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Autore: mystery_koopa    12/01/2018    10 recensioni
Con l'Impero Bizantino dell'VIII secolo sullo sfondo si svolgono le vicende dell'ammiraglio della flotta imperiale Konstantinos Ampatis, dei nobili della città di Bisanzio e delle province e del basileus Leone III l'Isaurico. La storia, che segue la vita dell'ammiraglio, inizia con la fine del secondo assedio arabo di Costantinopoli nel 718 e continua per alcuni altri anni successivi a questo evento, coinvolgendo i personaggi in battaglie, intrighi, cospirazioni e storie d'amore.
Dal II capitolo: "Ormai la solitudine era diventata un’abitudine che era parte integrante della sua vita quotidiana, e difficilmente avrebbe rinunciato al tempo che utilizzava per riordinare i suoi pensieri, che correvano nel tempo senza che lui se ne rendesse conto e potesse fermarli"
REVISIONE COMPLETATA
Genere: Introspettivo, Storico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Medioevo
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- Questa storia fa parte della serie 'La Fenice Purpurea'
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Dedicato a te, che mi hai sempre sostenuto.
 
I – FUOCO GRECO

 
Il porto era in subbuglio: erano in corso i preparativi per la battaglia finale, quella che avrebbe determinato le sorti dell’Impero e dell’Europa cristiana. I marinai correvano ovunque trasportando anfore e casse, le donne tessevano le bandiere per la flotta da guerra e gli artigiani consegnavano ai capitani delle navi i sifoni contenenti l’arma che avrebbe dovuto definitivamente scalfire la resistenza degli assedianti arabi, il fuoco di calce viva. Solamente un uomo restava seduto in disparte su una cassa, come se non s’interessasse di tutto ciò che stava accadendo intorno a lui: si trattava di Konstantinos Ampatis, l’ammiraglio in capo della flotta, colui che avrebbe ricevuto gli onori per una vittoria e le colpe per una sconfitta, anche se ciò non sembrava importargli in quel momento.
Dopo quasi un anno di assedio e decine di migliaia di morti, gli Arabi ancora non avevano desistito; sapevano che la conquista di quella città, Costantinopoli, il desiderio del mondo, avrebbe aperto loro le porte dell’Europa orientale. Konstantinos guardò il calendario: era l’inizio del mese di agosto, quello che prendeva il nome da un grande imperatore, dell’anno del Signore 718, e quella data sarebbe stata ricordata a lungo come quella della vittoria o della sconfitta più grande dell’Impero Romano d’Oriente, ciò che restava della più grande civiltà della storia.

Era l’ora decisiva: i rifornimenti erano stati completati e le navi erano pronte a mollare gli ormeggi, dirette verso il Bosforo, dove la grande flotta Omayyade, ormai già danneggiata da ripetuti attacchi, stanziava da mesi; quello però era l’attacco decisivo e definitivo, e Konstantinos avrebbe dovuto dirigerlo. L’ammiraglio si alzò, lentamente, dirigendosi poi verso il molo d’imbarco per salpare alla volta della battaglia ma, giunto a pochi passi dalla galea ammiraglia, sentì una voce conosciuta chiamare il suo nome:
“Mi sembrava strano che non si fosse ancora presentato...” pensò l’uomo, ironico ma teso al contempo, mentre si girava per rispondere.
Era il basileus, Leone III l’Isaurico, il generale che, dopo essersi infiltrato nelle file arabe e aver studiato attentamente la strategia nemica, aveva preso il potere e stava guidando la città al successo. Konstantinos però non lo aveva conosciuto come imperatore o comandante dell’esercito, ma vent’anni prima, come amico e compagno di accademia militare, con il quale aveva condiviso ogni momento della sua giovinezza: i migliori, ma anche quelli più bui. Leone, dopo aver preso le redini dell’Impero, aveva insistito per convincerlo a prendere il comando della flotta da guerra, abbandonando la marina mercantile, nonostante i fiorenti traffici che Konstantinos gestiva; Ampatis aveva accettato l’incarico, non per riconoscenza verso l’amico o per fame di prestigio o ricompense, dopotutto aveva tutto ciò di cui poteva aver bisogno, ma per salvare la sua patria, verso la quale si sentiva in obbligo. Leone gli si avvicinò, e iniziò a parlargli: non di guerre, strategie o battaglie, ma dell’amicizia e della fiducia che riponeva in lui; nonostante avessero un rapporto a tratti conflittuale i due erano profondamente legati, e avrebbero sacrificato anche la vita l’uno per l’altro.

L’ammiraglio ora era pronto per imbarcarsi: salutò con lo sguardo l’amico e la città e salì sulla nave, issandosi sulla plancia di comando. Dai palazzi affacciati sulla baia si poteva vedere un’immensa flotta, costituita da decine di navi da guerra battenti bandiere color porpora, dirigersi verso il largo. Il cielo era terso, e la visuale si spingeva fino alla costa asiatica di Optimatoi, nei cui pressi anche la flotta araba si stava preparando per ingaggiare il conflitto, guidata da Mohammed Ibn-Maghrib.

*

Poco dopo, le navi che guidavano i due schieramenti si erano sfiorate e la battaglia era iniziata, sotto lo sguardo degli assediati bizantini e degli assedianti islamici guidati dal generale Maslama ibn Abd al-Malik. Stormi di frecce piovevano verso le navi greche, che rispondevano con il lancio di pietre, in attesa che la loro maggiore arma fosse pronta all’utilizzo. Lo scontro sembrava risolversi nei confronti dei Romei, ma improvvisamente una freccia colpì il timoniere di una nave, comportando un cambiamento della rotta dell’imbarcazione e la conseguente rottura dello schieramento bizantino. Era l’inizio di una fase incerta dello scontro, dove le navi erano una a ridosso dell’altra ed ogni colpo andato a segno poteva essere un passo decisivo verso la vittoria finale. Anche le navi ammiraglie delle due flotte si trovavano ora in mezzo allo scontro, e gli attacchi arabi si accanivano su quella bizantina, per cercare di uccidere l’ammiraglio che guidava l’intera flotta imperiale, che senza un comando sarebbe caduta in preda al panico e sarebbe stata facilmente sconfitta.
Sotto la continua pressione, l’equipaggio era ridotto ormai allo stremo e le perdite erano numerose, ma Konstantinos si trovava ancora sulla plancia di comando a guidare la sua flotta; anche l’artificiere era morto, e la nave non poteva nemmeno difendersi col fuoco greco, perché alcuni marinai islamici stavano provando ad abbordarla e la battaglia imperversava sul ponte principale. Konstantinos capì che c’era un’unica possibilità di vittoria: scese dalla plancia e si diresse faticosamente fino alla catapulta, dove non posizionò delle pietre, ma l’intero sifone di fuoco di calce, che avrebbe dovuto lanciare verso la nave ammiraglia della flotta nemica, sulla quale l’ammiraglio Ibn-Maghrib credeva ormai certo il suo trionfo. L’esperto ammiraglio greco sapeva che c’era un solo tentativo, e che se avesse sbagliato le speranze della città di resistere sarebbero diventate quasi inesistenti, ma doveva comunque provarci prima che il bersaglio si spostasse dalla traiettoria di lancio.

 
*

Sulla terraferma la battaglia si era definitivamente fermata: i soldati di entrambi gli schieramenti stavano osservando il cruento scontro che stava avvenendo in mare e tutti gli abitanti della città si erano radunati nel porto; solo uno era rimasto chiuso nella sua abitazione: era il basileus, che non poteva accettare di vedere sia la sconfitta che la morte dell’amico. Se avesse ricevuto la notizia dell’avvenuta tragedia si sarebbe ucciso, in quanto si riteneva artefice e responsabile dell’esito di ogni battaglia e dell’intero conflitto. Era fermo, in piedi, fissando il muro, aspettando che qualcuno arrivasse ad avvisarlo sulle condizioni della battaglia; la sua spada era già sfoderata e appoggiata sulla cassettiera di mogano, posta alla sua destra.
Konstantinos intanto stava sudando freddo, le sue mani tremavano e la vista gli si stava appannando, ma cercò di concentrarsi al massimo: respirò a pieni polmoni, dilatò le pupille e tirò un fendente con la spada per tagliare la corda che bloccava la leva. Il sifone sorvolò molte delle navi coinvolte nella bolgia, dirigendosi verso l’ammiraglia nemica; il colpo sembrava troppo alto, e se avesse mancato l’obiettivo le conseguenze sarebbero state irrimediabili, ma colpì l’apice della vela maestra, che prese fuoco all’istante. Il fuoco si propagò dalla nave principale, che si trovava al centro dello schieramento, anche alle altre, che i capitani arabi avevano fatto avvicinare pensando che il fuoco si sarebbe spento al contatto con l’acqua. Ma così non fu, e l’intera flotta araba costituita da centinaia di imbarcazioni fu distrutta, tanto che alla principale base Omayyade in Siria ne sarebbero ritornate solamente cinque.

Leone, sentendo esultare la folla, si affacciò alla finestra, vedendo le navi greche tornare in porto e quelle del califfo bruciare, mentre i marinai arabi che si erano buttati in mare per provare a fuggire a nuoto verso l’Asia avevano trovato la morte per il fuoco, che continuava a divampare sulla superficie della Propontide coprendo le loro urla di dolore.. La flotta di Bisanzio aveva riportato solamente poche perdite; l’Impero aveva vinto la battaglia e la guerra: pochi giorni dopo anche l’esercito di terra di Maslama si sarebbe ritirato ed anche il secondo assedio arabo di Costantinopoli sarebbe terminato in favore degli assediati, che avrebbero mantenuto inespugnabili le mura della città fino al XV secolo, grazie soprattutto al fuoco greco, l’arma oggi perduta che la storia europea ricorda come l’ultimo baluardo che la salvò dalla conquista islamica nell’Alto Medioevo.

Konstantinos ricevette i meritati onori, ma rifiutò ogni premio che gli venne offerto, continuando la sua brillante carriera di ammiraglio per dedicarsi con tutte le sue risorse alla marina commerciale e militare del suo Impero.




SPAZIO AUTORE:
... e finalmente ecco la mia prima long! Spero di riuscire ad aggiornarla con cadenza regolare, ma gli impegni sono molti. Vi invito come sempre a recensire e a lasciare le vostre opinioni sulla trama e sullo stile di scrittura, accetterò volentieri consigli utili per migliorarmi.
Alla prossima,
mystery_koopa
EDIT: Capitolo Revisionato.

 
  
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