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Autore: inlovewitharry    05/01/2018    2 recensioni
"Qualche volta penso che ti abbiano estratta perché sapevano che ti avrei amato." La storia completa di Annie e Finnick, iniziando dalla Mietitura di Annie fino alla fine di Mockingjay. Annie's POV [Traduzione della fanfiction inglese di frombluetored] IN REVISIONE.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Cresta, Finnick Odair, Mags, Nuovo personaggio, Vincitori Edizioni Passate
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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cap6

Capitolo 7: Blood.

 

 

Nel capitolo precedente: I tributi e i mentori si salutano la sera prima dell’inizio degli Hunger Games. Finnick Odair promette ad Annie Cresta, tributo femmina del distretto 4 di fare di tutto per farla uscire dall’Arena viva.

 

 

Ho sognato che tutto era solo un enorme incubo.
Era stata sorteggiata una ragazza chiamata Dawn e io rimanevo a casa con la mia famiglia come ogni anno. Faccio braccialetti e lavo i piatti e mi siedo sul divano con Arnav quando i giochi finalmente iniziano. Lui nasconde in certi momenti la sua faccia nel mio braccio come fa sempre e io gli sposto i capelli castano chiari via dagli occhi e spero più forte di quanto abbia mai fatto che lui non debba mai essere in quella posizione. Segno me stessa e lui per gli Allenamenti quella notte dopo che la luna diventa piena e la marea è alta, sapendo nel fondo del mio cuore che probabilmente è estremamente in ritardo. Ritorno a caso, sentendo il rumore delle conchiglie rotte e dello spostamento di sabbia sotto i miei piedi. Non ci faremo mai volontari come gli altri ragazzi che partecipano all’Allenamento, ma almeno se uno di noi viene sorteggiato, avremo una minima possibilità.
Mi siedo vicino al letto di Arnav per tutta la notte, lo ascolto mormorare senza sosta nel sonno, così grata che nessuno di noi è ancora caduto come preda della Capitale.

 Mi ci vuole circa un intero minuto prima che io mi svegli di colpo in panico e realizzo che sia solo un sogno e che sto vivendo una realtà completamente diversa. Che succederà ad Arnav? È salvo dall’essere sorteggiato ora, giusto?
So che non è garantito e quel pensiero è peggio della consapevolezza che sarò nell’arena in solo poche ore. Spero che Cora abbia il senso di iscriverlo all’Allenamento. Spero un sacco di cose, cose che non sarò in giro per assicurarmi che succedano, cose che sono estremamente importanti per me. È quasi un rilievo sapere che presto non dovrò più preoccuparmi di niente.
Mauve bussa leggermente sulla porta e il mio cuore si stringe ancora una volta. Considero una vasta gamma di cose ridicole: nascondermi sotto il letto, saltare fuori dalla finestra, scappare nelle strade della Capitale e cercare di nascondermi tra i cittadini per il resto della mia vita. Ma so che non c’è niente che io possa fare eccetto affrontare questo terrore. Devo camminare verso la mia morte, con la faccia bella alta e i piedi ben piantati nel terreno. E lo devo fare da sola.
Una parte di me mantiene i modi, perché sto dicendo a Mauve di entrare prima di averlo realizzato. Non mi siedo, però. Sento che più rimango sdraiata in questo letto, più tempo mi rimane per andare nell’arena. Le lenzuola sono ancora stropicciate ed odorano di Finnick. Questo me lo fa mancare terribilmente, anche se l’ho visto solo pochi minuti, secondo la mia percezione. Non posso evitare di chiedermi a che ora ha lasciato la stanza, dov’è ora e come si sta atteggiando di fronte a tutto questo.
Mauve distende una vestaglia nel letto e mi dice di cambiarmi e mettermi quella. Devo andare su un hovercraft che atterrerà presto nel tetto del Centro di Addestramento. Mi porterà all’arena e lì finirò di prepararmi con lei. Poi andrò in un tubo che trasporterà direttamente nell’arena, dove non tornerò.
Mi lascia sola dopo aver detto questi. Rimango sdraiata per altri istanti, il mio corpo intero teso e lo stomaco così nauseante che sono sicura di star per vomitare. Voglio correre e trovare Finnick e pregarlo di dirmi come ha fatto nei suoi Giochi. Non gli ho chiesto abbastanza. Ho cercato di non farlo, perché sembrava qualcosa che non voleva rivivere. Ma ora darei qualsiasi cosa per sapere come ha fatto. Come si è alzato e si è messo una vestaglia ed ha camminato di sua spontanea volontà verso l’hovercraft. Come è riuscito a trattenersi dal vomitare e dallo svenire. Suppongo che la risposta sia sul fatto che è molto più forte di me.
Mentre mi alzo dal letto e tremando mi tolgo i vestiti, mi sento peggio di quanto io mi sia mai sentita. La vestaglia è di un materiale che mi fa sentire ancora più agitata. Sono così debole nelle ginocchia che cado di nuovo nel letto, seduta con la testa tra le ginocchia e facendo grossi respiri. Non riesco a sentire i miei polmoni e posso sentire il panico scorrere tra le mie vene come se stesse dicendo sei mia.
I miei occhi colgono un flash di bianco nel comodino. Alzo la testa e lo prendo con una mano tremante. È un sottile pezzo di carta bianca con il mio nome scritto ordinatamente nella parte in alto che è ripiegata. Lo apro, sapendo già dalla scrittura chi me l’avesse scritta.

Intendo ancora quello che ho detto quel giorno. Sei più forte di quello che pensi.
Sii forte, stai al sicuro.

Stringo così forte il pezzo di carta nella mano che si stropiccia. Lo lascio stretto nella mia mano e prendo un respiro profondo prima di alzarmi in piedi. Devo fidarmi di Finnick su questo. Ho deciso molto tempo fa di fidarmi di lui, e non mi tiro indietro ora. Devo credere che abbia ragione, o altrimenti non penso che riuscirei a mai a farcela.


Mauve mi sta aspettando fuori dalla porta. Mi regala un sorriso rassicurante a cui mi aggrappo quasi nello stesso modo in cui mi sono aggrappata alle ultime parole di Finnick. Gentilmente afferra il mio braccio e camminiamo silenziosamente insieme verso l’hovercraft. Sono riconoscente verso di lei. Per la sua pelle a triangoli multicolorati, per la sua compagnia silenziosa, per la gentile pressione della sua mano intorno al mio braccio. Per il modo comprensivo il cui stringe la fascia della vestaglia e la sua mano sul braccio quando entro nell’hovercraft.
Nell’hovercraft vomito. Riesco ad arrivare al bagno e mi sdraio con la faccia premuta nelle fragili piastrelle che non possono essere incrostate con niente eccetto vere gemme. Rimango lì, esausta e tremante, chiedendo chi scelga le piastrelle per gli hovercraft dei tributi. Mi chiedo se questa persona pensi che ad un tributo che deve entrare nell’arena interessi davvero che mattonelle ci siano nel bagno che possono o possono anche non utilizzare. Mi chiedo quanti tributi si sono sdraiati come sono io ora, deboli e terrorizzati al punto da stare male fisicamente, sul pavimento di questo bagno di classe. Non mi devo chiedere quanti di loro ora sono morti.
Mauve mi tiene la mano quanto il localizzatore è piazzato dentro la mia mano. Odio il modo in cui si fa sentire sotto la mia pelle e passo il resto del mio viaggio sull’hovercraft a sperare disperatamente di poterlo strappare via dalla mia mano. Sembra definitivo in un certo senso, tipo il modo in cui la fine di una tempesta sembra definitiva quando la pioggia finalmente finisce di cadere e un paio di leggeri raggi di sole si fanno spazio tra le nuvole. Non posso evitare di vedere il localizzatore come un marcatore di tombe.
C’è un pranzo sull’hovercraft per me, ma non voglio averne a che fare. Mi sforzo di mangiare un po’ di pezzi di pane, ma mi sto sentendo così male che non riesco a mangiare altro. Rimango seduta e bevo più acqua possibile, invece. Ecco qualcosa che riesco a fare.
Non ho guardato fuori dalle finestre dell’hovercraft, ma quando finalmente ci siamo fermati, realizzo che le finestre sono annerite. Ciò mi fa salire un nuovo livello di isteria e ci vuole ogni millimetro della cosiddetta forza che Finnick dice che io abbia per non farmi salire un conato. Sono persa in un mondo che consiste in rapidi battiti di cuore che fanno eco nella mia testa, palmi sudati e stomaci dolenti mentre sono guidata nella Stanza da Lancio.
Solo quando Mauve gentilmente tira fuori dalla mia mano il pezzettino sgualcito di foglio io riesco a tornare alla terribile realtà di questa situazione. Lei guarda il pezzetto e penso che anche lei sappia chi l’abbia scritto, perché mi guarda con così tanta tristezza che mi sento stravolta.
Mi prende le mani.
“Annie, non piangere. Se inizi ora, sarà così difficile fermarti e non abbiamo tempo per quello.” Mi ricorda gentilmente. So che ha ragione. Prendo respiri profondi e annuisco, il mio stomaco è così stretto che mi sento sicura di star per soffocare.
Mi invita ad andare in bagno e farmi una doccia. Rimango in piedi sotto il getto e chiudo gli occhi, cercando di fingere di essere da un’altra parte. Magari sotto la pioggia nel distretto 4. Comunque, sono così pietrificata che non riesco neanche a farlo. Niente può non farmi pensare ad altro.
Considero di cercare di affogarmi mentre sono qui e ho la breve opportunità, ma ho la sensazione che non avrò successo e che finirò per sentirmi ancora peggio. Sono già certa che non riuscirò assolutamente a correre quando suona il gong. Le mie gambe sono tremanti e continuo a reprimere un’ondata di nausea così intensa che svengo quasi.
Comunque, ho promesso a Finnick che non mollerò.
Mauve asciuga il mio corpo perché non riesco a stare in piedi per molto tempo quando esco dalla doccia. Mi aiuta a vestirmi con l’abbigliamento che tutti i tributi devono indossare. Mi guardo, cercando di capire che arena sarà basandomi sull’abbigliamento. Consiste in pantaloni con un materiale simile a quello dei costumi, una canottiera dello stesso materiale e una giacchetta con la zip di cotone pesante.
Guardo Mauve negli occhi per la prima volta oggi.
“Pensi che nell’arena avremo l’acqua?” chiedo. Mi aggrappo fortemente ai piccoli sprazzi di speranza che nascono dentro di me, nello stesso modo in cui Cora stringe stretta ogni notte la trapunta che nostra madre le ha fatto.
“Non lo so,” dice. La esamina da più vicino. “Il tessuto sembra davvero quello dei costumi. La giacchetta sembra che assorba molto, anche.”
Premo un palmo sopra il mio battito del cuore velocizzato e respiro profondamente. Per favore, fa’ che sia una piscina gigante. Fa’ che ci siano barche e onde e acqua salata.
So che non sarà così semplice, però. Non lo è mai. Se fosse un mare gigante, ci saranno creature che mangiano gli uomini ovunque. Ci saranno piscine con onde che affogano tributi. Qualsiasi cosa che sia un incubo per noi e uno show interessante per quelli che guardano.
“Annie, guardami per un momento.” Sussurra Mauve.
La guardo. Mi mancherà la sua pelle colorata. Mi mancherà lei.
“Prima che tu vada nell’arena, devi sapere una cosa. E voglio che tu mi prometta ora che mi crederai, perché devi farlo. Non è il momento per dubitare di quello che le persone dalla tua parte ti dicono.” Dice.
Annuisco velocemente. Voglio dirle che non ho energia per fare altro eccetto per andare in panico, nessuna forza rimasta eccetto per stare in piedi. Di sicuro non ho l’energia che ci vuole per non fidarmi delle persone più vicine agli amici che ho qui.
Mi prende le mani tra le sue. Le sue sono piccole e fresche. Mi stringe le mani con forza.
“Così tante persone stanno tifando per te. Ci hai colpito in un modo che può essere solo descritto come aver messo le radici nel nostro cuore. Non sarai mai sola in quell’arena, non importa quanto tu ti senta di esserlo. Guarderemo tutti ogni secondo e faremo il massimo per aiutarti, perché vogliamo onestamente che tu ritorni a casa. Il tuo ragazzo farà tutto quello che può fare per farti uscire da lì e io credo che quell’uomo possa fare qualsiasi cosa che si mette in testa e in testa ha il pensiero di farti uscire viva.”
È il massimo che io abbia mai sentito dire da Mauve in una volta sola, ma la sorpresa di ciò è eclissata dal piccolo shock che scorre dentro di me quando si riferisce a Finnick come ‘il mio ragazzo’. Finnick non è mio, ma non la correggo, perché lo sarebbe potuto essere un giorno se non stessi per morire. Forse avremmo potuto innamorarci. Forse si sarebbe sistemato con me alla fine e avrebbe lasciato le sue amanti bellissime. Ci tengo a lui, e lui ci tiene a me, quindi chi potrebbe dire cosa sarebbe diventato quell’affetto? Magari non sarebbe successo niente, ma magari sarebbe accaduto qualcosa. Magari qualcosa di bello in modo emozionante. E quindi lo lascerò descriverlo come mio, perché ho bisogno di appoggiarmi a qualcosa di mio ora e Finnick è qualcosa di meraviglioso.
Non piango, ma la prossima cosa che so è che la mia visione è sfocata. Fisso il contorno di Mauve e le stringo la mano.
“Grazie, Mauve. Grazie per tutto.” Sussurro. Sbatto via le palpebre e le guardo scivolare giù dalla mia faccia, arrivando fino alle mie gambe. Non affondano neanche nel tessuto. Invece, scivolano giù nella gamba. È un tessuto decisamente impermeabile.
“È stato un piacere.” Sussurra. “Non penso di avertelo mai detto, ma sei una ragazza bellissima. Spero di avere la possibilità di vederti crescere in una donna ancora più bella.”
È tipico della Capitale ricordarmi qualcosa di così futile come l’aspetto fisico prima di andare ad affrontare la mia morte, come se significasse qualcosa di grandioso, ma lo apprezzo lo stesso. La bellezza non mi aiuterà a vincere i Giochi, ma sapere che Mauve pensi così bene di me potrebbe.
Il mio ringraziamento viene spazzato via da un suono penetrante continuo. Ho la sensazione di sapere cosa significhi e il mio sospetto è verificato quando Mauve mi aiuta ad alzarmi dalla sedia e stringe velocemente la mia spalla.
“Buona fortuna,” dice.
Non ho tempo di rispondere perché il cilindro di vetro si abbassa su di me fino ad intrappolarmi con un’ape sotto un bicchiere.
C’è un silenzio di tomba dentro il cilindro e non posso fare altro tranne fissare in panico la faccia di Mauve. Troppo presto, sento il cilindro iniziare ad alzarsi. L’aria è così sottile qui dentro ed inizio a respirare profondamente. È completamente buio intorno a me e ci metto tutta me stessa per non raggomitolarmi in una posizione fetale.
È il minuto più lungo della mia vita. Sono certa che rimarrò chiusa dentro al cilindro per sempre. Quando finalmente comincia a raggiungere la superficie, vorrei esserlo.
L’improvviso cambiamento di luce mi sciocca. Per un momento sono tornata sul palco con Caesar, a fissare direttamente le luci del palco. Chiudo i miei occhi quando il cilindro si è alzato completamente. Apro gli occhi lentamente, sbattendo gli occhi rapidamente fino a quando i miei occhi si abituano al cambiamento della luce.

“Signori e signore,” una voce rimbomba intorno a noi, “che i settantesimi annuali Hunger Games abbiano inizio!”
Comincia un conto alla rovescia, iniziando a sessanta secondi. Non riesco a respirare. Non è abbastanza lungo.
I miei occhi esaminano i miei dintorni e la prima cosa che sento è il panico. I miei occhi si allargano e la mia bocca si apre lentamente. Guardo i miei compagni tributi intorno a me, e molti di loro non hanno ancora realizzato cosa c’è di così tremendo nell’arena di quest’anno.
Tutti i 24 tributi sono sparpagliati in un pezzo di terreno che sporge da una steppa e da una collina estremamente alta. Il terreno su cui stiamo ora potrebbe passare come un terrazzamento, se non fosse così ovvio che è fatto dall’uomo. La collina è formata normalmente per metà, ma poi improvvisamente si inclina un poco – solo per far sì che non possiamo rimanere in piedi – e poi prosegue da lì fino alla fine. Questo terrazzamento si avvolge completamente intorno la circonferenza della collina. Non riesco a vedere i tributi o cosa ci sia dall’altra parte della collina da dove sono.
La cornucopia è proprio in cima alla collina.
C’è come minimo un miglio di terreno piatto intorno al monticello. Più in là nella distanza ci sono montagne, ma sono troppo distanti. Posso vedere un po’ di acqua se mi sporgo sulla destra e sono sicura che ci deve essere un corpo d’acqua nascosto alla mia visuale dalla collina.
Le mie mani cominciano a torturare i miei capelli mentre tendo di capire cosa fare.

49, 48, 47, 46 –
Questa visuale praticamente ti forza a girare la testa verso la Cornucopia. Se non lo fai, quelli in cima alla collina con le nuove armi a lunga distanza possono facilmente prenderti come bersaglio e spararti quando corri lontano in bella vista. No c’è posto per nascondersi per almeno venti minuti di corsa, specialmente con niente con cui proteggerti. Neanche correre verso la Cornucopia servirà, perché è sempre un bagno di sangue.
L’unica opzione è andare a nascondersi prima che i tributi arrivino alla Cornucopia e prendere un’arma.
Come fai a nasconderti quando non c’è un nascondiglio?

35, 34, 33, 32 –
Il piano di Finnick di nascondersi vicino alla Cornucopia non funzionerà. Non c’è assolutamente posto per nascondersi. La Cornucopia è l’area più lampante dell’intera arena.
20, 19, 18, 17 –
Sto respirando affannosamente e sono orripilata da questo cambio di eventi già disastroso. La fortuna non è nel mio favore. Ma non lo è mai stata.
Lacrime di frustrazione mi oscurano la visuale non appena colgo un bagliore dell’acqua a destra e all’improvviso so istintivamente cosa devo fare. Se riesco ad arrivare al corpo d’acqua prima che gli altri tributi arrivino alla Cornucopia, potrei avere una possibilità. Posso scomparire sotto l’acqua e stare fuori dalla vista. Riesco a nuotare abbastanza lontano senza aver bisogno di salire per prendere un po’ d’aria, ma anche quando devo farlo, riesco a farlo con nonchalance. Forse il lago porta alle montagne in distanza? Esse danno il nascondiglio migliore. Devo rinunciare a qualsiasi possibilità di rubacchiare un’arma.
Ci sono un sacco di difetti in questo piano, ma il conto alla rovescia è arrivato al cinque, e non ho tempo di considerarli attentamente. I miei muscoli sono tesi dal nervoso e immediatamente posiziono il mio piede in modo da poter scattare in avanti. Inchiodo i miei occhi nel pezzo di acqua che vedo alla mia destra.
Risuona il gong e mi prende in contropiede così tanto che mi congela. Rimango lì ferma per cinque secondi agonizzanti, incapace di muovermi, respiro attraverso piccoli sussulti, prima di spingermi in avanti. I tributi intorno a me si stanno arrampicando correndo sulla collina, probabilmente avendo già realizzato quello che ho pensato io. Spingo le mie gambe in avanti e mi spingo a correre più forte. Salto giù dalla sporgenza, atterrando immediatamente sul terreno. Sono in piedi prima di avere persino tempo di registrare il dolore. Quando sento il primo urlo, cambio le mie tattiche e corro sotto la sporgenza, per fare in modo di non poter essere colpita da sopra.
Quando vedo il corpo d’acqua nella sua completezza, sono sconvolta. Va verso le montagne, giusto. È enorme.
Chiudo gli occhi quando lascio il nascondiglio della sporgenza. Sono certa che in ogni momento una freccia potrebbe penetrare nella mia carne. Posso sentire bruciare i muscoli nelle mie gambe e un lato di me sembra essere stato appena pugnalato. Mi spingo ancora oltre, certa di non aver mai corso così velocemente nella mia vita. Mi sembra di scivolare contro l’aria.
Ogni urla di un mio compagno tributo mi spinge a correre sempre più veloce fino a quando la riva del lago è chiaramente visibile. C’è un dislivello di un centimetro e mezzo dalla collina al lago, ma non ho tempo di scendere lentamente. Salto giù da lì, atterrando sui miei piedi, mentre le mie arcate si espandono dolorosamente. Mi rannicchio sotto la sporgenza e mi raggomitolo per pochi istanti. Non penso di poter essere vista dalla cima della collina in questa posizione e so che non riuscirei a nuotare a lungo fino a quando non riacquisto il respiro. Non voglio neanche fare un grande tuffo quando entro nell’acqua. Non voglio che nessuno sappia che sono qui.
Raccolgo le mie ginocchia e le avvicino al mio petto. Mi sono sbucciata la mia tibia sinistra in modo abbastanza profondo quando sono saltata dalla prima sporgenza. Ci sono tre tagli profondi che fanno fuoriuscire sangue di un rosso accesso. Premo un manico della giacca di cotone contro di essi e faccio quanta pressione riesco a sopportare, digrignando i denti. Non so cosa ci sia in quell’acqua. Non voglio che una creatura assettata di sangue senta il mio.
È inutile, comunque. Questo lo so. Non c’è alcuno modo con cui io possa fermare la mia fuoriuscita di sangue prima di entrare nell’acqua. Ora sono sicura sotto la sporgenza, ma quanto durerà? Quanto tempo ci vorrà prima che un altro tributo arrivi qui?
Il suono del primo cannone mi fa tirare un piccolo urletto. Mi schiaffo una mano sopra la bocca e respiro profondamente attraverso il mio naso. Non posso evitare di ricordare le urla che ho sentito. Quelle persone erano in agonia fino ad ora. Molti di loro lo sono ancora.
Come se stessero sentendo i miei pensieri, suonano altri due cannoni. Sono tre in totale. Non posso pensare di chi siano. Me lo dico, ma sto già immaginando le facce di tutti i tributi alle interviste, con le guance rosse e pieni di vita. Entra nella mia mente un’immagine di loro con la pelle pallida e sangue secco sul viso e sussulto.
Tolgo la manica dal mio taglio e gli do un’occhiata. Sta ancora sanguinando, ma non tanto come prima. Cerco di aspettare ancora un po’, ma sono così ansiosa che sento di poter esplodere. Non riesco a stare qui seduta.
Gattono fino alla riva dell’acqua. Mi aspetto che non sia profondo com’è il mare nel bagnasciuga, ma quando guardo in basso, sembra così profondo da non avere un fondale. So immediatamente che qualcuno che non sa nuotare non può andare in questo lago. Vuol dire che nessuno dovrebbe entrarci, dato che la maggior parte dei tributi non è capace?
Se è questo il caso, mi sento più positiva nell’usarlo. Se fosse piena di mostri che mangiano gli umani, vorrebbero attirare più persone possibili.
Mi siedo sulla riva e mi faccio scendere nell’acqua lentamente, consapevole del rumore che sto facendo. Il dolore breve e lancinante che provo mi fa capire che è acqua salata, non acqua fresca. Ci devono essere fiumi o altri laghi nelle montagne, allora. Qualche fonte d’acqua fresca. Sono sicura che gli altri tributi cercheranno di stare vicino a quelle, dato che non avranno nessun beneficio da questo lago. Da quello che riesco a vedere finisce proprio prima delle montagne, quindi non si connette con altri corpi d’acqua. Una struttura isolata.
Cammino lentamente dentro l’acqua per circa un minuto, facendo in modo che il mio corpo si abitui all’acqua. È dolorosamente fredda. I miei denti stanno battendo dopo solo trenta secondi di immersione. Il freddo mi beneficia, però, perché guarisce la mia gamba ora pulsante.
Mi sento meglio nell’acqua. Sento di poter respirare meglio, vedere meglio. So cosa devo fare ora. Devo arrivare alle montagne, dove posso nascondermi. Non so cosa farò con le armi. Magari Finnick mi può mandare un coltello? Altrimenti, magari incontrerò un tributo morto e –
Mi fermo lì, e la nausea mi ritorna. Mi guardo rubare un’arma dalle mani di un tributo morto e mi sento disgustosa. Ma so che se dovesse accadere, succederà così.
I miei pensieri sono interrotti da un suono che non riesco a localizzare. All’inizio penso che sia un uccello che mi era piombato vicino all’orecchio.
La freccia che atterra nell’acqua vicino a me mi suggerisce che la mia supposizione era scorretta.
Non mi giro per vedere chi è o chi sono. Inalo il più profondamente possibile e vado giù con la testa sotto l’acqua. La temperatura dell’acqua mi fa male alla testa. Mantengo gli occhi chiusi stretti e mi spingo sempre più in giù nell’acqua. È abbastanza torbida da essere sicura che non potranno vedermi. Nuoto fino alla metà del lago, tenendomi stretta all’idea che se riuscissi ad allontanarmi abbastanza dalla loro posizione, loro molleranno.
È come se niente fosse vero qui giù. Non riesco a sentire niente, non riesco a vedere niente, non riesco ad odorare niente. L’acqua è completamente intorno a me e mi sento vicina alla sicurezza. Dopo circa quattro minuti di nuoto vigoroso, posso sentire i miei polmoni bruciare e il mio petto stringersi. So di aver bisogno d’acqua, ma non ho idea di quanto io sia lontana dall’aggressore.
Dopo aver iniziato a sentirmi più debole e tenere la bocca chiusa comincia ad essere quasi impossibile, mi dirigo verso la superficie dell’acqua. C’è un periodo esteso di panico in cui penso di non riuscire a trovarlo o a farcela in tempo.
Mi sforzo ad aprire gli occhi quando sono sicura di essere vicino all’aria. L’acqua è ugualmente torbida come sotto. Riesco a vedere un paio di pesci non lontani da me. La superficie è solo poco lontana.
Mi giro così quando esco in superficie posso far uscire solo l’estremità della mia faccia. Il mio naso esce e sporgo fuori anche la bocca. Muovo le mie braccia e gambe in piccoli cerchi restando a galla mentre cerco di inalare il più silenziosamente possibile.
Rimango così per un paio di istanti molto tesi prima di decidere che il mio aggressore deve aver pensato che io non valga il tempo di seguirmi. Vado sott’acqua e riemergo, questa volta solo per togliere i miei occhi dall’acqua.
Bruciano al contatto con l’aria, ma sono abituata ad esso dopo aver vissuto nel Distretto 4 per tutta la mia vita. Sono uscita più velocemente di quanto mi aspettavo. La sporgenza da cui sono saltata prima è solo una linea nella distanza. La Cornucopia è così lontana che tutto quello che riesco a scorgere di essa è il suo oro.
Non c’è modo di sapere se sono suonati altri cannoni mentre ero sott’acqua.
Non riesco a vedere nessuno in lontananza. Mi giro così la Cornucopia è alle mie spalle e direttamente di fronte a me ci sono le montagne. Sono ancora molto lontane. Ci vorrà probabilmente tutto il giorno a nuoto. Tutto quello che c’è alla mia destra è ancora acqua e poi un ciglio distante che sembra quasi una prateria. Alla mia sinistra c’è solo un terreno aperto, quello che ho visto prima quando stavo esaminando i miei dintorni.
Nuoto in avanti, prendendo un ritmo molto pacato. Se nuoterò così, non mi sforzo di più di quanto io abbia già fatto.
Nuoto per circa trenta minuti, facendo progressi moderati, fino a quando riesco a percepire che qualcosa non è a posto. Le mie braccia cominciano a pesare tipo cinquanta chili per ognuna e muovere le gambe anche due o tre volte mi fa ansimare dallo sforzo.
Realizzo che probabilmente sono estremamente disidratata. Quando è stata l’ultima volta in cui ho bevuto? Non me lo ricordo neanche chiaramente. Penso questa mattina sull’hovercraft.
Do la colpa alla disidratazione, ma ho la sensazione che ci sia qualcos’altro di sbagliato. Sto nuotando da può, ma la metà del tempo lo puoi chiamare nuotare dato che mi sto praticamente lasciando trasportare. Il corpo è abituato a nuotare per ore ed ore alla volta.
Per la prima volta nella mia vita, sono onestamente impaurita di affogare. Devo girarmi e galleggio sulla schiena perché persino tenermi a galla mi stanca troppo. Respiro profondamente e mi lascio galleggiare, nuotando a cagnolino ogni tanto per mantenermi nella direzione giusta.
Solo quando la pelle al di sopra dell’acqua inizia ad asciugarsi, io realizzo quale sia il problema.
Sento qualcosa che mi solletica il naso e le orecchie. Pensavo che l’acqua mi stesse ancora scivolando addosso, ma l’acqua nel resto della mia faccia si è asciugata un paio di minuti fa. Alzo una mano e mi tocco il naso e quando la porto al livello dell’occhio, mi accorgo di star fissando il mio stesso sangue.
Immediatamente affondo di nuovo dentro l’acqua, riprendendo a camminare. Alzo di nuovo la mano e mi tocco le orecchie. La mia mano e coperta in altro sangue ancora.
Non ho idea di che cosa stia succedendo. Non ho idea del perché il mio naso e le mie orecchie dovrebbero sanguinare. Mi esce il sangue dal naso, ovvio. Potrebbe derivare da un cambiamento della temperatura. Ma non c’è nessun motivo per cui le mie orecchie dovrebbero sanguinare.
Mi lascio galleggiare sulla schiena e afferro il retro del mio polpaccio sinistro, portandolo a livello visivo, mentre il mio fondoschiena affonda leggermente nell’acqua. Sono in grado di mantenermi a galla abbastanza a lungo da vedere che sta perdendo sangue così velocemente che sembra pulsare.
Non sono debole perché sono esausta o persino disidratata. Sono debole perché qualcosa – probabilmente quest’acqua – mi sta facendo perdere sangue.
Non ho idea di quanto sangue abbia già perso. Tutto quello che so è che a malapena riesco ad andare avanti, ma devo uscire dall’acqua.
Considero lasciare perdere, poi. Sono al caldo nell’acqua, ora, e mi sento libera proprio come l’acqua mi ha sempre fatta sentire. Non dovrebbe essere un modo brutto per morire. Preferibilmente. Ad un certo punto perderei la conoscienza a causa della perdita di sangue e sarà come addormentarsi. Non sentirò dolore. La mia famiglia non mi vedrà morire in un modo orrendo. Morirei da sola, lontana dal pericolo. Solo negli Hunger Games ha senso.
Non posso farlo, però. Le promesse che ho fatto a Cora, Arnav e Finnick sono come l’indicatore di posizionamento che mi è stato piantato dentro la pelle. Non posso mandarle via. Non posso dimenticarmele. Non posso galleggiare semplicemente e lasciarmi dissanguare mentre loro guardano.
Ritorno a galleggiare sul dorso e muovo le mani il più velocemente possibile, spingendomi verso la riva. Le montagne sembrano più vicine. Devo fermarmi dopo quello che mi sembrano quindici minuti. Sono stordita e non riesco a capire da che parte sia la riva. La mia testa sembra essere stata premuta verso il basso da oggetti pesanti. Le mie orecchi fischiano e niente è a fuoco. Penso che questo sia perdere la conoscenza.
Qualcosa atterra sulla mia spalla. Galleggio lì per alcuni istanti, troppo stanca o forse troppo disorientata da prenderlo. Mi dimentico che sia lì per alcuni minuti. Sono impaurita quando me lo ricordo, impaurita che sto davvero per morire qui, galleggiando di schiena, magari solo dieci minuti dalla riva.
Quando apro gli occhi, l’intera arena sta girando. Ci vogliono un paio di tentativi prima che io prenda il paracadute. C’è un piccolo tubo di metallo attaccato e c’è un quadrato abbastanza largo di carta attaccato al tubo. È umido dal fatto che è stato attaccato a me. Lo libero prima, perché a meno che non ci sia una barca attaccato al tubo, non mi può aiutare.
Lo apro, mentre un ricordo mi bussa nella mia mente. Non ho già fatto la stessa cosa recentemente? L’ho già fatto?
Tengo la carta di fronte a me e batto le palpebre un paio di volte. Ci metto così tanto a capire le parole sul foglio. Dimentico cosa sto facendo dopo quasi ogni frase e inizio ad abbioccarmi. Devo scuotere la testa per tornare a leggere. Ma quando finalmente finisco, capisco.

Devi uscire dall’acqua. Qualcosa dentro fa da anticoagulante. Ti farà sanguinare a morte. La medicina per aiutarti è nel tubo, ma non funzionerà fino a quando non uscirai dall’acqua. Ci sei così vicina, Ann. Se hai bisogno che io ti mandi una zattera, dì solo “sì” ad alta voce e te lo manderò. Ma se hai modo di andare a riva da sola, sarebbe meglio. Non vuoi sapere quanto sia estenuante cercare di inviare una zattera. Ma giuro sulla mia vita che se ne hai bisogno, troverò un modo di prenderla senza far male. Per favore non mollare. Fidati di me come io mi fido di te.

Non so se sia la scrittura di Finnick, o forse il fatto che mi abbia chiamato ‘Ann’ invece che ‘Annie’ come se mi conoscesse da tutta la vita, o forse solo la consapevolezza che io potrei essere curata se solo riuscissi ad arrivare a terra, ma sto di nuovo muovendo le mie mani. Metto il quadratino di carta nel paracadute e porto il paracadute alla bocca, mordendolo così so che non lo perderò nell’acqua. Inizio a nuotare a cagnolino di nuovo. È agonizzante. Devo chiudere gli occhi e spostare tutta la mia energia rimasta nello spingermi in avanti. Anche respirare ha un costo per me che mi fa tremare così tanto da sentirlo nella testa.

Quando la mia schiena tocca la riva del lago, sto piangendo. C’è un filo nero nella mia testa che cerca di buttarmi sotto e sta diventando doloroso combatterlo. Sono terrorizzata dal fatto che non ho più controllo sul mio stesso corpo. Sto tossendo fuori il sangue che continua a riempirmi la bocca non importa quanto io lo sputi fuori. Pianto le unghie nel fango della banchina e mi spingo in avanti. Sento pezzi appuntiti di conchiglie rotte e pietre che mi tagliano le mani, ma non posso preoccuparmi di niente ora. Tutto quello a cui riesco a pensare è a quanto sono vicina alla riva e come ho promesso a Cora e alla sfumatura degli occhi di Arnav quando sta soffiando le candeline della sua torta di compleanno.
Quando le mie dita affondano nella sabbia asciutta, do una spinta finale e cado nella sabbia. Apro la bocca e afferro il tubo. Ci metto più di quanto mi aspettassi per aprirlo. Uno sciroppo liquido verde accesso lo riempie fino all’ultima goccia. Chiudo la bocca intorno al tubo e ingoio la medicina che sa di menta.
Se un tributo dovesse apparire ora, non avrei la possibilità neanche di alzare una mano per coprirmi la faccia. Mi stendo nella sabbia sporca, perdendo e acquistando conoscenza, fino a quando lentamente le cose cominciano a sembrare più chiare.
Per prima cosa prendo coscienza di quanto abbia freddo ora. Poi mi rendo conto di aver un lieve dolore alla gamba. Dopo, riconosco la consistenza granulosa della ‘sabbia’ della specie di spiaggia in cui sono.
Quando finalmente sono in grado di sedermi senza che il mondo giri come una girandola, sono in grado di percepire l’orrore del lago da cui sono appena uscita. Senza dubbio è lì per prendere come preda quelli che hanno un minimo di conoscenza generale sul curare le ferite: l’acqua salata le fa guarire prima. Un tributo ferito zoppica verso un lato del lago, con l’intento di sommergere la ferita e pulirla per evitare l’infezione e poi si trovano dissanguati di ogni goccia di sangue che posseggono. È una trappola che mira a prendere qualcuno nel loro punto più basso ed è vile, e sono sorpresa di riuscire ancora a sentire lo shock alle cose che gli Strateghi possono fare dopo tutto questo tempo.
Mi immagino le facce degli Strateghi che ho visto quando facevo il mio punteggio e mi chiedo quale sia il responsabile di questa invenzione. Mi chiedo se si stanno ricordando la mia faccia dal punteggio ora, come io mi immagino le loro. Mi odiano come io odio loro?
Il cielo si sta scurendo velocemente. Non posso stare qui, ma non desidero viaggiare tra le montagne al buio. Mi alzo in piedi, ancora un po’ barcollante e infilo il bigliettino che Finnick mi ha inviato nella tasca della felpa. La felpa è quasi asciutta ora, dopo essere stata sdraiata sotto il solo per quello che mi sono sembrate ore. Non mi interessa se Panem mi vede mettere via il biglietto come se fosse un tesoro. Non mi interessa se pensano che sia un biglietto d’amore. Non mi interessa niente quello che pensano. So solo che devo averlo con me.
I miei occhi si aggiustano alla luce smorzata e cammino in avanti. Le montagne sono enormi. Non mi sono mai sentita così piccola come mi sento ora. Decido che arrampicarmi su una di essa non è qualcosa che devo fare in questo momento, o nella mia condizione in questo momento, quindi fisso le loro basi. Noto una piccola cunetta tra due montagne poco lontano alla mia destra e comincio a camminare verso di essa. La camminata è estenuante. Quando finalmente arrivo, sono sorpresa di vedere che è un posto per nascondersi migliore di quanto avessi immaginato. La piccola apertura tra le due montagne si apre in una caverna di qualche tipo dopo pochi metri. Una caverna con muri, soffitti e pavimenti di pietra. L’apertura è abbastanza larga per far sì che io ci possa entrare, il che è confortante. Nessuno più grande di me riuscirebbe ad entrare qui dentro.
Gattono in avanti lentamente e arrivo nello spazio aperto. L’aria è molto umida qui dentro ed è quasi buio completo, ma non mi interessa. Si apre un cerchio gigante. Comincio a camminare seguendo la curva sinistra della caverna – dove non posso essere vista da qualcuno che curiosa da fuori dal buco – quando sbatto la testa contro qualcosa.
Sussulto e alzo una mano, quasi convinta che sia un altro tributo. Nella poca luce realizzo che sia una stalattite che pende dal soffitto. Mi abbasso e continuo a camminare, ora cauta per gli ostacoli che riesco a malapena a vedere.
Mi siedo nel pavimento tra due stalagmiti che si innalzano dal terreno. Appoggio la testa contro quella alla mia destra ed è quasi confortevole. Sembra sicuro, almeno, anche se non c’è modo di sapere quali creature stanno aspettando nell’ombra dietro di me.
Sconvolta dagli eventi del giorno, mi lascio di nuovo andare e piango. Non mi interessa abbastanza da preoccuparmi del ridicolo e patetico casino che devo sembrare alle persone che mi stanno guardando ora. Fisso il braccialetto che Cora mi ha fatto – il braccialetto che tengo come il mio simbolo – e infilo la mia altra mano dentro la tasca della felpa, stringendo forte il biglietto che Finnick mi ha mandato. Sto ricordando lo strano filo nero della perdita dei sensi che mi ha quasi tirato giù e sono sicura di non voler più dormire.
Tengo il biglietto stretto in mano, sapendo che Finnick capirà che è il mio modo per dirgli grazie. Sa già di essere l’unica ragione per cui io sono viva ora.

Mi appisolo in un sogno più profondo di quanto avessi pianificato o voluto. Un peso sulle mie gambe mi sveglia. I primi veri raggi di luce mattiniera stanno penetrando nel buio della caverna. Sono così assetata e affamata da essere spaventata.
Guardo giù le mie ginocchia e sono spiazzata dal vedere un altro paracadute lì innocuo. Sono grata fino al midollo, perché dopo il giorno che ho passato ieri, sommato ad un quasi nullo consumo di cibo e acqua, non sono sicura di quanto lontana sarei arrivata per cercare piante commestibili e un fiume da cui bere. Non ho neanche un’arma.
Apro il contenitore rotondo di metallo e nella mia faccia appare il primo vero sorriso che ho avuto in quelli che sembrano anni senza che io me ne accorga. Finnick mi ha mandato dei panini caldi e un thermos di limonata di fragola, l’unica sostanza che sono riuscita a consumare la notte prima dei Giochi. So che l’ha fatto per farmi alzare lo spirito più di tutto, ma mentre spezzo un panino, mi accorgo che sto troppo preoccupata per lui. Su cosa stia facendo per prendere qualsiasi soldo che usa per darmi regali come limonata di fragola, quando la maggior parte dei mentori non riescono neanche a mandare acqua ai loro tributi.
Hai infilato un altro biglietto dentro, questo dice semplicemente di stare ferma lì. Direi che la mia assenza di armi non gli è passato di mente neanche a lui.
Mangio quanto posso e poi metto via il resto per dopo. È ridicolo che io sia preoccupata per Finnick, quando lui è là ed io sono qui ma non è esattamente un bel posto.
“Anche tu rimani al sicuro.” Sussurro, pensando al biglietto che ha lasciato nel mio comodino. So che saprà cosa intendo. Se abbia sentito o meno, però, è tutta un’altra questione.

 

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Nel prossimo capitolo: Annie pensa di aver passato un giorno pesante, ma non è niente in confronto a cosa dovrà affrontare nello scorso capitolo, dove incontrerà inevitabilmente due altri tributi che metteranno alla prova la fiducia che lei ha nelle persone – e in Finnick. (forse).

  
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