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Autore: Dotta Ignoranza    17/01/2018    6 recensioni
Due capitoli.
Due frammenti del passato di Dorian.
"Volevo solo un po' di vino, dell'incenso, un bel libro e perché no? Un corpo caldo con cui rilassarmi la notte facendo del sano sesso. Chi se ne fotteva della politica? Del Tevinter e del Magisterium?
Potevano tutti annegare nella loro stessa magia del sangue.
Lasciatemi libero, lasciatemi libero di essere me stesso.
Solo questo volevo e nient'altro."
Genere: Drammatico, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dorian Pavus, Nuovo personaggio
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Threesome, Violenza
Capitoli:
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Avvertenze della scribacchina.
Lieta che hai cliccato sul pulsante “Secondo capitolo”, e quindi tu sia giunto qui a leggere, ti avverto prima di iniziare, però. Quello che segue non è esattamente il climax sereno e tranquillo del capitolo precedente, anzi, come ho preannunciato questo capitolo sarà più “spinoso” e “piccante”. Quindi te lo dico già da subito ci saranno scene di nudo, accenni di sesso e un pizzico di violenza, tutto ottimizzato e motivato per i fini della trama! Niente di gratuito, ma che mi ha portato a mettere la storia nel rating Arancione. Non ho messo il rosso perché non ci sono dettagli espliciti, però fatemi sapere se magari è meglio cambiare BD.
Sei stato avvisato, ad ogni modo ci vediamo infondo alla storia u.u.
Bon Voyage~
 
 
 
 
-Oh mio Signore, vi prego...- salì dal basso il singhiozzo mal strozzato dell'elfo. Rantolò strisciando il torace sulla scrivania in mogano, nel mentre aggrappò le dita sottili sul bordo per trattenere l'ennesimo spasmo in tutto il corpo. -...Vi prego, siete bellissimo.- Chiusi gli occhi dando una sferzata di anche tappandogli brutalmente la bocca con la mano, sentii gli anelli cozzare contro i denti e i gemiti di piacere si tramutarono in dolore.
-Sh.- Sibilai serrando le mascelle.
-Perdonalo, il mio schiavo è carino ma non ha ancora capito qual è il suo posto.- Una seconda voce mi raggiunse alle spalle, l'alito caldo a sfiorarmi l'orecchio e il suo petto a strusciarmi contro la schiena.
Abbassai gli occhi liquidi dal piacere sulla creatura sotto di me, la pelle era striata dalle innumerevoli frustrate, alcune cicatrici erano vecchie altre più fresche. Storsi il naso nauseato e reclinai la nuca indietro appoggiandola sulla spalla dell'altro uomo più maturo.
Stupide barbarie.
-Nemmeno tu fai silenzio e perdi tempo. Quindi vedi di spingere più forte e farmi godere.- Ordinai rauco fra i sospiri densi  lasciandomi andare in balia di entrambi, i nostri corpi strusciavano umidi fra di loro, ma la mia mente era altrove.
Il sesso serviva per rilassare, distendere e alleggerire la tensione, e in quel momento finalmente ero riuscito a zittire i mille pensieri che mi stavano divorando da mesi.
Avvinghiai la mano destra sulla spalla dello schiavo, mentre la mancina andò a stringersi fra i capelli di quello dietro, detti un paio di colpi ben assestati e venni in un ringhio liberatorio.
Annaspai qualche istante, riaprii gli occhi e il gelo riprese possesso delle mie membra.
La pace era durata solo pochi istanti, ancora meno della volta precedente e di quella prima ancora.
Sogghignai imponendomi di indossare quella maschera sarcastica. –Miei cari, vi devo lasciare. Finite da soli, ho delle faccende più importanti da sbrigare.- Uscii dal corpo dello schiavo e spinsi via l’insegnante dietro di me che indietreggiò amareggiato balbettando qualche protesta. Gli lanciai un'occhiata superba e sprezzante.
Avevo concesso fin troppo del mio tempo ad entrambi, e ciò che volevo raggiungere l'avevo ottenuto.
Tirai su le braghe, sistemai la camicia costosa, indossai la cappa della scuola e mi specchiai sul vetro della finestra per sistemare i capelli un poco sudati. Rimasi qualche secondo a guardarmi: c'era poco da fare, dopo aver scopato ero ancora più bello.
Sorrisi compiaciuto e me ne andai sbattendo la porta della biblioteca.
Era ormai buio, la notte pareva essere scesa più velocemente sulle cupole dorate di Minrathous, il circolo si preparava ad accogliere i suoi ospiti prestigiosi e i vari Magister che avrebbero cenato nella sala Grande insieme al Primo incantatore, tutti meno che uno: Gereon Alexius.
Ormai il mio maestro pareva solamente l'ombra dell'uomo che era stato due anni fa, e nonostante io fossi il suo allievo prediletto, nonché il suo imminente erede alla cattedra dell'Università, non si confidava più con me. Insieme studiavamo un modo per ritardare la malattia di Felix, insieme passavamo le notti insonni a incidere il Velo per fermare il tempo, eppure non c'era una parola, né una confidenza verso i miei confronti.
Avevo accettato il mio ruolo e accettavo anche le gravi responsabilità postemi da quel Padre che amavo da lontano, il qualche dopo aver scoperto cosa era successo al figlio di Alexius, aveva iniziato a stringere la sua presa su di me: forse per paura che una sorte simile mi potesse capitare a breve e che la famiglia si potesse estinguere.
Un sospiro amaro lasciò le mie labbra, mi strinsi nella veste e calai il cappuccio sulla testa nascondendomi dai sorrisi ammiccanti degli altri studenti: ero stanco.
Stanco persino di flirtare, stanco persino di mangiare e bere. Avevo provato a dormire più di otto ore, ma il risultato era stato dei peggiori. Volevo solo infrangere quel muro, quel limite che separava la mia gente dal mondo degli spiriti, solo così avremmo salvato Felix e io sarei divenuto a tutti gli effetti il più forte incantatore del circolo della Capitale.
Solo così mio padre mi avrebbe lasciato libero.
Libero di vivere la vita che volevo, libero senza matrimoni, senza Livia, senza doveri. Senza le sue continue lettere che mi mandava da Quarinus incitandomi a fidanzarmi con l'erede della casata Herathinos.
Raggiunsi ben presto il laboratorio dove ero solito ritirarmi, accarezzai distratto Rajid addormentato sulla poltrona, sorrisi, solo lui mi ascoltava ormai. Solo con lui potevo fare un discorso vagamente sensato, filosofico, peccato che fosse solamente un dracolisco nano e non potesse parlare.
Presi la bottiglia di vino e un bicchiere, appoggiati entrambi sul tavolino di vetro basso lì vicino, mi diressi verso la poltrona posta sotto all'immensa vetrata e mi lasciai cadere esausto.
Cosa potevo fare? Avevo cercato in tutti i testi antichi, letto ogni singolo volume inerente alla corruzione che avevo trovato nella più grande biblioteca dell'Impero.  Sbuffai passandomi di nuovo la mano sul ciuffo morbido facendo scorrere le dita lungo il collo, un moto di stizza e battei il pugno sulla scrivania che cigolò sofferente.
-Kaffas!? Per gli dei e il Creatore! Che cosa devo fare!?- Sibilai lamentoso vuotando in un colpo solo tutto il bicchiere di vino rosso.
A stomaco vuoto mi salì subito alla testa facendomela girare, l'appoggiai contro la scocca di pelle porpora e fissai il soffitto affrescato con gli antichi dei dipinti. Cosa avrebbero fatto loro al mio posto?
Improvvisamente lo sguardo mi scivolò su una lettera posta fra due volumi lasciati a mezzo, la presi curioso rigirandomela fra le dita, e quando lessi il mittente ebbi un balzo al cuore: Lord Ulio Abrexis.
Il padre di Rilienus.
Scartai la busta con foga tagliandomi persino con il lato della carta, ma non ci badai, srotolai il foglio e lessi velocemente eccitato. Parlava di un ballo, di un invito e di un giuramento che voleva tenersi nella sua villa padronale fuori dalle porte di Minrathous.
Qualcosa dentro di me urlava che c'era lo zampino di quel monello di Rilienus.
Sorrisi, sorrisi felice stringendo la lettera fra le mani.
Finalmente un raggio di sole, finalmente un po' di felicità!
Era da tre settimane che non lo vedevo, tre settimane in cui era andato a Navarra a studiare. Adesso finalmente Rilienus era tornato e voleva vedermi, ovvio che voleva vedermi.
-Va bene, adesso stai calmo Dorian, ci sono problemi più urgenti e importanti a cui pensare, tipo: non hai un abito nuovo da metterti!- Alla luce di quel pensiero il terrore mi si dipinse sul volto, balzai giù dalla poltrona e mi lanciai verso la porta. Dovevo trovare un sarto aperto a quell'ora che avesse molti schiavi così che per la sera dopo io fossi pronto per il ballo.
Finalmente un po' di frivolezze.
Finalmente un po' di nullità.
Finalmente un po' di politica e chiacchiericcio.
Finalmente potevo svuotare totalmente la mia testa.
Finalmente avrei rivisto Rilienus.


-Buonaserata, Lord Pavus.- Lo sportello della carrozza si chiuse alle mie spalle e rimasi ad osservare distrattamente la scalinata dell'ingresso principale di Villa Abrexis. Subito detti una sistemata al colletto del mantello in seta porpora, era bello come abito, alla fine credo che avessimo fatto un miracolo io e il sarto per realizzarlo in ventiquattro ore, ma ne era valsa la pena e anche una certa dose di magia.
Le luci del salone in lontananza iniziavano a richiamare la mia attenzione, allungai il passo stando ben attento che l'orlo dell'abito non si sporcasse sul bavè in marmo, giungendo finalmente oltre il portone spalancato.
Nobili, servi, plebaglia, avevano raccolto un discreto gruppo di persone, niente a confronto di una festa organizzata da un Pavus, ma per un comune Magister di classe Laetans era più che sufficiente.
Detti subito un voto fra me e me all'arredamento, all'accoglienza risicata, e al buon gusto dei presenti. Con fare annoiato e disinvolto mi destreggiai fra i primi conoscenti che mi rivolsero i loro saluti e dopo aver preso un calice di rosso Antiviano, mi diressi con la stessa flemma di un animale esotico a fare gli onori al padrone di casa.
-Lord Ulio.- Irruppi in una conversazione già avviata. -Stavate parlando di me?- Aggiunsi sfacciato con il mio sorriso più carismatico e scintillante.
Sapevo di potermelo permettere, sia per posizione sociale, sia per impatto di leadership che avevo sugli altri nobili, infatti Abrexis liquidò immediatamente la sua precedente compagnia e si dedicò a un gentile inchino verso di me.
Risposi con un gesto compiaciuto e vago della mano portandomela sotto al mento.
-Lord Pavus, che piacere! Temevo che il mio invito fosse andato perso! Io e mio figlio Rilienus speravamo tanto che arrivaste, ricordate mio figlio, vero?- Snocciolò agitato quell'uomo di mezza età.
-Ah, sì, ne ho un vago ricordo a dire il vero...- Ovvio che mi ricordavo benissimo di suo figlio.
La sua faccia parve scolorirsi ancora di più ma non vi feci caso, sapevo di alcune voci che correvano sul suo conto e si vociferava, secondo mio padre, che Ulio Abrexis avesse fatto per diverso tempo un uso eccessivo della magia del sangue tanto da destare il fastidio del Divino. Bha, pettegolezzi da Magisterium o poco più.
-Padre! Finalmente vi ho trovato, e noto con immenso piacere che si è unito a noi anche il celebre Dorian Pavus.- Quella voce.
Detti fondo a tutto il mio autocontrollo per non esprimere la felicità che stavo provando nel vederlo dopo così tanti giorni, nascosi il sorriso dietro a un sorso di vino. Lui mi scivolò sinuoso accanto e vide bene di accarezzarmi la schiena con le punte della mano destra, arricciò le labbra in un sorriso divertito e si posizionò accanto a suo padre.
-Immancabile.- Risposi suadente leccandomi di sfuggita le labbra, scostai lo sguardo sul ricevimento, giusto per non dargli la soddisfazione di vedermi fremere dalla voglia di godermi ogni singolo centimetro della sua pelle ambrata come il whisky.
-Lo vedo, lo vedo.- Schioccò la lingua sotto al palato. -Credo di dovermi prendere la responsabilità di porgere i miei saluti a tutti gli ospiti. Parleremo più tardi. Divertitevi.- Si congedò con un inchino e io strinsi il gambo del calice per sopprimere un moto di stizza, fortuna volle che la mia attenzione venisse catturata da due figure che conoscevo molto bene per fama e poco per incontro diretto. Dovevo rimediare.
-Vogliate scusarmi.- Lasciai Ulio e con passo felpato avanzai verso gli oggetti del mio interesse: un grosso nano dalla barba folta e rossa, accompagnato dalla dolce figura di una donna bionda alta quanto elegante.
Era proprio alta! Quanto me se non di più con quei tacchi.
La cosa che però mi colpì di più fu la sua eleganza, il vestito azzurro avvolto dalle piume bianche si intonavano perfettamente con i suoi gioielli, persino il nano che l'accompagnava pareva brillare di più al suo fianco.
-Mae, amore mio, dovresti rilassarti e bere un po' di questo ottimo vino nanico, l'ho fatto arrivare personalmente da Orzammar.- Rimasi sorpreso dal tono dolce e carezzevole che uscì da quelle fauci apparentemente rozze.
-Sai bene che non toccherò un singolo bicchiere di vino, finché non avrò capito il senso di questo insulso ballo. - Rispose la bellissima signora, ma la sua voce non uscì per niente acuta e femminea, anzi, aveva qualcosa di marcato e duro. Maschile. -Non mi fido dei Magister in caduta libera, Amatus.- Concluse spazientita voltandosi verso di me.
Rimasi immobile a guardarla.
I miei occhi si riflessero nei suoi e un brivido di paura mi trapassò da parte a parte, non seppi dire subito il motivo ma poi capii chi avessi di fronte.
-Non credevo di trovare qui una così sublime e prestigiosa figura come voi, Magister Maevais Tilani.- Esalai carismatico levando in alto un sopracciglio. Lei nemmeno si scompose nel vedermi, quasi fossi un cucciolo inesperto sotto il suo sguardo gelido. Dilatò le narici larghe e si avvicinò sorridendomi nel modo più tagliente che avessi mai visto fare.
-Oh capisco... invece ora mi è davvero molto più chiaro perché siamo venuti qui, mio adorato Thorold.- Appoggiò la mano sulla spalla del nano, il quale mi guardò interrogativo inclinando la testa. -Lieta di fare la vostra personale conoscenza, giovane Pavus, lui è Thorold Tethras, primo ambasciatore di Orzammar nell'Impero, nonché il mio amato compagno e marito.- Si chinò a baciarlo sulla tempia e lui si agitò leggermente con un sorriso orgoglioso quanto intenerito. Non avevo mai visto fare certi versi a un Magister, tanto più da un nano della casta mercantile, entrambi così ligi ai soldi e al dovere con poco spazio per i sentimenti.
-Cara, ehm ci stanno guardando tutti, comunque sì... lieto di conoscervi Lord Pavus.- Rispose lui abbracciandole un fianco e tendendo l'altra mano libera verso di me, la strinsi ancora sorpreso da quella scena che aveva qualcosa di dissonante.
-Piacere mio, Ser Tethras.-
Scoppiò a ridere -Chiamami Thorold.-  Lo fissai con un sorriso divertito sulle labbra, seguito da un cenno con il capo, durò poco quella conversazione perché lui venne subito richiamato all'appello dalla moglie che lo condusse al buffet.
Eppure non potevo fare a meno di provare orgoglio misto a invidia per ciò che era riuscita a costruirsi Tilani.
Tutti nell'Impero conoscevano la sua storia.
Tutti avevano paura della sua astuzia e mai nessuno aveva osato sfidarla, nemmeno quando scelse di prendere in sposo un uomo e per di più nano, il suo coraggio era ammirevole e mi sentii uno sciocco davanti alle menzogne che avevo da sempre raccontato per nascondermi al mondo.
Vuotai il mio bicchiere lasciandolo poi su un vassoio vagante.
Perché ero venuto? Perché ero qui a perdere tempo?
C'era un motivo vero perché avevo accettato quell'invito e non mi sarei lasciato sfuggire l'occasione. Cercai attentamente nella sala dove fosse il fulcro dei miei pensieri, e lo scorsi vicino alle scale che portavano verso i salotti al piano superiore. 
Andai proprio in quella direzione, mi vide arrivare e gli sfilai accanto, sapevo che mi avrebbe seguito di sopra e così fece. Attraversai un paio di corridoi finché non raggiunsi l'ala sud, quella libera dagli ospiti.
Lasciai socchiusa la porta, le candele erano pressoché spente, e mi andai ad appoggiare alla colonna vicino al balcone che dava sulla meravigliosa spiaggia. Dopo pochi secondi sentii l'uscio scricchiolare. I passi pesanti e marcati avvicinarsi alle mie spalle. Chiusi gli occhi. Sapevo chi era dal profumo che invase la stanza con ingente prepotenza.
Di lì a pochi attimi mi ritrovai un paio di labbra calde a premere contro il mio collo.
Sospirai reclinando il capo di lato per lasciargli più spazio.
-Ce ne hai messo di tempo, eh? Stavo per andarmene via tanta era la noia. Di certo l’arredo di questa stanza è più interessante del tuo anonimo banchetto.- Sussurrai altezzoso ritrovandomi le sue braccia a cingermi i fianchi. Maledetto.
Inghiottii a vuoto e mugolai languido quando salì verso l'orecchio.
-Ma ne è valsa la pena farti aspettare. Mi sei mancato, Dorian, mi è mancata la tua bellezza e il tuo profumo.- Mormorò malizioso iniziando subito a infilare la mano fra le mie cosce.
Dovetti bloccargli il polso di malavoglia.
-Aspetta... Rilienus.- Voltai su me stesso, mi ritrovai i suoi zigomi affilati dalle guance sfumate a pochi centimetri di distanza. Avevo voglia di godere del suo calore, ma sapevo che la notte era ancora lunga e molti invitati ci avrebbero cercati.
-Perché? Non sei felice di vedermi, Amatus?- Domandò e a quel nomignolo storsi il naso voltando la faccia in un misto di amarezza e senso di colpa.
-Non farlo. Te l'ho detto mille volte, non mi chiamare così.- Sbuffai capriccioso allontanandolo da me e dirigendomi verso la scrivania presi a giocare distratto con il taglia carte dalla testa di serpente.
-Perché? Ormai sono due mesi che andiamo a letto insieme, inoltre io voglio qualcosa di più. Lo sai.-
-Qualcosa di più? E come? Sai bene qual è la posizione di mio padre nel Magisterium, non tutti possono essere come Maevaris Tilani. Mettitelo in testa.- Ringhiai infastidito voltandomi di scatto a fissarlo.
Lui continuò ad avanzare verso di me, ingabbiò il mio corpo fra il suo e il bordo della scrivania facendomi sentire la sua presenza addosso.
-Perché no? Ti basterebbe diventare un "unicorno", amare solo me, desiderare solo me, venire a letto solo con me. Chiamarmi tuo Amatus.- Incalzò baciandomi borioso e possessivo. Rimasi qualche istante sottomesso dalla lingua calda che aveva preso a coccolarmi, ma poi di nuovo quel vuoto avanzò nello stomaco.
Già erano settimane che lui aveva preso a chiamarmi così, eppure io non riuscivo a rispondergli, non lo sentivo come appellativo per lui. Sapevo che Rilienus era unico e quello che mi univa a lui con pochissimi altri l'avevo provato prima, forse era davvero l'unico in grado di darmi piacere a 360° sia fisico che mentale. Eppure non ero ancora sicuro che fosse il mio Amatus. C’era qualcosa di meccanico, qualcosa di costruito in lui, ma non capivo bene cosa.
-Smettila. Mi sto innervosendo.- Tagliai corto staccandomi da quel bacio.
Afferrò il bicchiere di vino lasciato sulla scrivania, quello portatosi dietro dalla festa, me lo porse sapendo che era il modo migliore per rabbonirmi. Detti un paio di sorsi belli lunghi.
-Uff, ancora con quella storia? La storia del "quando sarà il momento troverò il mio Amatus a prima vista"? Svegliati, Dorian, le persone si conoscono e ci si adatta a vicenda, come io mi sono adattato tante volte con te, e siamo durati per mesi. Credi che sia divertente passare ore ad aspettarti mentre ti prepari? Oppure che sia piacevole sentirti parlare per ore e ore come se aspettassi un applauso? Tutto però viene compensato dal tuo carisma, la tua bellezza e la tua bravura a letto. Visto, Amatus? Questo è stare con qualcuno: tollerare.- Ancora mi baciò e io sentivo la voglia dentro di me combattere fra la repulsione e il “Sì”. Avevo voglia di lasciarmi andare, di smetterla con quella farsa, dirgli solo di sì e dirlo anche a me stesso.
Essere libero.
-Va bene, accetterò qualsiasi cosa questa sera avrà da offrirci.- Convenni fra un sospiro denso e l'altro. Rilienus si staccò senza preavviso, pervaso da una felicità e un'eccitazione che lì sul momento non capii. Schioccò un ultimo bacio sulle mie labbra e si allontanò.
-Benissimo! Allora vediamo di tornare in sala! C'è qualcosa che voglio tu veda.- Rise accattivante, arricciando il naso nel solito modo, poi voltò i tacchi e sparì oltre la porta.
Sorrisi. Cosa accidenti aveva in mente?
Scossi leggermente il capo e lo segui, ancora non avevo idea di cosa sarebbe successo da lì a poche ore, eppure ero agitato. Emozionato e impaurito come poche volte in vita mia.
Scostai il tendaggio pesante che divideva il salone dal resto della villa, e mi ritrovai al buio. Tutti gli invitati erano lì dinanzi a me, infondo alla scalinata, ma c'era buio.
Cercai una figura famigliare in mezzo all'oscurità e quando la trovai, mi accorsi che era in piedi proprio accanto a me. Un fascio di luce si accese intorno a noi, fatto da qualche magia che Rilienus aveva attivato.
-Voglio fare un annuncio.- Iniziò a parlare ampliando la sua voce. -Signori e Signore proveniente da tutto l'Impero, sono lieto che siate qui riuniti questa notte per brindare e celebrare tutti quanti insieme questo evento straordinario. Il momento in cui il nostro magnifico e millenario paese compirà l'ennesimo passo verso il miglioramento e il futuro! Io, Rilienus Abrexis, ho scelto di dichiarare pubblicamente che non sposerò nessuna fanciulla promessami in sposa, perché desidero un altro genere di persone: uomini per l'esattezza.- Rise e io sbarrai gli occhi sentendomi morire sul posto.
Che cazzo stava facendo!?
Le gambe presero a tremarmi e l'unico pensiero che percorse la mia mente fu quello di fuggire, scappare, perché la sua mano aveva preso a stringermi il braccio davanti a tutti quanti e le sue parole non erano certo equivoche.
-E con me, pronto a difendere il nostro orgoglio ci sarà il futuro Magister più potente mai visto nel Tevinter sin dall'epoca dei primi sognatori, Lord Dorian Pavus!- Esclamò e la sala trattenne il fiato. Il mio sguardo impaurito corse verso il suo, pochi istanti e mi ritrovai la bocca tappata dalle sue labbra oscene.
Un boato si levò da tutti gli invitati in un gemito di sgomento.
Le luci si riaccesero e la presa di Rilienus si fece meno salda, mentre un sorriso beffardo, enigmatico, si dilatava sulle sue labbra: -Adesso sarai costretto ad essermi fedele, Dorian.- Scandì con una vena sinistra nella voce abbracciandomi a sé.
Era un sogno? Un incubo? Stavo dormendo?
Non capii più molto.
L'unica cosa che fu chiara alla mia mente fu l'immenso brusio levatosi in mezzo a noi, le risate, i fischi e quel senso di vuoto sotto i piedi che mai scorderò. Forse c’era qualcosa nel vino?
L'esercito personale di Abrexis venne chiamato a intervenire, gli invitati vennero scortati fuori e le porte della villa padronale chiuse definitivamente.
Sarebbe stato lo scandalo più grande nell’ultimo secolo, ma in quel momento non sapevo come reagire. Venni strascinato nelle stanze private di Rilienus, lui mi accolse, mi fece sentire di nuovo bene, svuotò la mia mente, ripeté che ora ero libero da tutto e tutti. I nostri corpi si drogarono di passione, andammo avanti ore senza saziarci mai, finalmente non pensavo più a Livia, né a mio padre, né a Felix, né al posto come Primo Incantatore, né come Magister.
Solo un muto e ridondante "sì".


-Buongiorno, hai dormito bene?- Aprii gli occhi con poca voglia, le tempie ancora pulsavano doloranti e ben presto mi trovai a sbadigliare confuso. Non avevo bevuto tanto la sera prima, eppure ero frastornato in maniera disarmante.
Guardai dov'ero e riconobbi il letto di Rilienus. Sorrisi richiudendo gli occhi, beato, tranquillo con la consapevolezza che quella mattina non sarei dovuto sgattaiolare nella stanza degli ospiti come un ladro. Il Sole era già alto e se un servo ci avesse visti abbracciati a letto non ci sarebbe stato nessun problema, no? Dopo ciò che era successo la sera prima, ormai tutto il regno sapeva del mio piccolo e sporco segreto, quindi ora ero libero dalle sue catene.
-Sì, sto bene. Sto molto bene.- Risposi assonnato richiudendo gli occhi, adagiai la testa sul cuscino e mi preparai per essere baciato da quello che si era auto imposto come mio partner ufficiale, o qualcosa del genere.
-Hey! Non potete stare qua, chi siete!?- Una voce lontana ci colse d'improvviso.
Le porte della stanza si spalancarono e un gruppo di maghi incappucciati di nero fece irruzione schierandosi dinanzi a noi. Balzai spaventato e subito caricai la mano sinistra di forza magica, alzai d’istinto una muraglia di ghiaccio ma era debole, povera di magia, tre di loro mi si avventarono contro annullando il mio incantesimo e afferrandomi per i capelli mi tirarono giù dal letto.
Fecero una tale forza che sbattei con il viso sul pavimento rompendomi il naso, l'odore del sangue fu così forse che me lo sentii scendere lungo la gola e inondarmi la bocca. Tossii cercando di ribellarmi, ma di lì a poco mi ritrovai legato e immobilizzato con degli incantesimi potentissimi di creazione. Conoscevo quella magia, conoscevo benissimo quella magia e la disperazione prese il posto della paura.
 Levai gli occhi verso l'alto e la figura imponente che si presentò davanti a noi fu proprio quella della persona che mai avrei voluto vedere in quel momento: Aquinea Thalrassian. Mia madre.
-Mamma!- Latrai dolorante.
I lunghi capelli neri raccolti in un alto scignone d'oro. Gli occhi grigi come i miei che taglienti mi trafissero dall'alto, la pelle bianca e le labbra livide pronte a sibilare fuori incantesimi di morte.
-Fai silenzio, Dorian.- Intimò la sua voce malefica. Tremai disperato cercando con lo sguardo Rilienus, ma non lo trovai. -Portatelo dentro.- Schioccò le dita dalle unghie laccate d'avorio e altri due soldati strascinarono nella stanza un uomo grasso, nudo e pieno di ferite, si trattava di Ulio Abrexis. L'osservai confuso, lui nemmeno ricambiò quell'occhiata, troppo preso com'era a piangere i propri dolori e il sangue che non smetteva di fluire dai tagli lungo la schiena e le braccia.
-Padre! Perchè?! Avevate detto che se avessi fatto quella cosa davanti a tutti allora noi saremmo stati liberi dalle grinfie del Magisterium! Padre! L’ho anche drogato con il vino! Perché i Pavus non sono ancora stati annientati!? Lo scandalo su Dorian avrebbe dovuto togliergli ogni diritto! Perché ora sono qua in casa nostra!?-
Rilienus, cosa?
Cosa stava dicendo?
Venne colpito da una mazza frusta in pieno volto, mi parve di vedere uno dei suoi denti schizzare dritto a pochi centimetri dal mio naso.
Un paio di spire color sangue si avvolsero intorno al collo di entrambi gli Abrexis. Conoscevo quella magia, mia madre aveva preso a far fluire il suo sangue dai polsi e con questo aveva creato due tronchi di spine acuminate che poteva muovere a suo piacere.
-Sospettavamo che c'era qualcosa dietro, Ulio. - Papà! - L'improvviso avvicinamento di tuo figlio a Dorian esattamente qualche giorno dopo il mal contento che avevi scatenato all'interno del Magisterium, senza contare che proprio mentre stavamo per liquidarti al Divino, hai indetto questa festa, invitando proprio mio figlio insieme a Maevaris Tilani.- Non l'avevo mai visto così livido in volto, pareva una maschera di crudeltà, gli occhi neri resi in due fessure e il viso fregiato dalla rabbia che rischiava di divorare chiunque gli si presentasse sotto tiro. Impugnava il suo bastone da Magister e il cristallo in cima ad esso pulsava di vita propria, corruzione, e reclamava delle vite.
-Padre...- cercai di parlare ma lui non mi rivolse nemmeno lo sguardo, non mi vedeva, non mi guardava! Ero nudo, umiliato, ingannato e derubato del mio prestigio da un ragazzo che mi aveva solo raccontato una sequela di stronzate.
-Non mi avete lasciato altra scelta, Harwald! Se vengo a mancare la mia famiglia è perduta! Non potevo permetterlo senza combattere, tutto perché ho osato eccedere con la magia del sangue!? La nostra terra basa le sue fondamenta sul sangue degli elfi e dei primi popoli! C’è già del movimento fra le file nascoste di Minrathius, vengono chiamati i primi Venatori. Perché dobbiamo essere da meno!? Verrà il giorno in cui noi Tevinter ci riprenderemo il mondo che ci aspetta! Con la forza! Con il sangue! Torneremo agli albori e controlleremo tutto il Thedas! Perché non volete capirlo!? - La sua voce si fece ancora più strozzata, mia madre aveva scelto di stringere la presa e di lì a poco le spine iniziarono a penetrare la carne flaccida della sua gola.
-La magia è fatta per essere sfruttata dall'uomo, non l'uomo che viene sfruttato da essa.- Sibilò papà facendo un cenno dolorante verso mia madre. Lei non sbatté nemmeno le palpebre, conficcò le unghie nei palmi delle mani e il sangue prese a fluire in un vortice di densa schiuma nera.
-Oddio no! NO! Padre, aiutami! Dorian...- Rilienus cercò di allungarsi verso di me con le mani tese, ma ben presto fu raggiunto dai rovi. Un colpo netto e gli saltarono via i polsi crollando a terra in spruzzi di sangue caldo che mi colpirono la faccia.
-Non osare pronunciare il nome del mio bambino, sudicio verme immondo. Il mio bambino tornerà a casa con noi, solo con noi, e verrà ri-educato dai suoi genitori. Hai osato farti beffe di lui solo perché è ammalato, ma ci penserò io a curarlo. Ci penseremo noi a farlo tornare "normale", a farlo sposare con una bellissima altus e avere tanti eredi in giro per casa. – I rovi continuarono a vorticare avviluppandosi intorno al corpo nudo di Rilienus, vidi distintamente che si insinuarono fra le sue cosce spingendo dissacranti e violenti. Trattenni un conato di vomito nascondendo lo sguardo a quello spettacolo raccapricciante, le sue urla strazianti avrebbero mandato in frantumi tutti i vetri della stanza.- Già. Ci penseremo noi a lui, ma adesso a te non resta che morire.- Finì la frase decapitandolo di netto con un gesto ampio del braccio. La sua testa rotolò fra di noi, giusto il tempo perché Ulio vedesse il suo unico erede venir ucciso davanti ai suoi occhi, per poi fare di lì a poco la sua stessa fine.
Ero scioccato.
Ero abituato agli omicidi e alla magia del sangue, ma sapere che l'uomo che mi aveva tradito era stato proprio Rilienus, mi aveva annientato ogni pensiero. Le lacrime calde e amare iniziarono a mischiarsi al sangue sul pavimento, vergogna mista a delusione. Era morto.
Di nuovo fu solo il frastuono e un lento, costante, sibilo nelle orecchie fu l'unico suono che continuai a sentire. Solo qualche altra frase mi raggiunse: -Caricate nostro figlio sulla nave, lo riportiamo direttamente a Quarinus.- -Darò fuoco personalmente a tutto e tutti in questa villa, nessuno dovrà mai più levarsi contro la famiglia Pavus.- -Una volta a casa penseremo alla tua rieducazione sessuale, Dorian.-
Buio.
Quello che avvenne dopo scosse le fondamenta dell'Impero, nemmeno io compresi fin da subito la portata di quel sasso buttato quasi per gioco nello stagno. Forze più antiche stavano risorgendo e manovre politiche avrebbero scelto di giostrare intorno agli avvenimenti di quella notte: primo su tutti fu l'omicidio di Thorold Tethras. La resurrezione antica dell'impero doveva partire dal buon nome del Magisterium e un elemento scomodo come  Maevaris Tilani avrebbe dovuto ricevere una bella lezione.
Mio padre rischiò il suo seggio e rimase precariamente solo a patto di tenermi recluso nella nostra villa a Quarinus, lì si sarebbero occupati i "curatori" di educarmi correttamente. Mesi di prigionia, mesi di restrizione, mesi di punizioni mentali finché una notte non raggiunsero il culmine: castrazione magica degli impulsi invertiti. Quella notte scappai, grazie all’aiuto della mia balia, e giurai di non rimettere mai più piede nell'Impero, rinnegai la mia famiglia e loro fecero lo stesso con me.
Solo una frase: -Tu non sei più mio figlio.-


***
 
-AH!- Sobbalzai spalancando gli occhi.
Il fiato corto e le mani che tremavano strette sulle coperte.
Cercai di regolare il respiro che non voleva smettere d’annaspare, finché un paio di braccia calde e gentili non mi cinsero la schiena attirandomi a sé.
Creatore, meno male!
Le mani grandi rimboccarono le coperte alla cieca, nel mentre due labbra addormentate mi baciarono la punta del naso. -Dory, va tutto bene, ci sono qua io.- Bisbigliò nel dormiveglia.
Persino mentre era incosciente se ne usciva con quelle frasi da scemo con smanie d’eroismo e protezione nei miei confronti, nonostante sapesse fossi io il mago più potente fra i due.
Eppure adoravo quel modo di farmi sentire al sicuro. 
Sorrisi rassicurato e adagiai la fronte contro la sua spalla lasciando che la matassa di capelli ricci mi solleticasse la faccia. Respirai a fondo aggrappandomi alla casacca del pigiama, ero felice che quello appena vissuto fosse solo un incubo risalente ai miei ricordi.
Gli accarezzai una ciocca fulva approfittandone per guardarlo qualche istante, mi scappò un sospiro nel vederlo così puro e semplicemente complicato: sorrideva come un bambino quando mi abbracciava e questo ogni volta mi annientava senza speranza. Detti un piccolo bacio sulla sua guancia liscia e lentigginosa, si agitò appena.
Forse era vero che ogni tanto i sogni si realizzavano, e che come dicevano al Circolo: le vie del Creatore erano imprevedibili, ma dopotutto mi avevano portato qua nell’Inquisizione, e di conseguenza da lui. Marathe J. Carter.
Era più facile la mia vita da quando ogni mattina mi svegliavo e mi ritrovavo la sua voce petulante a darmi il buongiorno, le sue lamentele alleggerivano i miei pensieri, i suoi giochi spensierati mi facevano tornare fanciullo, e i suoi baci anestetizzavano ogni brutto ricordo.
Forse nemmeno sapeva l’effetto che mi faceva, ma andava bene così, andava tutto bene così, persino in quel momento mentre aveva preso a russare come un cucciolo di mabari.
-Grazie, Amatus.- Sussurrai poco prima di lasciargli un breve bacio sulla bocca.
Chiusi gli occhi e tornai finalmente a dormire beato.


 
Note finali e ringraziamenti vari ed eventuali.
Sei vivo? Insomma, sei arrivato qua, quindi deduco che non è stato poi così terribile ciò che hai letto.
Chiedo umilmente scusa per la quantità di dolore che ho causato a questo poverino, ma aimé ho solo romanzato un po’ parte degli eventi che hanno caratterizzano la sua vita.
In game di Rilienus se ne parla pochissimo, un misero dialogo con Cole, ma in qualche modo volevo metterlo in mezzo e soprattutto motivare il “rapimento” a casa degli Abrexis, il tutto condito dalla bellissima presenza di Mae. Detto ciò mi rendo perfettamente conto che questi due capitoli siano stati un bel misto di fanservice, ma ogni tanto ci vuole v.v
Grazie di averne fatto parte fino alla fine.
Baci.
  
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