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Autore: Ellery    25/01/2018    0 recensioni
Luna riceve il suo Cutie Mark scoprendo di poter controllare i ritmi della notte. Nonostante ciò, non riesce ad inserirsi nella società; costretta a vivere all'ombra della talentuosa sorella, Luna finirà per consegnarsi a Nightmare Moon.
La regnante tacque, sconvolta. Quella persona non era Luna. Non era la sorellina che aveva tanto amato. Si era trasformata in qualcosa di diverso: in un concentrato di rabbia e di gelosia. Perché? Non lo sapeva. Che fosse davvero colpa sua? Che fosse il frutto di un’ombra lunga che aveva inconsapevolmente gettato su Luna? Non seppe rispondere. Luna non poteva continuare così. L’odio la stava lentamente consumando. Come affidarle una magia tanto potente, se non sapeva neppure tenere a bada i propri sentimenti?
La ff partecipa al Cowt-8, indetto da Lande di Fandom.
Week 2, Missione 3 - Prompt: Shine (Tolmachevy Sisters)
Parole: 14742.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nightmare moon, Princess Celestia, Princess Luna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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2. Splendi per me


Note: la ff partecipa al COWT8, indetto da Lande di Fandom.
Week 2, Missione 3 - Prompt: Shine (Tolmachevy Sisters)
Parole: 2379



Trascorse un mese da quel primo incontro. Ogni sera, Luna usciva sulla terrazza e rientrava nelle sue stanze soltanto all’alba. Assisteva alla cerimonia quotidiana dall’alto, senza interferire con le litanie dei Pony della Luna. Restava in compagnia della sua omonima tutta la notte, sgattaiolando in camera poco prima che si svegliasse Celestia, chiamata a far sorgere il sole.

Non desiderava condividere con nessuno quei momenti: erano attimi privati, in cui poteva confidarsi con una amica lontana. La luna la ascoltava in silenzio, assorbendo i dubbi e le paure; la capiva, la incoraggiava. Le ricordava che non era sola, mai; che alla monotonia dei giorni, seguivano le avventure della notte. Quegli istanti in cui la fantasia viaggiava, costruendo storie nate dai sogni di tutta Canterlot.

Luna riusciva a percepirli: coglieva l’immaginazione galoppare quando gli occhi si chiudevano e quando il sonno calava sull’ intera capitale.  Sentiva la paura scatenata dagli incubi ed il sollievo quando questi terminavano in un brusco risveglio. “Era soltanto un sogno” sentiva rimbombare nella propria mente.
Un sogno, sì. Nessuno sapeva di questa sua capacità, nemmeno Celestia, e non voleva confidarla. Era un segreto, condiviso soltanto con il satellite che ogni notte faceva capolino nel cielo. La luna era sempre lì: piena, a spicchi, visibile oppure nascosta. Era lì e attendeva paziente la sua compagnia. Non aveva mai mancato un appuntamento.

Si stupì, quindi, quando un soldato bussò con insistenza al suo uscio. Luna schiuse la porta, ritrovandosi ad osservare il volto sconvolto della giovane guardia.
«Principessa, venite! È urgente.» le disse, la voce che tradiva una nota nervosa «Vostra sorella ha bisogno di voi. I Pony della Luna hanno fallito. Non riescono a…»

Non lo lasciò terminare. Luna scartò di lato, galoppando nel lungo corridoio. Non doveva far altro che svoltare un paio di volte, scendere le scale e correre dritta verso il giardino. Oppure…

Accelerò, spingendosi al massimo verso una finestra aperta. Era un alicorno, in fondo! Se l’avevano dotata di ali, era perché le utilizzasse. Raggiunse il davanzale, spiegandole in un gesto fluido e guizzando nell’aria fresca della sera. Planò verso il cortile, osservando dall’alto i visi esausti dei Pony della Luna. Nei loro occhi, leggeva sconcerto e disperazione: la luna non si era sollevata, nemmeno quando avevano provato a viziarla con nuove canzoni e filastrocche. Erano degli sciocchi, se avevano pensato di abbindolarla così: la luna si stava ribellando, sfuggendo al loro controllo; evidentemente, era stanca di ascoltare le voci di sudditi infedeli, pronti a voltarle le spalle una volta compiuto il loro dovere. Di persone ingrate, incapaci di accompagnarla in quel cammino solitario che ogni notte percorreva. La luna non desiderava più fidarsi di visi sconosciuti. Era per questo che persino la magia di Celestia aveva fallito: nemmeno il suo potere era stato sufficiente.

Si fermò al centro dello spiazzo, chiudendo le ali e chinando il muso, in un saluto rispettoso.

«Sono io.» sussurrò, riportando l’attenzione sull’orizzonte ancora cupo «Sorgi per me, ti prego. Splendi per me, ancora una volta.»

«Principessa…»

Quell’interruzione la indispettì. Luna si voltò di scatto, incontrando lo sguardo perplesso di Betelgeuse e di suo figlio Orion. I due sembravano preoccupati e… incerti. Lesse scetticismo sui loro musi. Non pensavano che potesse farcela? No. Le espressioni attonite dei presenti le diedero soltanto una dolorosa conferma: nessuno credeva in lei. La stavano abbandonando ancora una volta, sicuri che ogni suo sforzo sarebbe stato vano. Se nemmeno Celestia era riusciva a svegliare la luna, che speranze poteva avere la sua pigra e scostante sorella? Batté gli zoccoli, nervosa. Quegli stupidi non capivano! Era la sola che potesse riuscire. Nessun altro aveva instaurato un rapporto come l’aveva intessuto lei. Se il satellite non si fosse mostrato con lei, non l’avrebbe fatto mai più. Sarebbe stata la fine della notte, dei sogni e delle ore di riposo che tutti anelavano al termine di una lunga giornata lavorativa.

«Mostrati, per favore.» mormorò, ma di nuovo la voce del vecchio arrivò a ferirle le orecchie.

«Principessa, non affaticatevi inutilmente. Ci abbiamo già provato; non è servito a nulla e…»

«Oh, ci avete provato?» Luna si volse di scatto, senza nascondere l’irritazione per quell’ennesima intromissione «Ci avete provato davvero, Mastro Betelgeuse? Quanti di voi sono rimasti a farle compagnia, dopo averla svegliata? Quanti di voi, ogni notte, si sono fermati qui e l’hanno sostenuta nel suo quotidiano cammino? Quanti l’hanno davvero capita e l’hanno aiutata, invece che definirla come una sciocca capricciosa buona solo a riflettere la luce di suo fratello?» gettò una occhiata secca sugli astanti, soffermandosi, però, su Celestia «Non vivrò riflettendo soltanto le tue gesta, sorella; non sarò il tuo specchio. Risplenderò di una luce tutta mia.» non badò all’espressione sconcertata dell’altra, limitandosi ad uno ordine secco «Andatevene, ora.»

«Principessa Luna…»

«Andate via!» ringhiò.
 

***
 

Luna attese che tutti si fossero allontanati. Avevano cercato di convincerla a desistere, a tornare nelle sue stanze. L’indomani, Celestia avrebbe sicuramente trovato una soluzione. I Pony della Luna avrebbero ritentato, una volta ristorati e rifocillati. Non doveva sprecare il suo tempo in un’impresa chiaramente impossibile. Che speranze poteva avere lei? Giovane, inesperta, e poco avvezza alle arti magiche…

Alla fine, però, avevano dovuto cedere all’evidenza: non si sarebbe mossa da lì. Potevano scegliere se ritirarsi o aspettare svegli fino all’alba. Se consegnarsi agli incubi di una notte troppo buia o all’insonnia. Dopo qualche insistenza, i pony erano tornati ai loro alloggi. Anche Celestia l’aveva lasciata, esaudendo in silenzio il suo desiderio.
Luna spiò nuovamente l’orizzonte, dove l’oscurità era più densa. La sua omonima non aveva neppure fatto capolino oltre le colline lontane.

«Se ne sono andati.» sussurrò, spaccando il silenzio del giardino «Siamo nuovamente sole; siamo io e te, come ogni notte. Non vuoi venire a salutarmi?»

Non ottenne altra risposta che il frinire dei grilli.

«Capisco…» mormorò. Se qualcuno l’avesse vista, l’avrebbe sicuramente presa per pazza. La principessa che parla da sola al centro del giardino? Che assurdità. E… se non fosse riuscita nell’intento? Se avesse fallito, senza riuscire a svegliare la luna? La sua vergogna sarebbe certamente cresciuta e l’ombra di Celestia si sarebbe allungata sempre di più, sino a coprirla del tutto. «Preferisci che vada? Che ti lasci da sola?»

Ancora niente.

«Credevo avessimo qualcosa in comune, noi… e che la tua solitudine fosse uguale alla mia. Pensavo mi avresti ascoltato; che non mi avresti lasciato, non tu. Non dopo tutto quello che abbiamo condiviso in queste notti; ma se ciò non è sufficiente e se non desideri risplendere per me, allora… non importa. Ti lascerò in pace.»

Fece per voltarsi, ma un leggero bagliore catturò la sua attenzione. I profili delle colline si erano accesi di una pallida luce biancastra.

«Non devi niente a loro, lo so. Non meritano questo tuo sacrificio, luna. Non si soffermano nemmeno a guardarti; non conoscono la tua bellezza, le tue mille sfaccettature. Sono… sciocchi e superficiali. Temono ciò che non conoscono e ciò che può mutare. Il tuo continuo cambiare li spaventa. Eppure, come vedi, rifiutarsi di sorgere non è una soluzione. Non provano neppure a capirti; si intestardiscono e cercano di obbligarti a camminare. Ti disdegnano, eppure sentono la tua mancanza. Perché? Non lo so. Suppongo siano soltanto troppo pavidi e troppo abitudinari per accettare una tale alterazione nella notte.» si interruppe, osservando una cupola lattiginosa sollevarsi in lontananza «Sorgi per me, luna. Sono l’unica che ti merita. Fallo, ti prego.» sussurrò, chiudendo gli occhi.

Come era quella melodia? Quella che aveva ascoltato ogni notte dalla terrazza, intonata dai Pony della Luna. Nella sua testa, colse lo sciogliersi di una musica, mentre le parole sgorgavano caute dalle sue labbra, quasi timorose di affrontare sole l’immensità di un cielo ancora troppo scuro.

 
«Splendi nella mia oscurità
Splendi nella notte, la mia luna che sorge

 
No, non bastavano quelle parole. La luna le aveva ascoltate troppe volte. Erano vuote, false e monotone. Doveva osare di più, dove confidarsi e lasciare che i pallidi raggi arrivassero a toccare le corde della sua anima. E, viceversa, la sua canzone doveva volare lontano e raggiungere l’astro che ancora tardava a nascere. Tenne gli occhi chiusi, sgombrando la mente da ogni pensiero. Non poteva perdere la concentrazione, né distrarsi. La sua sola arma era il testo di una sinfonia che andava sgorgandole dal cuore, ricolma di ogni sentimento provato in quell’ultimo mese: la pausa della solitudine, il conforto di una amica, il cammino che ogni notte affrontavano insieme.
 

«Puoi essere il capolavoro dell'amore?
Mandando un messaggio,
Dicendo a tutto il mondo di mostrarti un po' d'amore
Nessuno ci abbatterà,
Sei la mia luna che sorge»
 

Percepì un tepore nascere dalla fronte ed irradiarsi lungo il corno. Era una sensazione strana: non fastidiosa o dolorosa, anzi. Piacevole ed impetuosa al tempo stesso, come un’onda impetuosa. Una forza indomabile, desiderosa di aprirsi un varco tra i suoi pensieri, di seguire il flusso della canzone e di sgorgare libera nell’oscurità. Come un raggio pallido, come una mano tesa.

Luna aprì di scatto gli occhi, mentre il cuore le batteva all’impazzata: poteva controllare quella magia così travolgente? Sì, doveva assolutamente riuscirci! Non si sarebbe lasciata spazzare via. Non si sarebbe spezzata, né piegata. Sgombrò la mente, liberandola da ogni dubbio, da paure e incertezze. Continuò a cantare, ripetendo la dolce cadenza del ritornello, mentre la sua magia continuava a ferire il buio.

Fu come ricevere un abbraccio caldo; come baciare le guance di una amica ritrovata.

La luna si sollevò di scatto, nascendo al massimo della sua forma. Piena e splendida, quasi fosse un omaggio alla canzone ricevuta in dono. Il disco pallido si palesò oltre i crinali lontani, intraprendendo il suo quotidiano cammino senza più celarsi.

Luna osservò la propria magia ridursi ad una cascata di scintille, sino a spegnersi del tutto. Il corno le bruciava per lo sforzo e si sentiva esausta. Era davvero così difficile far sorgere la luna? No, ma lo era aprirsi con se stessi; combattere timori e i dubbi, fino a mostrarsi spogli di ogni maschera.

«Grazie…» sussurrò, mentre i crateri lontani sembravano restituirle l’accenno di un sorriso.

«Luna!»

Una voce la spinse a voltarsi di scatto. Celestia era lì, a pochi passi, e fissava sconcertata il risplendere della volta.

«Ce l’ho fatta! Hai visto?» la voce tradì una nota orgogliosa. Ci era riuscita, sì! Aveva dimostrato di poteva farcela da sola e che non era soltanto una sciocca buona a nulla. Aveva ottenuto un grande potere e con esso il Cutie Mark. Si voltò di lato, permettendo alla sorella di ammirare la sua groppa: uno spicchio lunare era apparso, contornato da una macchia nera come quanto un cielo senza stelle.

«è piena. Dovrebbe essere… soltanto una falce.» l’incredulità della sorella le strappò un sorriso soddisfatto.

«Lo so, ma… ha deciso di mostrarsi così, oggi. Credo sia il suo modo per ringraziarmi.»

«Sei stata bravissima.»  Celestia le si accostò, senza staccarle gli occhi di dosso «Hai salvato Equestria e guadagnato il tuo simbolo. Domani lo annunceremo ai sudditi. Devono sapere.» una pausa e un morbido sorriso «Sono fiera di te!»

«Grazie.» mormorò soltanto, mentre lo sguardo azzurro tornava ad alzarsi «Ma non l’ho fatto per Equestria, né per me stessa. L’ho fatto per ritrovare un’amica.»
 
 
***
 

Luna si accovacciò sullo scranno, esausta. Per tutto il mattino, si era susseguita una processione di nobili desiderosi di porgerle i loro omaggi. L’avevano lodata, incoraggiata e salutata con grande deferenza. Si erano congratulati per il Cutie Mark e per lo splendido lavoro svolto.
Naturalmente, non aveva creduto ad una sola parola di quanto le avevano detto. Erano solo moine quelle, volte ad ingraziarla, a renderla malleabile ed un facile appiglio per le famiglie aristocratiche. Qualche matrona le aveva persino suggerito un incontro romantico con uno dei figli.

Rivolse un’occhiata alla sorella: Celestia sedeva composta sul suo trono, impeccabile. Il sorriso affabile non si era ancora spento, anzi. Sembrava addirittura a suo agio: il via vai di sudditi non le aveva recato alcun fastidio. Si era sentita allietata da quel continuo discorrere, che lei aveva, invece, trovato estremamente monotono.

«Come fai a sopportarli?» chiese, quando anche l’ultimo ospite fu accompagnato alla porta «Sono odiosi. Non fanno altro che prodigarsi in inchini, in riverenze e leccare il …»

«Luna! Modera il linguaggio.»

«Beh, lo sai cosa intendo! Non sono altro che una manica di bugiardi. A nessuno di loro importava di me, del mio simbolo o del sorgere della luna. Erano qui soltanto per farsi vedere, per… apparire! Per elemosinare favori in cambio di un po’ di adulazione.»

«Lo so, ma è nostro dovere intrattenere i rapporti con la nobiltà.»

«No, è tuo dovere! Io non voglio avere niente a che farci.» Luna batté le palpebre rapidamente, mutando la voce in un orrendo falsetto e storpiando la esse «Voftra maeftà… potete concedermi l’utilizzo efclufivo delle terre a nord di Equeftria? Devo allargare la mia tenuta di cavoli e… già che ci fono, vorrei coftruirci una pifcina dove trastullarmi d’eftate

Celestia celò una risata, accontentandosi di piegare graziosamente le labbra:
«Non essere troppo severa con loro, sorella mia. Imparerai ad apprezzarli.»

«Ne dubito.»

«Vieni con me. È ora che mostri il Cutie Mark ai sudditi di Canterlot»

«Devo proprio?»

Celestia la condusse verso il terrazzo. Nel cortile sottostante si era radunata una folla di curiosi, desiderosa di poter osservare da vicino il “simbolo di bellezza” della giovane principessa.

Luna si ritrovò catapultata all’esterno, prima che potesse impuntarsi e protestare: non aveva alcuna intenzione di mettersi in vetrina, men che meno davanti ai cittadini della capitale. In fondo, per lei non erano altro che visi sconosciuti: sorridenti, entusiasti, ma pur sempre anonimi.

«Mi sento in imbarazzo.» sussurrò.

Celestia, tuttavia, non la stava ascoltando. Al contrario, aveva già attaccato il discorso:
«Miei cari!» la sua voce era calda, melodiosa ed impreziosita da una nota orgogliosa «Siamo qui riuniti per celebrare con gioia la comparsa del Cutie Mark della mia adorata sorella, la principessa Luna.»

Luna si avvicinò alla balaustra, osservando i pony che, qualche metro più in basso, agitavano code e gli zoccoli in cenni di saluto. Spiò i loro visi allegri, lesse la curiosità e l’euforia nei gesti garbati che le rivolgevano. Sorrise incerta, distogliendo poi immediatamente lo sguardo. Le iridi salirono istintivamente al cielo terso del pomeriggio.

Appena visibile sullo sfondo azzurro, seminascosta da due nuvole di passaggio, l’ombra chiara della luna si inchinò a lei.
  
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