposta nella consapevolezza che fosse inevitabile.

«È tutto chiaro, ora» disse, abbastanza forte da farsi sentire da chiunque.

E provò una pace che non aveva mai sentito prima.

Morire o non morire. Lo avrebbe scelto in quel momento soltanto, con un semplice gesto della mano. Niente più dolore, niente più sofferenza, niente più lutti e perdite. Solo uno scoppio e sarebbe tutto finito in uno schizzo di sangue.

Addio, non lo disse. Non le piacevano gli addii. E all’improvviso realizzò che doveva essere così anche per Daryl. Non se lo erano mai detti, ma era certa che fosse così. E ora sapeva con certezza che desiderava vivere quella conversazione che non era mai avvenuta, ma che splendeva nella sua memoria come se appartenesse a un’altra vita.

Daryl, l’uomo che aveva giurato di salvarla, senza sapere di aver già mantenuto la sua promessa. Aveva sempre vissuto alimentata da frammenti di memorie e ricordi altrui, ma grazie a lui c’era stato un istante soltanto suo.  

E Beth aggrappò a quel ricordo.

Era durato tutto soltanto un battito di ciglia, ma era cerca che alle sue spalle due uomini – i più importanti che le erano rimasti – stavano per fare qualcosa di molto coraggioso. Di molto stupido. Avrebbero provato a salvarla. Avrebbero ucciso Dawn tra un istante appena. E sarebbe stata una carneficina, per lei, per loro. 

E così scelse, scelse di vivere, per sé. Per loro. Per proteggerli, per poter assaggiare un altro frammento ancora.

Prima ancora che qualcuno – Dawn, Daryl, Rick – estraesse la pistola, Beth fece un passo indietro. Dimenticò ogni memoria che aveva di quel momento, dimenticò l’esito che aveva sempre creduto inevitabile e scelse l’altra via, quella incognita, quella sconosciuta. La via che l’avrebbe tenuta ancora un momento vicina a Daryl, Rick, Maggie, Carl. Una via di cui non conosceva nulla, perché non aveva idea di cosa avrebbe trovato davanti a sé.

Quella inconsapevolezza avrebbe dovuto spaventarla, perché non aveva mai capito cosa significasse non sapere. Ma invece la esaltò, pronta ad accogliere ogni possibilità si aprisse davanti a lei.

Fece un passo indietro, un altro e un altro ancora.   

 «Addio Noah» questo lo disse, sapendo che sarebbe stato definitivo, ma il saperlo lì, per un motivo del tutto sconosciuto, la rincuorò. Forse sarebbe vissuto più a lungo in quel posto, in quella prigione che là fuori. Forse sarebbe riuscito a scappare, a tornare a Richmond, dalla sua famiglia.

«Andiamo» disse qualcuno. Beth si sentì afferrare per il braccio e capì che era stato Rick a parlare. La fece voltare, spingendola avanti a sé, pronto a farle da scudo contro ogni pericolo. Come aveva fatto in tante altre occasioni. Lo guardò per un momento soltanto, e lo trovò più invecchiato di quanto avesse notato pochi instanti prima. Beth si chiese se fosse colpa sua.

La porta si chiuse alle loro spalle, e allora capì che era successo, aveva davvero evitato ciò che aveva creduto inevitabile.

Rick la fece affiancare a Daryl che le sfiorò la schiena con improvvisa urgenza, voleva andarsene da quel posto. Merle apriva la fila, vi voltò appena verso di lei mentre scendevano le scale.

«Hai fatto prendere un bello spavento a tutti quanti, ragazzina» la rimproverò non troppo seriamente, esprimendo forse il pensiero di tutti.

«Saremmo venuti giorni fa» spiegò Carol, la voce incolore, dopo un’altra rampa di scale. «Ma sono successe delle cose.»

«Lo so» sussurrò Beth. Era strano per lei percorrere quei gradini, aveva creduto per tutta la vita che sarebbe stata trasportata. Farli con i suoi piedi le trasmetteva emozioni contrastanti. «Mi dispiace per Bob.» Osservò la nuca di Sasha annuire appena. Ad ogni passo sentiva la mano di Daryl sfiorare la sua quasi per caso.

«Ci sono persone nuove con noi, adesso» disse Rick, appena dietro di lei. «Maggie è con loro, arriveranno presto.»

«Non fidatevi del prete» suggerì soltanto. Vide Rick annuire con la coda dell’occhio.

«Accidenti!» si lasciò sfuggire Merle. «Sapevi anche del prete? Se ti avessi portata in un casinò, mi avresti reso ricco!»

Nessuno sorrise, Carol e Sasha sentivano di aver perso la capacità di incurvare le labbra. Rick e Daryl erano troppo concentrati sui movimenti di Beth, quasi temessero di vederla sparire da un momento all’altro. Improvvisamente, sentì l’impulso di dover dire qualcosa, una sorta di spiegazione per il suo comportamento.

Ma non le uscì alcuna parola. Voleva solo andarsene, vedere Maggie, Carl, Judith. E togliersi dalla testa l’immagine di sua sorella in lacrime, di lei che si accasciava al suolo, di Glenn che la stringeva mentre un corpo ancora caldo le veniva posato davanti.

E così uscirono. Beth varcò la porta della prigione. Il sole la accecò, ma scorse ugualmente il mezzo fermarsi oltre i cancelli. Quando vide Maggie scendere, si sentì quasi mancare. E quando la abbracciò, le sembrò incredibile il solo poter ancora respirare. Si sentì felice come non lo era da tempo, come se tutti i tasselli fossero tornati al loro posto. Quell’abbraccio era la pagina finale del libro, ma era sempre stata nascosta e non l’aveva mai letta. Un finale inaspettato e dolcissimo.

Ora conosceva ogni frammento, ogni ricordo, ogni visione. Tutto era andato al posto giusto. Ogni sua percezione si fermava a quel giorno, a quello sparo, a quell’ospedale dal quale era appena uscita. E ora, non aveva idea di cosa sarebbe successo.

Tra le braccia di Maggie si domandò se il suo potere si fosse estinto. Forse si era esaurito, perché lei aveva compiuto il suo percorso. Per un brevissimo momento pensò di essere finalmente libera.

«Credevo… di non vederti più» singhiozzò Maggie contro la sua spalla.

Beth non rispose, guardò Carl venirle incontro, Michonne, Judith. Rick e Daryl. E non aveva alcuna idea di cosa sarebbe successo il giorno successivo, o quello dopo ancora.

Non sono libera, realizzò con orrore. Sono completamente cieca.      

All’improvviso provò una paura mai sentita prima. Si sentì terrorizzata dal domani, come mai lo era stata fino a quel momento. Tutta l’esaltazione era scomparsa, tutta l’aspettativa era svanita come neve al sole.

«Beth.» Poi fu Rick ad abbracciarla e la sua barba troppo lunga le solleticò il viso. Si lasciò avvolgere e cullare, seppellendo il volto nel petto dell’uomo. Sentì l’impulso di mettersi a piangere o a urlare, rimpiangendo quel potere che non aveva mai desiderato, ma che ora le mancava come l’aria.

Ma poi, in quell’abbraccio caldo, capì quello che sapeva da molto tempo ormai. Non era sola. La sua famiglia era lì. Maggie, Carl, Rick e Daryl. Tutti lì, per lei. E il domani le fece un po’ meno paura.

Forse il suo potere sarebbe tornato, forse sarebbe andato tutto bene. Forse per lei e Daryl c’era una possibilità. Non lo sapeva, ma ci avrebbe provato, voleva quell’occasione.

Rick la lasciò andare e lei scivolò verso Daryl. Nessun abbraccio tra loro, lo sapeva. Ma il suo sguardo valeva più di mille gesti o parole. Lei sorrise, un gesto di scuse. Il primo vero confronto che avevano da quel bacio scambiato in quella notte lontana.   

«Stai bene?» le domandò.

«Adesso sì.» 

Forse, dopotutto, sarebbe andato tutto bene.

 

 

҉

 

 

Non fu così, ovviamente.

Ma ho volutamente lasciato un finale aperto, così che ognuno si immagini quello che preferisce. Beth riacquista il suo potere, o forse no. Lei e Daryl staranno insieme per sempre o forse no. ( INVECE SÌ ).

O forse, come nelle mie più rosee aspettative, lei, Daryl e Rick formeranno un meraviglioso trio, incentrato sul loro incondizionato amore per lei.

Aldilà dei miei vaneggiamenti, ecco qualche piccola nota finale:

–  Cosa ti ha fatto cambiare idea? Daryl non ha mai risposto. Qui il dialogo è stravolto, è Beth ad aver cambiato idea. E quel tu tanto atteso,  finalmente è arrivato. 

–  La storia sull’uomo di Damasco deriva pari pari dall’episodio La Domatrice della serie tv su Hercule Poirot, di Agatha Christie, serie che amo e che mi accompagna dall’infanzia. E il titolo Sipario, deriva proprio dall’ultimo episodio della serie.

– Noah morirà andando con il gruppo di Rick, per questo Beth crede sia meglio che rimanga lì. E ovviamente è la presenza del ragazzo che porterà Dawn a provocare Beth al punto da tentare di ucciderla.

– Merle non muore, ho deciso di tenerlo in vita, non solo perché lo apprezzo molto come personaggio, ma anche per dare la prova che il destino in questa storia non esiste. Doveva morire, e Beth lo ha impedito. È l’eccezione. Perché ogni altra persona che ha tentato di salvare è poi morta.

Non ricordo se ho altro da aggiungere, il capitolo è già abbastanza lungo di suo. Spero vi piaccia e ringrazio chi ha seguito questa mia breve avventura in questo fandom. E per chi non ne avesse già abbastanza di me, avviso che ho una lunghissima storia già in lavorazione – circa 350 pagine finora, ma la conclusine è ancora lontata. Una sorta di what if, sempre su Beth e Daryl (e altro…), che comincia dalla caduta dalla prigione, seguendo tutta la storia delle stagioni successive. Ma dovrà essere completa, o almeno avvicinarsi alla completezza prima che mi azzardi a pubblicarla. E in ogni caso, dovrò prima completare un altro progetto lasciato a metà, quindi servirà un bel po’ di tempo.

Vi lascio giù due immagini.

 

Grazie davvero a tutti, e a presto,

topazio♥


 

 

  
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