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Autore: Ayla    22/01/2018    0 recensioni
Isabel è una ragazza come altre, con i suoi problemi adolescenziali e un ragazzo per cui ha perso la testa; ma anche timida, introversa, maldestra ed insicura per il suo aspetto fisico, non conforme ai canoni di bellezza posti dalla società come un corpo da modella.
Improvvisamente il suo mondo si stravolge, una serie di eventi a lei incomprensibili e nuove amicizie entreranno nella sua così normale vita, catapultandola in un mondo dove esistono creature che ormai erano divenute protagoniste solo di leggende.
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1. Capitolo Uno


-Ti conviene andare avanti senza di me, altrimenti se aspetti questa palla al piede che ti segue arriverai tardi a scuola-.
La ragazza che si trovava di fronte a me si girò e sorridendo rispose gentilmente: -Lo sai che non ti lascerei mai da sola! E poi scusa, chi sarebbe questa “palla al piede”?-
-Io, conosci qualche altra ragazza con più grasso di muscoli e ossa?-.
Lei si avvicinò e mi ammonì dolcemente: -Isabel, vai avanti con questa storia da anni e lo sai che solo perché sei grassa non ti meriti di essere messa ad un livello inferiore a qualsiasi altra ragazza. Hai capito?-.
Ebbene sì, cari lettori, io sono Isabel, una ragazza non proprio come tutte le altre. Cosa ho di speciale? Oh, credetemi è una cosa enorme, ma se ve lo dicessi ora rovinerei tutto. Tornando a quel momento solo una cosa mi tormentava: un po’ troppo peso in più rispetto alla norma. Cosa ci potevo fare? Sin da quando piccola non sono mai riuscita a mantenere un certo peso-forma, credo che la colpa fosse del mio metabolismo, non funzionava come quello di una persona normale, era troppo lento. Ok, forse era colpa anche di tutti quei dolci che mangiavo, ma adoravo il cioccolato e le torte che preparava mia madre erano le migliori di tutto il paese (non per nulla è la pasticcera migliore presente a Rotterville). Inoltre in diciassette anni di vita ho tentato di tutto: esercizi, palestra, corsa e diete di ogni genere ma niente... Nessun risultato… Nada de nada… Per questo motivo abbandonai ogni speranza di perdere peso.
Ogni mattina era sempre la stessa storia: io, lenta, per nulla agile e una frana nelle attività fisiche, affannavo dietro a lei, leggiadra, con una massa di capelli lisci castani e lunghi fino alla fine della schiena e sicura di sé.
Ma chi era la ragazza che da una decina di minuti stava camminando pazientemente davanti a me?
Lei era la mia migliore amica, la mia amica d’infanzia Julie. A volte stento a credere come io e lei abbiamo condiviso un’amicizia che ci lega da quanto eravamo bambine: io e lei eravamo due poli opposti.
Julie era femminile, estroversa, solare e diceva ciò che pensava senza alcun problema; io, invece, per quanto mi impegnassi non riuscivo ad essere femminile, uno scaricatore di porto era più leggiadro e aggraziato di me. Ero timida, appena tentavo di parlare con qualcuno la lingua mi si attorcigliava facendomi emettere soltanto suoni e parole sconnesse e non amavo, e non amo tutt’ora, mettermi al centro dell’attenzione per cui raramente esternavo i miei pensieri. Questo mi faceva apparire come una ragazza di poche parole, a cui piaceva starsene sulle sue e venivo presa in giro dai miei compagni di classe per il mio aspetto fisico.
Ah, se solo avessero saputo chi fossi realmente...
-Sei molto gentile Julie. grazie- l’ho detto che sono di poche parole, no?
Poco dopo lei si avvicinò a me e cambiò argomento annunciandomi: -Sai, domani sera esco con Lucas!-.
Mi girai di scatto verso di lei e con occhi sgranati quasi le urlai in faccia: -Cosa?! E questo chi è ora?-.
Con aria innocente e trasognata mi rispose tranquillamente: -Lucas è quel ragazzo del club di calcio, bellissimi capelli neri, magnetici occhi castani. Lo abbiamo incontrato in caffetteria la settimana scorsa-.
-Ah… Ora ricordo. Forse volevi dire il ragazzo che il tuo quaderno ha incontrato la settimana scorsa- vi ho già detto di come Julie sia sempre stata una calamita per i ragazzi e una romantica incallita? Spesso usavamo la caffetteria della scuola per studiare o ripassare insieme in vista dei test scolastici e lei aveva la mania di gesticolare molto, oltre che agitare in aria qualsiasi cosa tenesse in mano, quando parlava concentrandosi su qualcosa. Più si concentrava più gesticolava. Cosa c’entra tutto questo con la sua caratteristica di essere come il miele per le api quando si trattava di ragazzi? Bene, sta di fatto che la settimana prima stavamo ripassando per il test di letteratura del giorno dopo e Julie stava agitando in aria, quasi come un ossessa, il suo quaderno degli appunti, nel farlo buttò a terra la sua penna. Altra cosa: quando Julie è presa nel suo discorso, può anche iniziare una pioggia di meteoriti e lei continua imperterrita. Infatti non si era accorta di nulla mentre questo Lucas si chinò a recuperarle la penna, ma non appena si alzò per porgliela, Julie, senza accorgersene, gli fece volare dritto dritto sul naso il suo quaderno.
Se fosse successo a me state certi che nessun Lucas del club di calcio si sarebbe piombato sulla mia penna e, anche fosse, quella “quadernata” sul naso lo avrebbe fatto desistere da qualsiasi altro tentativo di approccio.
-Senti, non l’avevo fatto apposta! Gli ho chiesto scusa!-.
-E subito dopo lui ti ha voluto offrire un caffè… Ancora non capisco perché sia stato lui ad offrire qualcosa a te e non il contrario. Sul serio! Bastano solo i tuoi occhioni nocciola oppure qualche parola che in un attimo un ragazzo si butta ai tuoi piedi! Non è che in realtà tu discenda dalle sirene? Oppure è stato l’incontro tra il suo naso e i tuoi appunti che l’hanno confuso-.
Julie si mise a ridere e cominciò a fantasticare su dove sarebbero andati, cosa avrebbe indossato, di cosa avrebbero potuto parlare e stavo per andare in coma diabetico quando il suo tono di voce inconfondibile mi risvegliò in un attimo: -Buongiorno ragazze!-.
Julie si voltò e illuminò il suo viso con uno dei suoi soliti dolci sorrisi salutando in tutta tranquillità il ragazzo che ci stava raggiungendo. Per quanto riguarda la qui presente, il suo volto andò a fuoco, la bocca le si seccò e riuscì solamente a sussurrare un: -CiaoDavidcomestai?-.
Eh già, a differenza della mia cara migliore amica io non sono una romanticona, ma appena vedevo i suoi occhi blu, quei capelli biondi che sembravano così soffici, il mio cervello andava in tilt, vi era un sovraccarico di frasi intelligenti da poter dire e finivo sempre col balbettare cose insensate e cercare disperatamente di sfoggiare le mie frasi migliori.
Esatto, ero cotta a puntino.
Quello era l’unico caso in cui nel mio piccolo davo libero sfogo alle mie più sdolcinate fantasie.
David mi rivolse un sorriso e mi rispose: -Bene, grazie Isabel. Siete pronte per il test di matematica di domani?-.
Ah ah, come se mi importasse del test in quel momento, l’unico pensiero che avevo era “O mamma, ha sentito quello che ho detto e mi ha sorriso! Mihasorrisomihasorriso!” e puntualmente un sorriso beota mi affiorò sulle labbra, seguito poi dalla voce di David: -Come ti invidio Isabel-.
Mi destai dai miei pensieri e lo guardai interrogativa: -Come scusa?-.
-Sembri così sicura che pensavo che avessi studiato così tanto da non temere il test di domani-.
-Oh il test! Il test di domani… ho studiato sì… non chissà quanto... ma al momento non mi preoccupa. Voi?-.
Era la stessa storia di alcune, stupende aggiungerei io, mattine. No, non me andavo in giro con uno sguardo da stupida stampato in faccia, ma ogni tanto il nostro trio faceva il percorso da casa fino a scuola e viceversa.
Julie abitava poco lontano da casa mia, mi aspettava di fronte al mio cancello e poi procedevamo verso scuola.
David invece abitava proprio nel piccolo appartamento accanto a me. Io, David e Julie ci conoscevamo sin dall’infanzia ed erano gli unici veri amici che abbia mai avuto, che non mi avevano mai giudicata per il mio aspetto. A dir la verità da piccola passavo più tempo insieme a David che con Julie, poiché sia i miei che i suoi genitori sono sempre stati per via del lavoro, di conseguenza passavo le giornate a casa sua sotto l’attenta osservazione di Delhaila.
Delhaila era la vicina di David e si era offerta di farci da baby-sitter ogni qual volta i nostri genitori ne avevano bisogno, è una donna dolce e per questo la consideriamo ancora oggi come una zia.
Da bambina parlavo tranquillamente con lui e non vedevo l’ora di andare a casa sua, fosse per giocare o fare i compiti, purtroppo quella parlantina fluida si perse con la crescita e la consapevolezza dei miei sentimenti, lasciando spazio ai balbettii.
Per lui, invece, sono sempre stata una sua amica, niente di più… dannazione.
Tornando al presente, David non partiva da casa con me e Julie, ma spesso ci raggiungeva perché i suoi genitori erano molto più impegnati dei miei, per cui molte volte si trovava settimane intere a vivere da solo e la mattina ne approfittava per sistemare delle faccende di casa; oppure, nella maggior parte delle occasioni, faceva la strada con un altro suo amico conosciuto alle superiori.
Potrete quindi capire che per me quelle eccezioni erano ciò che facevano partire bene la mia giornata.
Julie cominciò a lamentarsi del fatto che non riusciva ad imparare nulla di matematica, qualsiasi formula memorizzasse, tempo due secondi e già l’aveva scordata: la matematica è il suo tallone d’Achille, lei e la materia scolastica sono sempre state su due pianeti diversi mai destinati ad incontrarsi.
-Se vuoi dopo scuola possiamo fermarci un po’ a ripassare-.
-Davvero lo faresti Isabel? Oh, che gentile che sei!- dicendo così si gettò su di me per abbracciarmi.
-Posso unirmi anche io?- io e Julie ci voltammo verso David e la mia amica stupita chiese: -Vuoi un abbraccio anche te?-. Io e David diventammo più rossi di un pomodoro, voltai gli occhi da tutt’altra parte mentre sentii David schiarirsi la voce: -Ehm… No no, intendevo oggi pomeriggio: posso unirmi al ripasso?-.
Julie assunse un’espressione riflessiva e poi rispose: -Se a Isabel va bene per me ci sta. Che dici?- si girò verso di me sorridendo e facendo cenni con la testa molto palesi verso David. Maledetto quel giorno in cui si è accorta che avevo una cotta colossale per il nostro amico, Julie ha un radar talmente potente per certe questioni amorose che a volte mi fa paura.
Ancora rossa in volto guardai in basso e balbettai un “anche a me va bene”.
-Perfetto! Quindi oggi pomeriggio tutti a cercare di salvarmi dal test di domani! Come vedi, Isabel, sono io la palla al piede e non te-.
David domandò perplesso: -Palla al piede?- in quel momento avrei voluto sotterrarmi o scomparire.
-Julie, ti prego. Non una parola di più- Julie rivolse gli occhi al cielo sbuffando ma continuò pretendendo di non avermi sentita: -Per favore David, puoi dire a Isabel che non è una palla al piede solo perché non è magra e agile?-. Arrossii violentemente e urlai il nome della mia amica per riprenderla e al tempo stesso guardavo ovunque tranne che nella direzione di David.
-Tu non sei per nulla un peso, anche se non sei magra o atletica, lascia perdere il tuo aspetto fisico, sei carina e simpatica così some sei- disse lui con tono pacato.
Sul serio?! L’aveva detto seriamente?! David mi aveva detto che ero simpatica e carina nonostante il mio aspetto! Mi ha detto che sono carina! Carina!
Dopo aver detto quella frase e aver visto la faccia gongolante di Julie, e il mio volto color pomodoro, David chiese se avesse detto qualcosa di sbagliato e la mia amica lo tranquillizzò dicendo che aveva ragione, passando il resto del tempo, fino all’arrivo a scuola, con un sorriso che le andava da un orecchio all’altro scambiando qualche parola con David, mentre io tenni sempre lo sguardo piantato a terra con le guance in fiamme.
Le prime ore di lezione sembrarono infinite e sinceramente non ci prestai molta attenzione, dato che le uniche cose a cui pensavo erano: la voce di David che mi diceva che ero carina, la parola carina e la sua voce… Carina… Carina. Sì, insomma, avete capito no?
La campanella che segnalava l’inizio della pausa mattutina mi salvò: David si allontanò come al solito per andare dai suoi amici, mentre Julie si avvicinò, prese una sedia e si sedette al mio banco di fronte a me con un foglio in mano.
-Dopo domani iniziano le iscrizioni ai corsi extra-scolastici! Hai già deciso a cosa partecipare?-.
-No, non credo neanche di voler far parte di uno di quei corsi. Tu ti iscrivi di nuovo a recitazione?-.
-Ovvio! Diventerò un’attrice! Sai, in tanti mi dicono che sono brava e potrei fare molta strada. Vuoi provare anche tu?-.
-Io? Recitare? Pft, il mio rapporto con il palco è ancora peggio del tuo con la matematica. No, non fa per me. Per nulla-.
-Mmm, ok. E cucina? O meglio! Pasticceria! Hai tua madre a casa che potrebbe aiutarti! Meglio di così!-
-Meglio di no, mi impegno moltissimo ma finisco sempre col fare qualche disastro e sinceramente un conto è rischiare di far saltare in aria casa mia ed un altro far saltare in aria la scuola-.
Julie mi guardò con un sorriso sinistro: -Beh, sarebbe un’ottima scusa per far saltare la scuola a tutti noi e renderci felici-.
La guardai sospettosa: -Stai scherzando, vero?-.
Lei mi sorrise e in tono dolce mi rispose: -Ovvio Isabel! Certo che non stavo scherzando! Tutti sarebbero felici di saltare la scuola per un bel po’!-.
-Julie…- ci fissammo per un po’ e scoppiammo a ridere, poi lei mi guardò nuovamente negli occhi, seria: -Però penso sul serio che tu potresti iscriverti ad un corso quest’anno-.
Mi accasciai sulla sedia: -Perché? Ho già il pensiero dello studio e di aiutare mia madre con la pasticceria…-.
-Per fare nuove conoscenze e non startene sempre chiusa in casa- si intromise Julie.
-Non cominciare a fare la mamma ora… sto bene anche così- adoravo la mia amica, ma se c’era una cosa che non sopportavo di lei era quando si preoccupava troppo per me e si comportava da madre.
-Avanti! Ti può aiutare ad affrontare le persone! Pensi che potrai conquistare David a suon di balbettii e facce rosse? Se non impari a parlare anche con altri non riuscirai ad esprimere i tuoi sentimenti al ragazzo che ti piace!-.
Stavo per ribattere quando una voce impastata dal sonno emerse dal banco dietro di me: -Insomma voi due… smettetela di essere così rumorose- la frase fu seguita da un rumoroso sbadiglio. Entrambe ci voltammo verso la fonte della voce: -Buon giorno bello addormentato, da quanto è che dormi Chris?- scherzò Julie.
Chris alzò gli occhi grigi ancora velati dal sonno e con una mano spostò indietro i capelli lunghi mossi e castani che gli erano caduti davanti al volto: -Vorrai dire da quando ho cercato di dormire… durante le lezioni ho provato a chiudere occhio, ma ad un certo punto ho notato che la professoressa di lingua straniera ha deciso di fissarmi, pronta a sfoderare la sua penna e scrivermi un richiamo nel caso in cui mi fossi addormentato-.
-Hai mai provato a fare qualcosa per questo tuo problema?- Chris inspirò ed espirò profondamente: -Fidati, non è una cosa che può sparire. Ho provato di tutto ma posso solo alleviare la sonnolenza e non farla sparire. Comincio a credere che il commercio del caffè sia aumentato grazie a me-.
Chris lo abbiamo conosciuto all’inizio del liceo e come avete potuto capire ha un leggero problemino: soffre di sonnolenza e a volte mi chiedo come il caffè non si sia estinto date le enormi quantità che beve. Non l’ho mai visto una mattina completamente sveglio, di solito riesce a fare qualche pisolino durante le lezioni oppure durante la ricreazione e, nonostante il caffè e le dormite, non gli bastano per ricaricarsi ed essere attivo come tutti i comuni mortali. Infatti una cosa in comune ce l’abbiamo: siamo dei perdenti nelle attività fisiche.
D’altro canto le sue scarse abilità fisiche vengono ben compensate dalla sua intelligenza e memoria: una sua abilità che invidiamo tutti quanti è quella di riuscire a immagazzinare le informazioni che sente anche mentre dorme, è molto intelligente ed è soprattutto bravo in informatica. Altra sua caratteristica che lo contraddistingue dagli altri miei compagni di classe è la sua carnagione: talmente pallida da poter quasi far concorrenza alla luna.
Julie lo fissò per un po’ e poi chiese: -Chris, anche quest’anno farai parte del club informatico?- lui ricambiò con uno sguardo ancora assonnato e confuso: -Certo, è l’unica cosa che riesco a fare decentemente nonostante la mia sonnolenza cronica, perché?-.
A quella risposta Julie si alzò dalla sedia: -Hai visto Isabel?- disse trionfante puntando l’indice verso il ragazzo -Nonostante sia un sonnambulo cronico è iscritto a un club per cervelloni!-.
Chris protestò: -Hey! Vacci piano con le parole-.
La mia amica continuò facendo finta di non aver sentito: -Se ce l’ha fatta lui puoi benissimo trovare il corso adatto a te! Guarda- mi allungò un foglio che presi con fare molto diffidente, con lei non si sa mai in che cosa ci si va ad infilare.
-Non è qualche altra pubblicità strana di locali strani con serate strane che attirano solo gente strana, vero?- le dissi guardandola con fare cauto.
Julie sbuffò e roteando gli occhi mi rispose: -No, Isabel è solo la lista dei corsi extra-scolastici disponibili a scuola. E poi non sono locali strani con serate strane, sono discoteche o locali dove fanno serate in cui si balla, Isabel, si balla e si chiacchiera. Tanto ci ho rinunciato, ogni volta te ne stavi in disparte e non ti divertivi e sai che non voglio questo-.
Mi girai appoggiando le spalle al muro dietro di me borbottando: -Sai che non mi sento a mio agio… Così diversa tra tante ragazze carine che riescono a parlare con sconosciuti come se nulla fosse- e mi concentrai sul foglio che lei mi aveva appena porto.
Julie si curvò verso me: -Non che sia sempre una cosa positiva, sai quanto io tenda a non dare confidenza agli sconosciuti. Perciò sono contenta che tu sia “così diversa tra tante ragazze carine” e mi salvi da situazioni imbarazzanti- mi sorrise e mi pungolò il braccio, dopo di che si sporse di più e spostai il foglio con l’elenco dei corsi di modo che potesse vedere anche lei.
Chris fece ricordare la sua presenza: -Non pensavo che tu, Julie, potessi essere così responsabile su certi argomenti-.
Lei alzò lo sguardo puntandolo su di lui: -Beh sai, non è che mi diverta tanto l’idea di poter finire nelle grinfie di uno sconosciuto. Potrebbe rivelarsi un depravato come no… Cortese da parte tua riconoscere che anche io ho una qualche forma di intelligenza… Nerd-.
Chris sbuffò: -Quante volte te lo devo dire che solo perché mi piace l’informatica, faccio parte di un club informatico e non sono così socievole, debba ritenere chiunque che non sia io, o i miei compagni di corso, delle capre o forme di vita prive di cervello. Soprattutto non vuol dire che siamo dei nerd, semplicemente ci piace il mondo digitale niente di più niente di meno- Julie sembrò pensarci un po’ su e poi commentò con un “sarà” e alla fine entrambi si sporsero per poter guardare i club scolastici ed attendere la mia risposta.
Siccome mi stavo limitando a leggere e basta cominciarono a proporne qualcuno immaginandomi in scenari diversi: passai da futura insegnante di matematica a conquistatrice del mondo in un batter d’occhio. Dopo aver passato una buona manciata di minuti sommersa dai loro film mentali l’occhio di Julie cadde su un club particolare: -Perché non ti iscrivi al corso di Nuoto?-.
Chris si sporse di più in avanti: -Esiste davvero un corso del genere? Non sapevo neanche che in questa scuola esistesse una piscina…- concordai con lui ma a quanto pare Julie era fissata nel farmi partecipare a quel corso e quando lei si metteva qualcosa in testa, chiunque faceva fatica a togliergliela. Mi voltai verso di lei: -Visto che sei così fissata con questa attività extra-scolastica, perché non ti iscrivi tu? Tra l’altro io e l’attività fisica non siamo molto amiche-.
Lei mi fissò per un po’ e in tutta tranquillità mi rispose: -Come ti ho appena detto io mi iscrivo nuovamente al corso di recitazione, mi piace e ci rimango. E poi mai dire mai. Avanti Isabel! Potresti fare nuove conoscenze! Potresti far vedere a chi sta lì fuori di che pasta sei fatta! Che non sei la “ciccia e ossa” che tutti pensano tu sia! Ma che ci sia ben altro dentro di te!- rassegnata accettai la sua proposta. Ancora oggi non so se ringraziarla o strozzarla per avermi convinto ad iscrivermi, però sapevo che lo stava facendo per il mio bene… quindi diciamo che solo per questo motivo mi limiterò ad appenderla da qualche parte.
Il resto della mattinata passò in fretta e arrivò l’ora del ripasso in caffetteria insieme a Julie e David. Poco prima di uscire dall’aula il nostro amico ci riferì che ci avrebbe raggiunto a breve, avevamo deciso di saltare la mensa e prendere qualcosa in caffetteria così io e la mia migliore amica cominciammo ad incamminarci verso la meta.
-Se vuoi posso fare finta di avere un impegno e tornare a casa…- propose lei dopo aver trovato posto ad un tavolino.
La caffetteria era un posto tranquillo e spazioso sia all’interno che all’esterno garantendo a molti studenti la possibilità di rilassarsi o studiare in qualsiasi stagione dell’anno. L’interno era accogliente, la pianta rettangolare forniva molti posti a sedere, tre pareti erano di colore arancio chiaro dando una sensazione di energia e solarità all’ambiente, mentre la parete che dava sulla terrazza esterna era bianco candido. I tavolini erano per lo più tondi e neri in ferro battuto come le sedie, solo i tavolini vicino alle pareti avevano forma rettangolare e i ripiani erano in vetro. Le pareti erano decorate con scritte nere arzigogolate di autori passati e mensole colorate con piccole piante fiorite o piante grasse. In un angolo di fronte al bar vi era una libreria di medie dimensioni piena di libri da lettura, di modo che chiunque avesse voluto solo rilassarsi poteva scegliersi un buon libro e passare il resto della giornata a leggere.
L’esterno era costituito da una tettoia in legno grande e piante da fiori delimitavano il perimetro, i tavoli erano a forma rettangolare o quadrata sempre in ferro battuto con i ripiani in vetro, stavolta le sedie erano in vimini con morbidi cuscini di tonalità grigio caldo.
Sul serio, adoravo quel posto. Era attaccato alla scuola e aveva un doppio accesso: uno da quest’ultima ed uno dall’esterno poiché la caffetteria restava aperta fino a sera tardi per tutti, sia fosse gente comune, sia fossero studenti che la usavano soprattutto come punto di ritrovo per studiare con i propri compagni di classe.
Dopo aver preso i libri dallo zaino mi rivolsi a Julie: -Non ci pensare neanche, domani abbiamo il test di matematica-.
Julie sembrò rifletterci un attimo poi rispose: -Hai ragione, meglio fingere di stare male, così ho anche una scusa per saltare scuola domani-. A quel punto presi il testo di matematica e lo mollai davanti alla mia amica, lei sobbalzò per il tonfo: -No, Julie, tu domani farai quel test e dimostrerai a tutti che quel cervello può memorizzare le formule-.
Lei mi guardò con tono di sfida, misto ad orgoglio: -Vedo che impari in fretta a ritorcere contro gli altri le proprie frasi-.
La fissai di rimando: -Ho imparato dalla migliore sull’argomento-.
Poco dopo ci raggiunse anche David e cominciò il pomeriggio all’insegna dello studio/salvataggio di Julie. Fu divertente cercare strategie strambe per far ricordare alla nostra amica le formule più ostiche e teoremi vari, i quesiti di matematica sembravano più divertenti con David che ci faceva compagnia e devo ammettere di essermi distratta due, tre volte. Ok, non così poche, diciamo qualche volta, ma a mia difesa posso dire che accadeva solo dopo che lui si congratulava con me per la mia bravura nella materia. Voi avreste fatto lo stesso, non mentitemi, dopo che un vostra cotta vi ha fatto un complimento, non tornate sulla terraferma in 0.01 secondi.
Siamo usciti dal locale quasi ad ora di cena e tutti e tre ci incamminammo verso casa. Arrivati davanti alla mia umile dimora Julie ci salutò ma noi insistemmo nel volerla accompagnare a casa vista l’ora e il buio serale tipico autunnale, la mia stagione preferita. Stranamente cedette quasi subito alla nostra proposta e poi capii: non avevo tenuto conto del ritorno, io e David saremmo stati da soli, completamente soli. Julie non abitava così tanto distante da casa mia e di David, ma neanche così vicino.
Il viaggio di ritorno si prospettava essere silenzioso ma poi lui mi chiese: -So che abbiamo solo diciassette anni per cui c’è ancora un po’ di tempo… Ma hai già qualche idea di cosa fare dopo la scuola?-.
Senza fissarlo gli risposi: -Credo che frequenterò un corso di Economia. Voglio aiutare in qualche modo mia madre con la pasticceria e siccome sono una frana in cucina devo trovare una strada alternativa. Tu?-.
I nostri sguardi si incrociarono e io tentai in tutti i modi di non arrossire: -Io? Io non ne ho ancora idea… vorrei fare un lavoro che in futuro mi permetterà di essere più presente per la mia famiglia… diciamo che non vorrei che i miei figli possano passare una vita come la mia. Non incolpo i miei, so che loro lavorano per mantenermi… è solo che a volte li vorrei avere vicino e invece devono partire per qualche viaggio di lavoro chissà dove e per chissà quanto tempo- il suo sguardo si intristì per un momento, poi però scrollò la testa e sorrise di nuovo -Sto facendo dei piani che andrebbero troppo in là con il tempo, vero?-.
-No! Per nulla!- ribattei io: -È giusto pensare come vorremmo vederci fra qualche anno e a cosa fare per conquistare quel sogno, o almeno provarci-.
Ci sorridemmo a vicenda e nel frattempo avevamo raggiunto le nostre case, ci salutammo e ci avviammo ognuno al proprio cancello. Non appena inserii la chiave nella serratura della porta di casa sentii una fitta al fianco sinistro, mi piegai dal dolore, sentivo come se qualcosa mi stesse bruciando la pelle, per cui esclusi che il dolore provenisse da qualche organo interno. La fitta durò qualche secondo e poi la sensazione di bruciore si fece più sopportabile ed entrai in casa. Mi appoggiai con la schiena sulla porta. Non volevo preoccupare i miei genitori per cui cercai di non farmi sfuggire alcun lamento, tolsi la giacca e sollevai il maglioncino per controllare cosa fosse e con mia sorpresa non trovai assolutamente nulla.
  
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