Stay
[until I fall
asleep]
«L’Inferno
non è al centro della Terra.
È qui, in
questa stanza.»
Ci sono notti – si può definire il
concetto di “notte”, nello spazio? Bah, cosa strana l’Universo – in cui il
Dottore sarebbe capace di addormentarsi ovunque, anche in piedi o di pancia sul
pavimento di metallo della sala comandi.
Altre notti, invece, semplicemente
non vuole dormire. Rose l’aveva già notato, prima che il suo Dottore diventasse più giovane e decidesse di sostituire la
giacca di pelle con un completo gessato a righe e le Converse, ma solo ora ci
fa davvero caso.
-…perché
ho come l’impressione che tu dorma troppo poco?- lo mormora così, senza un vero interesse, un giorno in cui
nessuno dei due sa dove andare perché non hanno voglia di guai e preferiscono
la tranquillità del Vortice alle corse a perdifiato, seduta svogliatamente sui
gradini della scala che porta da-qualche-parte-nel-TARDIS mentre lo osserva
armeggiare con i comandi sulla console nel tentativo di farla funzionare.
“Perché un conto è sbagliare di qualche giorno,- aveva detto il Dottore, fissando torvo la matrice del TARDIS.
-un conto è sbagliare di un secolo!”
-Non ho sonno.- le risponde
senza neanche guardarla, tirando l’ennesima martellata a quella povera console.
-I Signori del Tempo non hanno bisogno di dormire quanto gli esseri umani. A
meno che non siano malati o appena rigenerati, in quel caso… -
-Dottore.
Hai certe occhiaie che le vedrebbe pure un cieco.- ed è davvero così: nemmeno gli occhiali e tantomeno la
distanza che li separa riescono a nascondere un poco i profondi cerchi intorno
ai suoi occhi scuri e il pallore del viso.
All’improvviso,
il Dottore si immobilizza, le mani strette intorno a una leva sulla console del
TARDIS mentre il martello viene poggiato lentamene da parte: tiene la testa
bassa, piegata verso il petto, come per nascondersi, e Rose pensa di aver
combinato un pasticcio.
Scatta in piedi, preoccupata e pronta a scusarsi,
ma lui solleva di nuovo la testa e riprende da dove si era interrotto. -…Dottore?- sembra la stia ignorando. –Dottore?-
Sta fissando il monitor senza davvero vederlo e
la sa voce trema, la stretta si comandi del TARDIS che indica chiaramente lo
sforzo di trattenersi. -Mi
spaventa.-
Rose non capisce, forse sorpresa di vedere il
Dottore così… indifeso? -Cosa?-
-Quello che vedo quando chiudo gli occhi. Mi spaventa.- quando finalmente si decide a guardarla,
Rose potrebbe giurare di averli visti.
Potrebbe giurare di aver visto tutti i mostri del
suo passato, riflessi in quei grandi occhi scuri.
*
I mostri del suo passato non
l’hanno mai abbandonato.
Pensava – sperava – che prima o poi lo avrebbero lasciato in pace, a vagare
senza meta come un Ulisse sempre in cerca della sua Itaca che pare sfuggirgli
tra le dita… E invece, eccoli ancora lì, a ricordargli che non è nient’altro
che un assassino – che è un codardo, un vigliacco che si era arreso ancora
prima di combattere ed era scappato. E potrà anche correre veloce come la luce,
ma le urla di tutti quei bambini che bruciano lo seguiranno ovunque e non gli
lasceranno scampo.
“Perché
la colpa è tua. Tua. S o l o t u a.”
-Non
è colpa mia! Volevo solo che tutto finisse…!-
Sono una voce lontana – “Dottore,
per favore calmati, non capisco un accidente di quello che dici. Perché il
TARDIS non lo traduce?” - e due mani gentili
sui suoi polsi a fargli capire che sta urlando e si sta dimenando come un
ossesso: si immobilizza, paralizzato completamente, con gli occhi appannati
dalle lacrime cerca di capire cosa lo stia tenendo fermo e dove si trovi in
questo momento. È la sala comandi, non si è mosso di un solo passo da lì, si è
soltanto seduto per terra per riposarsi un attimo e alla fine si era addormentato.
Solo un attimo ma era bastato per fargliele sentire ancora, le urla di quei 2,47
miliardi di bambini, e fa male. Troppo male.
-Dottore.-
Rose è inginocchiata vicino a lui e lo guarda preoccupata, ma il tono nella sua
voce è gentile, quasi materno. -Dottore, era solo un incubo. Va tutto bene.-
Vorrebbe dirle che no, non va tutto
bene, perché Gallifrey brucia ogni volta che chiude
gli occhi e fa male e gli scoppia la testa e vorrebbe solo piangere.
Caccia indietro le lacrime come può
e si piega un poco, fino ad appoggiare la fronte sul suo petto; Rose lo
abbraccia senza esitare e lo culla dolcemente.
-Vuoi restare da solo?-
mormora appena, senza smettere di cullarlo e di attorcigliarsi i suoi capelli
tra le dita, il Dottore si chiede come possa pensare che voglia essere lasciato
solo.
Scuote piano la testa, senza
muoversi di nemmeno un millimetro. La voce raschia contro la gola, quando si
decide a parlare. -Resta.-
“Resta
finché non mi riaddormento. Resta anche dopo. Resta.”
Rose annuisce e lo stringe un po’
di più – e lui si aggrappa a lei come un naufrago a una scialuppa e forse la
stringe troppo forte, ma Rose non si lamenta e gliene è profondamene grato. Non
ha idea, quell’ingenua ragazza umana, di quanto sia confortante quell’abbraccio
e di quanto ne avesse bisogno.
-Non te ne andare, mai.-
mormora ancora, piano, usando dopo tantissimo tempo la
lingua dei Signori del Tempo. Si è dimenticato l’ultima volta che l’ha usata
spontaneamente. - Non voglio restare da solo.-
Rose ridacchia, forse per scaricare
la preoccupazione, ma non smette di stringerlo a sé. –Non ho capito niente di
quello che hai detto, Dottore. È la seconda volta che il TARDIS non traduce
quello che dici.-
Lui scuote ancora la testa. –Lascia
stare, non ha importanza.-
“Semplicemente,
resta.” – e questa sono degli arabeschi sulla sua
schiena che hanno un significato solo per lui e Rose ridacchia e si agita piano
perché le fa il solletico, ma non lo lascia andare, mai.
-Ti ho promesso che sarei stata con
te per sempre.- sussurra trai suoi capelli, come se
avesse capito i suoi tormenti. –E ho intenzione di mantenere la promessa.-
Alla fine, il Dottore ci crede
davvero.
D.P.P.: Deliri Post Partum
La mia prima
fic del 2018, wo oooh.
Sì, sono
arrivata anche qui.
Sì, mi
espando come neanche le pandemie che precedono le apocalissi zombie.
Sì, ne
avreste fatto volentieri a meno.
No, non ho
scusanti.
…
Ehm.
Salve, sono
Maki. Non mangiatemi, sono vecchia, stoppacciosa e tutta ossa.
Non chiedetemi
da dove arrivi questa, hum, cosa perché non me lo
ricordo: avevo buttato giù una scaletta eoni or sono, quando avevo iniziato a
vedere la serie ormai quasi dieci anni fa [mannaggia, shippo
TenRose da quando avevo dieci anni e neanche lo sapevo,
come ero innocente] e me ne ero completamente scordata. Ieri, rimettendo a
posto il cassetto della scrivania, salta fuori questo foglietto di quaderno con
la scrittura della me bambina e dopo essermi ripresa dalla commozione ho detto “perché no?” ed eccomi qui. Se ve lo state
chiedendo, sì: ho scritto di notte, in barba alle ore di sonno perse e alla
sveglia che suona alle cinque del mattino.
Spero possiate
perdonarmi, non fatemi troppo male.
Pace,
amore e Rock&Roll!
Maki
Ah,
dimenticavo: se la Cosa di Cui Sopra vi ha trasmesso qualcosa, che sia amore,
odio, tristezza, angoscia, sollazzo o l’arteriosclerosi galoppante come il mio
prof di Diritto&Economia, fatemelo sapere. Vi regalo
un biscotto.