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Autore: Vera_D_Winters    15/01/2018    1 recensioni
Tributi:
Sabo e Zoroko
Ace e Kidda
Pell e Miss Doublefinger
Kobi e Tashigi
X Drake e Lawiko
Izou e Whitey Bay
Paulie e Kalifa
Wiper e Nami
Sanji e Shirahoshi
Marco e Nico Robin
Ichiji e Reiju
Bartolomeo e Rebecca
Settantacinque anni fa i pirati di Raftel insorsero per rivendicare la propria libertà dal governo mondiale oppressivo e totalitario. Attraverso la marina ed altre organizzazioni governative però, tale ribellione venne sedata con il sangue ed ogni isola tacciata di essere rifugio dei pirati venne distrutta.
Solo dodici isole vennero risparmiate dalla furia dei nobili di Marijoa, e per far si che gli orrori del passato non venissero ripetuti, ogni anno da quel momento in poi ogni isola ebbe l'obbligo di offrire in tributo un giovane e una giovane del luogo, affinchè questi partecipassero ai "Giochi dei Sette Mari", un torneo all'ultimo sangue da cui un solo tributo può uscire vincitore.
Tutto proseguì dunque in questo macabro ordine, almeno fino ai settantaquattresimi giochi, nei quali uno dei giovani provenienti dalla più povera e cupa delle isole, sfidò apertamente Marijoa e il Presidente in carica Akainu.
Cosa succederà dunque nell'incombente edizione della memoria?
Genere: Angst, Avventura, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Akainu, Altro Personaggio, ASL, Famiglia Vinsmoke, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Gender Bender, Violenza
Capitoli:
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Sembrava che davvero l'unico treno rumoroso fosse quello che dal distretto undici era diretto a Marijoa. Mentre Ace e Kidda si facevano i dispetti infatti, il viaggio di tutti gli altri tributi era stato colmo di silenzi e pesantezza.
Non avevano fatto eccezioni sul treno del distretto otto che due giorni prima era partito da Flevance, unica isola sopravvissuta nel mare Settentrionale, se si poteva davvero considerare tale dato che gli esperimenti di Marijoa molti anni prima avevano causato un'epidemia mortale che aveva decimato la popolazione.
La malattia del piombo ambrato tuttavia era ormai un ricordo lontano, a differenza dell'arena che attendeva i tributi di quell'isola: Trafalgar D. Lawiko e X Drake.
La ragazza dai corti capelli neri e gli occhi simili a quelli di un gatto aveva passato le giornate a studiare medicina, la sua passione ed aspirazione, come se si aspettasse di tornare a casa e poter fare il chirurgo una volta terminati i giochi, sebbene in realtà il lavoro del distretto e sua primaria ricchezza fosse l'industria tessile, settore in cui tutta la popolazione doveva convogliare secondo i dettami di Marijoa. D'altro canto Drake che nemmeno era un chiacchierone affabile, aveva passato il tempo a gironzolare per i corridoi tra un vagone e l'altro. Odiava stare al chiuso, possedeva un'intrinseca natura primordiale che gli imponeva di abbracciare i grandi spazi aperti, ove potesse allargare entrambe le braccia e correre via. Sarebbe stato perfetto per il distretto undici con i suoi infiniti campi. Il fato tuttavia lo aveva donato all'otto.
Ed il fato era ciò che il loro mentore continuava ad interrogare imperterrito, consultando i suoi sciocchi tarocchi. 
Basil Howkins parlava solo quando lo riteneva necessario e lo faceva in maniera tanto criptica che nessuno capiva mai realmente il significato dei suoi discorsi. I lunghi capelli biondi facevano da cornice allo scarno volto pallido e gli occhi neri privi di qualsiasi luce emotiva quasi apparivano come morti. Nessuno sapeva come fosse sopravvissuto ai suoi giochi, ed egli aveva sempre semplicemente risposto che non era scoccata la sua ora.
Drake non lo avrebbe mai voluto come mentore, mai. Tanto valeva fare il mentore di se stesso per quanto era inutile quell'uomo.
La sua frase migliore era: se il fato lo vorrà sopravvivrete.
Al diavolo. Al diavolo lui e Lawiko.
Preso da un moto d'insoddisfazione fu tentato di aprire un finestrino e gettarsi nell'oceano, sparendo alla vista del mondo, ma represse quell'istinto poichè in realtà il giovane uomo dai capelli castano ramati aveva una chiara missione in testa per quei giochi, e non poteva non portarla a termine. Il suicidio e la fuga dunque non erano contemplati, anche se il senso di soffocamento che gli stava attanagliando la gola era semplicemente insopportabile.
Posò le mani sulle pareti del corridoio come se potesse allargarle, ed espirò con forza.
Gridava liberà a gran voce il suo cuore.
Gridava libertà.


Anche Whitey Bay camminava per gli stretti corridoi come un'anima in pena, sul treno che dal distretto sette portava a Marijoa.
Carta e legname per la capitale erano affidati all'isola di Zou, isola itinerante su cui erano convogliati gli abitanti di altre isole distrutte, in cerca di una casa. I pochi sopravvissuti di Wano e delle Terre dei Ghiacci erano tra questi superstiti, e proprio due giovani appartenenti a quella discendenza erano stati scelti dal destino per tornare nell'arena.
Sul palco, sotto la voce tonante del presentatore il cui nome rispondeva a Cavendish, quando il proprio nome era stato estratto, Bay non aveva fatto una piega in realtà, e con il suo solito regale contegno si era schierata, sollevata anzi, poichè le sue carissimi amiche Carrot e Wanda erano state risparmiate dalla barbarie dei giochi.
E tale sarebbe rimasto il suo umore, se una volta sul treno non fossero stati comunicati loro i nomi degli altri tributi. In quel momento la dama dai capelli di cielo aveva desiderato di morire esattamente. Si sarebbe estirpata il cuore dal petto con le sue stesse mani se avesse potuto tanto era sordo il dolore che l'aveva presa.
I vincitori dei giochi si conoscevano tra loro, il sistema che li voleva come mentori per i giochi successivi aveva portato gli ex concorrenti a stringere rapporti di fiducia e d'amicizia, a volte anche particolarmente stretti, che nel caso di Bay erano sfociati in un amore puro e tangibile. Perchè negarsi una gioia si era detta. Perché non provare? Chi mai avrebbe pensato di dover tornare nell'arena? E quante erano le possibilità che nell'arena tornasse anche lui, proprio assieme a lei?
Infinitesimali...
Ma la fortuna non era mai a loro favore, no?
Ed in realtà lei era pronta a farsi uccidere al primo colpo di cannone pur di non rischiare di dover vivere in un mondo senza lui, ma lasciarlo solo nell'arena? Non provare nemmeno a proteggerlo? No, avrebbe lottato con tutta se stessa per lui e per lui soltanto, pregando tuttavia che al momento finale non si dovessero trovare l'uno di fronte all'altra.
Lasciarsi morire, od uccidere per lui era una scelta semplice da compiere. Combattere contro di lui al contrario, era impensabile. Ma lei sapeva benissimo che il suo amato si sarebbe lasciato morire a sua volta piuttosto che farle del male.
Che razza di destino era toccato loro in sorte?
La sofferenza di Bay sembra protrarsi all'infinito.
Dal vagone alle sue spalle invece, proveniva un delicato suono di risa, che in un qualsiasi altro momento avrebbe trovato deliziosamente contagiose.
Nekomamushi, il loro mentore, possedeva da sempre una risata gioiosa e particolare che sapeva infondere a chiunque l'ascoltasse il buon umore. Sembrava andare particolarmente d'accordo con il loro principesco presentatore, ed anche Izou, l'altro tributo, pareva essere in sintonia con entrambi.
Il suo compagno sotto l'aspetto delicato e quasi femmineo, era un cecchino abile ed implacabile, ed aveva ottime chance di uscire vivo dall'arena.
Questa era un'altra cosa che le dava la nausea.
Adorava Izou, spesso e volentieri passavano assieme il loro tempo libero assieme al villaggio dei vincitori. Lui le aveva insegnato la cerimonia del tea e lei gli aveva insegnato a suonare l'arpa. Lui le aveva raccontato delle millenarie tradizioni di Wano, lei gli aveva narrato favole delle terre d'inverno. Non avrebbe mai voluto trovarsi nemmeno con lui nell'arena, ed ancora peggio odiava dover fare una scelta: per quanto adorasse Izou, non avrebbe potuto proteggerlo, e se mai fosse giunto il momento di dover decidere tra il compagno e l'amore della sua vita, Bay era dolorosamente consapevole di quale sarebbe stata la propria scelta.
Insomma vi era un'enorme spada di Damocle a pendere sulla testa della dama, la quale a furia di torturarsi le mani con i denti, aveva finito con lo scorticarsi leggermente la pelle fino a farsi sanguinare. Proprio lei sempre tanto elegante e discreta.
E non erano nemmeno arrivati a Marijoa.
Come sarebbe stata ridotta una volta laggiù?
A strapparla a quelle domande e a quelle torture, giunsero inaspettatamente le dita di Izou, pallide quasi quanto le proprie.  Egli prese la mano di Bay, allontanandola dalla bocca di lei per stringerla appena in segno di conforto e calore.
Non vi furono parole, non ve ne era bisogno.
Izou sapeva.
Così semplicemente Bay si lasciò andare ad un sospiro tremante, che si scontrò contro il petto del cecchino contro il quale era stata attirata affinchè potesse dare sfogo a quel male che se la stava mangiando viva. E la dama accolse quel calore e quell'invito, e per una volta non pensò a dare buona mostra di sè, lasciandosi semplicemente andare ad un pianto silenzioso.
La stretta del corvino dunque si fece sentire più vigorosamente sulle esile spalle di lei, ed un bacio gentile le venne posato tra i capelli. 
In molti credevano che Izou aderisse alla via degli okama, che era vista oltretutto in maniera oltraggiosa da Marijoa, ma in realtà l'uomo sapeva essere estremamente virile, molto e più di tanti altri. Il suo aspetto ingannava, ma se lo si conosceva a dovere si poteva capire che vi era solo eccentricità in lui, e voglia di non sottomettersi alle ferree regole della capitale.
Izou avrebbe conservato se stesso, sempre e comunque, e quel pensiero stranamente le fu di conforto davvero.
Intanto le lacrime continuavano a bagnare il kimono del suo compagno, mentre la voce di lui l'accompagnava in uno stato di calma ovattata.
Voce che forse il mondo avrebbe perso per sempre, nel giro di una sola settimana.
Bastò quel pensiero a rigettare Bay nello sconforto, prima che un malore la cogliesse, lasciandola scivolare tra le braccia di Izou che saldamente l'afferrarono prima che toccasse terra.
Ma nessuno poteva frenare la rovinosa caduta nell'oscurità che la dama aveva appena intrapreso.
Poco male, forse il sonno le avrebbe dato quella pace che non poteva avere in quell'incubo ad occhi aperti.
   
 
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