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Autore: Lady I H V E Byron    10/02/2018    0 recensioni
"Ci sono cose, nella vita, cui non puoi fare niente. Come la morte di una persona cara. Lo so, per i primi tempi fa male, senti un enorme vuoto dentro e non vuoi più vedere nessuno. E' un dolore che a stento puoi sopportare, ti fa quasi impazzire. Sei consapevole che non torneranno più, che non puoi fare niente per riportarli in vita e questo ti fa soffrire sempre di più. Alla fine scopri... che tutto quello che puoi fare per loro... è vivere."
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Daniela Savoia è una ragazza in lutto per un ragazzo che lei amava; lo shock la porta al mutismo e alla depressione, tanto da rifiutare qualsiasi contatto con il mondo esterno. Nemmeno nell'ospedale psichiatrico dove è stata inviata riescono a trovare una soluzione: Daniela si chiude sempre più in se stessa, senza mangiare, continuamente tormentata da incubi sul ragazzo defunto. L'alternativa, seppur a prima vista assurda, si rivela una vacanza in una SPA, in cui, con sorpresa, incontra le ultime persone che si aspettava di incontrare...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Threesome, Triangolo
Capitoli:
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Note dell'autrice: scusate se non aggiorno da un po', ma sapete... la vita reale... e l'università, e gli esami, e il contest di scrittura del forum cui sono iscritta...
Ok, a voi un nuovo capitolo. E ci sarà solo un "Point of View".

Riassunto dei capitoli precedenti: venuta a conoscenza della morte di una persona a cui teneva molto, Daniela Savoia cade nella depressione e nel mutismo forzato. Le medicine non sembrano aiutarla; la soluzione migliore risulta essere una vacanza in un centro benessere, nel tentativo di distrarla e farla rilassare. Ivi incontra i suoi due idoli, i gemelli Kaulitz, che più di una volta riveleranno di essere di grande aiuto per il recupero della ragazza, soprattutto quando, in un inaspettato attacco di sonnambulismo, riescono a salvarla da morte certa, cadendo da un precipizio. Quel gesto fa guadagnare loro la fiducia di Daniela, che ritorna a parlare, e anche della sua infermiera, Chiara. Fra i Kaulitz e la loro fan nasce da subito un rapporto di amicizia, ma la settimana di vacanza sta finendo e la ragazza ritorna nella sua malinconia. Chiara, preoccupata per la salute di Daniela, si confronta con i gemelli, chiedendo loro di portarle in Russia, dove i Tokio Hotel avrebbero tenuto le loro ultime date. I due ragazzi non ci pensano due volte ad accettare. Ma questo Daniela ancora non lo sa...


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Daniela’s P.o.V.
 
Agognare la morte… per raggiungere Gabriele…
Non era questo, in fondo, quello che Giorgia ha voluto trasmettere in “Gocce di memoria”?
Non era giusto. Non era giusto. Non era giusto che il destino fosse stato così crudele con me.
Perché farmi assaporare quei piccoli momenti di felicità, per poi rendermi consapevole che non sarebbero durati per sempre? Stavo tornando verso la mia depressione, forse più forte di prima.
Avevo di nuovo riassaporato la felicità, ma poi era svanita, come quando ero andata al concerto dei Tokio Hotel a Milano e Filippo mi aveva dato la notizia della morte d Gabriele.
Il mondo mi stava di nuovo crollando addosso. Che senso aveva, ora, vivere le mie giornate senza i Kaulitz?
Questo pensai, in lacrime, prima di addormentarmi, seppur per un’ora scarsa.
Sognai di essere in un cimitero, di fronte alla tomba di Gabriele. Piangevo, ovviamente, abbracciando quella pietra, così fredda a contatto con la mia pelle. Non mi sentivo più il cuore, ma percepivo che si stava di nuovo spezzando. Il nulla dentro il mio petto si stava nuovamente spezzando.
-Dimmi come posso fare… per raggiungerti adesso…- cantai, piangendo. Le mie lacrime bagnarono la sua foto, con il suo volto sereno, sorridente. Per fortuna era protetta dal vetro, altrimenti avrei rovinato quella bellissima immagine.
All’improvviso, vidi due ombre avvicinarsi a me.
-C’è un modo.-
Mi voltai, spaventata: Bill e Tom. Vestiti entrambi di nero.
Mi spinsero, facendomi cadere all’indietro: ad attendermi non era il ghiaino, ma una fossa profonda tre metri. Atterrai in una bara aperta. Non ebbi il coraggio di guardarmi intorno: ero paralizzata e tutto ciò che potevo fare era guardare in alto.
La bara si chiuse da sola: c’era una finestrella, da cui vidi cosa accadde subito dopo: Bill e Tom avevano delle pale in mano. Gettarono della terra su di me, sulla mia bara.
Io non potevo muovermi; li guardai con orrore: cosa stavano facendo…?
-Non è questo quello che vuoi?- disse Bill, freddo. Sì, potevo sentirlo come se fosse stato proprio di fronte a me. –Noi stiamo solo realizzando il tuo desiderio. Ora potrai raggiungere il ragazzo che ami e stare con lui per il resto della tua vita.-
-E in questo modo…- aggiunse Tom, freddo anche lui –Potrai lentamente accettare la morte, il tuo vero obiettivo.-
I Kaulitz… mi stavano… sotterrando… viva…?
La terra coprì completamente la bara. Si fece tutto buio. L’aria diveniva sempre più irrespirabile.
Non seppi come, ma potevo finalmente muovermi; mi guardai intorno, spaventata.
Ero dentro una bara.
Ero sepolta viva.
Misi le mani in avanti, toccando il legno freddo.
Sentii qualcosa muoversi alle mie spalle, facendomi quasi urlare. Due braccia mi circondarono il torace con delicatezza, uno sopra il petto e l’altro sul ventre.
-Ciao, Dani…-
Quella voce… quella voce grave… Lacrimai.
-Gabri…-
Non mi chiesi perché fosse lì, con me. Forse ero morta anch’io; avevo finalmente trovato il modo di raggiungerlo nell’aldilà.
-Sei qui…- mormorai, ancora piangendo.
-Sì, sono qui… ora e per sempre…- rispose lui, baciandomi la testa.
Improvvisamente, ebbi come l’impressione di non essere più sdraiata in una bara, ma di essere in piedi, in un luogo buio. Il mio corpo stava come emettendo una luce propria, anche quello di Gabriele. Non mi voltai, ma continuavo a sentire la sua voce.
-Dani…- fece, infatti, senza staccarsi da me –Perché vuoi morire?-
Stavo per rispondere “Per poter stare con te”, ma c’era molto altro dietro.
-Ogni volta che provo una piccola briciola di felicità, si dissolve subito nel nulla, come se non fosse mai esistita. Ogni volta che mi illudo di poter essere felice, succede sempre qualcosa che ribalta tutto. Il destino è sempre stato crudele con me e Dio mi sta condannando all’eterna infelicità! E’ successo con te, e ora anche con i Kaulitz! Non capisci? Io ho una maledizione addosso! La felicità mi è negata! Non posso continuare a vivere così! Ora comprendi perché voglio morire?-
Ripresi a piangere, singhiozzando a voce alta, mentre le calde braccia di Gabriele mi stringevano ancor più al suo petto.
-Anche io volevo morire.- mi sussurrò –Costantemente bullizzato, preso in giro, rifiutato da colei che credevo di amare… non mi rimaneva niente per cui valesse la pena vivere. Il mio desiderio è stato realizzato, ma non come volevo. Forse era destino che morissi in un modo così rapido. Ho evitato di soffrire. Dani, io sono morto, ma tu sei viva. Puoi ancora combattere contro questo tuo “destino” e conquistare la tua felicità. Oppure puoi rimanere qui, con me, in questa oscurità.-
Avevo sempre pensato ad una vita dopo la morte: tra la sofferenza a cui ero destinata nella vita e il tepore e la pace che stavo provando in quel momento, con il ragazzo cui ero innamorata, ero ben disposta a scegliere la seconda.
-Quando ero vivo, eri sempre lì per me. Come ho fatto a non aprire gli occhi e rendermi conto che provavi qualcosa per me? Sono stato uno sciocco.- sentii le sue labbra sfiorarmi l’orecchio –Non lasciarmi solo, Dani… Non voglio più stare da solo.-
No, non lo sarebbe stato. Sì, avrei accolto con fierezza la morte.
La mano di Gabriele mi toccò una guancia, per costringermi a guardare su.
Si stava piegando su di me, per baciarmi.
Un bacio mortale. La chiave per stare con lui, per sempre.
“Due cose belle ha il mondo: Amore e Morte.”
Leopardi aveva ragione. Io stavo per ottenerle entrambe.
Morire per raggiungere il mio amore.
Improvvisamente, una luce ci abbagliò entrambi.
Una luce forte, enorme, quasi accecante.
Sentii come una forza attirarmi verso di essa. Solo io, però, non Gabriele.
Non facemmo in tempo a prenderci le mani che io mi allontanai bruscamente da lui, piangendo.
Perché non potevamo stare insieme? Perché negarmi la morte?
Lo espressi in un urlo.
-GABRIIIII!!!-
Mi svegliai. Ero nella mia stanza da letto, nella SPA.
Non ero morta. Ancora una volta il destino era stato crudele con me.
Perché continuare a vivere? Dal giorno seguente sarei tornata a Bologna, nell’ospedale psichiatrico.
Notando dei miglioramenti in me, mi avrebbero riportato a casa, l’ultimo posto dove volevo stare.
Perché non potevo morire? Gabriele era morto e Bill e Tom avrebbero ripreso la loro vita.
Scrissi immediatamente sul diario ciò che avevo sognato quella notte e poi mi diressi alla finestra, per aprire la persiana.
Il sole era sorto. C’erano ancora delle nuvole, ma non quanto il giorno precedente.
Guardai in basso, facendomi triste, esattamente come i miei primi giorni all’ospedale psichiatrico.
Tornai ad essere vuota, malinconica. Stavo per tornare al mutismo.
Non potevo vivere in quel modo.
Davanti a me c’era l’unica via. Non sarebbero bastate le canzoni dei Tokio Hotel, per farmi sentire meglio.
Sì, ero pronta. Ero pronta per dire addio a questa vita infelice e tragica.
Stavo per scavalcare il muro, quando Chiara entrò nella mia stanza, sorridendo.
-Buongiorno, ca…- cambiò subito espressione, appena mi vide con un ginocchio sopra il muretto della finestra; ebbe una specie di sincope –Cosa stai facendo…?!-
Senza dire una parola, tornai con entrambi i piedi sul pavimento: era meglio evitare spiegazioni.
Era meglio non parlare proprio.
“Perché?!” mi domandai, trattenendo le lacrime; ero forse condannata a soffrire? Non potevo essere felice, nemmeno percorrere la via per la pace eterna. Perché stavo continuando a vivere? Gabriele era morto, dal giorno successivo non avrei più rivisto Bill e Tom…
Tirai su con il naso, tornando a sedere sul mio letto.
Forse feci preoccupare Chiara, ma lei sorrise di nuovo, eccitata; si mise di fronte a me, sedendosi sulle sue ginocchia.
-Ascolta, tesoro, ho una buona notizia per te.-
“Mi rimanderanno a casa?” pensai, pessimista, guardandola negli occhi.
-Ieri ho parlato con il direttore e il tuo psicologo. Abbiamo discusso sui tuoi progressi…- spiegò, serena in volto –E ne siamo fierissimi, davvero. Il modo in cui hai recuperato le tue vecchie abitudini è davvero sorprendente. E siamo tutti e tre convinti che sia stato a causa dei Kaulitz.-
“Hai detto cazzi…” pensai, storcendo la bocca.
-Sei stata benissimo con loro, vero?-
Annuii, quasi tornando a piangere. La feci inquietare con quel mio gesto. Temeva giustamente che fossi tornata muta. Non errava a pensarlo.
-Hai recuperato in fretta, ma sono passati troppi pochi giorni. Non è sufficiente per dichiararti guarita. Se ti riportiamo adesso in ospedale, il tuo recupero verrà vanificato. E restare qui un’altra settimana non è possibile.-
“E non sarebbe la stessa cosa senza Bill e Tom…” aggiunsi, nella mia mente.
-Quindi… beh… siamo giunti ad un’altra soluzione.- si fece silenziosa per pochi attimi –Ho parlato con Bill e Tom, stanotte…-
Mi illuminai, sollevando lo sguardo verso di lei.
-E vuoi sapere a cosa siamo arrivati? Ci porteranno con loro nelle ultime date del loro tour!-
Sentii il mio cuore gonfiarsi, quasi fino a scoppiare. Mi coprii la bocca con entrambe le mani.
Altre lacrime scesero sulle mie guance, ma non erano lacrime di tristezza: erano di gioia.
Di felicità.
Ecco la luce del mio sogno!
Ecco la mia occasione!
Abbracciai Chiara, singhiozzando e piangendo di felicità.
In Russia… con i Tokio Hotel! Se avessi avuto il potere di viaggiare nel tempo avrei detto alla me stessa di dieci anni prima che non solo avrei visto i Tokio Hotel dal vivo, ma sarei andata in tour con loro!
Non potevo crederci! Avrei trascorso altro tempo con Bill e Tom, lontanissima da Bologna!
Non potevo essere più felice! Quello fu il giorno più bello della mia vita.
Forse la felicità che stavo provando fu troppo forte, perché ebbi un lieve mancamento e la testa iniziò a girarmi.
Il passaggio da depressa a felice era stato troppo brusco. Meno male che le esperienze di quei giorni mi avevano un po’ stabilizzata, altrimenti avrei rischiato un collasso forse fatale.
Ma ero felice, felicissima.
-Grazie…!- dissi, parlando di nuovo.
La ringraziai per aver parlato con Bill e Tom, per avermi fermata dal mio intento di suicidio.
Lei mi toccò i capelli, accarezzandoli.
-C’è in gioco il tuo bene, Dani.- mi disse –A te serve distrarti. L’ospedale è d’accordo, ovviamente a patto che continui a sorvegliarti.-
-A me va benissimo.-
-E un’altra cosa… Bill e Tom hanno detto che forse non ce la fanno a prenotare delle stanze d’albergo per noi. Spero non ti dispiaccia dormire nel Tour Bus. Hanno detto che è comodo, però…-
-A me va benissimo.-
Potevo dormire anche sul pavimento o sulla strada; mi bastava stare con Bill e Tom per farmi sentire felice.
Mi avevano nuovamente salvata. Erano i miei eroi. Come potevo sdebitarmi?
-Andiamo a festeggiare con una buona colazione?- propose Chiara, sorridendo.
La risposta era scontata: sì.
Trovammo Bill e Tom già ai loro tavoli.
Sorridevano anche loro. Mi illusi fosse per causa mia. No, era meglio pensare che fossero felici di riprendere il loro tour.
-Buongiorno!- salutò Bill, appena ci vide accompagnandolo con l’apposito gesto della mano.
-Ehi, che sorriso stamattina!- notò Tom, vedendomi.
Avevo preso dei cereali con il latte, quella mattina. Dovevo ancora abituarmi al cibo, non potevo permettermi di abbondare. Non ancora, almeno.
I piatti dei miei compagni di tavolo erano pieni, ovviamente.
-Allora, Daniela?- domandò Bill, appena presi posto accanto a lui. Aveva un sorriso dolcissimo, il sorriso più bello del mondo –Sei contenta?-
Sarebbe stato riduttivo dire che ero contenta. No, ero proprio felice.
Per evitare di dare spettacolo, mi trattenni dall’abbracciare sia Bill che Tom, con la consapevolezza di pentirmene. Ma quanto avrei voluto farlo…
-Tantissimo.- mi limitai a rispondere, con tono timido.
Chiara non disse nulla, ma sorrideva anche lei, mentre mangiava.
Tom batté le mani una volta.
-Si ritorna in piscina, dopo colazione? O hai degli impegni anche oggi, Daniela?-
Essendo l’ultimo giorno alla SPA, e visto che ero tornata “normale”, quel giorno ero esonerata da massaggi, bagni e trattamenti. Ero libera.
Beh, tutto tranne da una cosa.
-Effettivamente… un impegno lo avrei…- risposi, lievemente in imbarazzo –Ma verso le dieci vedrò di raggiungervi in piscina.-
I gemelli, anche Chiara, mi guardarono confusi.
Dovevo essere perfetta per loro, se volevo tornare in piscina; e, visto che eravamo in un centro benessere… mi feci fare la ceretta. Dappertutto.
Era da più di tre settimane che non mi depilavo; avevo certi peli lunghi che mancava poco ci inciampassi.
Il giorno precedente facevo il possibile per restare in acqua e nuotare a rana, per non far vedere loro i peli sotto le ascelle.
Anche gli altri giorni in cui ero con il costume, cercavo di tenere le braccia aderenti al corpo per il medesimo motivo.
Fu un sollievo vedermi finalmente senza peli.
Ora sì che potevo nuotare con i gemelli Kaulitz. A stile, anche a dorso.
Ero più veloce persino di Tom, anche se di poco. Anzi, quel giorno scoprii che entrambi avevano il fiatone se facevano anche solo due bracciate. Ma ci divertimmo ugualmente.
E poi, senza peli, riuscivo a sentire meglio l’acqua sulla mia pelle. Una sensazione bella e rilassante.
A pranzo non mangiai molto, come a colazione. E poi come potevo avere appetito, visto che la felicità e l’eccitazione di passare altri dieci giorni con i miei idoli avevano riempito ogni singolo centimetro del mio corpo?
Ad un certo punto, Tom aveva smesso di mangiare; si voltò verso Chiara, schiarendosi la voce.
-Senti, Chiara, volevo chiederti una cosa…- non appariva intimorito, sembrava abbastanza sicuro di sé; mi guardò per un attimo, con aria di rimprovero –Visto che QUALCUNO ha fatto la spia su quello che abbiamo fatto ieri…-
Ebbene sì: ero venuta a conoscenza da loro che Chiara li aveva informati di quello che avevo scritto nel diario. In piscina mi avevano anche leggermente rimproverato per questo. Io avevo risposto che non potevo mentire o non sarei mai “guarita”. Non potevo certo mentire ai medici, no? Più volte, però, ebbi la tentazione di scrivere, mentendo, che ogni giorno stavo sempre peggio… tutto, pur non rimandarmi a casa. Ma la mia dannata coscienza mi imponeva sempre il contrario. Che seccatura essere onesti…
Sperai lo avessero capito. Sperai che quello di Tom fosse sarcasmo.
-…volevo chiederti se potevo avere il permesso di giocare di nuovo con Daniela alla Playstation, oggi pomeriggio.-
Chiara lo stava osservando con aria strana, come se avesse avuto di fronte il più grande idiota dell’universo.
Poi osservò me, seria, prima di osservare di nuovo Tom.
Alla fine sospirò.
-Va bene, te lo concedo.- decise; anche Bill sembrò tirare un sospiro di sollievo –Così non sarò costretta a chiuderla dentro. So che siete bravi ragazzi, e, francamente, mi sento più tranquilla col pensiero di Dani in compagnia vostra che da sola. Ma solo per un’ora, massimo due. Dobbiamo anche prepararci per la cena di stasera, ricordate?-
-Sì, è vero!- si ricordò Bill, sorridendo –E’ da quando sono qui che non bramo che una buona pizza…!-
Tom scosse la testa, divertito.
-Non fate caso a lui.- ci disse –Quando viene in Italia il suo primo pensiero è la pizza. E il mio è la stracciatella.-
Come biasimarli? Da quando avevo recuperato l’appetito, i miei primi pensieri furono proprio la pizza e il gelato, i miei cibi preferiti in assoluto.
Ma la frase di Chiara mi fece riflettere: evidentemente, quello che stavo per fare stamattina l’aveva messa in allarme. Non potei biasimarla. In compagnia dei Kaulitz non avrei potuto certo fare gesti simili.
Tom mi raggiunse in camera mia subito dopo pranzo. C’era anche Bill con lui.
-Che fate? Mi lasciate solo?- aveva domandato –Non posso nemmeno andare in piscina, si sta rannuvolando…-
Quel pomeriggio, infatti, il cielo era di nuovo diventato scuro, come il giorno precedente.
Se qualcuno chiede, no, non mi dispiacque per nulla la presenza di Bill, anzi.
Quel giorno non avevo voglia di CoD. Nella Playstation 4 misi un altro CD, che destò la curiosità dei gemelli.
Insegnai a Tom come giocare a Kingdom Hearts, il mio videogioco preferito in assoluto. La meravigliosa unione tra la Square Enix e la Disney.
Anche ai Kaulitz piaceva la Disney: tutti e tre, in fondo, eravamo cresciuti con i loro cartoni. Come poteva non piacerci?
-Quindi per attaccare devo solo pigiare “X”?-
-Sì, continua senza fermarti, Tom!-
Non fu difficile insegnargli le basi. Demmo il joystick anche a Bill, ad un certo punto. All’assalto degli Heartless e alla battaglia contro il Darkside sia nella Stazione del Risveglio che nelle Isole del Destino aveva fatto il tifoso o il commissario tecnico.
Entrambi rimasero stupiti dagli elementi Disney ivi presenti, specie vedere Paperino mago e Pippo combattere con uno scudo. Anche dalle piattaforme stile rosone gotico delle principesse Disney.
-Oh, accidenti! Sono già le quattro!- esclamò Bill, controllando il telefono; era morto per l’ennesima volta contro Cerbero, del mondo di Hercules.
Avevamo sforato di un’ora del limite massimo concesso da Chiara. Sì, Kingdom Hearts era piaciuto pure a loro.
-Mensch, il tempo è passato veloce.- notò Tom, un po’ dispiaciuto –Bel gioco, comunque. Lo porterai con te, vero? Anche noi abbiamo la Play 4. Però dobbiamo ricominciare tutto da capo, accidenti! Ci ho messo una vita a sconfiggere quel boss del mondo di Tarzan…-
Lo Stegogecko, sì. Ma mai tosto quanto Cerbero, garantito.
Entrambi si alzarono, stirandosi la schiena.
-Beh, noi torniamo in camera nostra.- disse Bill –Ti lasciamo preparare in pace per stasera.-
-Che tradotto vuol dire che LUI comincerà subito a prepararsi.- lo derise il gemello –E’ peggio di una donna.-
Bill gli mostrò la lingua. Dopodiché, parlò con me.
-Io non sono appassionato di videogiochi, ma ammetto che Kingdom Hearts mi è piaciuto molto. E poi combatti con Paperino e Pippo, vai nei mondi Disney…-
-E, se vi può interessare…- tagliai corto –Nel 2 vanno anche nelle Terre del Branco.-
I loro occhi si illuminarono. Da fan quale ero, sapevo che avevano un debole per “Il Re Leone”.
-E PERCHE’ NON CE L’HAI DETTO SUBITO?!- esclamarono, all’unisono, scattando verso di me –Allora la prossima volta giocheremo al 2!-
Risi, divertita dalla loro reazione. Sì, forse sarebbe diventato anche il loro videogioco preferito. Dovevano, però, tenersi pronti alla trama complicata…
-Allora vi bussiamo verso le 19:30.- disse infine Bill, prima di uscire dalla mia camera, seguito da Tom.
-Ciao.-
Rimasi sola. Per qualche minuto. Mi sdraiai sul letto, con il sorriso sulle labbra: dal giorno seguente sarei andata in Russia con i Tokio Hotel! Ero ancora eccitata.
Cambiai espressione, quando mi voltai verso la foto di Gabriele: ebbi come una strana sensazione, come se, per qualche istante, mi fossi completamente dimenticata di lui.
Per tutto il tempo in cui i Kaulitz erano con me, non avevo pensato a lui. Non lo avevo pensato. Mi sentii quasi in colpa. Non volevo dimenticarlo. Non volevo subisse la sorte delle persone defunte: l’oblio.
Non me lo sarei mai perdonato.
Presi il mio diario e vi scrissi sopra.
 
Ho passato l’intera giornata con i Kaulitz, la mattina in piscina e il pomeriggio in camera mia. Li ho introdotti a Kingdom Hearts e sembra che sia piaciuto. Domani partirò con loro per la Russia, per dieci giorni! Sono davvero molto, molto felice. Essere lontana da Bologna, ecco cosa mi rende felice. Non voglio più tornare a casa. Voglio fare il possibile per rimanere nell’ospedale il più a lungo possibile, dovessi anche morirci. No, voglio restare con Bill e Tom. Loro mi hanno fatta sentire viva, mi hanno donato la luce che mi mancava, che mi è sfuggita con la morte di Gabriele. Più sto con loro, più lo dimentico. Non voglio dimenticarmi di Gabriele, non voglio dimenticare il monsone di sentimenti che provavo per lui, non voglio dimenticare i brevi momenti che ho passato con lui, non voglio dimenticare il suo volto. Assomigliava molto a Bill e Tom, in loro rivedo lui. Sto forse impazzendo, invece di guarire?
 
Era quello che mi domandavo spesso. Bill e Tom avevano davvero una piccola somiglianza con Gabriele o era la mia mente a volerlo? Magari in realtà non c’era niente in loro che ricordasse lui.
Sì, forse era tutto frutto del mio lutto e della mia malinconia, della mia intenzione a non voler accettare che lui fosse morto.
In quel momento, entrò Chiara. Aveva passato tutto il pomeriggio a farsi cure di bellezza: maschere, bagni, persino la ceretta, come avevo fatto io quella mattina. Anche lei teneva a fare una bella impressione ai Kaulitz.
-Ciao, cara. Tutto bene?-
Chiusi il diario, storcendo la bocca. Non disse niente sulla mia reazione, consapevole che avrebbe scoperto tutto leggendo il mio diario, quella sera.
-Meglio cominciare a prepararsi per stasera.- disse –Vai pure a lavarti, mentre io ti scelgo degli abiti adatti.-
Abiti adatti. Una parola. C’erano solo camicioni e pantaloni da persona anziana lì dentro. Cercare un qualcosa di decente per una cena era come trovare un ago in un pagliaio.
Ma su una cosa Chiara aveva ragione: sul lavarmi. Era da quella mattina che non mi lavavo, non mi ero neppure fatta la doccia dopo la piscina.
Entrai in bagno, mi spogliai, mi riempii la vasca versandovi del bagnoschiuma alla rosa, il mio preferito, e restai a mollo per quasi un’ora. Mi rilassai, svuotai la mia mente, smisi di pensare a qualunque cosa, a Gabriele, a Elena, ai miei genitori, all’ospedale, a Bologna, a Bill e Tom, a tutto. Tra i vapori al profumo di rosa, ero in pace con me stessa.
L’acqua calda fu un sollievo per la mia malinconia.
Quando uscii dalla vasca mi sentivo come rinata e pronta per godermi l’ultima serata con i Kaulitz, in Italia.
Dal giorno seguente non li avrei più visti spesso, ma a me bastava solo essere lontana da Bologna e vederli anche solo una volta al giorno.
Sentii bussare.
-Cara? Hai finito? Ti ho scelto l’abito per stasera e non asciugarti i capelli, te li asciugo io. Posso entrare?-
La lasciai entrare. In quel momento, avevo indosso solo la biancheria intima, l’unico cambio che mi ero portata in bagno.
Vidi inorridita quello che Chiara aveva scelto per me: una maglia rosa a fiori a maniche corte lunga abbastanza da poter essere un vestito, ma larga quanto i camicioni. Mi avrebbe resa ancora più grassa di quanto non lo fossi già.
-Dai, vestiti.-
Non mi sentivo nella condizione di protestare. No, in realtà lo feci, ma Chiara mi convinse a indossare quell’orrore a fiori.
Sì, mi rendeva decisamente più grassa.
Tuttavia, Chiara aveva qualcos’altro sul braccio, una sciarpa leggera bianca o una cosa simile, che mi legò al punto vita, lasciando cadere le estremità sulla gamba sinistra. Beh, qualunque cosa fosse, era un miglioramento. La pancia non fu del tutto nascosta, ma non si può avere tutto nella vita. Ah, e ai piedi indossai le ballerine grigie.
Come succedeva all’ospedale, Chiara mi asciugò i capelli. Ma prima ancora aveva strappato dei pezzetti di carta igienica, su cui aveva avvolto diverse ciocche dei miei capelli.
Sì, mi fece i boccoli.
Appena asciutti sembravo una bambola e non in senso positivo: quel vestito, quei capelli… come potevo presentarmi a Bill e Tom ridotta in quello stato?
Nel vano tentativo di farmi apparire più “decente”, i boccoli che mi cadevano sul volto vennero spostati dietro le orecchie da una passata nera. Fallimento totale.
Ma ormai era tardi, altrimenti mi sarei scomposta tutta la pettinatura, avrei scelto dall’armadio i primi stracci che mi sarebbero capitati agli occhi e sarei uscita come se niente fosse.
Anche Chiara si era lavata e vestita per la serata: dei semplici jeans con una maglia accollata. Per quanto riguarda i capelli… per la prima volta la vidi con la coda alta.
Faceva davvero la sua porca figura con la coda. Ebbi modo di vederle meglio il volto: aveva le mascelle leggermente quadrate. Avevo sempre creduto che il suo volto fosse ovale, come il mio.
Alle 19:30, come stabilito, Bill bussò alla porta.
Quando aprii loro la porta… Dio, perché certa gente è stupenda anche negli abiti semplici?
I Kaulitz si erano vestiti in maniera né elegante né casual; un giusto mezzo. Ma erano belli ugualmente.
Bill aveva dei pantaloni bianchi che lasciavano le caviglie scoperte, dei mocassini neri ai piedi e una camicia aperta sul davanti, con il tatuaggio in bella mostra, mentre Tom era in jeans, maglietta, converse e giubbottino di pelle. Ovviamente, i suoi capelli erano raccolti in un codino basso.
-Wow… Dani…- fece Bill, appena mi vide –Sei davvero carina, stasera…-
-Sì, sembri una bambola di porcellana…- aggiunse Tom.
Lo avevano sicuramente detto per farmi piacere. Si vedeva palesemente che ero un orrore; me lo dicevo anche da sola.
Meno male Chiara non aveva nulla per truccarmi, altrimenti sarei stata ancora più orrenda.
Prendemmo la sua macchina per andare in pizzeria. Io ero seduta accanto a lei, mentre Bill e Tom si erano seduti dietro.
Arrivammo puntuali, per le 20:15 precise.
-Buonasera, avevamo prenotato a nome “Kaulitz”.- disse Bill al primo cameriere che incrociammo.
C’erano molti clienti nella sala, ma nessuno in grado di riconoscere i gemelli. Per loro fortuna non avevano più la notorietà di un tempo, così da non chiedere di concederci l’intero locale per noi per timore di essere riconosciuti e “molestati” da eventuali fans. Ci saremmo goduti la nostra serata.
Chiara ed io facemmo per sederci, ma Bill e Tom ci fermarono: spostarono le nostre sedie all’indietro per farci sedere più facilmente, come due gentiluomini. Che dolci, vero?
Quando ci diedero il menù, io sapevo subito cosa volevo.
-Prendo una margherita.-
Nella mia condizione non potevo permettermi pizze complicate.
-Ma, se possibile…- aggiunse Chiara –Potreste farla più piccola delle dimensioni che fate? La metà, intendo…-
-Nessun problema.-
Non si prese il disturbo di essere messa al corrente delle mie sventure.
-Comunque… per me una capricciosa.-
Anche i Kaulitz fecero la loro scelta.
-Margherita.- dissero insieme, a loro insaputa. Infatti risero, divertiti.
Ah, fu proprio una bella serata: parlammo per tutto il tempo, come facevamo al ristorante della SPA.
E poi… dopo tanto tempo avevo mangiato di nuovo la pizza. Quanto mi era mancata! La pasta non era alta e la mozzarella filava, come piaceva a me.
E la tentazione di prendere il dessert era forte, specie perché fra le scelte c’erano anche le coppe gelato. Chiara mi aveva concesso di prenderne una piccola, a patto che la dividessi con lei.
I gemelli, per fortuna, proposero una controfferta: prendere una coppa un po’ più grande e dividerla tra noi.
Chiara non amava il gelato, quindi la coppa la divisi con Bill e Tom. L’idea faceva uno strano effetto, nonostante fossi ormai abituata alla loro presenza.
Bill e Tom… per tutta la sera non feci altro che osservarli, ammirando la loro bellezza, i loro volti, le loro labbra… il sogno di ogni fan era divenire compagne della loro vita. Il pensiero aveva attraversato anche la mia mente, ma che speranza potevo avere? Loro erano due angeli, io un cumulo di spazzatura.
Meritavano molto di più.
Ritornammo alla SPA alle 23:00. Per il giorno seguente, la sveglia era prevista per le 06:00.
Chiara aveva già preparato le nostre valige.
-Pronta per il gran giorno?- mi domandò Chiara, prima di entrare nella sua stanza. Avevamo già dato la buonanotte ai Kaulitz.
Io annuii, con un grande sorriso sulle labbra.
-Buonanotte, cara.-
-Buonanotte.-
Come potevo dormire? Ero così eccitata! Gli unici viaggi all’estero che avevo fatto erano stati uno in Germania e l’altro in Gran Bretagna, al liceo. Ma mai così lontano come in Russia.
Mi sedetti sul letto, prendendo di nuovo il mio diario.
Scrissi solo questa frase.
 
Voglio stare con Bill e Tom il più a lungo possibile.
 
Quella frase concluse il diario. Avevo finito le pagine. Scrivere i miei pensieri e le mie emozioni era divenuta ormai un’abitudine, una parte di me. Sarebbe stato arduo farne a meno per qualche giorno. Magari, il giorno seguente, avrei preso un altro quadernino, in aeroporto.
Sì, volevo stare con Bill e Tom il più a lungo possibile. Bill mi aveva restituito la parola e l’appetito e Tom il piacere di giocare ai videogiochi in compagnia. Mi domandai quali altri miracoli avrebbero potuto fare ancora per me, i miei due angeli.
Osservai la foto di Gabriele per un’ultima volta. Poi la presi e la misi dentro il diario, prima di posizionarlo davanti alla porta che collegava la mia stanza a quella di Chiara.
Poi mi misi sotto le coperte, dopo aver letto un altro capitolo di Jane Eyre, quello della fuga della protagonista da Thornfield; non so dire se mi addormentai o meno. Non ricordo nulla di ciò che sognai quella notte. Forse non avevo sognato proprio.
Alle 06:00 in punto, Chiara mi svegliò.
Bill e Tom ci stavano attendendo nella hall, circondati di valige. All’uscita c’erano due mezzi: uno era dell’ospedale psichiatrico. No, non per riportarmi lì, ma per riportare alla mia stanza alcune delle mie cose, come alcuni libri e la Playstation 4, per esempio. Tanto i Tokio Hotel avevano la loro nel Tour Bus, mi era stato detto…
Con me portai alcuni videogiochi,  “Jane Eyre”, il lettore CD con gli album dei Tokio Hotel e il computer, consapevole che da quel giorno fino al 29 sarebbero stati pochi i giorni con me di fronte ad uno schermo.
L’altro mezzo era un taxi che avrebbe portato i Kaulitz, me e Chiara all’aeroporto.
La Ford sarebbe tornata all’ospedale: lasciarla nel parcheggio dell’aeroporto non sembrava sicuro, per Chiara.
Diedi al tassista la mia valigia, prima di prendere posto sui sedili posteriori, accanto a Bill, che si era seduto in mezzo. Inutile dire che dall’altra parte c’era Tom.
Quando il motore della macchina si accese, io sorrisi; una nuova avventura mi stava aspettando.
   
 
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