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Autore: Enchalott    02/02/2018    4 recensioni
“Maledizione, donna! Io sono un Saiyan! Non aggiungere altro o…”.
Lui l’aveva fermata, ma la sua voce si era spezzata per la profonda commozione che quelle parole gli avevano cagionato ed era rimasto con gli occhi piantati su di lei: occhi neri come il fondo dell’inferno, vissuto suo malgrado in anima e corpo, ma risputato in faccia all’universo per rivalsa. Finché quel dannato nodo in gola non si era fatto seppellire dall’orgoglio. Aveva incrociato le braccia, aveva reso il suo sguardo il più freddo possibile e aveva affermato: “Quello che dici non ha senso per me”. Ma ne aveva, stradannazione, soprattutto da quando aveva incontrato lei.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bulma, Goku, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ho scritto questa storia quasi 10 anni fa. Nel momento peggiore della mia vita. Creata da me e solo per me. E' rimasta adagiata nel quaderno delle cose care per tanto tempo. Poi, quando è apparso "Dragon Ball Super", mi è venuta nostalgia e l'ho riletta. Ho avuto il coraggio di inviarla ad un'amica. Mi ha chiesto di condividerla e io l'ho accontentata con un atto di coraggio. Ho fatto qualche modifica per collegarla alla nuova serie. Eccola qui. Spero possiate volerle un po' bene. <3
Burst
 
L’esplosione risuonava dentro di lui, come se la sua eco rifiutasse di esaurirsi. Il dolore lancinante, l’inutile tentativo di rialzarsi, nonostante tutto girasse vorticosamente. Sprazzi di ricordi affollavano la sua mente confusa. Buio e silenzio. Poi, all’improvviso, le sue mani… sì, lo aveva percepito… le sue mani su di lui, un tocco delicato sulla sua fronte bruciante e quella voce disperata, che gli parlava, lo pregava: “Vegeta, non lasciarmi…”.
Un sogno? Oppure un incubo, come quelli che in quel momento lo stavano tormentando: il suo pianeta che si disintegrava, suo padre, il crudele Freezer e poi… poi il leggendario super Saiyan - Kakarott - e quel misterioso giovane dagli occhi di ghiaccio con il suo annuncio sconvolgente e il suo straordinario potere. Perché lui, il principe dei Saiyan, non si era trasformato in super Saiyan? Non si sarebbe fatto superare da un guerriero di rango inferiore e neppure da uno sconosciuto, che probabilmente aveva mentito sulle proprie origini! Non poteva permetterlo!
“Tu sei l’essere più potente dell’universo, tu sei il principe…”. Cosa gli stava impedendo di realizzarsi? Che cosa gli mancava? “Ah, padre…”.
 
Quell’ultimo pensiero squarciò le tenebre che lo circondavano, strappandolo al turbine delle immagini fluttuanti e a quella coscienza di un’assenza, riportandolo alla realtà. Vegeta balzò a sedere sul letto, madido di sudore, quasi senza respiro, ma ripiombò sui cuscini, privo di forze, pervaso da un dolore insopportabile. Sentiva le bende premere sulle sue ferite e non poteva quasi muoversi. “Sono ridotto davvero male”. Che umiliazione per il principe dei Saiyan. “Dove mi trovo?” Si girò leggermente e fu allora che la vide. La ragazza terrestre era seduta accanto al suo letto, il capo sulle braccia ripiegate, appoggiata al tavolo. Stava dormendo. Vicino a lei una bacinella con dell’acqua, ghiaccio ormai sciolto. Allora era lei che aveva avvertito, che gli aveva parlato. Ora, ricordava distintamente: era stata lei a soccorrerlo, a tentare di tirarlo fuori dalle macerie fumanti della gravity room. Vegeta osservò il suo viso, pallido di stanchezza e i suoi capelli scompigliati: probabilmente, era rimasta con lui tutta la notte, a vegliarlo. Possibile? Possibile che quelli che scorgeva fossero i segni lasciati dalle lacrime? Per lui? Per un istante, Vegeta dimenticò gli spasmi che lo torturavano, soffermandosi sui suoi lineamenti: “Anche così, lei era…”.
 
In quel momento, Bulma aprì gli occhi, trasalendo nello scoprire di essere crollata; si girò immediatamente verso Vegeta, per accertarsi delle sue condizioni e incrociò il suo sguardo. Quegli occhi scuri dal taglio allungato, profondi, penetranti la trapassarono, tanto che rimase impietrita a fissarlo, senza riuscire a proferire parola.
“Che hai da guardare, donna?”.
Bulma si riscosse, ignorò il tono arrogante della domanda e tirò un sospiro di sollievo: se aveva la forza di essere intrattabile come al solito, era finalmente fuori pericolo. Si alzò in piedi:
“Vegeta, per fortuna ti sei ripreso!”.
“Avevi forse dei dubbi?”
“Ehi, dico!!” le mani di Bulma scattarono ai fianchi e un’espressione di rimprovero le si dipinse sul viso: “Lo sai che sei quasi morto? Hai idea di quanto tu sia rimasto incosciente? Mio padre ha detto che sei quasi imploso, è un miracolo che tu sia vivo! Hai avuto la febbre altissima, deliravi… e mi chiedi se ho avuto dei dubbi?!”.
“Sono un Saiyan, non dimenticarlo! Per me, ridurmi in fin di vita, significa diventare più forte di prima!” replicò lui faticosamente.
“Certo, sempre che tu riesca a sopravvivere! Non sei immortale, penso che questa volta tu abbia davvero esagerato!”.
“Non devi dirmi quello che devo fare, non lo tollero!!”
Vegeta tirò fuori tutto il fiato che gli era rimasto, ma lo sforzo fu eccessivo e prese a tossire in cerca d’aria, mentre le sue ferite pulsavano spasmodicamente ad ogni respiro. Si sentiva completamente privo di forze e non riusciva neppure a concentrare il ki: che onta intollerabile, per lui, trovarsi in quello stato! No, no doveva riprendere immediatamente gli allenamenti, era troppo importante!
Cogliendo la sua frustrazione, Bulma si avvicinò: “Capisco quello che provi, Vegeta, ma anche se tu riuscissi a stare in piedi, non potresti comunque allenarti. La gravity room è andata completamente distrutta e ci vorranno alcuni giorni per prepararne un’altra”.
Chi! Questa non ci voleva!” pensò lui.
“Tutto quello che puoi fare ora è riposarti. Quando ti sarai ripreso…”
“Io non ho bisogno della tua compassione, donna!” tuonò Vegeta tentando di alzarsi “Tutto quello di cui ho bisogno è di trovare un modo per togliermi da qui ed allenarmi, con o senza gravity room…” poi si interruppe con un gemito, fiaccato dal movimento troppo repentino.
“Compassione?” replicò Bulma sgranando gli occhi “Si tratta di semplice buon senso! Se continui ad agitarti così, le tue ferite si riapriranno e sarà peggio!”.
La ragazza si avvicinò, sedendosi al suo fianco e, con delicatezza, lo spinse indietro: con sgomento, si rese conto che lui era troppo debole per opporre anche la minima resistenza.
“Non mi toccare…” mormorò Vegeta, stringendo i denti per vincere la sofferenza e per ricacciare indietro le lacrime di avvilimento e rabbia che gli velavano gli occhi. Se solo avesse avuto una di quelle capsule di rigenerazione che usavano gli uomini dell’odiato Freezer…
Bulma era disperata, non sapeva cosa fare e non sopportava di vederlo così: “Oh, Kami…” pregò silenziosamente, sperando che lui non notasse la sua apprensione. Si alzò e fece per uscire.
“Donna, ti prego…”
Lei si bloccò: davvero dalla bocca dell’orgoglioso principe dei Saiyan era appena uscito un “ti prego”?
“Dammi uno di quei senzu…” continuò lui, tentando di dominare il senso di sconfitta che gli procurava il dover chiedere qualcosa. “Non posso fermarmi proprio ora…”
“Ma… io non ne ho… mi dispiace…Forse Goku, magari lui…”
“No! Non pensarci nemmeno! Io non voglio niente da quel maledetto!”
“Come desideri” sussurrò Bulma e uscì dalla stanza.
 
“Maledizione!” ringhiò Vegeta. Il fatto di non potersi allenare lo rendeva furibondo. Era già rimasto ferito in altre occasioni; gli uomini di Freezer lo avevano ficcato in una capsula di rigenerazione e tutto era finito lì. Era qualcos’altro in verità che bruciava dentro di lui. Certamente, detestava il dover dipendere da chicchessia, tuttavia il fatto che qualcuno si prendesse cura di lui lo faceva sentire strano. Quella donna… aveva fatto di tutto per nasconderlo, ma lui aveva comunque scorto le lacrime nei suoi occhi. Il suo viso aveva espresso una sofferenza talmente carica di angoscia, che perfino lui ne era rimasto colpito. Corrugò la fronte alla sensazione di percepire in sé qualcosa di sconosciuto, qualcosa oltre all’orgoglio, alla rabbia, all’ostinazione, alla volontà di superare i propri limiti e all’ossessione di trasformarsi in super Saiyan. Qualcosa che stava combattendo nel profondo.
 
Bulma si asciugò gli occhi: lacrime di sollievo, lacrime con cui si era sciolto il terrore che l’aveva avvinta fino a quando non aveva realizzato che Vegeta era fuori pericolo. Quando aveva visto lo stato disastroso della gravity room, si era sentita morire, non aveva pensato ad altro se non a correre disperatamente verso di lui, pregando che fosse ancora vivo. Si guardò allo specchio: “Ho un aspetto orribile… Ma ora non ho tempo per me, ora ho un’idea…”.
 
Vegeta aprì gli occhi, sentendo bussare alla porta. Dopo un istante, entrò la madre della ragazza terrestre: “È permesso?” cinguettò allegra. “Vegeta-chan, ti senti meglio? Ho pensato di portarti un tè…”
Il principe la osservò mentre appoggiava il vassoio sul tavolo. Era sempre così gentile con lui, tanto da metterlo in imbarazzo. Lo trattava come se fosse suo figlio. Oltretutto, prendeva sempre le sue parti quando quella donna insolente osava rimproverarlo. Forse era un po’ fuori di testa…
“Bulma è uscita. E dire che le ho raccomandato di andarsi a riposare! Sai, è rimasta qui con te tutta la notte… ma lei niente! Ha borbottato qualcosa su un gatto che vive in cima a un obelisco, poi ha preso una capsula ed è partita di corsa. Sinceramente, sono preoccupata”.
“Cosa?” pensò Vegeta sconcertato “Se non sbaglio, quel gatto è Karin… è lui che coltiva i senzu… possibile che…”. Sapeva che quel luogo era molto lontano dalla Capsule Corporation; si girò verso la finestra, osservando il sole che stava ormai tramontando.
“Quella donna…” disse fra sé e sé.
“Mamma” chiamò una voce dietro di loro.
“Oh, Bulma, tesoro, sei qui! Meno male! Allora vi lascio… ciao, Vegeta-chan”.
Vegeta fissò Bulma con uno sguardo tra l’interrogativo e il perplesso, stentando ancora a credere che fosse andata fin laggiù per fargli un favore.
“Mi dispiace” disse lei con amarezza “Il saggio Karin ha detto che i senzu saranno pronti solo tra qualche settimana…”
Vegeta si lasciò sfuggire un sospiro.
“Però” continuò lei con un pizzico di soddisfazione “Sono riuscita a farmi dare questo!”.
Il principe osservò con curiosità il vasetto di coccio che stringeva tra le mani.
“È un unguento medicamentoso fatto con i senzu. Il saggio Karin ha detto che non ha la stessa efficacia, ma può comunque considerarsi meglio di niente. E pensare che non me lo volevano dare! Ho dovuto minacciarli per averlo!”
“Tu… cosa?” domandò Vegeta disorientato.
“Visto che non avevano i senzu, ho chiesto se esistesse qualcosa di analogo, così il saggio ha tirato fuori il vasetto. Ma quel presuntuoso di Yajirobei non voleva mollarlo! Diceva che era suo!”
Yajirobei… doveva essere quell’insulso ciccione che aveva osato tagliare la sua preziosa coda, ricordò Vegeta con ira.
“Così ho fatto presente che l’unguento era per te e che comunque, anche senza, saresti guarito ugualmente, solo un po’ più lentamente e che saresti andato a ringraziarli personalmente per la loro cortese sollecitudine! Avessi visto la velocità con cui me l’hanno regalato!”.
Vegeta stentava a credere alle proprie orecchie. Fissò Bulma che ironizzava, fiera della propria impresa, e scosse la testa, mentre un impercettibile sorriso si disegnò sulle sue labbra.
“Ora vediamo se funziona!” esclamò la ragazza avvicinandosi a lui.
“Ehi, donna…” sibilò Vegeta alzando la guardia “Che vuoi fare?”
Bulma spalancò gli occhi turchesi: “Medicarti con questo, che altro?”
Vegeta avvampò, puntando il vasetto ormai aperto.
“Non sono un’infermiera, ma me la cavo bene. Ho medicato tante di quelle ferite ai miei amici, che ormai non mi impressiono neanche più. Non ti farò male…”
Iniziò a sciogliere la benda che gli avvolgeva la fronte, seduta accanto a lui.
Non vide neppure il movimento.
Semplicemente si ritrovò con la mano di lui che, con fermezza, le tratteneva il polso. Bulma sussultò.
“Donna…” ripeté Vegeta. Ma il suo sguardo non era ostile.
Quando notò il suo imbarazzo, Bulma arrossì a sua volta, mentre il principe lasciava ricadere il braccio sul letto.
“Ehm, comunque non mi sembra che tu sia in grado di fare da solo…”
“Non ho chiesto il tuo aiuto”.
“Se ti creo così tanto disagio, potrei chiamare mio padre, ma sarebbe la soluzione peggiore. Non sa mettere neppure un cerotto!” borbottò Bulma “In alternativa, potrei chiedere a Goku. Col teletrasporto potrebbe arrivare in un secondo…”
“Go… Kakarott!? Come osi nominarlo davanti a me!?!”
“Ma insomma!” sbottò Bulma esasperata “Pretendi di guarire subito, ma non vuoi essere medicato! Non riesci a muoverti, ma nessuno ti può toccare! Perché non la smetti, Vegeta?”
“Non osare parlarmi in questo modo!”
Il principe strinse i pugni, furente, ma impallidì per la fitta atroce che lo attraversò implacabile. Bulma non distolse gli occhi dai suoi, così fieri, così decisi, carichi d’orgoglio e di tristezza. Lo sguardo di chi ha perso ogni cosa… lui non avrebbe mai domandato aiuto, non era abituato a farlo; possedeva l’insopportabile ostinazione dei Saiyan e, inoltre, non aveva mai avuto nessuno di cui fidarsi. A quel pensiero, la collera di Bulma svanì in un baleno.
“Quello che intendo…”
Vegeta rimase a bocca aperta per il repentino mutamento di tono e per il fatto che lei mostrasse di non avere affatto paura di lui.
“Quello che intendo è che noi non siamo tuoi nemici, Vegeta. Quando ti ho invitato qui, non è stato per compassione o pietà o pazzia: sei troppo intelligente per poter credere il contrario… io vorrei davvero che tu fossi dei nostri. Io ammiro il tuo valore, la tua forza e il tuo senso dell’onore, altrimenti non avrei mai costruito la gravity room per farti allenare, sapendo che avresti potuto distruggere la Terra a tuo piacimento. Sinceramente, io mi fido di te e spero che vorrai combattere insieme con noi, proprio perché hai vissuto sulla tua pelle cosa significa perdere tutto ciò che si ama. Lo so che questo non è il tuo pianeta… ma potrebbe diventarlo. Non sei solo, non più. E un’altra cosa… Goku – non dare in escandescenze perché ho fatto il suo nome – consideralo un tuo rivale. Non un nemico da uccidere, ma l’unico avversario in grado di confrontarsi con te, perché anche lui è leale, orgoglioso e testardo come un vero Saiyan!”. Bulma appoggiò il vasetto sul tavolo: “Detto questo, fai come meglio credi. Io vado a controllare a che punto è mio padre con le riparazioni” e prese la direzione della porta.
Vegeta la guardò con un’espressione indecifrabile, ma le sue mani strinsero allo spasmo la stoffa del lenzuolo e i suoi occhi ardenti scintillarono come ossidiana nera, riflettendo l’ultimo raggio di sole: “Va bene…” borbottò arrossendo nuovamente.
 
Bulma iniziò a sciogliere le bende dalle sue tempie, dalle sue braccia e dal suo petto: le ferite e le bruciature erano davvero gravi, la sola sopportazione del dolore, che sicuramente gli causavano, doveva risultare uno sforzo immane. Soffocò un singhiozzo, tentando di darsi un contegno e prese una piccola quantità d’unguento, sfiorandolo con la maggiore delicatezza possibile.
“Le tue mani tremano”.
“Scusami…” Bulma trattenne il respiro “Ho paura di farti male”.
“Noi Saiyan non temiamo il dolore!”
“Oh, lo so, lo so…” sorrise lei sfiorando una cicatrice all’altezza del cuore, che doveva risalire a qualche tempo prima: “E… questa?”
Vegeta sollevò il viso fino ad incontrare il suo sguardo: “È stato Freezer…” rispose, incupendosi al ricordo delle azioni infami di quell’essere spregevole.
“Ah, sono contenta che sia definitivamente morto!”
Il principe si fece pensoso: probabilmente, lei stava convivendo con l’incubo della minaccia incombente sulla Terra, annunciata da quel giovane che aveva svelato il futuro e l’idea che il pianeta venisse annientato l’atterriva. Eppure più volte aveva dato prova di un coraggio che aveva sfiorato addirittura il limite dell’incoscienza. Donna caparbia! Sconsideratamente temeraria. Orgogliosa. Sfrontata e... Le sue mani allentarono la presa sul lenzuolo. Il cuore batteva all’impazzata, la sua pelle bruciava come l’inferno, mentre lei, alle sue spalle, terminava di fasciargli nuovamente le ferite.
“Senti qualche miglioramento, Vegeta?”
Il principe trasalì visibilmente e spalancò gli occhi, sorprendendosi del fatto di non aver realizzato di averli chiusi. Si era abbandonato a… aveva abbassato la guardia… ma che diavolo…per quanto tempo?
“Ti ho fatto male?”
Vegeta scosse la testa senza parlare, temendo che la sua voce potesse tradirlo, potesse portare alla luce quella profonda sensazione che ancora lo teneva in pugno. Per un momento aveva perso il dominio di sé, delle proprie emozioni… no, impossibile…una di esse lo aveva sovrastato e lui non si era opposto, anzi si era lasciato trasportare. “Neppure in battaglia il mio sangue saiyan ribolle in questo modo…” meditò sconvolto.
 
“Ci va proprio un bel tè, ora! Quello della mamma è delizioso!” esclamò Bulma, distogliendolo dalle riflessioni.
La ragazza gli porse una tazza fumante e si accomodò sulla sedia difronte a lui, sorseggiando la bevanda calda e rosicchiando un biscotto, l’espressione assorta e meditabonda, lo sguardo rivolto al soffitto. Fu lì che arrivò la domanda.
“Vegeta, sul tuo pianeta c’erano i matrimoni combinati?”
Al principe andò quasi di traverso il tè.
“Ma cosa vai dicendo?!” gridò indignato “Che razza di idee ti sei fatta su di noi Saiyan?! Siamo guerrieri, non barbari! La nostra era una civiltà evoluta! Da noi, quando un uomo e una donna si scelgono, sono liberi e consapevoli… la loro unione dura per sempre!”.
“Va bene, va bene, non ti arrabbiare! Era solo una domanda! Sto cercando di capire qualcosa in più di quel ragazzo che ha ucciso Freezer! Ho pensato che potesse essere figlio di qualche Saiyan sfuggito alla distruzione del pianeta poiché lontano, magari per ragioni di stato…”
Vegeta alzò un sopracciglio: “I conti non tornano in ogni caso. Ha detto di avere diciassette anni. Troppo giovane”.
“Beh, direi che almeno uno dei suoi genitori non è un Saiyan. Voi avete occhi e capelli neri, no? Tu sei assolutamente certo che siate rimasti solo in tre in tutto l’universo? Magari qualcun altro è riuscito a cavarsela e ha avuto un figlio su un altro pianeta”.
“Mmh, potrebbe”. Il principe ripensò agli occhi azzurri e ai capelli chiari del giovane “Non posso essere sicuro al cento per cento che siamo i soli superstiti. Ma la tua resta un’ipotesi molto azzardata. Piuttosto, quello che non si spiega affatto è il logo della Capsule Corporation sui suoi abiti”.
“Già. Però, considera che siamo famosi e che abbiamo molti clienti in giro per l’universo”.
Chi! Quello mi sembrava possedere una tecnologia ben più avanzata della vostra!”
“Sarà…” rispose Bulma alzando le spalle, un po’ piccata. “Mi dispiace davvero per il tuo pianeta…”
“Non riservo pietà a chi non si sa difendere!” affermò Vegeta con disprezzo “E se non combatterete fino alla fine, anche voi dovrete dare l’addio alla vostra amata Terra!”
Bulma appoggiò il mento sulla mano, ammaliata dal suo sguardo deciso e malinconico, dalla sua fierezza guerriera e indomita, dai suoi modi scontrosi ma regali.
“Che altro c’è?!”
“Niente. Ti guardo perché sei affascinante…”
Il principe strabuzzò gli occhi: “Co… Cosa?!? Sei davvero sfacciata, donna!”
Lei si alzò, divertita: “Cerca di riposarti un po’, ora. Verrò più tardi, così vedremo se l’unguento medicamentoso ha avuto qualche effetto. Altrimenti quei due si pentiranno di avermi rifilato una fregatura!”
Per un attimo Vegeta ripensò al grassone e al gatto che subivano le ire della ragazza, ancora incredulo.
“La sai una cosa?” disse Bulma girandosi sulla soglia e strizzandogli maliziosamente l’occhio. Il principe la guardò, aspettandosi come minimo qualche altra trovata assurda o imbarazzante.
“Mi piace il tuo sorriso, principe dei Saiyan!”
Vegeta arrossì per l’ennesima volta.
 
Bulma rientrò nella propria stanza, distrutta per la stanchezza. Si buttò sul letto, ma non si addormentò. Vegeta... Era l’essere più arrogante, più caparbio, più orgoglioso che avesse mai incontrato! La sua presunzione sfiorava vette inimmaginabili, per non parlare della sua incredibile ostinazione! Eppure portava in sé un’ombra impercettibile di tristezza: ne era certa, sebbene la celasse perfettamente dietro all’impenetrabile scorza e alla sprezzante indifferenza. Era un uomo misterioso e attraente e lei… lei non sapeva come comportarsi. Le sue mani avevano tremato. Ma non era stata la paura. Nessuno le aveva mai provocato sentimenti così sconvolgenti: lui l’aveva terrorizzata, presentandosi sulla Terra come un nemico spietato. Poi l’aveva sorpresa, quando l’aveva seguita senza opporsi e non aveva mai mostrato la minima intenzione di farle del male… l’aveva resa furiosa, le aveva fatto perdere almeno dieci anni di vita con l’incidente della gravity room! Accidenti a lui e alla sua smania di guerra! Già, lui… Lui era uno degli esseri più potenti dell’universo, un guerriero con la mente rivolta unicamente all’incremento delle proprie capacità combattive, che sicuramente avrebbe lottato fino alla fine, per orgoglio personale o per rivalsa. Lui era un principe, ma quella non era certo una fiaba; presto sarebbero giunti i veri mostri.
Sospirò profondamente. Lui aveva detto che, per i Saiyan, quando un uomo e una donna si scelgono, sono liberi e consapevoli e che la loro unione dura per sempre. “E tu, Bulma, devi essere completamente pazza. Perché lo ami”.
   
 
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