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Autore: fiore di girasole    06/01/2018    6 recensioni
MOMENTANEAMENTE A RATING GIALLO - Drew è nato durante la dodicesima notte. Per i suoi diciotto anni il suo migliore amico gli organizzerà una festa davvero indimenticabile.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Tutti conoscevano Drew e la sua passione per il rugby. A scuola si era fatto valere tanto nello sport quanto nello studio - d'altronde non avrebbe potuto essere altrimenti per lui, figlio di professionisti - e ciò lo rendeva uno degli allievi più benvoluti e apprezzati. La sua popolarità tuttavia non gli aveva portato grandi soddisfazioni nella sfera privata: c'era chi lo avvicinava per il desiderio egoistico di ottenere in futuro dei favori dalla sua famiglia; qualche ragazza perché attratta dal suo fisico scultoreo; gli unici veri amici su cui poteva contare erano gli stessi che si portava appresso fin dalla più tenera infanzia... di tutti gli altri non si poteva fidare.

In casa Corrigan vi era uno strano modo di osservare le feste comandate, sia perché i genitori erano "sempre" impegnati, quasi tutti i giorni dell'anno; sia perché Drew, unico figlio ed erede, aveva avuto la malaugurata idea di nascere la notte dell'Epifania. Sperando di condividere quel giorno con quanti più affetti possibile, aveva sempre voluto festeggiare con qualche ora di anticipo il 5, ovvero l'ultimo giorno prima della ripresa degli studi, per lui; uno dei giorni in cui i genitori erano più richiesti al lavoro, per i suoi. 
Avrebbe voluto considerarlo con gioia l'ultimo giorno di vacanza, ma tutti gli anni era la stessa solfa: arrivato quel giorno niente dolci né abbracci amorevoli... solo dei rapidi auguri, un regalo lasciato al volo senza aspettare di vederlo scartato, un sacco di convenevoli; e il giorno dopo, come consuetudine, tutti insieme a togliere le decorazioni prima della mezzanotte, perché "lasciarle sino alla fine dell'Epifania porta sfortuna". Cazzo gliene fregava poi di quelle decorazioni! Fosse dipeso da lui le avrebbe lasciate ad impolverarsi da un anno con l'altro: non era quello il rito da festeggiare tutti insieme! Ogni anno Drew si domandava se i suoi colti genitori avessero mai cercato sul dizionario il significato di "famiglia".
Nascere proprio durante la dodicesima notte era un privilegio che sarebbe piaciuto a Shakespeare, non a lui che non aveva mai apprezzato le giornate dedicate a qualcosa. Quell'anno però c'era qualcosa di diverso. Ecco perché, se prima d'allora non gli era mai costato nulla fingere interesse, questa volta Drew non vedeva l'ora che il gran giorno arrivasse. I giovani non hanno bisogno di regali costosi, vogliono stima, fiducia, affetto, amore; ma quando sono i genitori i primi a non saperci fare, si finisce col sentirsi sempre sbagliati e con un grande senso di rivalsa nei loro confronti. Diventava maggiorenne: era questa la cosa importante! Ci aveva fantasticato tanto che ebbe l'idea di portare la cosa a suo vantaggio, quella era l'occasione giusta per liberare tutti loro di un peso:
«Cosa vorresti per i diciott'anni?» 
«Un appartamento.» 

Alla madre quasi venne un malore quando sentì una tale richiesta, da Drew che fino ad allora non aveva voluto un'auto, e neanche prendere la patente, anzi non aveva mai voluto neanche uno scooter perché amava andare dappertutto in metropolitana con gli amici!
«Vi siete già pentiti?» Domandò lui, vedendo che i genitori erano rimasti interdetti. Lui non era uno sprovveduto o un ricattatore. Se i suoi genitori fossero stati poveri si sarebbe tolto dalle palle da solo visto come "non" lo trattavano, ma un primario e un avvocato i soldi li avevano, ed era arrivato il momento che li spendessero seriamente per il suo futuro. «Mi avete chiesto voi di scegliere, in fondo non vi ho mai deluso, non ho mai mancato a una sola delle vostre regole e sono sempre stato fonte di orgoglio, perlomeno "credo" di esserlo stato. I genitori normali sono orgogliosi quando hanno un figlio come me tutto casa, scuola, sport, vita sana e niente ragazze; eppure ci ostiniamo a fregarcene l'uno dell'altro. Dico bene? La dodicesima notte farà di me un uomo. Consideratelo un investimento per il futuro. Dall'anno prossimo dovrò continuare gli studi e vi costerei comunque un mucchio di soldi, facciamo che ognuno di noi si prende le proprie responsabilità, io mi troverò un lavoro e proseguirò gli studi a mie spese ma almeno saremo liberi di vivere ognuno la propria vita e mi toglierò dalle scatole molto prima. Sapete che se c'è una cosa in cui eccello è mantenere la parola data.» 
Drew li colse di sorpresa ancora una volta, da lui non si aspettavano tanta determinazione. Quel risentimento nei loro confronti era ciò che li faceva sentire veramente colpevoli, perciò alla fine, nonostante mille perplessità per quel desiderio che trovavano eccessivo, i suoi genitori non tardarono ad accontentarlo. I primi giorni dell'anno, seppur con qualche indugio, aiutarono il figlio a trasferirsi nell'appartamento che avevano scelto per lui, in un quartiere piacevole e ordinato, abbastanza vicino al Tamigi. La madre aveva ben sfruttato il suo giro di conoscenze per ottenere questo vantaggio per il figlio, anche se lui forse non avrebbe mai creduto al loro affetto. Certo che i suoi erano stati davvero bravi a rovinare la vita di tutti e tre!

Per fortuna che c'erano gli amici! Si potevano contare sulle dita di una mano e ciò era tanto di guadagnato. Edgar detto Eddie, dalla pelle candida e i capelli neri, era quello che fisicamente gli somigliava di più. Stava sempre insieme a Kevin, il belloccio dai capelli rossi e gli occhi verdi. Li avrebbero scambiati per una coppietta se non fosse stato che dietro al secondo svenivano le ragazze di mezza scuola e lui sembrava andarne fiero; infine c'era Mel, il suo migliore amico, quello a cui era particolarmente legato, che non l'aveva mai lasciato solo e col quale si era sempre confidato. Di Mel era difficile fare una descrizione, era spregiudicato e timido allo stesso tempo, aveva avuto il coraggio di farsi fare piercing un po' ovunque e cambiava colore dei capelli in base allo stato d'animo. In fondo lo ammirava, era l'unica persona veramente "libera" che conosceva, capace di ignorare il giudizio altrui senza tuttavia dimostrarsi un ingrato e un ribelle, come invece si sentiva lui in quel momento. 
Fra amici avevano condiviso di tutto, non si erano mai delusi a vicenda, così Drew aveva incaricato Mel di organizzargli una bella festa di compleanno, con tanto di birra e ragazze. 

Finalmente arrivò il giorno dei festeggiamenti e non c'erano persone che avrebbe visto più volentieri. Quell'amicizia era sempre stata preziosa per tutti e quattro e, ogni volta che si palesava un cambiamento per qualcuno di loro, sperava con tutto il cuore che nulla sarebbe cambiato, se non in meglio.
Quasi gli dispiacque di aver proposto che invitassero delle ragazze, in fondo lui di donne che ne sapeva? Se quelle ci avessero provato con lui come avrebbe dovuto comportarsi? Ebbe un attimo di panico quando pensò a "quali" ragazze gli avrebbero portato, giusto quelle bamboline bellocce finte in tutto che gli facevano ribrezzo, infine c'era un altro problema: vedendo la tovaglia natalizia con Santa Claus che sua madre aveva insistito a dargli a forza, "da tenere almeno sino all'Epifania", chi di loro non avrebbe riso di lui? Forse quell'idea si sarebbe rivelata il suo suicidio sociale definitivo. Non aspettò che arrivassero nemmeno i suoi amici prima di prendere una birra e cominciare a bere. Da solo... e da idiota! Chi non vi è abituato sarebbe meglio che non si ubriacasse mai senza qualcuno che all'occorrenza possa aiutarlo. 

Quando i suoi amici arrivarono e lui andò ad aprire la porta, lo trovarono sconvolto come non mai. Sembrava che avesse bevuto e pianto, quasi quello fosse il giorno più tragico della sua vita. Non doveva vederlo come una rinascita? Come l'opportunità che avrebbe sistemato ogni cosa per sempre? Ognuno però è libero di gestire la propria vita come meglio crede e loro non si sarebbero mai permessi di giudicare l'amico senza prima conoscere come stavano realmente le cose. Forse lui, nonostante sembrasse equilibrato, viveva quella novità come uno stress e per potersi riprendere aveva bisogno di toccare il fondo. Pretendeva di atteggiarsi a uomo ma era evidente che fosse ancora un ragazzino.

Solo Mel aveva quella confidenza speciale per cui poteva permettersi di fare ogni domanda senza sembrare inopportuno.
«Drew, cosa c'è?»
«A nessuno importa niente di me.»
«Che cosa dici? Noi siamo qui per te, e fidati che anche i tuoi ti vogliono bene.»
«Stronzate! E dopo oggi mi odieranno anche le ragazze. Morirò vergine, e tutto perché sono stato un vero idiota.»
Mel lo abbracciò e aspettò che l'amico si sfogasse quanto voleva. «Non sei tu a parlare, è la birra. Guarda che era da bere in compagnia non per sfondarti lo stomaco da solo.»
«Lasciami stare. Non so nemmeno io che cosa mi fa sentire così amareggiato. In teoria finalmente ho tutto quello che voglio. Che cosa mi manca, Mel?»
«Non lo so, ci penseremo più tardi. Su, vai a sciacquarti la faccia o vai a farti una doccia fredda, Drew. Hai bisogno di riprenderti. Se ti serve aiuto per qualcosa puoi chiamarci.»
Il festeggiato sembrava assorto. Aprì la bocca per dire qualcosa e rinunciò, poco dopo però sembrò riscuotersi o, peggio, infervorarsi:
«Hai ragione, ho bisogno di una doccia fredda, devo tirarmi su.» 
Quindi prese il giaccone pesante, indossò guanti, sciarpa e cappellino e uscì, mentre gli amici stentavano a corrergli dietro.

Il ragazzo fu più veloce di loro, non per niente era il migliore della squadra, quello che nel rettangolo verde era il più difficile da placcare. Nel giro di pochi minuti però si trovavano davanti a una città piena di neve, e lo videro correre dritto verso il Tamigi, sicuramente con l'intenzione di farsi un bel bagno nell'acqua gelida, di sera! Nella migliore delle ipotesi si sarebbe beccato una polmonite. Determinati almeno quanto lui, in breve tempo i suoi amici gli furono addosso e uno di loro lo stese con un pugno facendolo cadere nella neve. A volte per riscuotere qualcuno non c'è niente di meglio che arrivare alle mani. 
«Che cazzo volevi fare? Morire come Jeff Buckley? E dire che lui sapeva nuotare e aveva avuto il buonsenso di tuffarsi nel fiume a maggio e in pieno giorno, non quando pure le anatre rischiano di morire dal freddo. Eppure persino a lui è andata come sappiamo tutti, coglione che non sei altro!»
Questa risposta invece sapeva bene chi gliel'aveva data, era stato Eddie, che da pseudo-saggio della combriccola parlava solo quando c'era qualcosa da dire. E questo appello accorato, assieme al fatto che venisse pronunciato dal taciturno del gruppo e al pugno di prima, funzionò bene come "doccia fredda".
Mel lo aiutò a rialzarsi, lo prese sotto braccio e tutti e quattro, tremanti dal freddo, si sbrigarono a tornare a casa. Se la Signora Corrigan avesse saputo in che modo il figlio avesse sfruttato il vantaggio della vicinanza al fiume, per lui sarebbe stato l'inizio di un lungo periodo di merda.

«Sei ghiacciato, vieni qui, ti scaldo con un asciugamano.» Propose Mel, quando furono rientrati in casa. Egli aveva uno sguardo al contempo premuroso e deciso, a cui l'amico non poté sottrarsi. Quest'ultimo anzi abbassò la testa e si adagiò su una spalla dell'amico nell'incavo vicino al collo. quindi si lasciò cullare dalla sensazione di tepore che quel massaggio affettuoso gli trasmetteva. «Ascolta Drew, ti devo dire...» L'altro lo guardò negli occhi, sorrise nel vedere alcune ciocche azzurre di Mel, così vicine al suo volto da fargli il solletico. «Ci stiamo dimenticando della torta.»
«Quale torta?»
«Quella tradizionale.»
«Tradizionale per i compleanni o per la dodicesima notte?»
«Né una né l'altra. È una nuova tradizione: te l'ho fatta con le mie mani e, se non farai mai più cazzate come quella di prima, ogni anno te ne preparerò una diversa. Che ne dici?»
«Davvero? Allora ok, e me lo dici solo adesso?»
Mel non si era premurato solo di portargli la torta, e addirittura di fargliela. Lui e gli amici avevano portato anche altre cose: biscotti glassati tra cui omini di pan di zenzero, dei muffin e forse anche pop corn e le solite cose salate.
«Fortuna che ho preso le patatine, a me piacciono solo quelle.»
«Drew, insomma! Le patatine le portano le ragazze.» 
Tutti scoppiarono a ridere per quella battuta. 
«Come no! E la tradizione dei dolci l'ha inventata qualche dentista.»
«Eddai, che rompipalle!» Esordì Kevin che fino a quel momento aveva parlato pochissimo, anche lui stranamente taciturno come il suo amico del cuore. 
«Certo che apprezzo, solo che sembrano cose da femmine.»
«Perché li hanno fatti le femmine. Ci hanno pensato le nostre mamme...»
«... e mia sorella.» Precisò Mel.
Perlomeno gli altri non avevano la sua stessa sfortuna con i genitori. Diverse volte, infatti, era accaduto che quelli dei suoi amici avessero trattato anche lui come un figlio, e la cosa non gli era mai dispiaciuta.
«Ma sì, che importa di come sembrano quei dolci? Pensi che qualcuno ci farà caso?» 
«Ci dividiamo la torta?» tagliò corto Mel, «L'ho fatta "come si deve", vediamo chi saranno i più fortunati della serata e chi pagherà pegno?»

Secondo la tradizione nel ciambellone della dodicesima notte bisogna inserire un fagiolo, un pisello e un rametto, che decideranno chi sarà il Re, la Regina, infine il Jolly di quella giornata, colui che perde la dignità per un giorno intero. A quel punto della serata, con la noia in agguato, erano tutti curiosi se non di assaggiare il dolce, almeno di scoprire chi tra di loro sarebbe stato il più fortunato e chi avrebbe accettato di subire tutti gli scherzi degli amici.

«Anch'io comincio a stancarmi ma non aspettiamo? O forse alla fine per quelle ochette snob siamo troppo...?» 
«E va bene, ho capito,» disse Mel, «Vuoi la verità? Niente donne per nessuno!» Il ragazzo iniziò a mordersi le labbra come se dovesse trovare il coraggio di proseguire. «Non possono venire se non sanno niente...»
«Niente di cosa?» 
«Io... ti ho ingannato, mi avevi chiesto di fare qualcosa per te ma... proprio stavolta non volevo.»
«Come "non volevi"? Che significa?» aggiunse Drew.
«Significa che... non volevo ragazze tra i piedi! E così, senza dire niente a nessuno di voi, non ne ho invitata nemmeno una; significa che quelle "ochette" ti sembrano tali per colpa mia, che ho finto di organizzare tutto e in realtà non ho fatto un cazzo di niente.» Concluse rosso in volto, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi. «Dai, apriamo questa torta. Ci sono gli amici, parliamone dopo.»

Drew sospirò meravigliato, non riusciva a comprendere lo strano comportamento del suo migliore amico del cuore, come lo chiamava da bambino. Erano stati sempre affiatati, avevano condiviso di tutto, avevano sempre contato l'uno sull'altro e per una volta che gli aveva chiesto un favore lui si era "rifiutato"? Per un motivo assurdo: non voleva ragazze tra i piedi. Sembrava quasi che...
Lasciò perdere quei pensieri. Aveva ragione, quello non era il momento di chiedere spiegazioni.

  
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