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Autore: Nocturnia    22/01/2018    3 recensioni
Ghiaccio e whisky; un cask strength, Tasmanian single malt.
Wesker solleva appena lo sguardo, la fissa.
"Dove l'hai preso?"
Alex ne beve un sorso, si siede sul bordo del bancone del bar.
"Lo sai benissimo."
Wesker continua a fissare il bicchiere mezzo pieno - il liquido ambrato che cattura i riflessi di sangue che gli macchiano gli zigomi, la camicia.
"Dovrei ammazzarti come la ladra che sei."
Alex libera una risata a metà, cosce nude, un viso pulito - libero dal trucco di scena.
"Dovresti."
Genere: Angst, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albert Wesker, Alex Wesker, Claire Redfield, Ozwell Spencer, William Birkin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Bang Bang'
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Disclaimer: Albert Wesker, Alex Wesker, Chris Redfield e tutti gli altri personaggi appartengono a Shinji Mikami, alla Capcom e a chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell'autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.




"She was not alone in her respect for him.

Because he is more than a boss to people.
He’s a religion for non-believers."
- Carla H. Krueger -





Bang bang




I'm in a little bit of trouble,
and I'm in real deep.

È veloce.
È leggera, e praticamente nuda.
Segue il ritmo del sassofono di Sidney Bechet come se le appartenesse, ignora ogni altra ballerina - conquista la scena, la domina.
Rapida, frenetica: un gioco di piedi in en dedans che toglie il fiato agli spettatori.

A lui.

"È brava." commenta William, disegnando anelli di fumo nell'aria "Dovresti assumerla."
Il palco vibra, i suoi occhi bruciano.

Lo cercano.

Alexandra Fayer scatta in avanti e schiaccia ogni altra replica.


From the beginning to the end,
he was no more than a friend to me.

Non ha paura di lui; questo può vederlo chiaramente.
Scivola con lo sguardo lungo le pareti del suo studio, analizza ogni dettaglio - lo scompone, e gli sembra quasi di cogliere un baluginio famelico quando individua un quadro del Caravaggio.

Amor Vincit Omnia.

"Sei stata... notevole."
Non è giovane, Alexandra - non è vecchia.
Senza tempo, immutabile - una statua pallida e le cui labbra sanguinano a ogni parola.
Inclina il mento verso di lui, lo fissa - rimane semplicemente, in piedi davanti alla sua scrivania.
Sandali dorati, fili neri lungo i fianchi, solo una collana di perle a coprirle i seni - Alexandra Fayer si comporta come se fosse la padrona di quel posto e Wesker si chiede se sia semplice stupidità oppure arroganza.
"Il mio amico mi ha suggerito di assumerti."
Alex alza un sopracciglio, tace.
"Dice che assomigli a Josephine Baker."
"Uhm."
"Che il tuo modo di ballare potrebbe incrementare notevolmente le entrate del locale."
Wesker tamburella con le dita sul bracciolo della poltrona, lo stringe.
"Non si presenterà un'altra occasione come questa." sottolinea, irritato.

Contraddetto dal suo silenzio.

"Neanche a voi." ribatte Alex, spostando il peso da un piede all'altro.
Wesker si chiede se abbia sentito bene, socchiude gli occhi - piega le labbra in una smorfia.
Alexandra Fayer snuda i denti e sorride.


The thought is makin' me hazy,
I think I better sit down.

Una reminiscenza dei riti orgiastici dei neri, così l'aveva definito Ashford.
Nulla più che un prurito che il diritto di voto alle donne aveva scatenato, la sentenza.
Wesker sfoglia i libri contabili senza davvero ascoltarlo, coglie il sospiro esasperato di William, la vibrazione della musica sotto i suoi piedi - nel petto.
Alfred Ashford arriccia le labbra sui denti, trattiene tra le dita un bicchiere di whisky torbato.
"Una bella puttana; indubbiamente sai come far divertire i tuoi clienti, Albert."
"La tua fornitura è incompleta."
Alfred gli rivolge uno sguardo confuso, Birkin soffoca una risata.
"Come?"
Wesker chiude con uno scatto secco l'eleco degli alcolici, lo fissa senza battere ciglio.
"Mancano tre casse di bourbon, due di rum e cinque di brandy."
Afred apre la bocca, la richiude - incerto.
"I nostri fornitori della Florida sono stati... come dire..." muove le dita in aria, Ashford, deglutisce "difficili."
Il suono della batteria accompagna l'improvvisazione del solista, il fischio d'approvazione di William quasi lo distrae dal viso arrossato di Alfred.
Qualcuno dal pubblico grida, la platea esplode - Ashford arretra.
"Non è la prima volta che succede, Alfred."
"Si è occupata Alexia dell'ordine." la scusa - patetica.
Wesker tace, si alza - avanza.
Appoggia una mano sulla spalla di Alfred, sorride - Alex danza, e William batte il piede destro al ritmo sincopato della musica.
"Troveremo un modo di risolvere questo increscioso errore, Alfred."
Wesker gli toglie il bicchiere di mano, stringe - lo rassicura.
"Perché di questo si è trattato, no? Un terribile errore. Nulla che non possiamo superare. Insieme."
Alfred annuisce, comprende - troppo tardi.
Alla sua sinistra Alex divora il palco e tutto ciò che contiene.


Cause like the sweetest serenade,
bet he knows he's got it made with me.

Ghiaccio e whisky; un cask strength, Tasmanian single malt.
Wesker solleva appena lo sguardo, la fissa.
"Dove l'hai preso?"
Alex ne beve un sorso, si siede sul bordo del bancone del bar.
"Lo sai benissimo."
Wesker continua a fissare il bicchiere mezzo pieno - il liquido ambrato che cattura i riflessi di sangue che gli macchiano gli zigomi, la camicia.
"Dovrei ammazzarti come la ladra che sei."
Alex libera una risata a metà, cosce nude, un viso pulito - libero dal trucco di scena.
"Dovresti."
"Ho ucciso per molto meno."
Alex finisce in un colpo solo il suo bicchiere, lo appoggia vicino al suo.
"Anche io."
Wesker si alza di scatto, le artiglia i capelli della nuca - strattona, e l'attira contro di sé.
"Hai frugato nel mio studio."
Alex alza un sopracciglio, divertita.
"Colpevole."
Wesker rafforza la presa, corti fili dorati che gli sfuggono tra le dita.
"Piccola ingrata."
Alex si umetta le labbra, sorride - gli regala di nuovo quella piega arrogante che ha avuto sin dal primo giorno all'Umbrella.
"Poteva andarti peggio."
Wesker estrae la pistola, gliela punta sotto il mento.
"Potevi non scoprire mai che dietro gli Ashford c'era Spencer e la sua vecchia combriccola d'inglesi snob. Che il taglio delle provvigioni dalla Florida sarebbe stato solo il primo di molti. Che tu eri il prossimo sulla sua lista."
Wesker le cerca gli occhi, preme - una Smith & Wesson, guance del calcio in madreperla, tamburo a sei cartucce, calibro 22.
Alex gli incide la pelle del polso con le unghie, polpastrelli freddi, asciutti.
"Possiamo batterlo."
Silenzio.
"Possiamo eliminarlo dal mercato."
Allunga il viso verso il suo, si alza sulle punte dei piedi - piccola, ridicolmente fragile.
"Raccoon City può essere tua."
"E tu cosa ci guadagni?"
Arma il cane, il tamburo ruota - click click click.
"Tutto."
La vendetta è un veleno che scorre sotto la pelle e corrode.


Twisting round on a carousel,
this speeds' too much to stop.

Il sangue di Spencer è antico - vecchio.
I suoi antenati arrivarono a bordo della Mayflower e prendersi ciò che volevano pareva solo la naturale conseguenza del loro diritto di nascita.
Alexandra Fayer gli nasconde la verità - tace, e resiste alle sue minacce con una pervicacia ammirabile.
Può puntarle una pistola alla testa oppure stringerle la gola fino a farle mancare il respiro, ma nulla sfugge a quel sorriso feroce - predatorio.
"Le motivazioni di una persona sono la sua anima, Al." gli ricorda William, reclinandosi all'indietro.
Wesker si stropiccia le palpebre, lo ignora.

Vorrebbe.

"Perché ti sta aiutando?"
"Vuole eliminare Spencer."
Birkin annuisce, lo sguardo perso - distratto.
"E cosa le ha mai fatto il buon vecchio Ozwell per meritare un simile trattamento, uhm?"
Wesker libera un suono frustrato, sbatte una mano sulla scrivania.
"Non lo so."
"Non sapere è la cosa peggiore, Al. La più pericolosa."
Birkin lo fissa, arcua un angolo della bocca.
"Se ci muoviamo contro Spencer non sarà come con gli Ashford: ci saranno ritorsioni. Agguati. Non basterà ammazzarlo: bisognerà eradicarlo dalla comunità criminale, cancellare i suoi insegnamenti, le sue leggi."
William congiunge le mani davanti a sé, si sporge in avanti.
"Sei pronto a farlo, Al? A fidarti di una ballerina?"
Wesker sostiene il suo sguardo e tace.


One second I'm thinkin' I'm feeling the lust,
and then I feel a lot.

"È una questione personale."
Non ammette repliche il suo tono, la sua voce.
"Sì."
"Non te lo stavo chiedendo."
"Lo so."
"Perché?"
Alex finisce di tracciare una linea nera sopra la palpebra, sbatte le ciglia una, due volte.
"Non ti riguarda."
Wesker le si avvicina, incombe - un'ombra calda e rossa.
"Non andrò in guerra senza saperne il motivo."
"Dovrebbe esserti sufficiente che il vecchio vuole fotterti, e anche per bene, Al."
Wesker intreccia le dita nei suoi capelli, tira - le rovescia la testa all'indietro con uno scatto secco del polso.
"Non chiamarmi in quel modo."
Alex espone la pelle delicata della gola, lo spazio morbido tra i seni - piccoli, che potrebbe stringere in una mano.
"Ma è il tuo nome, Albert."
Wesker si abbassa verso il suo viso, snuda i denti - li sfrega contro la guancia pallida.
"Non per te, Alexandra."
Alex accetta il dolore delle sue mani come se ne facesse parte da sempre.


Ooh that man is like a flame,
and ooh that man plays me like a game.

Il primo scontro con la gang di Spencer è sottotono - una nota a piè di pagina.
Nessun morto, qualche ferito; nulla che desti l'attenzione della polizia di Raccoon City.
Il secondo alza il tiro, e salta qualche testa - cinque morti in totale, tutti dalla parte del vecchio.
Il terzo ferisce due passanti, un bambino - i morti salgono a quindici.
Burton ne coglie le avvisaglie, ma non ci sono prove, e quando ci sono non sono mai sufficienti.
"Che figlio di puttana." mastica la nuova recluta, sbattendo il giornale sulla scrivania "L'Umbrella prospera sotto i nostri occhi e non possiamo fare niente. Niente!"
Barry sospira, si gratta la punta del naso.
"Chris, siediti."
Redfield digrigna i denti, lo ignora.
"È per colpa di gente come lui che le strade della città sono pericolose."
"Lo so." ribatte Barry, annuendo "Lo so, Chris, ma al momento non possiamo fare altro che sperare di beccarli in flagrante."
Chris gli rivolge uno sguardo irritato, occhi giovani, nel cuore tutta la convinzione di una giustizia acerba, priva di sfumature.
"Lo prenderò, Barry. Uno di questi giorni vedrò la sua faccia da cazzo dietro le sbarre."
Burton apre la bocca, non riesce a replicare - osserva Chris uscire dalla centrale di Polizia con il passo deciso dei soldati.

O dei martiri.

Da una foto in bianco e nero Albert Wesker ride di tutti loro.


My only sin is I can't win.
Ooh I wanna love that man.

La strage di Ognissanti, così l'avevano chiamata i giornali.
Avvenuta la notte tra il trentuno ottobre e il primo novembre, la stampa locale la ricorderà come uno degli scontri tra bande più sanguinosi a cui avevano mai assistito.
Gli uomini di Spencer, fino a quel momento rispettabile magnate inglese dell'industria automobilistica, erano stati trucidati e massacrati.
Il lavoro era stato capillare, efficiente: nessuno era stato risparmiato, o graziato.
Colpiti prima alle gambe, poi agli organi vitali; i pochi sopravvissuti erano stati messi in fila contro il muro del magazzino e finiti con un colpo alla nuca.
Persino Ozwell E. Spencer era stato ritrovato nella sua villa fuori città morto, il petto squarciato, il sangue una pozza fredda e scura attorno ai suoi piedi.
L'opinione pubblica ne era stata sconvolta, e aveva richiesto a gran voce un intervento immediato.

Per i bambini, avevano detto.
Per i nostri figli, la morale.
Per il futuro che ci meritiamo, la menzogna.

Tutti i distretti di polizia si erano attivati e persino Burton aveva dovuto ammettere che sì, questa volta si era superato il limite: un conto era trafficare bottiglie di liquori e puttane; un altro distruggere un'intera famiglia criminale in una sola notte.
L'Umbrella era stato esaminato in ogni angolo, rivoltato come un guanto.
Christopher James Redfield aveva personalmente guidato le operazioni, e la sua insoddisfazione era andata di pari passo con il sorriso sfacciato che esibiva a ogni retata il proprietario del locale - Albert Wesker.
"Non c'è nulla d'illegale in quello che faccio, agente Redfield." gli aveva risposto una volta, allargando le braccia davanti a sé.
"Vede? Solo acqua e ballerine."
Chris aveva continuato a cercare, imperterrito.
Tre mesi e due giorni dopo il caso era stato archiviato come irrisolto.


Ooh that man is on my list,
and ooh that man I wanna kiss.

La verità è sempre diversa da quella che la storia racconta.
Alex ricorda d'aver annusato la verità ancora prima che questa fosse enunciata - di averla raccolta con le mani sporche di sangue e fango.
"Merda!" aveva masticato William, ruotando Wesker su un fianco.
"Merda!" aveva ripetuto, strappandogli la camicia all'altezza del petto.
"Il proiettile non è uscito."
"Lo vedo." le aveva ribattuto, furioso "Dobbiamo estrarlo."
Alex non si era scostata quando Wesker aveva tossito sangue e bile, macchiandole la vestaglia bianca; aveva invece avvicinato l'orecchio alla sua schiena, ascoltando.
"Ha un polmone collassato."
Birkin si era voltato di scatto, un bisturi in mano e qualcosa di simile a delle pinze nell'altra.
"Dobbiamo prima drenare il sangue, poi pensare al proiettile."
Le aveva rivolto uno sguardo scettico, tra i capelli frammenti di vetro e calce.
"Non è la prima volta che mi succede." si giustifica Alex, ed è freddo sotto le sue mani Wesker, umido di sudore e adrenalina.
William tace, incide lo spazio tra le costole - vi infila una cannula sottile e dalla quale sgorga subito un fiotto di sangue nerastro.
Wesker inspira - un suono gorgogliante che mano a mano va regolarizzandosi.
Alex studia Birkin dilatare il foro che gli brucia il pettorale sinistro, cercare il proiettile - trattiene Wesker per le spalle quando il dolore supera la soglia dell'incoscienza.
"L'hai trovato?" bercia al suo indirizzo, guadagnandosi un'occhiata per nulla amichevole.
"Sì." ribatte William, ruotando le pinze ed estraendole di colpo.
"Sì, l'ho trovato."
Sotto la luce della lampada il proiettile appare un grumo deforme di metallo e carne; Birkin lo butta di lato, esamina un'ultima volta la ferita, controlla che non vi siano schegge o residui.
"Adesso la richiudo."
Alex tace, osserva le ombre scure sotto gli occhi di Albert, la mandibola contratta, il volto esangue.
"Potrebbe comunque morire nelle prossime dodici ore."
Silenzio.
"Un grazie sarebbe il minimo, sai?"
Alex ingoia quella parola assieme alle sue paure.


My only sin is I can't win.
Ooh I wanna love that man.

"Non l'ha fatto per te."
"Lo so."
William si stropiccia le palpebre, stanco.
"Spencer voleva tagliarlo fuori; figlioccio 'sto cazzo."
Alex si stringe le braccia sotto al seno, il tessuto della vestaglia rigido di sangue rappreso.
Birkin le rivolge un'occhiata in tralice, tamburella con le dita sul tavolo.
"Che cosa nascondi, Alexandra Fayer?"
Alex tace, continua a fissare le mattonelle del pavimento.
"O dovrei dire Alexandra Spencer?"
Silenzio.
"Tuo padre, uhm? Certo che ne hai di palle a lasciarlo ammazzare come un cane."
"Non era mio padre."
William ascolta, il caffè che va raffreddandosi nella tazza sbeccata.
"Non lo è mai stato."
"Ribellione giovanile?"
Alex soffoca una risata, sussulta - la vestaglia si schiude lungo le cosce, fin quasi al fianco.
"Non sono così puerile, William."
"No." concorda Birkin "No, Alexandra, non lo sei."
Si alza, appoggiandosi con una mano alla sedia.
"Immagino che questo ripaghi i tuoi anni di solitudine, uhm?"
Alex chiude gli occhi, curva le labbra.
"Oh, non hai idea di cosa possa davvero ripagarmi di tutto quello che il vecchio di merda mi ha fatto passare."
Birkin scivola con lo sguardo sul profilo esangue di Wesker, stringe le dita attorno allo schienale.
"Pensavo fosse solo una diceria. Una storia, di quelle che si mettono in giro per ingrassare la propria immagine."
Alex sospira, gli prende la tazza - storce il naso al primo sorso.
"Che Spencer collezionasse bambini orfani? Che li rendesse tali? Che alla fine ne abbia trovati tredici, e che solo due siano sopravvissuti ai suoi sogni di gloria?"
William abbozza un sorriso, si toglie un pezzo d'intonaco dai capelli.
"Questo ti rende quasi sua sorella, sai?"
Alex lo fissa, sgrana gli occhi.
Birkin osserva il suo stupore renderla improvvisamente giovane.


Now it's like I'm on a mission.
headed everywhere.

Non ne avevano più parlato.
Alex era tornata a ballare ogni notte sul palco dell'Umbrella, dietro l'oppio e l'alcol rendevano il tutto lontano, ovattato.
Birkin si era scoperto innamorato, e aveva cinguettato tutto contento la novità alla fine della sua esibizione.
Si chiama Annette, le aveva detto, sorridendo.
Non è un bel nome?
Alex aveva annuito, distratta.
Fa l'infermiera, aveva continuato, percorrendo lo spazio del suo camerino in ampie falcate.
Domani la porto fuori a cena; al Carlo's, il ristorante italiano sulla Quinta.
Alex si era tolta il mascara, l'eyeliner; aveva lasciato che diventassero tagli nerastri lungo le guance, il collo.
Dici che le piaccio, Alex?
L'odore dell'oppio mescolato al tabacco le annebbia la vista, i sensi: chiusa in quel piccolo spazio trova difficile ragionare, persino ribattere alle domande di Birkin.
Alex?
Buio.


And if it takes a little long,
and it feels a little wrong, who cares?

"Ti succede spesso?"
Alex stringe il bicchiere d'acqua, evita la sua domanda.
"Alex."
Non c'è rabbia nella sua voce, cattiveria.
"Da quanto?"
Alex si morde il labbro inferiore, chiude gli occhi.
"È colpa di Spencer?"
Silenzio.
William le appoggia una mano sulla spalla e sospira.


My baby fits the description,
and does it easily.

Annette è una donna sottile, elegante.
Vestita d'oro e rosso sorride al fianco di William, a raccoglierle i capelli un delicato intrico di perline e gemme.
Ride quando Birkin le sussurra qualcosa all'orecchio, e Alex si ritrova a fissarli con un misto di curiosità e divertimento.
Sopra di loro l'Umbrella ha appena iniziato il suo turno serale, sotto già da ore la gente ha cominciato ad arrivare.
Seduta sul bordo di un divanetto in pelle Alex dondola tra le dita guantate un rum invecchiato dieci anni - lascia che l'alcol le bruci il sangue, i pensieri.  
Gli avventori ridono con Annette e Alex si sente improvvisamente fuori posto - inadatta.
Qualcuno si sta esibendo sul palco - non lei - qualcuno sta parlando con Wesker - non lei.
Si umetta le labbra, appoggia il bicchiere sul vassoio vicino: forse è tempo di raccogliere ciò che resta di lei e andarsene.


A little Gable, some Astaire,
when he dances I can hardly breathe.

"Cosa stai facendo?"
Alex rimane immobile, le mani dentro la sua cassaforte, giù per gola il sapore amaro della bile e del rum.
"Me ne vado."
"Con i miei soldi."
Ruggisce la voce di Wesker, una vibrazione che scorre sotto la pelle, tra le cosce.
"Con i tuoi soldi." ripete Alex, alzandosi.
"La mia buonuscita." prosegue, guardandolo.
Wesker indurisce i lineamenti del viso, e Alex lo trova bello stretto in quel completo tre pezzi nero - il nodo della cravatta allentato, la giacca slacciata.
"Non ti ho dato alcun permesso di prenderli."
Alex assottiglia le labbra, le riduce a una linea sottile e bianca.
"Non ne ho bisogno."
Wesker avanza, Alex scarta di lato - veloce, leggera.
"Credi di poter entrare qui quando ti pare e piace e derubarmi solo perché ti ho lasciato fare una volta?
Alex si porta la borsa al petto, sorride - arretra ancora.
Wesker estrae la pistola, gliela punta addosso - la canna nulla più che una bocca nerastra in mezzo agli occhi.
"Potrei ammazzarti."
"Potresti."
"Nessuno verrebbe a cercarti."
"Nessuno." concorda Alex, fissandolo.
"Una ballerina qualsiasi. Un nome perso, sostituibile. Una donna come tante altre."
Alex non gli concede alcuno spazio, s'inclina in avanti - cerca i suoi occhi, inspira il suo odore, maninka e tabacco.
"Che ti ha fregato diecimila dollari."
"Non se ti sparo prima."
Alex infrange il suo respiro, un profilo di bianco vestito - etereo, morbido.
Lo bacia con la pistola ora alla tempia, la sua mano intorno al collo - segni violacei che non tarderanno a mostrarsi.
Lo bacia, e fa male.
Fa male, e sanguina Alex  - sotto le unghie, sulla bocca, dove la lingua ha trovato la sua pelle, il suo sapore.
Albert Wesker la solleva contro la parete adiacente e divora ciò che resta della sua fragile disperazione.


Someone call a doctor,
need some help to rescue me.

C'è una moneta caduta sotto la scrivania; un quarto di dollaro, forse.
Alex vi scivola sopra con lo sguardo prima d'essere catturata dalle sue dita, una bocca che soffoca, fianchi che si muovono tra le sue cosce con un abbandono quasi romantico.

Quasi.

Fotte esattamente come vive, Albert Wesker: sul ciglio dell'abisso e senza vergogna.
Alex è languida tra le sue mani, morbida; un corpo che si flette sotto le sue spinte, umido di voglia e sudore.
Intreccia le dita alle sue, preme - affonda.
Vuole farle male; vuole che supplichi, e preghi il suo nome e chieda perdono e...

Albert.

Wesker le cerca gli occhi, la bocca; Alex geme, ed è un suono improvviso, che rompe i suoi pensieri, la sua volontà.
Gli nasconde il viso contro il petto, viene - si consegna a lui come gli appartenesse da sempre.

Come se quello fosse il suo posto.

Sulla sua pelle Alex piange lacrime di sollievo e paura.


One second I'm thinkin' I must be lost,
and he keeps on findin' me.

Ha piedi piccoli, Alex; caviglie delicate, eleganti.
Potrebbe spezzarle con un colpo secco del polso; premere, e sentire le ossa rompersi, i tendini stracciarsi - i muscoli sfilacciarsi e ridursi a masse rossastre e cicatrizzate.
Le percorre il fianco in punta di dita, la curva del seno - sfiora con il pollice l'areola, il capezzolo.
Alex mormora qualcosa, si raggomitola vicino al suo corpo - attorno al suo collo le impronte violacee della sua mano.
Blandisce la linea piatta dell'addome, la piccola concavità dell'ombelico - scende, e la trova ancora umida d'entrambi.
La sua pistola non è molto lontana; più o meno alla stessa altezza della borsa di Alex.
Wesker si protende oltre la sua spalla, la solleva da terra - arma il cane, osserva il tamburo ruotare, allinearsi con il foro della canna.
Il respiro di Alex muta appena - una vibrazione che percepisce solo perché riverbera nel suo petto, tra le costole.
Non apre gli occhi, Alex, non cambia posizione: percepisce il freddo del metallo sotto il mento, l'odore del lubrificante per armi.
"Non lo farai."
Wesker posiziona l'indice sul grilletto, il pollice rilassato sul calcio - la mano sinistra ancora tra le sue cosce.
"Non se vuoi poi dover grattare via pezzi di cervello da un Caravaggio autentico."
Wesker esita, ed è allora che Alex ribalta le posizioni - getta via il revolver con il dorso della mano, lo sovrasta.
Schiude le dita sul suo petto, inclina il viso verso di lui - sorride quando avverte la sua erezione tra le natiche, sfacciata.
"Oh." lo prende in giro, abbassandosi ulteriormente.
"Oh." ripete lui, e la spinge all'indietro, piegandola poi sulle ginocchia.
Il primo affondo minaccia di ucciderla ogni volta.


Ooh that man is like a flame,
and ooh that man plays me like a game.
My only sin is I can't win
Ooh I wanna love that man.
Ooh that man is on my list,
and ooh that man I wanna kiss.
My only sin is I can't win
Ooh I wanna love that man.

Si era ripromesso che una volta sarebbe bastata; che dopo le avrebbe dato davvero la buonuscita che meritava.

Piccola ladra ingrata e arrogante.

William aveva ufficializzato la sua relazione con Annette, due mesi dopo si erano sposati.
L'Umbrella dominava la realtà degli speakeasy e Redfield girava a vuoto come il cane stupido che era.
Annette era poi rimasta incinta e Birkin aveva chiamato sua figlia Sherry perché appena nata mi ha subito ricordato una gigantesca ciliegia tanto era rossa e urlava.
Wesker si riflette nello specchio della sua camera adiacente allo studio - una grotta di pietra bianca e grigia, levigata e collegata direttamente ai tunnel di spaccio sotto il bar.
"Ti dona il blu." gli dice, e trattiene uno sbadiglio Alex - a terra seta rossa e lino bianco.
"Uhm."
Alex alza un sopracciglio, lo fissa arrotolata nel suo letto - tra quelle lenzuola che la loro voglia ha lasciato bagnate e umide.
"S'intona al colore dei tuoi occhi."
Alex lascia dondolare un piede oltre il bordo del materasso, posa lo sguardo sul calendario, distratta.
"Domani è Capodanno." mormora, sovrappensiero "Apro io lo spettacolo serale?"
Wesker si volta, segue il suo sguardo - trenta dicembre 1925.
Strano come quella che doveva essere la scopata di una notte sia poi diventata una tremenda quotidianità.


You know, I've been calling you for about two days now and I eh...
I wanted to see you darling, I really do, you know, because...

È nuda tra le sue cosce, e legge un libro di Hemingway - Addio alle armi.
Aggrotta leggermente le sopracciglia (lo fa sempre quando qualcosa la lascia interdetta), passa alla pagina successiva.
Le piacciono il teatro e i classici greci; la loro tragedia, il loro aver scritto la storia del mondo in archetipi immortali.
Le piace la forza di Era, la sua rabbia; ride di Zeus, e del suo essere un dio volubile e infedele.

Fallace, alla fine.

Ha pianto sul Grande Gatsby, cogliendo nella sua immagine lo spietato riflesso di un'epoca destinata a morire da lì a un paio d'anni.
Wesker respira tra i suoi capelli, le bacia una spalla - chiude gli occhi, ascolta.
Il cuore di Alex è l'unico suono che non muta mai.


I think of you and eh...
All of me kind of goes a little bit crazy, so eh...

Alexandra Fayer non è il suo vero nome: non del tutto, almeno.
La verità scivola tra di loro in una notte di pioggia e rimorsi, un colpo andato male e una donna che non è lei nel letto di Albert.
"Un progetto. Non ero nient'altro che questo."
Wesker ha occhi artici, da lupo: un profilo spietato, che taglia.
"William sapeva." gli dice, come se questo la giustificasse.
"Ha sempre saputo." ripete, e libera una risata asciutta, aspra.
"Mi hai mentito."
Alex apre la bocca, la richiude.
"Sì."
"Mi hai derubato."
Wesker calca su quelle parole - le morde, e le sputa poi ai suoi piedi.
"No." mormora Alex, stringendo le dita in pugni chiusi "No, non l'ho fatto."
Rialza lo sguardo, lo fissa.
"Non ho preso nulla che tu non volessi darmi, Albert."
"Non sto parlando dei soldi."
"Lo so."
Silenzio.
"Lo sei anche tu. Parte di questo progetto, intendo."
Wesker azzera la distanza che li separa, le preme il pollice sotto il mento, l'indice nella guancia.
"Siamo gli unici rimasti."
Le cerca gli occhi, fruga la sua anima - sulla pelle le sue mani bruciano.
"Gli unici sopravvissuti."
Wesker la lascia andare di colpo, le dà le spalle.
Alex si volta ed esce dalla sua vita esattamente come vi era entrata: in punta di piedi.


I believe it's a match darling...
You should phone me, and we will have...

"L'hai licenziata."
"Esattamente."
William alza un sopracciglio, dondola Sherry sulle gambe.
"Stronzate."
Wesker lo ignora, si versa un altro bicchiere di whiskey.
Birkin lo soppesa, scettico - stizzito.
"È il decimo, Al."
"È il mio locale. Il mio alcol. La mia vita. Posso fare quello che voglio."
Sherry protende le mani verso il viso di suo padre, gli schiaccia le guance tra dita piccole e appiccicose.
William sospira, raddrizza uno dei fermagli di Sherry.
"Ti ha detto di Spencer."
Wesker lo fissa in tralice, tace.
"Mi dispiace, Al."
Wesker lancia il bicchiere oltre la sua testa, sfiora i capelli di Birkin - lascia che si frantumi contro il muro in un ventaglio d'ambra e vetro.
Sherry sussulta a quell'improvviso rumore, comincia a piangere - lacrime grosse, pesanti.
Birkin indurisce lo sguardo, si alza - gli appoggia vicino un foglietto ripiegato.
"Nel caso volessi uscire dalla tua autocommiserazione, Albert."
La rabbia brucia ogni altro pensiero.


A night at the Cos Bar that neither of us will ever forget,
a beautiful evening of love, lust and paradise.

"Il Sushest'vovanie."
Alex lo fissa dal riflesso dello specchio del suo camerino, piega le labbra in una smorfia.
"Pagano bene."
Wesker si scosta dallo stipite della porta, la richiude alle sue spalle - click, gira la chiave una, due volte.
Alex segue ogni suo movimento, una spugnetta da trucco nella mano destra, il fard nella sinistra.
Tace, aspetta una sua reazione - qualcosa.
Wesker si guarda intorno, le mani in tasca - addosso un completo tre pezzi, grigio; rever classico, interno in raso.
Trova poi lei, il suo corpo; una vestaglia di seta nera, sotto pelle nuda e tiepida - di cui conosce il sapore, la consistenza.
"Excella Gionne." le dice, e sono di nuovo catturati da quella notte di due mesi prima - la pioggia a scandire le loro confessioni tardive.
"La conosco." ribatte Alex, piccata "L'erede dei Gionne, una delle famiglie mafiose nascenti qui in città."
Wesker annuisce, liquida la questione con un gesto secco della mano, noncurante.
"Posso offrirti il doppio."
"No."
Alex cattura ora tutta la sua attenzione, coglie il baluginio furioso che agita i suoi occhi.
"Non ti facevo così avida."
Alex si alza, accorcia la distanza che li separa.
"Oh, non hai idea di quanto sia ingorda, Albert."
"Non puoi avere tutto, Alexandra."
Alex snuda i denti, diventa rossa sugli zigomi, lungo la curva delicata del collo.
"Allora è meglio avere niente."
Wesker piega le labbra in un sorriso derisorio, le sfiora il labbro inferiore con il pollice.
"Potrei sempre scoparti dopo che ho finito con lei: gli affari sono affari, in fondo."
Il manrovescio lo colpisce dritto in faccia, piegandogliela di lato.
"Piuttosto mi faccio fottere dal tuo amico Simmons, uhm? Che ne dici, Albert? In fondo, gli affari sono affari, no?"
Wesker è veloce - le afferra il collo, sollevandole di peso e schiacciandola contro lo specchio.
Alex libera un gemito frustrato quando il vetro le penetra nella pelle della schiena, conficca le unghie nei suoi polsi - incide, ruggisce, quasi lo morde quando si avvicina troppo.
"Perché devi sempre farmi perdere la pazienza, Alex? Uhm? Ti diverte tanto?"
Alex gli pianta i talloni nella schiena, lo attira a sé con un colpo di reni - affonda i denti nella sua spalla, strappa.
Wesker trattiene un grugnito ferito, intreccia le dita nei suoi capelli e tira - sangue tra i denti, lungo il mento.
Alex fa leva contro il suo petto, lo spinge all'indietro - cadono, e la moquette bianca attutisce il colpo.
Lo graffia sul collo, ottiene una stretta d'acciaio sulle cosce - lungo i fianchi.
Mira agli occhi, viene fermata a metà strada - le dita piegate ad artiglio, i capelli fili d'oro attorno al viso, sulla fronte.
Riesce ad assestargli un pugno all'addome, la rovescia poi sotto di lui, schiacciandola.
Ed è davvero Era e tutta la sua rabbia, Alex: Wesker ne blandisce con lo sguardo l'espressione oltraggiata, i seni piccoli e pallidi che si sollevano a ogni respiro, le cosce contratte attorno ai suoi fianchi.
"Non sono la tua puttana."
Wesker inclina il capo verso destra, la osserva riprendere fiato - negli occhi una determinazione che assomiglia al martirio.
Quando la bacia il dolore muta in desiderio e diventa infine comprensione.


You can make it nice, call me back,
on Riverside at 42239.
Ciao ciao.

Claire ha diciott'anni la prima volta che la vede.
Steve l'ha dimenticata, nel mezzo di uno dei più pericolosi e temuti speakeasy di Raccoon City, e per la prima volta ha rimpianto di aver mentito a suo fratello, ma poi lei aveva cominciato a ballare, e Claire ne era rimasta incantata.
Veloce, libera: Alexandra, la chiamava il pubblico.
La sua esibizione aveva aperto la serata, e sebbene le lacrimassero gli occhi per il fumo e l'odore dolciastro dell'oppio, Claire l'aveva fissata per tutto il tempo, stretta nel suo vestito fuori moda e un po' troppo accollato.
L'aveva rivista poi ore dopo, quando Steve era tornato da lei con una bottiglia di rum scuro - sulla sua bocca un uomo che Claire conosceva solo tramite le foto che la polizia (che suo fratello) collezionava di lui.

Albert Wesker.

E rideva, Alexandra: rideva al fianco di uomo il cui taglio elegante della giacca non riusciva a nascondere una Smith & Wesson con il calcio in madreperla.
Rideva, e arrotolava l'orlo del vestito già corto sulle cosce nude e toniche - muscoli che si flettevano sotto la pelle mentre gli si sedeva in grembo, senza vergogna.
Occhi trasparenti, diamanti tra i capelli, attorno al collo: Alexandra ne aveva incrociato lo sguardo proprio mentre le dita di Wesker scivolavano sotto i fili dorati della gonna, facendole avvampare le guance, il petto.
"Ti piace qui?" le aveva chiesto Steve, accarezzandole la nuca.
Claire aveva annuito, confusa - contraddetta da se stessa.
Aveva poi alzato il bicchiere mezzo vuoto verso un uomo con un taglio disordinato e un volto giovane, Alexandra - William!, aveva gridato, attirando la sua attenzione.
Una fede d'oro all'anulare sinistro, un sorriso scanzonato - il medico della mafia più ricercato della città era solo un ragazzino troppo cresciuto.
Il cuoio dello sgabello è umido sotto di lei - l'aria densa di musica e oppio e alcol.
Wesker si alza, le stringe un polso - Alexandra lo segue, e ride, sempre.
Si avviano verso un'uscita laterale, e sono spietati gli occhi di Wesker - ghiaccio e vetro, un lupo in caccia.
Claire continua a fissarli, Steve una presenza tiepida al suo fianco - rassicurante.
Alexandra si volta, alza la mano libera nella sua direzione - ammicca, e sparisce poi dietro pesanti tendaggi rosso sangue.
Il venti luglio 1927 Claire Redfield rivedrà Alexandra Wesker e le porrà l'unica domanda che le aveva divorato la mente da quella notte:

Mi insegni a ballare?

Mancano ancora due anni e due mesi alla fine di un mondo che lascerà cicatrici addosso a tutti loro.




"He looked at her the way all women want to be looked at by a man."
- F. Scott Fitzgerald -




Note dell'autrice: i paragrafi sono intervallati dalla canzone "That man" di Caro Emerald.








   
 
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