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Autore: Ghen    07/02/2018    11 recensioni
Dopo anni dal divorzio, finalmente Eliza Danvers ha accanto a sé una persona che la rende felice e inizia a conviverci. Sorprese e disorientate, Alex e Kara tornano a casa per conoscere le persone coinvolte. Tutto si è svolto molto in fretta e si sforzano perché la cosa possa funzionare, ma Kara Danvers non aveva i fatti i conti con Lena Luthor, la sua nuova... sorella.
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Non solo quello che sembra! AU (no poteri/alieni) con il susseguirsi di personaggi rielaborati e crossover, 'Our home' è commedia, romanticismo e investigazione seguendo l'ombra lasciata da un passato complicato e travagliato, che porterà le due protagoniste di fronte a verità omesse e persone pericolose.
'Our home' è di nuovo in pausa. Lo so, la scrittura di questa fan fiction è molto altalenante. Ci tengo molto a questa storia e ultimamente non mi sembra di riuscire a scriverla al meglio, quindi piuttosto che scrivere capitoli compitino, voglio prendermi il tempo per riuscire a metterci di nuovo un'anima. Alla prossima!
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Kara Danvers, Lena Luthor
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ours'
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E così era successo. Era arrivato il momento che, assolutamente, sperava non sarebbe arrivato. E non che non desiderasse che Eliza fosse felice, al contrario, ma quella situazione si era svolta in così poco tempo da aver lasciato lei e sua sorella Alex in completo disorientamento. Di punto in bianco, senza che avesse mai accennato loro qualcosa, aveva detto alle sue due figlie per telefono che era una donna fortunata poiché finalmente aveva trovato l'amore della sua vita. E sì che dopo anni si meritava qualcuno che la rendesse felice davvero, ma entro due mesi da quella telefonata si era ufficialmente fidanzata e aveva deciso di andare a vivere con questa persona, nella loro casa, senza neppure chiedere cosa ne pensassero. E in quel caso, comunque, non avrebbero saputo cosa rispondere: dopotutto non avevano ancora avuto nemmeno modo di conoscere la sua persona speciale, come la definiva agli inizi. Erano stati fissati degli appuntamenti per conoscersi ma a causa di loro impegni universitari o del lavoro, in un modo o nell'altro, erano saltati tutti. Solamente Alex era riuscita nell'intento, una sera, ma solo perché aveva incrociato la coppia in macchina nel traffico, e non per un incontro voluto. Sua sorella le aveva riferito che Eliza era un po' su di giri e che probabilmente temeva la loro reazione. Oh beh, pensava, di certo ne avrebbe dovuto avere un po' se credeva davvero di portare nella loro casa una persona sconosciuta con il dovere di apprezzarla.
Alla fine, avevano deciso di comune accordo di riporre le armi per amore della loro madre e conoscere la situazione, e le persone coinvolte, prima di farne un caso. Glielo dovevano. E allora, approfittando della sospensione delle lezioni di giugno, Kara Danvers decise di lasciare il campus universitario per qualche giorno, prendere il treno e tornare a casa per conoscere la sua nuova famiglia allargata. Sarebbe stata una piccola e nuova avventura, sperando che tutto si sarebbe sistemato per il meglio.

«Non sono nervosa…», sbeffeggiò al telefono, «Okay, forse un po'… Un pochino, insomma». Il treno, fermatosi dopo qualche assestamento, aprì le porte: Kara aspettò che alcune persone scendessero per mettersi in coda, afferrando il suo trolley. «Sì», sbuffò infine, mantenendo salda la presa al suo cellulare, «Sono decisamente nervosa». Salì, chiedendo scusa a una donna a cui aveva accidentalmente schiacciato i piedi con le ruote del suo trolley, guardandosi poi intorno in cerca di posti liberi e ascoltando la domanda di sua sorella Alex per telefono. «Oh, sì», rise spalancando la bocca, riprendendo a camminare. «È stato bellissimo! E Supergirl ha vinto ancora», emise con soddisfazione, distratta, e il suo trolley sbandò, colpendo un piede che colpì a sua volta una valigetta, caduta davanti a lei. S'inchinò per raccoglierla subito con fare impacciato, ma una mano la afferrò prima di lei e la tirò su. «Mi scusi». Appena Kara alzò lo sguardo sopra le lenti dei suoi occhiali, quella giovane donna dal volto pallido incurvò le sopracciglia in modo severo e i suoi occhi di ghiaccio la fulminarono.
«Guarda dove cammini», brontolò in modo acido, intanto che Kara la sorpassava per andare a sedersi a qualche posto più avanti.
«Ho chiesto anche scusa…», rimarcò per sé a bassa voce, sedendo al suo posto.
«Kara? Che ti è successo?», domandò la voce al cellulare.
«Non lo so… Qualcuno sta passando una brutta giornata», rispose fissando quella ragazza. Sembrava completamente a disagio seduta su quel sedile: i suoi occhi vitrei si fissavano su un punto e restavano immobili, il labbro inferiore della bocca coperta da un rosso acceso tremava, la mano sinistra, l'unica che Kara vedeva da dove si trovava, era in continuo movimento, sbattendo le dita sul bracciolo, così come il piede sinistro sopra le gambe accavallate. Dopotutto, lei stessa sembrava veramente fuori luogo: indossava una giacca nera sopra una camicetta bianca e dei pantaloni eleganti, non certo il tipico abbigliamento degli universitari a giugno inoltrato. I lunghi e lisci capelli corvini le ricadevano sulle spalle in modo elegante e raffinato. Kara non poté fare a meno di dare una veloce occhiata alla gonna corta e alla t-shirt a righe che indossava, senza dimenticare le due trecce che le tenevano raccolti i capelli biondi, notando quanto i due stili fossero decisamente differenti.
«Intendi noi?», rise Alex, mentre il treno ripartiva, «Io sono quasi arrivata a casa e lo ammetto, sono nervosa anch'io. Ma chi non lo sarebbe al posto nostro?».
«Puoi dirlo forte», ribatté, «Stiamo per conoscere la nuova fiamma di nostra madre…».
«Ormai il fidanzamento è ufficiale, Kara».
«Sì, quindi… fa parte della famiglia a tutti gli effetti».
«E i suoi figli».
«Anche i suoi figli, già». Anche se parlava al telefono con sua sorella, non si era resa conto di avere ancora lo sguardo puntato nella direzione di quella ragazza che, al contrario, si era accigliata di nuovo, fissandola con rimprovero. Kara si sentì avvampare, distogliendo immediatamente lo sguardo, cercando di guardare fuori dal finestrino. «Chissà poi come saranno… i suoi figli, intendo. Il più grande non è neanche più all'università, vero?».
«No, lavora per l'azienda di famiglia… A conti fatti, è anche lui un vero e proprio capo di nostra madre, anche se non c'è mai. È sempre nell'altra sede a Metropolis… Non credo sarà con noi questi giorni a casa. Non so neppure se nostra madre lo ha conosciuto».
«Quindi avremo solo la figlia?», domandò, sentendosi osservata. Con la coda dell'occhio cercò di individuarla e, appena la vide guardarla ancora con quello stesso sguardo accigliato, sussultò, fissando con più attenzione fuori dal finestrino. Stava diventando fastidiosa: le aveva chiesto scusa, cosa voleva ancora, che le firmasse delle scuse ufficiali da portare nella sua lussuosa valigetta?
«Sì. Lei sta ancora studiando, anche se saltuariamente partecipa alle attività dell'azienda. Eliza mi ha raccontato che è talmente intelligente che è riuscita a dare gli esami di due anni in uno e che frequenta le lezioni solo per approfondimento e presenza».
«Lo ha raccontato anche a me», sbuffò, «Mi è parso di vederla estremamente orgogliosa».
«Ha dato anche a te quest'impressione?».
«Assolutamente sì. Come se noi non fossimo alla sua altezza».
«Verissimo! Dai, io mi faccio in quattro per studiare e al contempo lavorare e-e sto anche cercando di avere una vita sociale, sai, la mia ragazza… E pago le bollette, Kara! E poi arriva questa-».
Sua sorella le parlò sopra: «Questa che praticamente è ricca sfondata e pensa di essere migliore di noi perché riesce a dare gli esami di due anni in uno! Lo capisco! Io mi impegno negli studi e lo sport e do il massimo in tutto, ed Eliza non ha mai parlato di me come invece mi ha parlato di questa Lena», sbuffò. Diede un veloce sguardo alla ragazza a qualche sedile da lei ma aveva smesso di fissarla, era intenta a controllare il suo cellulare. Tirò un sospiro di sollievo.
«Sono arrivata: fammi gli auguri, sorellina».
«Auguri, sorellona». Chiuse la chiamata e guardò fuori dal finestrino, dove i palazzi del centro di National City avevano già da un po' lasciato il posto agli alberi delle campagne e alle case di periferia: ancora poca strada e sarebbe arrivata anche lei. Deglutì. Eliza le aveva detto che avevano deciso di vivere insieme nella loro casa per un po' e che poi si sarebbe trasferita invece in casa sua nella parte buona e ricca di National City. La prima sarebbe stata l'ideale per le vacanze, la seconda per il periodo di lavoro più stretto. Oh, le veniva il mal di testa nel pensare a quanto le cose si erano affrettate. Nel sentire lei sembrava che si conoscessero e frequentassero da una vita, ma per loro… Chissà cosa ne pensavano i figli della controparte, Lex e Lena. Chissà se mai sarebbero andati d'accordo nel ritrovarsi praticamente fratelli all'improvviso. Tutto stava per cambiare per sempre.

Il viaggio durò ancora tre quarti d'ora a causa di alcuni rallentamenti alle stazioni. Kara si sistemò le trecce e gli occhiali sul naso e sospirò più volte, tesa come una corda di violino, guardando di tanto in tanto cosa faceva la ragazza scontrosa che si dava delle arie. Non l'aveva più guardata, notò. Meglio, pensò subito, capendo che probabilmente non era successa una tragedia nel far cadere la sua stupida valigetta. E che non lo aveva fatto di proposito, poi. Quando il treno annunciò l'ultima fermata erano ormai in pochi a dover scendere. Quella ragazza si alzò dal sedile e prese la valigetta. Kara, che era stata più veloce, stava per passarle davanti con il suo trolley quando lei la tamponò camminandole quasi sui piedi, spostandola. Per poco non la faceva cadere su un sedile.
«Scusa», le tuonò, passandole avanti.
Kara restò di sasso, a bocca aperta, capendo che lo aveva fatto di proposito. Forse si era addirittura studiata quella piccola vendetta per l'intero viaggio. Quando scese dal treno quella ragazza era già sparita. Non poteva credere fosse tanto veloce sui quei tacchi. E dove si era mai vista una ragazza prendere il treno con i tacchi ai piedi? Quella aveva qualcosa che non andava, pensò. Fuori luogo e fuori dal mondo, continuò, felice che se ne fosse andata. D'altronde non l'aveva mai vista e probabilmente non l'avrebbe rivista mai più. Maleducata e sfacciata.
Si spostò a piedi facilmente, inoltrandosi nelle stradine in mezzo alle case che conosceva a memoria, trascinando il suo trolley. Non aveva fretta, temeva di arrivare troppo presto, e camminò con tranquillità in una sorta di passeggiata, godendosi appieno l'aria estiva. Nonostante fosse pomeriggio non soffriva il caldo. Non c'era nessuno in giro e il sole bollente sulla pelle la faceva sentire bene. Era il momento della giornata che preferiva. La sua passeggiata le diede ancora modo di pensare e schiarirsi le idee, ma non sarebbe durata per sempre e prima o poi sarebbe arrivata. Quando si ritrovò davanti a casa sua deglutì. Il vialetto era in ordine, l'erba dei cespugli rigogliosa come sempre, la facciata come la ricordava, su un giallino pallido. Non un solo punto fuori posto. Se non che, avvicinandosi alla cassetta delle lettere, il nome era cambiato. Non più Danvers, ma Danvers-Luthor. Rabbrividì. Probabilmente aveva fatto rabbrividire anche Alex un'ora prima di lei. Prese il cellulare dalla tasca e digitò un messaggio per sua sorella: sperava che uscisse per andarla a prendere; sentiva di aver bisogno di aiuto psicologico. La porta di casa si aprì ma, all'improvviso, il suo sospiro si bloccò quando la persona ad uscire fu Eliza per correre da lei a braccia aperte. Alex era a poco da lei e tirò la bocca per una smorfia di scuse.
«Oh, Kara! Finalmente». La donna l'abbracciò con una potente stretta e Kara ricambiò cercando di sfoggiare uno dei suoi sorrisi migliori. «Eravamo preoccupate, questo treno non arrivava mai». La lasciò e si guardò intorno. «Ma dov'è Lena?».
«L-Lena?», scrollò di spalle, guardando sua sorella che faceva altrettanto.
«Dicono che ha preso lo stesso tuo treno».
«Ah, allora non lo so… Non ho visto nessun-», si bloccò, quando vide Eliza adocchiare qualcosa e indicarlo. Era un taxi. La vettura gialla si fermò a poco dal vialetto e, dalla portiera aperta, scese un tacco dopo l'altro. La ragazza spostò i lunghi e lisci capelli corvini da una parte per richiudere lo sportello; la mano sinistra reggeva fedelmente la sua valigetta. Kara spalancò gli occhi e la bocca, incredula. No, no, non poteva essere lei. Non proprio lei tra tutte le persone su quel treno, accidenti. La bocca di Lena era ferma in una smorfia di disapprovazione e, quando il suo sguardo incrociò quello di Kara, al contrario per nulla sorpreso, s'irrigidì ancora di più.
Eliza corse da lei in un abbraccio ancora più caloroso che Lena ricambiò con affetto, mentre il taxi ripartiva. Loro si conoscevano. Avevano avuto modo di conoscersi, non poteva crederci. Vide quella ragazza sorridere e Kara non pensava neppure che ne fosse capace.
«Oh, allora ci siamo tutte!», gridò estasiata una quinta voce. Lo sguardo di Kara planò subito alla porta di casa.
«Non trovavo la via e mi sono fatta aiutare dall'autista del taxi», tuonò Lena, camminando verso la porta, ignorando Alex a metà strada. «Se mi avessi mandato la macchina come avevo richiesto, questo non sarebbe successo».
«Oddio, Lena, come sei melodrammatica: scommetto che prendere il treno come tutti i comuni mortali non ti ha compromesso. E poi hai potuto conoscere Kara», la indicò con un cenno della mano.
«Sì», sibilò a fior di labbra, «Ho avuto il piacere, mamma».
Lillian Luthor sorrise. «Da oggi siamo ufficialmente una famiglia».


Our home


Le sembrava di essere di nuovo su quel treno.
Se non fosse per la mancanza di puzza di sudore del ragazzo a fianco a lei sul sedile, le sarebbe sembrato veramente di essere ancora su quel treno, poiché la ragazza con la valigetta non le aveva tolto occhio di dosso. E non che si vergognasse quando la sorprendeva a guardarla, al contrario girava la faccia dopo qualche istante con fare seccato come se fosse lei, Kara Danvers, quella irritante. Doveva averla sentita parlare al telefono di lei, lo sapeva. Aveva la voce troppo alta, Alex glielo aveva rimproverato spesso, accidenti a lei. Lena Luthor doveva odiarla.



















***


Dopo millemila anni…. I'm back! Non lanciatemi pomodori, please, mi faccio perdonare perché quella che vi state apprestando a leggere sarà una long, loooong fan fiction slowburn supercorp! Con millemila (devo smetterla di usare questa parola) personaggi di contorno che vanno e vengono! No, aspettate! Forse non dovevo dirlo che è una roba long, così ve ne andate D:
L'idea di base non è mia ma di Annamaria, che ha lasciato scritta sul documento Give me more, o meglio, chi mi scrive una FF? del gruppo Facebook In femslash, we trust. (Official Group).
Ecco la traccia: Fanfiction AU Supercorp. Dove Lilian Luthor ed Eliza Danvers si innamorano e vanno a vivere insieme. Kara Lena ed Alex di conseguenza sono costrette a convivere, il problema è che Lena e Kara non vanno molto d’accordo. Il resto lo lascio alla vostra immaginazione.
Il problema è che io di immaginazione ce ne ho messa troppa, anche se non parlo del tutto di ciò che intendeva lei, ne sono sicura XD Quindi sta uscendo una roba un po' lunga, ci sto creando quasi un mondo, e spero di non annoiare :/

Specifico subito che nella storia compariranno solo personaggi presenti nella prima e seconda stagione della serie e che, sì, alcuni di loro saranno per forza di cose almeno un po' OOC. È una fan fiction AU e a volte alcune cose sono e saranno modificate per rendermi più facile la vita. Yey! Lettori avvisati…
Beh, se ci siete ancora, spero vi piaccia (anche un pochino, pochino) come sta divertendo me scriverla!

Ci leggiamo al prossimo, nonché primo capitolo, che si intitola: Casa dolce casa, famiglia dolce famiglia
Pubblicherò probabilmente di domenica!


   
 
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