Anime & Manga > Sailor Moon
Segui la storia  |       
Autore: Urban BlackWolf    12/01/2018    6 recensioni
Spaccati di vita quotidiana in casa Kaiou/Tenou
Legato alla trilogia: "l'atto piu' grande-Il viaggio di una sirena-La vita che ho scelto"
1- Quattro ante per due
2- Apologia felis
3- Sliding doors
4- La prima di mille notti
5- Il cosplay di Haruka
6- Elona Gay
7- La dissacrante ironia della mia donna
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Altro Personaggio, Haruka/Heles, Michiru/Milena | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Quattro ante per due

 

Legato ai racconti:

l'Atto più grande”

Il viaggio di una sirena”

La vita che ho scelto”

 

I personaggi di Haruka Tenou e Michiru Kaiou appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf

 

 

 

Bellinzona - Svizzera meridionale

Autunno 2018

 

 

Un attico situato al terzo piano di una struttura a cortina affacciante sulla valle. Una camera da letto come tante, senza troppe pretese, elegante nella sua semplicità. Pareti color crema, il letto matrimoniale abbastanza minimalista, un paio di comodini in radica, una cassettiera, i quadri dipinti da una delle due proprietarie raffiguranti il mare e le sue coste, una finestra a doppia anta con le tende di organza blu, la porta a scrigno di uno dei due bagni della casa e poi... lui.

Ferme a braccia conserte, sguardo accigliato e pazienza ormai ridotta alla parodia di se stessa, le due donne respirarono all’unisono mentre all’esterno la prima nevicata della stagione iniziava a scendere lentamente sul complesso abitativo di Monte Carasso.

“Perché ci riduciamo sempre all’ultimo giorno prima di morire di freddo?!” Sospirò Michiru guardando dall’alto in basso le ante aperte dell'armadio laccate di bianco.

“Perché fino a due giorni fa facevano quindici gradi mentre adesso…” Inclinando il busto all’indietro la bionda uscì dal cono d’ombra della compagna perdendo lo sguardo al pulviscolo bianco provando un brivido di piacere. Al diavolo il cambio estivo-invernale, se avesse continuato così quella domenica l’avrebbe passata all’aperto con o senza il “permesso” della sua dea.

Un rapido sguardo e l’altra capì al volo. “Haruka Tenou, non pensarci nemmeno!”

“Di far che?!” Chiese alzando con finta ingenuità le sopracciglia chiare.

“Non mi lascerai qui da sola mentre siamo in piena crisi da fallout atomico per andare di sotto a far casino con i ragazzini del nostro stabile.”

Serrando la mascella e mettendo sul viso l'espressione più stupita di questo mondo, la compagna tornò a fissare le scaffalature scrollando leggermente le spalle. Chi le aveva detto niente.

“Ecco, brava. Adesso cerchiamo di capire perché i nostri vestiti ci abbiano dichiarato guerra.”

“Il bello è che l’anno scorso non abbiamo comprato praticamente nulla. Ci sta sfuggendo qualcosa Michi.”

“Certo è, che se piegassi le cose in maniera più decente Ruka mia.” Puntualizzò Kaiou indicando con il mento le felpe dimenticate in un angolo del ripiano dell'altra.

“Te l’ho già detto; non siamo in una boutique!”

“Tu hai una concezione dell’ordine tutta tua Tenou. E questa? Amore ha i gomiti lisi. Buttala via!” Estraendo l’ultimo capo della pila lo mosse sconsolata sotto in naso di una bionda per niente convinta.

Una felpa grigia, con il disegno di un gatto tigrato immerso tra pesci tropicali, pancia bianca, satolla, con una maschera da sub a protezione di due occhi grandi e tondi che alla bionda mettevano allegria da quando l’aveva acquistata circa una decina di anni prima e che aveva soprannominato; massima espressione di godimento, per via delle zampette rosa completamente dilatate.

“E allora? - Strappandogliela letteralmente dalle mani, Haruka se la guardò come se avesse appena sentito una bestemmia. - Lo sai che è una delle mie felpe preferite in senso assoluto!"

“Senti senso assoluto, tutto ha una fine, incluso questo cencio.”

“Se è per i gomiti che ti preoccupi potrei metterci su due belle toppe! Farebbero tanto anni settanta.”

“Tu provaci e ti assicuro che ogni volta che te la vedrò addosso ti darò il tormento ... e sai che sono capacissima di farlo.

Oddio del cielo che supplizio pensò l’altra riponendo il così detto cencio alle sue spalle per afferrare poi una stampella della compagna con un paio di pantaloni di velluto nero. Voleva giocare duro la sua dea? Sfida accettata!

“E questi allora?”

Allargando le braccia Michiru se li guardò compiaciuta stirando un sorrisetto sornione. “Non vedo parti rovinate da coprire con toppe assurde alla “professore universitario” bisognoso d’attenzioni.”

“Piantala di fare la finta tonta Kaiou!”

“Ogni volta che l'indosso dici sempre che mi stanno da Dio!”

“Certo, ti stanno talmente tanto da Dio che oltre me, fai girare la testa anche agli uomini, alle donne e ai pali della luce! - Togliendoli dalla stampella li lanciò sulla sua povera felpa. - Se mi costringi a buttare lei.... loro la seguono!"

Respirando affondo a quell’infantile ripicca gelosa, Michiru tornò a guardare i ripiani accorgendosi solo in quel momento di uno strano ritorno numerico.

“Ruka perdonami, ma… perché ti sei presa tre scaffali mentre io ne ho solo due?”

“Mica vero.”

“A no? Sei un ingegnere meccanico e credo tu sappia fare due più due.”

Mi ha beccata!, pensò la bionda storcendo la bocca. “Mio amore dolcissimo è una questione di massa.”

“Massa?” Un’altra bella novità in quella domenica mattina dal tempo orrendo.

“Certo, massa! Io ne ho più di te, ergo… ho bisogno di più spazio! Facile, logico, matematico.”

“Massa eh? E questo discorso analitico comprenderebbe anche le due tute nuove di zecca che ti sei comprata per la moto?”

Colta in fragranza di reato Haruka fece spallucce sorridendo ed accarezzando con uno sguardo di sfacciato compiacimento quel fantastico patrimonio in pelle multicolore che faceva bella mostra di se tra un paio di Lavis ed un completo Armani. Acquisto d’impulso, pagamento immediato con Visa ed immancabile sfuriata fattale dalla compagna al ritorno a casa. In realtà Michiru non tendeva mai o quasi ad alzare la voce, limitandosi al dialogo costruttivo o al mutismo cronico. In quell’occasione però, dopo una serie d’improperi sul costo sproporzionato ed inutile di una cosa che la compagna possedeva già, era seguito il “carico da novanta” del non darle più cibo, attenzioni e coccole di ogni grado per ben tre giorni. Un calvario stile Golgota che di fatto aveva costretto la bionda a dormire raggomitolata in un angolo solitario del loro letto e a nutrirsi alla mensa aziendale anche per cena.

“Ne abbiamo già discusso. Ormai ci sono e passi, ma potresti benissimo lasciarle in garage con le altre.”

“Per trovarle congelate alla mattina?”

“Forse non sono stata abbastanza chiara quando ti ho detto che la moto d'inverno te la scordi? Basta il simulatore che avete in scuderia.”

“Non è la stessa cosa! E come se tu ti mettessi a dipingere con un mouse su uno schermo invece che imbrattarti con i pennelli come fai di solito.”

“Scusami?”

Tirando leggermente indietro il collo la bionda si rese conto troppo tardi dell’imperdonabile autogol. Spostando lo sguardo altrove tossicchiò sperando di passarla liscia.

“Che mangiamo per pranzo?” Gettò pastura sperando che la compagna abboccasse con tutto l’amo.

“Si Ruka, spostala sul cibo. Comunque se continuiamo così… un panino.”

Il silenzio tornò sovrano fino a quando, conoscendo molto bene l’indole della compagna, Michiru non giocò d’astuzia. Haruka era timida, ma non le dispiaceva affatto farsi guardare dagli altri, soprattutto quando sfrecciava in moto per le strade della loro città diventando un tutt’uno con la sua Panigale.

“Certo non si può dire che siano brutte tute, ma…” E fece finta di stare immaginandosi chissà cosa.

“Ma?”

“Ma vedi Haruka, la tuta della Ducati ti calza molto meglio. E’ un fatto.”

“Molto meglio dici? - Socchiudendo gli occhi la vide fissarle il fondo schiena. - E perché me lo dici solo ora, scusa?!”

Kaiou ammise candidamente di non essere mai stata interpellata a riguardo.

Grugnendo di malavoglia, la bionda afferrò le due tute per ripiegarle poi con cura sul letto mentre l’altra manteneva un contegno labiale cercando di non ridere all’ennesimo trionfo. Quanto poteva essere ingenua la sua donna.

“Questo risolve parzialmente lo spazio riservato alle stampelle, ma non quello dei ripiani.” Disse ringraziando il cielo di aver messo già da tempo la scarpiera con il suo preziosissimo contenuto dietro alla porta del suo laboratorio, là dove, come in una zona off limits, le “pinne” che portava ai piedi Haruka non sarebbero mai potuto arrivare ad invaderla.

“Tesoro ti prego, dammi requie! Io proprio non capisco perché tu non faccia come me. - Afferrando il legno di un ripiano di Michiru, lo tirò leggermente in avanti guadagnando una decina di centimetri. - Se fai così potrai riporre i tuoi maglioni su due file.” E tornò ad afferrare la sua felpa preferita piegandola in malo modo.

Michiru gliela riprese ratta dalle mani frullandola alla sua destra. “Perché così facendo non vedrei cosa c’è dietro alla prima fila mettendo immancabilmente sempre le stesse cose per tutta la stagione. Tanto vale dar via qualcosa.”

Iniziando ad innervosirsi l’altra si sedette sul bordo del letto allungandosi dietro le gambe della compagna riafferrando il suo “tesoro”. Tenou aveva molto buon gusto nel vestire e disponeva di una giusta serie di capi che potevano essere messi in qualunque occasione, dall’informale all’elegante, indumenti forse anche più costosi di quelli della compagna, ma quando si affezionava a qualche cosa per lei diventava difficile separarsene.

“Senti Michi fa come vuoi con i tuoi vestiti, ma lascia stare i miei!"

“E allora dammi metà del tuo ripiano! Massa o non massa la mia roba così non c’entra!”

“Ma che palle, ogni sei mesi la stessa storia!”

“Haruka!”

“Eh Haruka, Haruka! La fai facile tu! Di maglioni ne hai pochissimi, perché usi prettamente giacche, gonne e vestiti. Pantaloni meno che a parlarne. Prova ad avere quindici chili in più e poi ne riparliamo Kaiou. Ma si può sapere che vuoi da me?!”

“Il mezzo ripiano che mi spetta!”

“Oddio e prenditelo tutto, così la facciamo finita!” Afferrando stizzita le felpe dalla tavola le sbatté sul materasso uscendo poi dalla stanza masticando male parole.

Massaggiandosi la fronte l’altra cercò la calma. Far mantenere ordine alla compagna era un’impresa. Praticamente impossibile farle gettare qualcosa.

“Fammi capire bene Tenou; stiamo discutendo per una cretinata del genere?”

“Sei tu che vuoi discutere! Non io!” Precisò con l’aiuto dell’indice riaffacciarsi sulla porta.

“Dai amore, vieni qui e dammi una mano. Non finiremo mai se continuiamo a girarci in torno.”

Come una bambina indispettita Haruka le tornò accanto accettando una ruffiana carezza sulla guancia avendo nel frattempo un’idea. “E se dessi qualcosa a Giovanna? Quando viene qui finisce sempre per mettersi le mie cose. Felpe, magliette, in pratica mi fregherebbe anche calzoni e mutande se non fosse un tappo. Tanto vale che…”

“No, per carità.”

“Perché?”

“Perché ogni volta che lo fa sembra Cucciolo, tu inizi a prenderla in giro trasformandola in Brontolo, ed in men che non si dica in questa casa abbiamo la parodia dei sette nani. Ti prego amore mio... no.”

“E allora dimmi tu.” Pregò Haruka allargando le braccia vinta.

Riflettendoci su per poi fiondarsi verso l’ultimo cassetto del comò, Michiru lo aprì tirandone fuori un sacchetto di plastica trasparente con una ventina di pioli di legno usati per bloccare a varie altezze i ripiani. Alzandolo a mezz’aria lo scosse un poco come fosse davanti ad un cane.

“Nel box abbiamo del legno o sbaglio?”

“S…si e allora?” Chiese la bionda seguendo con lo sguardo quello dell’altra fino ai ripiani.

“Vuoi che te ne costruisca uno?”

“Perché no?! “

A pensarci bene nulla di apparentemente complicato. In garage Haruka aveva tutto l’occorrente per smontare, assemblare o modificare una moto, figuriamoci tagliare un pezzo di legno. Ci avrebbe messo nulla.

“Non c’è bisogno di rifinirlo, mi basta che non abbia schegge e sia pulito.”

Ci volle un attimo ed il buonumore tornò sul viso e nell’animo della sua dolce metà. Come se stesse per affrontare un progetto di alta ingegneria robotica, l'Ingegner Tenou si guardò in torno galvanizzata andando poi in soggiorno e ritornando con metro, carta e matita. Non afferrando affatto il sottile piano messo in campo da Kaiou, iniziò a prendere le misure congratulandosi per la splendida idea. Nel vederla tanto indaffarata l'altra rise pregustandosi la vittoria. Mentre la sua testona sarebbe stata indaffarata a fare il carpentiere, lei ne avrebbe approfittato per far sparire indumenti qui e la provando a riordinare un po’.

Dopo cinque minuti neanche troppo abbondanti, Haruka sparì dietro le porte automatiche dell’ascensore diretta ai box, lasciando così campo libero al piano delittuoso della sua dea.

Un’ora più tardi e qualche bestemmione di troppo, la bionda fece ritorno con la tanto agognata tavola sotto braccio. Richiudendosi la porta blindata alle spalle e guardando il direzione della porta finestra del salone, sospirò alla coltre bianca che man mano stava accumulandosi sul lastrico della terrazza, ammettendo a se stessa di essere stata fregata l’ennesima volta.

E si che non imparo mai pensò poggiando il legno al muro per togliersi giacca e scarpe.

“Hai finito amore?” Sentì dalla penisola della cucina.

Hai finito sti gran ca… “Si!” Rispose vedendola affacciarsi dal tavolo in granito con una tazza bollente tra le dita affusolate e curatissime.

“Ho acceso il camino. Com’è andata?”

Contrariata da tanta casalinga tranquillità Haruka grugnì che da basso faceva un freddo cane.

“Vuoi un po’ di tisana?”

“Tisana?! Ma che non si mangia in questa casa?! E’ quasi l'ora di pranzo!” Protestò pretendendo peggio di un marito isterico.

“In realtà stavo aspettando che tu tornassi dal bosco con la legna per accendere il fuoco e dare cosi' da mangiare ai nostri quattro figli! - Le rispose l'altra a tono. - Ma quanto ci hai messo per tagliare un pezzo di… che sarebbe poi? Truciolato?”

“No! Q.U.E.R.C.I.A. amore mio… grande! Quercia!”

“Non sarà troppo pesante?”

Gli stessi gran cazzi di prima, pensò la bionda entrando nel bagno degli ospiti per lavarsi e disinfettarsi le dita uscendone qualche minuto dopo premendosi dell’ovatta su indice e medio della destra.

Michiru capì posando la tazza per andarla ad aiutare. Guanti mai! “Che ti sei fatta? Fammi vedere.”

“Nulla.” E peggio di una bambina davanti al trapano di un dentista, scansò la mano ferita proteggendosela con l’altra.

“Ruka! Ci tengo alle tue dita sai?! Fammi dare un’occhiata!”

“Vorrei ben vedere.” Replicò guardandola con sguardo lascivo.

“Finiscila di pensare cose porche. Ma guarda qua! Mai possibile?!” E scattò l’inesorabile reprimenda sul perché si ostinasse a fare quel generi di lavori senza guanti di protezione.

“Ho usato quelli in lattice. Con quelli più spessi non riesco a lavorare bene.”

“Utilissimi vedo.” Spingendo sul taglio lungo circa un centimetro procurò nell’altra un gemito rabbioso.

“Fa’ piano… Mi fai male!”

“O zitta un po’! Io quella sega circolare te la faccio sparire! E’ vecchia e prima o poi finirà con l’amputarti un dito.” Aiutandola a fermare il sangue con un grosso cerotto, evitò di controbattere al viso d’estrema supponenza messo su dalla Grande Tenou.

Che esagerata pensò la bionda guardandosi la mano offesa una volta finita la medicazione. Era stata un’idiota a farsi male, lo sapeva benissimo da sola senza che Kaiou spingesse letteralmente il coltello nella piaga. Mentre stava tagliando l’asse immersa nel rumore metallico prodotto dai dentelli d’acciaio, con la coda dell'occhio l'era sembrato di vedere una piccola ombra alla sua sinistra e la cosa l’aveva alquanto deconcentrata. Se la sega non avesse avuto il sistema di auto bloccaggio l’avrebbe perso sul serio il dito. Adesso, senza dire nulla alla sua compagna, avrebbe dovuto cercare, snidare e cacciare la piccola bestiola dai denti famelici che aveva prodotto quell'ombra tanto sinistra. Se Michiru avesse anche lontanamente immaginato di un nuovo locatario chiamato topo, non sarebbe mai più scesa al piano dei box.

“Quand’è che Giovanna dovrebbe tornare?” Chiese a bruciapelo mentre andava a riprendere l’asse abbandonata vicino alla porta d’ingresso.

“Tra un paio di giorni. Perché?” Le confermò seguendola in camera da letto.

“Nulla. Chiedevo così per chiedere.” Anche alla bionda facevano un po’ schifo i topi, soprattutto se grossi e scuri come quello che aveva intravisto muoversi tra il muro e la pila degli pneumatici estivi della sua Mazda. Avrebbe chiesto supporto alla sorella e nel caso l’azione di guerriglia non fosse andata a buon fine, l’avrebbe lanciata nel box armata di randello richiudendo poi la serranda elettrica. Chi fosse sopravvissuto all’incontro face to face avrebbe avuto il suo rispetto.

Preso il martello Haruka piantò i quattro pioli negli appositi buchi, due a destra e due a sinistra, poi vi poggiò sopra la tavola di quercia arretrando fino alla spalla di una compagna leggermente accigliata. Quel lavoro a Michiru non la convinceva affatto.

“Non ti sembra un tantino... sproporzionata?” Chiese osservando come quei piccolissimi pioli di legno dolce stonassero se paragonati ad una tavola in legno massello alta quasi due centimetri.

Haruka scrollò le spalle con la testa altrove, precisamente al box ed al suo contenuto. Quel piccolo bastardo non mi rosicchierà mica qualcosa? Pensò passandosi il martello da una mano all’altra mentre la voce di Kaiou le arrivava alle orecchie come un suono lontanissimo.

Non sarà certo tanto imbecille d’attaccarsi ad un cacciavite, ma se dovesse riuscisse ad arrivare all’armadio dove sono appesi i miei giubbotti, sarebbero casini veri.

“Ruka mi stai ascoltando!?”

Ho anche i guanti. .. Oddio le tute da sci! Devo comprare al più presto un repellente.

“Ruka!”

Domani prima di andare a lavoro farò una deviazione per il centro città. Traffico permettendo dovrei riuscire a comprare il tutto senza fare troppo tardi.

“Haruka!”

“Che c’è?!”

Michiru tolse lentamente la mano dalla sua spalla indicandole il ripiano ribadendo la sua perplessità. Non era un’asse troppo grande per un armadio come quello?

“Me lo dici solo adesso? Prima che mi affettassi un dito, no?!”

“Scusa tanto, ma non ricordavo affatto che la tavola fosse tanto spessa. Non credo vada bene amore.”

“No! Va benissimo invece. Michiru ascolta, sono più di tre ore che stiamo qui ferme peggio di due vidiote davanti ad un tubo catodico. Adesso basta! Se non ti convince il ripiano lo prenderò io, ma ti prego diamoci una mossa che ho una fame allucinante!” E ho il brutto presentimento che il box sia locato da una piccola carogna! Concluse tra se e se mentre afferrava felpe, maglioni e magliette gettandoli sul nuovo ripiano.

Poco convinta l’altra la seguì riponendo in bell’ordine gran parte dei suoi maglioni, i sotto giacca e qualcosina di carino indicato per le uscite speciali. Poi ricontrollati i pochi pantaloni che possedeva, ora disposti tutti in fila sulle stampelle come bravi soldatini assieme alle camicette di seta, sfiorò il tutto con l’indice soddisfatta nel vedere finalmente un barlume di decenza. Dall’altra parte del cielo… , il buio cosmico, il delirio, l’innaturale propensione alla sublimazione del caos.

“Haruka io ti amo, ma sei proprio un casino di donna.” Se ne uscì mentre scuotendo la testa chiudeva le ante centrali.

“Scusa?” Due occhi innocenti puntati come subdola arma di distruzione.

“Nulla.” Rispose Kaiou sconsolata ormai impantanata in un dejavu semestrale già vissuto in anni di convivenza.

Amava quella ragazzona anche per questo ed era inutile girarci in torno. Afferrandola per l’avambraccio le sorrise stampandole un bacio sulle labbra per poi chiederle cosa le sarebbe piaciuto mangiare per pranzo, quando una sorta di crac proveniente dall’interno dell’armadio non le gelò il sangue. Voltandosi verso le ante si strinse alla compagna corrugando la fronte.

“…Ruka?”

“Un semplice assestamento.” Rispose l’altra poco convinta l’altra sapendo di aver detto una fesseria.

“Non è una faglia tettonica. Amore..., vai a vedere.” E nuovamente quel rumore al limite del cedimento.

“Ma porca…” Prendendo il coraggio a due mani la bionda le piazzò saldamente sulle maniglie delle ante e lentamente, molto lentamente, fece per riaprirle quando ormai in vista del faticoso lavoro, l’ennesimo crac, questa volta più violento e senza dubbio definitivo, riecheggiò per tutta la stanza.

Gonfiando i muscoli e chiudendo di scatto ad Haruka non rimase altro che chinare la testa, digrignare i denti e mettere in fila una serie d’imprecazioni in tedesco degne di un teutone ubriaco.

“Für alle Götter der Hölle!“ Più o meno una chiamata generale agli spiriti cornuti di tutto l’Ade.

“Liebe ist genug!” Un amore basta che non fece altro che solleticare i nervi ormai sfilacciati di una Tenou in fase di disarmo.

La sua dea bernese, spostatasi in zona franca immobile accanto allo stipite della porta, mano sulla bocca e pupille drammaticamente dilatate, la guardò non sapendo se piangere o ridere.

“Vuoi ancora che guardi cos’è successo… amore?”

Scuotendo il capo in segno di diniego Michiru sparì seguita da un “e adesso che fai Kaiou? Butti il sasso per nascondere la mano? Torna qui!”

“Non ci penso proprio!” Urlò mentre si dirigeva a passo svelto verso la porta del suo studio.

“Cosa? Kaiou! Non fare la bambina e vieni qui immediatamente! Non lasciarmi sola sai…” Continuando a tenere ferme le ante la vide far capolino pochi istanti dopo.

“E’ tanto grave?” Chiese Michiru alzando le sopracciglia.

“E’ più che grave. E’ una tragedia!”

“Nooo.” Si lamentò poggiando la fronte allo stipite mentre l’altra le chiedeva di passarle il martello abbandonato sulla cassettiera durante i brevi, ma intensi, momenti di trionfo che sentiva di avere avuto come falegname.

“Prendere a martellate tutto il resto della struttura non cambierà le cose Ruka.” E tra lo scherzoso ed il serio le passò l’attrezzo ed una volta afferratolo, Haruka ne infilò il lungo manico tra le due maniglie per poi lasciare la presa alzando le braccia come dopo un pit stop.

“Molto ingegnoso amor mio… ma adesso?”

“Adesso andiamo a pranzo.”

“Vorresti metterti a cucinare con quel mostro pronto all’esplosione?” Indicò mentre la bionda le cingeva la vita stampandole un bacio sulla bocca.

“Assolutamente no. Vieni, ti invito fuori.” Uscendo andò dritta al camino spegnendolo e poi alla porta d'ingresso pronta ad infilarsi le scarpe.

“Ma Ruka..., sta nevicando e comunque fuggire non risolverà il problema.”

“Può anche darsi, ma ora ho troppa fame per pensare a come disinnescare quella mina! Dai Kaiou, questa volta offro io.

La compagna dovette cedere alla realtà e ridacchiando andò nel suo studio uscendone poco dopo con in mano un paio di caldi stivaletti da montagna.

Haruka aspettò che si preparasse per poi aprirle la porta e lasciarla passare consegnando di fatto la casa all’enorme mostro dalle quattro ante.

Scendendo coccolandosi un po’, arrivarono al piano interrato dei box avvertendo la corrente gelida frustare loro i visi appena aperta la porta anti incendio che dava sul grande corridoio di manovra. Michiru rabbrividì rimpiangendo il tepore del loro appartamento e la comodità del divano che in genere le accoglieva nelle giornate domenicali come quella. Schiacciando il tasto verde sul suo telecomando, la bionda attese pochi istanti che la basculante metallica con sopra dipinto il numero sette si aprisse, ricordando solo in quel momento il locatario dentato dalla pelliccia grigio topo. Cosi mentre Michiru apriva la portiera sul lato passeggero della Mazda RX-9 nera orgoglio della proprietaria, quest'ultima si ritrovó a scannerizzare con lo sguardo la pila degli pneumatici, l’armadio e le scaffalature.

“Ruka cosa stai facendo?”

“Nulla! Tranquilla Michi. I guanti, sto cercando i guanti.” Dove sei bastardello di fogna! Dove!

“I guanti? Ma sono qui sul cruscotto. Dove li lasci sempre.”

Alzando gli occhi al cielo maledicendo la sua vena troppo abitudinari, Haruka si voltò verso la compagna stampandosi sul viso il sorriso falso di una reginetta di bellezza arrivata al secondo posto. E poi lo vide! Grosso, peloso, grigio da far schifo, con la coda corta e sottile, acquattato dietro la ruota anteriore destra, a pochi centimetri dal polpaccio di Michiru.

Soffocando l’istinto di scattare verso l’altra e strattonarla via, iniziò a gesticolare cercando di rimanere calma, perché se Kaiou avesse preso ad urlare sarebbe stato il non plus ultra della tragicommedia di quella domenica di fine novembre.

“Amore mio grande, perché non vieni qui?” Invitò allargando le braccia montando nuovamente su quel sorriso forzato da serial killer.

“Ma che dici! Dai andiamo. Non eri tu che avevi una fame allucinante!” Le fece il verso imitandone la voce alle parole fame allucinante.

Si certo, così da schiacciarlo sotto le ruote appena ingranata la prima? Neanche per sogno.

“Haruka… Che c’è?”

“Nulla… Vorrei solo un bacino, tutto qui.” Ed aumentando la distanza tra un braccio e l’altro, iniziò a muovere le dita per incoraggiarla.

“Amore… che succede? Hai messo su un viso… inquietante.”

“Noo… Vieni dai…”

“Insomma basta! Che cos’altro hai combinato?”

Sospirando pesantemente la bionda abbassò le braccia contando mentalmente fino a tre, poi visto che la sua dolce metà quel giorno aveva fortissima la vena del masochismo, preparando le orecchie ai decibel le consigliò di guardare accanto alla sua gamba sinistra.

“Per terra dici? Dove?”

Non volendo assistere all’orrore, Haruka voltò la testa verso l’apertura puntando l’indice incerottato al muso dell’auto.

“Guarda amore, guarda pure che bella sorpresina che c’è li. Poi non dirmi che non ti avevo avvis…”

“Oddio mio!” Riecheggiò per tutti i venticinque metri quadrati del mondo Tenou, scaffalature incluse.

Ecco, lo sapevo pensò l'altra tornando a guardare la macchina non trovando piu' la sua donna.

“Michi?”

“Ma quanto sei dolce! Ma sei bellissimo!”

“Che?” Le sfuggì dalle labbra mentre la compagna riemergeva da dietro lo sportello nero con un batuffolo grigio tra le mani guantate.

“Non puoi averlo fatto davvero. Michiru lascialo! Lascia subito quel ratto prima che ti morda o ti salti in faccia!” Urlò.

“Ratto?! Calmati non è un ratto, ma un gatto. Guarda…”

Agli occhi di un’allucinata Haruka comparve una creaturina miciforme, grigia si, ma senza quelle sembianze abbastanza orripilanti proprie di un topo di fogna. Aprendo leggermente la bocca la bionda iniziò ad avvicinarsi al primo miu.

Da sempre amante del mondo felino, quando riuscì finalmente a riconoscere in quella palletta tigrata e sporca un gattino di circa due mesi, si sciolse come un mucchietto di neve al sole. Portandosi i pugni alle labbra alzò le sopracciglia al secondo miu.

“Siii… sei bellissimo…” Il che non era del tutto vero visto in quali condizioni di lordume si trovasse il piccolo felino. Ma faceva lo stesso.

Prendendolo tra le mani la bionda iniziò a guardarselo come se fosse stato un pezzo di motore, ovvero adorante. Era rarissimo vedere Haruka in quello stato di grazia paragonabile a poche altre cose nella vita di una donna. Michiru stirò le labbra scuotendo la testa prevedendo già a cosa avrebbe portato tutta quell’avventura.

“Ecco, credo proprio che i nostri giorni di coppia solo tu ed io siano belli che finiti.”

“Cosa?”

“Nulla. Stavo solo dicendo che sarebbe meglio portarlo su. E’ tutto intirizzito e credo che anche lui abbia una fame allucinante.” Disse chiudendo piano la portiera dell’auto mentre Haruka annuiva continuando a tenere nei palmi il gattino.

“Abbiamo ancora del latte in frigo?”

“Si amore.”

“E se non bastasse?”

“Vuol dire che lo chiederemo alla dirimpettaia.”

“E se non ne avesse?”

“Allora lo chiederemo ai condomini del secondo piano. Stai tranquilla, non lo lasceremo certo morire di fame.”

“Hai sentito piccoletto? Ora pappa, poi ti diamo una pulita e domani veterinario.”

“Perché piccoletto e non piccoletta? Credi sia un maschio?” Azionando il telecomando Michiru attese la completa chiusura della bascula.

“In realtà non lo so e qui sotto non si vede ancora nulla, ma ho come l’impressione che sia un lui e poi diciamocela tutta, di micine la nostra casa è già piena, no?”

“Haruka!” Un buffetto fulmineo dietro la nuca.

“E che avrò detto mai!”

“Parla pulito Tenou.”

Guardandosela di soppiatto, la bionda avvicinò la bocca al gattino parlandogli sommessamente. “Hai sentito la mamma, piccoletto? Bisogna parlare pulito o ce le da!”

“Ti stai spalleggiando con un gatto?”

“Paura eh?!” Le rispose e ghignando attese che la compagna le aprisse la porta antincendio per insinuarsi su per le scale.

“Guarda Tenou… sto tremando tutta.”

La porta si chiuse con un suono sordo e nuovamente l’ambiente del corridoio tornò silenzioso e spettrale. Dopo qualche secondo anche la luce temporizzata si spense lasciando così le saracinesche metalliche nella penombra, ma dietro una di queste, precisamente in quella del box numero sette della prima palazzina del comprensorio di Monte Carasso, tra il sibilo del vento gelido di fine autunno, riecheggiò alto e forte un verso; squit!

 

 

 

 

 

Note dell'autrice: Salve. Non potevo esimermi dal comporre la mia prima one-shot. Me la sono figurata più di un mese fa, mentre stavo dipanandomi tra il cambio estivo – invernale, pensando che se io che ho a disposizione un armadio tutto per me non riesco a farci entrare mai nulla, come avrebbero potuto fare due donne così diverse come Haruka e Michiru? Poi da cosa nasce cosa ed alla fine ha fatto la sua comparsa un altro personaggio, un po’ peloso, ma che a mio modestissimo parere in casa Tenou-Kaiou mancava. E’ vero che una bestiola loro già ce l’hanno, ovvero Giovanna, ma non abitando con loro ed essendo molto più ingombrante e rumorosa, non può essere considerata un animaletto da compagnia.

Questa storia, che si colloca dopo il secondo racconto, è voluta essere un piccolo omaggio a tutte le lettrici che mi seguono. Grazie ragazze!

 

   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Sailor Moon / Vai alla pagina dell'autore: Urban BlackWolf