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Autore: Francine    10/01/2018    7 recensioni
«E allora come definiresti quello che hai fatto tu?»
«
Sopravvivenza
«Qualcosa mi dice che i ragazzi del reparto bozze non concorderebbero con te…», ti dice, abbassandoti le braccia e stringendoti al suo petto.
«Le ragazze sì!», insisti. È una questione di principio, adesso. Ogni donna avrebbe reagito come hai fatto tu, eliminando la concorrenza, prima di sistemare il fedifrago in questione. Pure se il fedifrago in questione spegne le stelle a suon di pugni.
«Le ragazze sì», concorda lui. «
L'ira è crudele e la collera impetuosa; ma chi può resistere alla gelosia?»
«E questa da dove salta fuori?»
«Libro dei Proverbi, capitolo ventisette, versetto quattro.»
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Superman® Jerry Siegel e Joel Shuester , 1928.

 

Tutti i personaggi nominati in questa storia appartengono alla DC Comics - Time Warner – e a chiunque ne detenga i diritti legali. Questa storia è stata scritta per puro diletto personale; non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell'autrice (Francine) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.







Proverbi, 27:4




Prompt: Per sbaglio, A getta il regalo di B per C; B va su tutte le furie e accusa A di gelosia/ Luogo: Metropolis

 





O, beware, my lord, of jealousy!
It is the green-eyed monster which doth mock
The meat it feeds on.
(William Shakespeare, Othello, Act III, sc. 3)
 

 

«Lois, c’era una busta azzurra nel ripostiglio. Non riesco più a trovarla. Tu l’hai vista, per caso?»


Con uno come Clark mentire è impossibile. Inutile. Il cuore accelera i battiti, quando diciamo una frottola, e anche se mettiamo su la nostra migliore faccia da poker, con Clark non funziona. Lui lo sente quel tu-tum che ingrana la quarta al centro del petto. Inutile girarci intorno, tanto lo aspettavi al varco. Perché, prima o poi, ti avrebbe chiesto che fine avesse fatto quella dannata busta, non trovandola in giro.
«Quale, Clark?», gli chiedi, gli occhiali in punta di naso e la luce azzurrata dello schermo del portatile che ti regala un alone spettrale, ma adesso non t’importa: adesso vuoi sembrare pericolosa come un esercito a bandiere spiegate, o terribile come una delle streghe del Macbeth.
«Era grande più o meno così», dice, mimandone le dimensioni con le mani, «l’avevo lasciata nell’armadio delle scope, ma è sparita.».
«Che ci faceva nell’armadio delle scope?»
«Era un regalo. Volevo tenerlo al sicuro.» Al sicuro da me, pensi. «Tu ne sai qualcosa?»
«Quella con su scritto Per Diana?», chiedi, sfoderando un sorriso pericoloso. «Quella con dentro un completino molto grazioso di Victoria’s Secrets
«Quella», ribatte lui. Cereo. «Posso sapere che fine gli hai fatto fare?»
«Mi dispiace, ma per sbaglio l’ho gettato nella spazzatura.»
Silenzio.
«Come, scusa?»
Ti sfili gli occhiali, sposti il portatile e ti alzi, il mento sollevato e un’espressione che non promette niente di buono.
«L’ho. Gettato. Nella. Spazzatura.» Lo sillabi, quasi, come se Clark fosse atterrato da un altro pianeta – e lo è, in effetti – e non fosse cresciuto nel cuore del Kansas. «Cosa avrei dovuto fare, tesoro? Metterci sopra un bel fiocco?!»
«C’era. Ci ha pensato la commessa quando l’ha incartato», ribatte lui, e a te viene una voglia irrefrenabile di cavargli gli occhi. «Perché l’hai fatto, Lois?»
«Mi prendi in giro?!»
Non ti sei accorta che la tua voce ha scalato un paio di ottave; e non ti interessa fermare la piena che sta per scatenarsi sulla testa di Clark. Perché dovresti? È Superman, giusto? È l’Uomo d’Acciaio, no? Cosa vuoi che siano, per un marcantonio come lui, un paio di graffi e i timpani sfondati dalle grida isteriche di una donna delusa e arrabbiata?
«No, tesoro…»
«E non chiamarmi tesoro!», gridi. «A me cosa hai regalato, eh? Lo stesso completino sexy, ma in beige? Perché, per tua informazione, a me il bianco sta male!»
«Non è vero…», a te il bianco sta benissimo, ma Clark non riesce a terminare la frase, impegnato com’è a schivare – e a parare – tutto quello che gli lanci contro: cuscini, vasi di fiori, souvenir, fermacarte, quel busto di Buddha che non t’è mai piaciuto, la cornice con la foto di quel viaggio a Martha’s Vineyard, la lampada di zia Eudora, tutto. Ti ferma solo quando stai per ricorrere all’artiglieria pesante – il suo portatile – e te lo ritrovi ad un soffio dalle labbra, armato di quello sguardo che mette su quando stai facendo qualcosa che non capisce – qualcosa di stupido, a detta sua – e ti dice: «Ascoltami, Lois.».
«Perché? Perché dovrei? Per…»
«Perché quello era il tuo regalo di Natale, ecco perché.»
Sbatti le palpebre, confusa. Cos’ha appena detto? «Ripeti.»
«Quello. Era. Il tuo. Regalo. Di. Natale.» Clark non perde quasi mai le staffe – non con te, almeno – ma quando la sua pazienza si assottiglia, tace. Ed è un silenzio assordante, come il boato d’un’esplosione. E mentre rimetti assieme tutti i pezzi di questo rompicapo – non del povero completino intimo che hai fatto a pezzi, con certosina precisione, prima di gettarlo via – ti senti un verme. Vorresti farti piccola piccola – più piccola di quanto già tu non ti senta accanto a Clark– e sparire, da qualche parte tra le fughe del parquet o giù per lo scarico della vasca, e non tornare più per un bel pezzo. «Ma mi sono sbagliato.»
«In che senso?», chiedi, mentre un senso di panico ti invade le orecchie.
«Ho messo entrambi i regali dentro due buste azzurre, ma le ho confuse tra di loro. Succede, sai?»
«Anche a te che vedi attraverso le cose?»
«Anche a me che vedo attraverso le cose», ghigna lui. «Se avessi guardato quel completino ancora una volta, non credo sarei stato capace di aspettare il giorno di Natale, per vedertelo addosso…»
«Clark… io… mi dispiace…» sono stata una stupida, vorresti dirgli, ma lui ti posa un dito sulle labbra.
«Sei solo gelosa», ride, e stavolta coinvolgendo anche quei suoi occhi azzurri che ti sono entrati nel cuore fin dalla prima volta che li hai visti dietro quella montatura antiquata.
«Io non sono gelosa!», protesti, mettendo su il broncio.
«Ah, no?»
«No!»
«E allora come definiresti quello che hai fatto tu?»
«Sopravvivenza
«Qualcosa mi dice che i ragazzi del reparto bozze non concorderebbero con te…», ti dice, abbassandoti le braccia e stringendoti al suo petto.
«Le ragazze sì!», insisti. È una questione di principio, adesso. Ogni donna avrebbe reagito come hai fatto tu, eliminando la concorrenza, prima di sistemare il fedifrago in questione. Pure se il fedifrago in questione spegne le stelle a suon di pugni.
«Le ragazze sì», concorda lui. «L'ira è crudele e la collera impetuosa;
ma chi può resistere alla gelosia?
»
«E questa da dove salta fuori?»
«Libro dei Proverbi, capitolo ventisette, versetto quattro.»
«Non dirmelo…»
«Certo che sì. Andavo alla scuola domenicale, come ogni bravo ragazzo che si rispetti», sorride lui.
«Un bravo ragazzo non regala completini come quello…», lo punzecchi.
«Ah no? E cosa farebbe, un bravo ragazzo, dopo quello che hai fatto tu
«Chiuderebbe un occhio. Mi stringerebbe forte. E mi comprerebbe un altro completino da urlo…»
Sorride, e a te esplode una salva di fuochi d’artificio nel cuore. «Il completino te lo ricompro», dice, sfiorandoti la punta del naso con il suo.
«Però?» Perché c’è un però che aspetta nella pausa di Clark, silenzioso e terrificante come lo era il mostro che aveva preso alloggio nel tuo armadio, quando eri piccola.
«Però, dovrai ammettere di essere gelosa.»
«Io non sono gelosa!», protesti, ma il tuo cuore non è più arrabbiato. E lui lo sa. Lo sente.
«Sì. E io non vengo da Krypton», ride, portandoti ad un soffio dalle sue labbra.
«No, infatti», insisti. «Tu vieni dal Kansas.»



Note: ho scritto questa storia come obbligo er la Tombola del gruppo Facebook Il Giardino di EFP. Il prompt era il seguente: "Per sbaglio, A getta via il regalo di B per C; B va su tutte le furie e accusa A di gelosia".
Superman che va su tutte le furie è qualcosa in cui non auguro a nessuno di incappare...
   
 
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