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Autore: fiore di girasole    23/01/2018    9 recensioni
È dura la vita nelle trincee quando il sole che batte arroventa gli elmetti e i fucili, e il tanfo di sangue, di terra e di urina è così forte che sembra di sniffarsi l’ammoniaca. Molto peggio però se sei sotto attacco e perdi la cognizione di te stesso fino a non sapere più se sei vivo o morto, se quell’umido che avverti scendere fino alle palle è sudore freddo o sei tu che te la stai facendo sotto.
Ma la vita è capace di continue sorprese, e impari presto che anche quando sei convinto di aver toccato il fondo può sempre andare peggio, ad esempio quando piove…
Genere: Guerra, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Il Novecento
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Salve, questo stralcio è troppo breve per poterlo usare per qualche contest, ho dunque pensato di pubblicare lo stesso e raccogliere suggerimenti, per il contest di guerra e per quello sul rating arancione voglio scrivere cose ben diverse. Sarà meno complicato proseguire questo piuttosto che "Polvere".






È dura la vita nelle trincee quando il sole che batte arroventa gli elmetti e i fucili; e il tanfo di sangue, di terra e di urina è così forte che sembra di sniffarsi l’ammoniaca. È molto peggio però se sei sotto attacco e perdi la cognizione di te stesso, fino a non sapere più se sei vivo o morto, se quell’umido che avverti scendere fino alle palle è sudore freddo o sei tu che te la stai facendo sotto.
Ma la vita è capace di continue sorprese. Impari presto che anche quando sei convinto di aver toccato il fondo può sempre andare peggio, ad esempio quando piove…

Questo schifo di tempo, volubile come gli uomini, se non ci secca come insetti ci costringe a vivere nel fango, melma nella melma e merda nella merda. Nei rari momenti di lucidità fra un assalto e l’altro, qualche volta riesco ancora a sognare ad occhi aperti. Ripenso a quel libro scolastico in cui lessi degli ippopotami perché è così che mi sento in quei frangenti: un ippopotamo che si muove nel fango e costretto a ingoiare la sua stessa merda, lui per dare da mangiare ai cuccioli; noi per servire una bandiera.

Dopo sono distratto da altre visioni, come il Generale rigoroso e impettito nella sua divisa perfettamente linda e stirata... e se c’è una cosa che ho odiato fin da subito sono quei pantaloni con la riga della stiratura. Ci insegnano ad essere impeccabili con quelle loro stronzate di barba pelo e contropelo, bottoni e scarpe lucidi, camicia perfettamente abbottonata… Tutto dev’essere rigorosamente pulito e ordinato per noi soldati. E perché mai? Ad essere meno ordinati si è forse meno uomini? Vorrei che venissero qui ora a insegnarci come marciare, a dirci di stare dritti con la schiena. Ti faccio vedere io come onorare l’uniforme, vecchio figlio di puttana!
Gli stronzi come lui sono i primi che ammazzerei, quelli che mandano giovani al massacro, mentre loro se ne stanno dietro a una scrivania a fumare sigari, firmare carte e per il resto quasi senza fare un cazzo!

Finisce che sparo ai nemici per l’illusione di sfogare il caricatore contro chi ci dà gli ordini, ma sono troppo incazzato per capire veramente quello che sto facendo. Lancio uno sguardo ai due compagni attorno a me, tutti e tre insieme non abbiamo l’età di quel lurido vecchio che non vuole saperne di crepare e che non ha le palle di sporcarsi le mani in prima persona. Sono i vecchi quelli con un piede nella fossa e noi giovani i figli abortiti dalla vita che ci sguazzano dentro. 


Un attimo dopo mi strattonano da una caviglia. Che sia un compagno o un nemico non ci faccio nemmeno caso e continuo a imprecare ad alta voce. 
Imprecare, in questo momento non c’è niente di più necessario, adesso è questa la mia priorità per salvare la pelle, perché se sto zitto impazzisco e Dio solo sa di cosa sarei capace, credo che per calmarmi dovrebbero spararmi alla testa. 
«Zitto, coglione, non vorrai farci ammazzare.»
«Stronzi figli di puttana, vi ammazzerò tutti! Tutti!» Continuo a blaterare, e nemmeno io so più con chi ce l’ho: se coi nemici perché a massacrarli in massa la guerra finirebbe in fretta; se coi superiori che ci hanno spediti qui; o coi compagni, che vorrebbero frenarmi proprio adesso che ho un disperato bisogno di sfogarmi contro qualunque cosa mi capiti sotto tiro.
«Se non taci subito, soldato, ti apro in due e lascio le tue budella sparpagliate ovunque,» mi dice il tenente, fingendo di puntarmi una lama alla gola. Non può fare nulla ma deve avermi letto nel pensiero. "Cosa aspetta? Lo faccia davvero, mi liberi da quest’incubo! Da quando siamo arrivati in questo schifo non mi illudo più di fare ritorno a casa." Questo però non lo dico, lo penso e basta. «Tutti sono sconvolti, e non sei migliore di altri per credere di poter fare di testa tua,» prosegue lui.
E va bene, farò come vuole. Vorrà dire che troverò altri modi per soddisfare questa mia voglia di vendetta, però la frustrazione di dover obbedire è troppo grande. Me ne frego di come ci si comporta e non rispondo niente, per trattenermi dal dire parole di cui mi farebbe pentire. Mi mordo le labbra e trattengo le lacrime e l’ennesima imprecazione.
Che vada a farsi fottere anche lui!

  
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