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Autore: PervincaViola    29/01/2018    3 recensioni
S'accorge, una mattina, di stare guardando il mare e di aver smesso di cercare vele nere.
{James Norrington/Elizabeth Swann ♥ Another way the story could have gone}
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elizabeth Swann, James Norrington
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Con il mare nella carne
 






 
Lassù non arriva l'odore del mare – non davvero, non come nel grembo dell'oceano, non come su una nave che affonda nelle onde e abbraccia la salsedine. Elizabeth spinge lo sguardo all'orizzonte, cerca inconsapevolmente vele nere con la rassegnazione di chi sa e ha accettato – Jack è sparito con la Perla come una chimera mai esistita, Will l'ha seguito tra i flutti. È il loro retaggio, la loro scelta, e lei ha compiuto la propria – sono le parole di James Norrington, la sua figura che taglia l'orizzonte, a rammentarglielo.
«Non voglio che vi sentiate in dovere di acconsentire ad un'unione che non desiderate» dice, mentre scruta il mare, la sua voce che risuona piano sopra il canto dei gabbiani, e Elizabeth lo vede davvero solo quando si volta a guardarla, a cercare il suo viso, mentre le offre l'ennesima via di fuga. «Posso- posso lasciarvi libera, Elizabeth».
Libera, dice, libera, e lei ha un sussulto, una risata che non può lasciar andare perché si trasformerebbe in singulto; James potrebbe sciogliere una promessa – che lei ha fatto, voluto, che lei non si è rimangiata e che Will non ha spezzato – ma non potrebbe mai renderla libera, non quando libertà è il mare, il cielo che non finisce e la salsedine che incrosta la pelle, non quando la terraferma è tutto ciò che è concesso ad una donna. [Come ci si libera, quando hai il mare nella carne?]
Elizabeth allora scuote la testa, dissimula il pianto che le incrina la voce. «Tengo fede alle mie promesse, Commodoro» risponde, e trova che sia qualcosa da pirata affermare un'evidenza che il cuore nega, e James pare sul punto di ribattere, negli occhi la stessa espressione che l'ha spinta a rimanere persino quando lo sguardo di Will la implorava di fuggire – il dolore sordo di un cuore che minaccia di spezzarsi – ma alla fine anche lui stringe le labbra e sceglie di tacere, forse perché non c'è davvero altro da dire.
Lassù non arriva l'odore del mare, ed è meglio così.


[Aveva voluto sposare Will, fin da ragazzina, fin da quando si erano incontrati su quel veliero nel mezzo dell'oceano – quante possibilità ci sono di trovarsi così, dev'essere destino, si diceva Elizabeth – e quando immaginava il loro matrimonio lo faceva sotto la pioggia].

Piove davvero il giorno in cui cammina in abito bianco verso l'altare, acqua di sale e perle liquide che s'incontrano, e Elizabeth si dice che probabilmente era destino. Tutto è maledettamente perfetto – la chiesa che s'inerpica sopra le scogliere, il bouquet di fresie e peonie screziate, il sorriso di suo padre che ha gli occhi lucidi e luminosi e sussurra che somiglia così tanto a sua madre da fargli stringere il cuore – eppure è un po' come morire. James è splendido nell'uniforme blu e sabbia che gli fascia il corpo, con quella parrucca bianca che ne accentua la serietà e quegli occhi chiari che la scrutano come fosse un miraggio prossimo a scomparire, e lui la osserva per tutto il tempo, perché dell'etichetta forse non gli è mai importato, e sembra volerle dire che è ancora in tempo per ritrattare tutto e fuggire via – ma Elizabeth sa che non è così, la nave è salpata e c'è un motivo se non torna mai indietro.
James esita prima di pronunciare il proprio , e quando tocca a lei Elizabeth guarda oltre l'officiante, oltre le vetrate, dove c'è il mare a cui sta rinunciando, ed è grigio e bellissimo, e nella sua voce non c'è neppure un briciolo di esitazione quando il prende vita dalla sua bocca. Lo sciabordio delle onde sovrasta l'applauso dei pochi presenti e il bacio con cui James sigilla la loro unione è così leggero che sembra fatto di vento – a pensarci bene, ha il sapore del sale.
Il rinfresco è per pochi – hanno preferito così – e tutto finisce in un soffio, tra le sue dita che stropicciano la gonna dell'abito e il primo ballo che è una tradizione – non potete rifiutarvi, Commodoro, fischia Gillette con un sorriso – e James la stringe a sé con una gentilezza che sfocia in reticenza e sembra quasi che abbia paura di spezzarla. [È lui, ad avere paura?]

La camicia da notte che indossa è bella da togliere il fiato, di un tessuto così impalpabile che pare fatto d'acqua, con pizzi e nastri ad adornarle scollo e maniche, come corolle che affiorano in uno stagno. Lei è bellissima e il suo letto è vuoto – James è dall'altra parte di quel corridoio che li divide come un muro, in una casa così grande da potervici perdere dentro.
[«Non pretenderò ciò che non puoi darmi» le dice con un sospiro, allungando la punta delle dita a sfiorarle una guancia solo per vederla tremare sotto la sua mano, e tutto in lui pare rotto. Il giorno del suo matrimonio tutto è grigio, ma – Elizabeth lo scopre quella stessa sera, alla luce tremolante delle candele – gli occhi di James sono verdi come il mare in tempesta].

 
*


I giorni scorrono lenti, a Port Royal. Il giorno comincia presto, la vita si leva dal porto, dai pescatori che tornano alle prime luci dell'alba, e Elizabeth li osserva ogni mattina dalla balconata nella sua stanza – non riesce a pensarla come una prigione, perché non lo è, non davvero. Ci sono giorni in cui si sveglia arrabbiata con il mondo che le ha riempito la testa di bugie, merletti e corsetti, e in quei giorni si perde a contemplare il mare, seduta nel patio che si affaccia sul giardino della casa, e quando rincasa al tramonto James la trova ancora lì e non commenta – non le ricorda quali sono i doveri di una buona moglie, la guarda con rassegnazione quasi triste, come se capisse. [Come se avesse anche lui il mare nelle vene].
Talvolta la accompagna a un ballo, lui che detesta certe cose, e solo poiché lei un tempo li adorava – ma questo era prima, prima di Jack e della maledizione della luna – ed è solo in pubblico che lui la prende fra le braccia e le sfiora le mani. È come la marea che sale e che si ritrae, James, e questo la fa impazzire, perché lui ha fatto di tutto per averla, ha inseguito un pirata come Jack e ha lasciato che Will lo salvasse dal patibolo e non ha fatto nulla per impedire loro di prendere il largo – per lei, è sempre stato solo per lei.
Forse è solo egoismo quello che prova, e non glielo dice. [Si getterebbe da una scogliera nel ventre del mare, piuttosto che farlo]. E così va avanti.

[Una volta, una volta soltanto lui s'arrischia a toccarla di più, una sera in cui la penombra del corridoio non riesce a celare il brandy nel suo sangue e il suo calore nella bocca. James ha dita che oltrepassano pizzo e seta e reclamano la sua carne, mentre la parete fredda la sorregge; James la bacia disperatamente, con labbra, denti e mani, come un naufrago che non riesce a credere di potersi aggrappare a una scialuppa, e non importa più che le sue mani siano troppo morbide per essere quelle di un derelitto. Elizabeth cede alla sua bocca in una maniera così oscena che non pensava possibile – James non è un pirata, pensino pensarlo è una bestemmia, eppure il suo tocco le ruba il respiro come se lo fosse – ma quando riapre gli occhi è già tornata la calma dell'oceano che nasconde la tempesta. Tutto è finito prima che potesse impedirlo – c'è il mare che la guarda tormentato dalla distanza di un respiro. «Buonanotte, Elizabeth» sussurra James, gli occhi che parlano in sua vece e i passi che lo portano lontano che risuonano sul marmo come echi di sogni, e la porta della sua stanza si chiude piano dietro di lui].

 
*


A volte ha paura che il mare la stia consumando, che stia arrugginendo dall'interno – nel riflesso dello specchio vede una sconosciuta dai capelli d'oro e la linea della bocca che si è fatta amara, e negli occhi di James scorge una gentile preoccupazione che la fa sorridere e tremare. Quella mattina lui allunga una mano, sul tavolo, a stringere le sue dita nivee tra tovaglioli bianchi e tazze di ceramica, e Elizabeth socchiude gli occhi e lascia che il suo calore le attraversi la carne.
Quella sera trova un libro poggiato sul letto, con la copertina bruna di pelle rilegata, e quando lo apre il suo cuore ha un sussulto nel petto – è una storia di pirati. Quella sera le candele si consumano senza che lei debba spegnerle.

[È un volume sempre nuovo, quello che accarezza prima di addormentarsi con gli occhi pesanti e la testa piena di avventure – sogni da ragazzina che erano stati messi in un angolo. È un niente – non è davvero così, James vive per combattere pirati e tuttavia lascia che lei fantastichi di loro – eppure cambia tutto – com'era quella frase che una farfalla può scatenare un uragano, dall'altra parte del mondo?].


Il suo studio odora di cuoio e cera, con carte nautiche alle pareti, uno scaffale che trabocca di libri e un mappamondo sullo scrittoio, accanto a boccette d'inchiostro e sigilli di ceralacca, e se le mura non fossero di pietra Elizabeth potrebbe scambiarlo per la cabina di un capitano. È così buffo da dire, ma vi si respira il mare, anche quando le onde sono solo un miraggio dietro un vetro, e respirarlo è un po' come viverlo e James le ha concesso anche questo. Le concede di rimanere nel suo studio anche se la sua presenza è ingombrante e lo manda in confusione: Elizabeth è una bambina che vuole vedere, saggiare, toccare tutto – e lui non la scaccia – e quando finalmente si abitua a respirare il mare in quella stanza [ci si abitua mai, al mare?] decide di rimanere; rimane sul divanetto che è in un angolo e da cui vede tutto, e legge, talvolta legge anche per lui.

Quel pomeriggio c'è il sole dei Caraibi che inonda ogni cosa; Elizabeth si sveglia con un libro tra le mani, il calore che le inumidisce i capelli biondi e scivola fino ai seni, e quando alza lo sguardo a cercare James incontra gli occhi di lui, senza giacca e con i capelli bruni raccolti in una coda, e il respiro le si mozza davanti alla tenerezza indicibile nelle sue iridi [verdi come le acque più profonde in cui annegare]. Sbatte le palpebre, confusa, e lui s'affretta a tornare alle proprie carte con l'aria colpevole di chi è stato colto in fallo, l'inchiostro che nello scatto improvviso gli macchia le dita, e la risatina che le sale alle labbra a quella vista sorprende lei per prima.
Alzarsi e avvicinarglisi è istintivo, e lo è anche afferrare piano la sua mano e strofinarvi sopra il proprio fazzoletto con i bordi di pizzo, e Elizabeth si china su di lui, gli sussurra divertita Non pensavo potessi essere così maldestro, Commodoro, solo per vederlo arrossire all'altezza degli zigomi e avere il mare che la guarda ancora.
Per un istante c'è solo silenzio, e poi lei osserva la mappa sulla quale lui sta tracciando una rotta e non riesce proprio a trattenersi. «Mi ci porteresti, se potessi?» gli domanda senza pensare, e l'occhiata perplessa che lui le rivolge la spinge a continuare. «Su una nave» azzarda, ed è pronta ad essere delusa, ma forse può ancora illudersi.
«Dove vorresti andare, Elizabeth?» le chiede piano, con voce roca, e spinge il mappamondo verso di lei, con la mano libera, perché l'altra è ancora fra le sue dita [come un'ancora che ha gettato a terra] e lei gli sorride come non ha mai fatto.
I suoi polpastrelli scorrono sulla sfera, su disegni su carta che rappresentano terre lontane, oceani sconosciuti e persone che non incontrerà mai [per la prima volta realizza cosa significhi vedere una mappa, che è solo carta, carta, e sapere che non si avrà mai il tempo di vivere tutto] e il suo indice sottile s'arresta su un triangolo rovesciato, dall'altra parte del mondo.
«Sei mai stato in India, James?»

[L'India è lontana, così lontana che sembra un altro mondo, ma un giorno James la porta con sé sulla Dauntless. È solo un giro di ricognizione, niente di più, ma c'è comunque il mare sotto i suoi piedi, ci sono le onde e la salsedine che le bacia le labbra, e un orizzonte infinito davanti alla prua. James lascia che sia lei a ripetere i suoi ordini a tutto l'equipaggio e la osserva tiranneggiare il povero Gillette con una risata soffocata, e tutto questo è così tanto che le parole le muoiono in gola. Elizabeth aspetta che Gillette sia voltato e che nessuno faccia caso a loro per stringere James da dietro la sua schiena, le braccia che si serrano attorno alla sua vita e il respiro di lui che si recide. «Grazie» mormora nella sua divisa, e forse lui sta sorridendo].

 
*


Non sono sposati che da tre mesi, quando il suo dovere lo richiama in mare. Non è una sorpresa, non dovrebbe esserlo, eppure Elizabeth non sa più cosa dire. «Per quanto tempo?» gli chiede infine, poggiando accanto a sé il libro che era sul suo grembo, e non riesce ad ammettere neppure a se stessa che teme la sua risposta.
«Due mesi, o forse tre» dichiara, e cerca il suo sguardo con un'espressione indecifrabile.
«Oh» sillaba, e fa per socchiudere le labbra e sussurrare qualcosa, ma il suo orgoglio e un inaspettato nodo in gola la costringono a tacere. [Portami con te].

La Dauntless salpa una mattina in cui la luce dell'aurora è di un rosa quasi accecante. Elizabeth lo accompagna sino al porto, deserto e silenzioso come non è mai, e quando giunge il momento di salutarsi lei avverte ancora quell'assurdo groppo in gola e abbassa lo sguardo sulle punte degli stivali di James per non dover guardare i suoi occhi [li vede anche nel buio, e attorno a loro c'è un mare identico a quello nelle iridi di James]. È lui che la costringe ad alzare il viso, la sua mano che le afferra gentile il mento e la sua bocca che la bacia leggera, come il vento, come la salsedine, ed è lei che d'impulso gli cinge il viso ben rasato con le mani e lo tiene vicino a sé, vicino alla sua bocca. C'è ancora il mare che la guarda, James che la osserva come se aspettasse una sua parola mentre i loro respiri si mescolano come acqua e sale.

[Lei è legata alla terraferma mentre lui prende il largo, come Jack, come Will, come tutti; ed è così ingiusto che si ritrova a singhiozzare da sola, sulla banchina, e non sa più se pianga per l'impossibile vicinanza del mare o perché è James che si allontana su una nave].

 
*


I giorni le scivolano addosso con una lentezza esasperante. C'è il mare, c'è sempre stato, ma è come se mancasse qualcosa – osserva ancora il verde sfumare in blu e azzurro e cobalto all'orizzonte e ancora, talvolta, è colpita da un desiderio che non sa più definire. [Come può mancarti il mare quando ce l'hai davanti?]. Un mattino si sveglia e non ricorda più quando è stata l'ultima volta che ha pensato a Will, a cosa sarebbe potuto succedere se – se lo sguardo di James non l'avesse trattenuta, se Will l'avesse reclamata come sua prima che fosse troppo tardi. [Ma neppure Will, dopotutto, è mai stato un pirata].
S'accorge, una mattina, di stare guardando il mare e di aver smesso di cercare vele nere.

James ritorna dopo due mesi e mezzo ed è una lettera ad annunciare il suo ritorno e a farle balzare il cuore in gola. Ad attendere il rientro della Dauntless c'è quello che sembra tutto Port Royal e Elizabeth ha le gambe che le tremano inspiegabilmente. Quando accenna un passo di troppo sulla banchina, l'unica che avanza nella folla prima ancora che il vascello abbia attraccato nel porto, gli occhi di tutti sono immediatamente su di lei, e persino James la nota da sopra la nave – e le sorride.
«Mi sei mancato» gli confessa quando sono soli, nella carrozza che li sta portando a casa, e quando James si volta a guardarla spera solo che lui le creda. «Anche tu, Elizabeth» mormora lui al suo orecchio, ed Elizabeth si lascia andare contro di lui, inspirando il suo profumo. Poggia il capo contro la sua spalla e dimentica tutto il resto: è lui che dovrebbe essere spossato, ma vicino al suo calore lei non riesce a tenere gli occhi aperti. [E James ha addosso l'odore del mare].


Quella notte è una tempesta che la desta nell'oscurità; Elizabeth rabbrividisce nell'aria elettrica dei tropici proprio mentre un tuono fa tremare la terra. S'alza in fretta quando un fulmine illumina a giorno la stanza e ombre bluastre si rincorrono negli angoli; il pavimento è freddo sotto le piante dei suoi piedi nudi e la porta della stanza di James si apre senza neppure un cigolio. Elizabeth entra senza far rumore, chiude fuori il temporale e s'avvicina al letto, scosta le coperte e s'infila tra le lenzuola: nel dormiveglia, James solleva un braccio e l'accoglie senza dire una parola. [E dormire con il suo respiro regolare tra i capelli è come lasciarsi andare al sonno cullata dal rollio del mare].
Si sveglia con il sole che s'insinua tra le imposte e il mare che la guarda dal cuscino; James allunga una mano con lo sguardo di chi si aspetta un passo indietro e invece Elizabeth si abbandona alla sua carezza e gli si stringe vicino.
C'è una ribelle ciocca scura sulla fronte di James e lei la scosta delicatamente, senza riflettere, e quando lui le prende un boccolo d'oro tra le dita e la scruta da dietro le ciglia chiare Elizabeth sente gli angoli della bocca sollevarsi senza che possa impedirlo.

[Dormire nel suo letto, insieme a James, è come riscoprire un tesoro che è sempre stato lì. Ci sono notti in cui lo raggiunge mentre sta già dormendo e gli si raggomitola contro la schiena, altre in cui lo aspetta a letto con un libro sotto gli occhi, e gli volta le spalle solo per lasciarsi abbracciare nel sonno.
C'è una sera in cui gli posa una mano sul petto, sul cuore, e James la guarda e dice «Abbiamo avvistato la Perla Nera, sulla via del ritorno». Lei s'irrigidisce all'istante nel suo abbraccio e non risponde perché le mancano le parole. «L'ho lasciato andare» continua lui, sottovoce, e Elizabeth potrebbe chiedergli perché, ma non ce n'è alcun bisogno – per lei, sempre e solo per lei.
«Mi piaceva» ammette allora, solo per riempire il silenzio, e socchiude le palpebre e sa che non deve nominare capitan Jack Sparrow affinché James capisca.
«Anche a me» confessa James dopo qualche istante, quando ormai non si aspettava più nessuna risposta, e nella sua voce c'è un sorriso – anche se Jack era pirata e canaglia e quel sorriso Elizabeth lo vede anche nei suoi occhi verdi come il mare, alla luce delle candele].

 
*


Le sue labbra sono così vicine che seguire l'istinto e baciarle è più naturale che respirare – più che bramare l'orizzonte e cercare il mare. James sa di sale e vento, le sue mani le carezzano labbra, collo e clavicola, e poi scendono a sollevarle la gonna e a sfiorarle le gambe, e i suoi occhi liquidi le dicono che lui sta per perdere il controllo e ne ha paura, e allora Elizabeth gli si spinge contro e sussurra al suo orecchio – ti prego, ti prego, non fermarti ora.
Il materasso cede sotto il loro peso, le lenzuola frusciano come velluto, e forse dovrebbe essere lei ad avere paura, ma come potrebbe – come può, con il cuore da pirata che si ritrova, con il mare che venera la sua pelle e James che la bacia dopo che ha fatto di tutto per averla e che la guarda come una dea che emerge dalle acque. Fa male, e anche se non vuole piangere le scappa una lacrima ribelle, ma alla fine non importa, perché James l'asciuga con le labbra – dopotutto, è solo sale – e lei si aggrappa alle sue spalle larghe, preme il seno sul suo petto, e oh, lui è come una scialuppa in un mare di fuoco. Guardami, le dice James, e la stringe così forte che le manca il respiro e il suo nome le raschia la gola – c'è James, c'è sempre stato solo James.

«Perché non mi hai mai toccata?» gli chiede dopo, quando il mare è nella risacca umida tra le sue cosce, negli occhi verdi di James che la scrutano con tenerezza dal cuscino.
«Non potevo pretendere ciò che non era mio» è la sua risposta, e se Elizabeth avesse avuto dei dubbi le sarebbero bastate queste parole per fugarli tutti – perché un pirata avrebbe preteso tutto, ma James non è un pirata e Elizabeth gli sorride.
«Ora lo è» gli dice, e c'è il mare che la guarda come se fosse l'unica al mondo, e James afferra la mano tesa a carezzargli il viso e le lascia un bacio nel palmo. «Senza condizioni».


[Alla fine il mare è sempre stato lì].

 















Angolino della Vì:
Ho riguardato i primi tre film e mi sono accorta del finale a dir poco orribile che hanno riservato ad Elizabeth e dell'amore che il povero James si meritava e non ha avuto (ed è anche il mio pg preferito, diamine!). Personalmente, avrei preferito di gran lunga questo finale per lei (voglio dire, alla fine rimane comunque a terra da sola ad aspettare un uomo che ritorna ogni dieci anni, e se questa vita non fa schifo allora io boh).
Credo di essere una delle poche persone a shipparli, ma l'importante è crederci ♥
Il “senza condizioni” è un riferimento ad una scena eliminata del primo film. Lo stile non è il mio solito, ho voluto provare qualcosa di diverso per rendere la confusione che ho sempre visto in Elizabeth. Se avete pareri sono sempre ben accetti, in particolare riguardo all'IC dei personaggi!

   
 
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