Storie originali > Horror
Ricorda la storia  |      
Autore: Bathin Raksha Dolorosa    14/02/2018    0 recensioni
Vincent ed Allen non si sono mai parlati, sanno solo di amarsi l'un l'altro... e quando una pandemia inizia a distruggere tutto il mondo che li circonda, l'unica possibilità è quella di tentare di sopravvivere... insieme.
Nessuno seppe esattamente come iniziò la cosa, il giorno prima il mondo era in perfetto stato ed il giorno dopo ecco che tutto venne rovinato da una pandemia che nessuno, nemmeno l’unione di tutti i governi, seppe controllare .
Iniziava tutto come una comune febbre, attaccava i polmoni e successivamente il sistema nervoso rendendo le persone aggressive, così tanto da assalire chiunque alla cieca; dilaniando con le proprie mani o sbranando con i denti, rimanendo tuttavia sempre coscienti nella propria mente, ma inermi contro l'istinto violento che dominava i loro corpi. Era come essere costretti a guardare un film splatter, ma in prima persona.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
-Non posso andare avanti...- un ragazzo dai corti capelli neri e gli occhi azzurri cascò a terra tra il fango ed il sangue.

I suoi vestiti erano ormai stracci e sul collo portava una benda malconcia.

-Avanti Allen, ci siamo quasi!- la persona in sua compagnia era un uomo giovane e di alta statura; portava i capelli tinti di biondo con degli occhiali sul naso.

Prese l'altro ragazzo caricandoselo sulla schiena, lasciando che si appoggiasse a lui stanco ed assonnato.

-Ti prego Vince... lasciami qui- sussurrò Allen tra le sue fragili labbra.

-E lasciarti trasformare tutto da solo? non ci penso nemmeno- ringhiò appena Vincent camminando lentamente lungo il tragitto -Quando sarà l'ora... penserò io a te-

 

Nessuno seppe esattamente come iniziò la cosa, il giorno prima il mondo era in perfetto stato ed il giorno dopo ecco che tutto venne rovinato da una pandemia che nessuno, nemmeno l’unione di tutti i governi, seppe controllare .

Iniziava tutto come una comune febbre, attaccava i polmoni e successivamente il sistema nervoso rendendo le persone aggressive, così tanto da assalire chiunque alla cieca; dilaniando con le proprie mani o sbranando con i denti, rimanendo tuttavia sempre coscienti nella propria mente, ma inermi contro l'istinto violento che dominava i loro corpi. Era come essere costretti a guardare un film splatter, ma in prima persona.

 

Quando Allen spaccò la testa ad una di quelle creature per la prima volta, lo fece per salvare il ragazzo per cui aveva una cotta, non che lui si fosse mai accorto della sua piccola e banale esistenza, ma da quel momento gli fu sempre riconoscente. Scapparono insieme dalla scuola rifugiandosi in un palazzo abbandonato dove per fortuna non trovarono nessun barbone infetto, si sedettero per terra tra topi e sporcizia e fecero mente locale sull'accaduto.

-Dunque... dunque... dunque- Vincent, ancora sotto shock si prese gli occhiali pulendoli dal sangue con il bordo della maglietta.

-Mi chiamo Allen e... e vedi io...- balbettò il più basso guardando altrove per l'imbarazzo.

-Bene Allen- il biondo si rimise gli occhiali -Ti ringrazio, mi hai salvato la vita-

Il moro arrossì sorridendo appena grattandosi il capo.

-Che cos'era quella cosa? voglio dire... era Malcolm, lo so che era lui, però..- ancora visibilmente scosso, Vincent si portò la mano tra i capelli poco folti -Avrà a che vedere con...l'emergenza?-

Allen scosse il viso, nemmeno lui sapeva che cosa stesse realmente succedendo... era ormai una settimana che il governo prendeva in custodia persone "infette" per "curarle", eppure Malcolm, così lo aveva chiamato, li aveva aggrediti brutalmente. Se fosse realmente stato collegato con le notizie del telegiornale voleva dire che la malattia di cui si parlava tanto era più pericolosa del previsto.

-Pazzesco...- sospirò Vincent, poi scoppiò a ridere.

-Eh? che cosa succede?- Allen lo guardò piuttosto incuriosito, stringendosi poi al suo braccio quando sentì degli spari in lontananza.

-È quasi esilarante... domani è San Valentino ed io avevo una sorpresa nel mio armadietto... cazzo!- tossì appena per il nervoso.

Gli occhi del moro si spensero, una sorpresa... probabilmente per qualche bella ragazza della loro scuola; si staccò da lui.

-Ti guardavo giocare a baseball ogni tanto e... non ho mai avuto il coraggio di dirti i miei veri sentimenti- si girò a guardare il ragazzo quando questi arrossì distogliendo lo sguardo -Con quella sorpresa volevo...-

Per Allen fu più che sufficiente, con coraggio si girò verso di lui allungandosi per baciarlo.

Vincent chiuse gli occhi toccandogli la guancia con la mano e prolungando quel dolce bacio che sembrò quasi fermare il tempo attorno a loro; poco importava se là fuori il mondo cadeva a pezzi, se le persone venivano mangiate da strane creature cannibali... la loro sopravvivenza sarebbe iniziata in quel momento; così dopo aver consumato per la prima ed ultima volta il loro amore, i due ragazzi si rivestirono alzandosi dal polveroso pavimento, imbracciarono i primi oggetti che trovarono come arma ed uscirono dal loro nascondiglio.
Ciò che videro li lasciò senza fiato: in poche ore era tutto morto, distrutto, andato, perduto... nessuno era per strada o per lo meno, nessun essere vivente o sano lo era; solo cadaveri... alcuni immobili, altri no.

Allen si strinse forte al possente braccio del biondo, sussurrando leggermente un "ho paura". Ma per quanto tempo erano rimasti chiusi in quell'edificio abbandonato? Dovevano essere passate giusto un paio d'ore ed invece sembrava una vita per la velocità con cui tutto era andato in malora... il moro scosse la testa imbracciando la sua fedele mazza da baseball ormai sporca di sangue, la città era così silenziosa... gli spari di prima erano solo un lontano ricordo sebbene dei lugubri gemiti accompagnassero i loro passi man mano che si avventuravano nelle strade. Di lì a poco i loro pensieri arrivarono alle loro famiglie: alle loro madri, i loro padri, i fratelli o le sorelle... chissà come stavano, se se l'erano cavata, magari si erano già rifugiati fuori città anche se questo voleva dire averli lasciati indietro... oppure li aspettavano chiusi in casa... Vincent rabbrividì al solo pensiero mentre Allen cercava di mascherare le sue emozioni stringendo la sua mazza e guardandosi costantemente intorno.

-Aiuto...- disse una voce femminile -Qualcuno mi aiuti per favore!- ripeté.

Il moro s'imbambolò in mezzo alla strada; davanti a loro c'era una donna dai lunghi capelli castani; aveva quello che sembrava un camice da farmacista ridotto ormai in un straccio logoro di fango e sangue, lei stessa ne era quasi totalmente coperta tra morsi e graffi... gli occhi vitrei, i continui ringhi tra una parola e l'altra, ma piuttosto... i due ragazzi si soffermarono su una cosa in particolare: era incinta.

-Vince... io...- disse Allen facendo un passo indietro.

-Sht... non fare troppo rumore, chissà quanti altri ce ne sono in giro... andiamo via lentamente- disse Vincent indietreggiando appena.

-Ma ormai ci ha visti, forse non è impazzita-

La donna continuò ad avanzare pian piano verso di loro, parlando e gridando aiuto fra un verso disumano e l'altro finché non fu abbastanza vicina da poter allungare una mano di fronte a sé.

-Ha bisogno di aiuto signora?- disse Allen con fare da sempliciotto, loro non potevano sapere come quel male veniva contratto anche attraverso morsi, graffi e secrezioni degli infetti... sapevano solo che la gente di colpo era impazzita, ma non capivano appieno le dinamiche del contagio.

Il moretto, che le aveva teso la mano per primo venne aggredito dalla sconosciuta: gli afferrò il braccio graffiandolo e tirandolo verso di sé dove lo morse malamente alla spalla, lacerandogli la carne.

Allen urlò facendo cadere la mazza a terra e spingendo debolmente via la donna che non voleva saperne di lasciarlo andare; fu Vincent a prendere in mano la situazione: totalmente nel panico afferrò la mazza dell'amico ed iniziò ripetutamente a colpire la creatura che non appena cadde a terra rantolò tenendosi il pancione.

-IL MIO BAMBINO! IL MIO BAMBINO!- urlava tra versi inumani -Vi prego... vi preg-..- non fece in tempo a finire la frase, un ringhio mostruoso le uscì dalla gola.

Vincent era incredulo, quella donna era quindi infetta, proprio come Malcolm e come se non bastasse aveva anche aggredito Allen, doveva curarlo il prima possibile prima di rischiare il dissanguamento; l'idea di poter essere contagiato non lo sfiorò minimamente in quel frangente.

Per quanto ne sapeva lui di medicina il ragazzo che amava stava per morire a causa del morso... avrebbe voluto tanto prendere la mazza e fracassare la testa di quella creatura insieme al suo nascituro, ma le urla di lei non facevano altro che confonderlo, forse l'avrebbe aiutata... subito dopo aver tolto dal pericolo Allen.

-H...hey, andrà tutto bene- disse il biondo al ragazzino che tossiva tenendosi le mani contro la ferita, tremando come una foglia.

-V...Vince...- sbiascicò il ragazzo allungando la mano coperta di sangue.

Vincent iniziò a piangere facendosi però forza, afferrò la mano di Allen stringendola e lo baciò dolcemente sulle labbra; il caso volle che la farmacia, sebbene ormai saccheggiata insieme al resto dei negozi, era proprio alla loro destra, così il biondo lo prese in braccio, fortunatamente era piccolo e leggero nonostante avessero la stessa età, a passo svelto superò la vetrina rotta della farmacia e posò di nuovo a terra il moro.

Cercando di non farsi prendere troppo dal panico, il ragazzo iniziò a cercare tra tutto ciò che gli capitava sotto mano, ormai quasi nulla era sugli scaffali per cui si mise a carponi sul pavimento cercando tutto quello che avrebbe potuto tornargli utile... come delle garze, disinfettante e magari qualche antidolorifico, nel frattempo Allen si lamentava chiamando il suo nome.

Sudando freddo e con gli occhiali appannati, Vincent riuscì finalmente a trovare ciò che cercava, tornò quindi dal ragazzo, che non aveva mai perso i sensi perché si manteneva lucido farneticando cose a cui il ragazzo non dava troppa attenzione.

Allen urlò quando il biondo gli versò addosso una copiosa quantità di disinfettante, ma la mente dell’improvvisato medico era occupata da altri pensieri: lo aveva lasciato sbalordito come quella creatura là fuori con il semplice uso delle mani era riuscita a distruggere la felpa del moro strappandogli via una manica e buona parte del tessuto che copriva la spalla per poterlo mordere più vicino alla testa, sembrava quasi...

-Zombie...- sussurrò, ma il ragazzino lo sentì e subito chiese spiegazioni -Ah? no nulla... non farci caso...- disse mentre si apprestava a bendarlo per bene con una grossa quantità di garze, se n'era conservate solo un paio per il futuro -Ecco fatto... per ora dovresti essere a posto, tieni una di queste-

Il moro afferrò gli antidolorifici che il biondo gli stava porgendo e subito li ingoiò senza ritegno.

-Hey no! Fai piano, prenderne troppe può essere pericoloso- Vincent strappò di mano il barattolo di medicinali al ragazzo e lo mise dentro una borsa a tracolla che aveva trovato dietro al bancone del negozio; dopodiché tornò da lui aiutandolo ad alzarsi -Ce la fai a stare in piedi?-

-S... Sì... ma tienimi- disse girandogli il braccio sano intorno al collo.

Uscirono dalla farmacia dopo una decina di minuti e trovarono ancora la donna in mezzo alla strada che ormai rantolava tenendosi sempre il pancione.
Vincent la guardò mordendosi il labbro: mentre da una parte teneva Allen che lo guardava preoccupato, dall'altra stringeva la mazza da baseball.

-Dobbiamo aiutarla...- disse il moro.
L’altro sgranò gli occhi.

-Ti... ti ha quasi ucciso! Che muoia quel mostro! Non è più umana!-

-Se muore lei va bene, ormai non ci sono più speranze, ma per il bambino che ha in grembo c'è ancora una possibilità- disse Allen trascinandosi da lei.

-Len... ragiona, qualunque cosa abbia là dentro non sarà migliore di lei!-

-Non possiamo saperlo...- si inginocchiò accanto alla donna cercando prima di capire che cosa fare.

Vincent sospirò, spostò l'amico e si mise accanto alla donna che non la smetteva di gemere, lamentarsi e chiedere aiuto; infilò la mano in tasca e ne estrasse il suo coltello a scatto; un regalo che suo padre gli fece quando lui aveva solo dodici anni e andavano ancora in campeggio assieme.
Non lo aveva mai utilizzato... finora non era mai giunta l'occasione.
Per prima cosa tirò un colpo secco di mazza sulla testa della donna. Un conto era salvare il bambino, un altro era rischiare nuovamente la vita propria e del ragazzo che amava.

Dopodiché estrasse la lama e la portò sul pancione della donna, doveva stare attento ad incidere solo la carne e non il bambino... fece pressione, ma Allen lo fermò.

-Sei... sei sicuro di ciò che fai?-

Il biondo sospirò.

-Mia madre è ostetrica, qualche nozione qua e là l’ho appresa... mia sorella ha partorito in casa nostra sai?- disse prima di incidere la carne della donna ormai inerme.

A Vincent ci vollero diversi minuti per sventrare la madre e strapparle dal ventre quella creaturina cianotica che non voleva saperne di respirare... il ragazzo tenne il neonato a pancia in giù iniziando a battere delicatamente sulla schiena per stimolargli la respirazione e così accadde: scoppiò a piangere iniziando lentamente a prendere un colorito normale.

-A...allora?- chiese il moro.

Vincent usò la parte non lordata di sangue del braccio per pulirsi dal sudore che gli rigava la fronte, ansimante poi guardò il compagno che sembrava curioso di sapere del bambino.

-È una femmina... e...e non sembra abbia nulla che non vada- si tolse la felpa in cui avvolse la piccolina che dopo poco si calmò sbadigliando e facendo dei teneri versetti -Ha sicuramente fame, ma... non possiamo darle il latte della madre che... a proposito-

-È morta...- disse Allen alzandosi in piedi e cercando di stare in equilibrio da solo venendo poi raggiunto dall'altro ragazzo.

-Torniamo nella farmacia... ci sarà ancora l'acqua corrente?- disse il biondo incamminandosi insieme all'amico che nonostante tutto non se la cavava male a camminare senza sostegno.

Sì, nel bagno dei dipendenti del negozio l'acqua corrente scrosciava senza alcun problema e senza farselo ripetere due volte Vincent prima si lavò braccio e volto, poi lavò la bambina sotto i suoi pianti ed i suoi lamenti; una volta che entrambi furono puliti, avvolse la bimba in un camice da dottore appeso all'appendiabiti poi guardò Allen che dal suo metro e settanta lo osservava un poco contrariato.

-Che cosa c'è?- gli chiese senza capire cosa non andasse.

Il moro scosse la testa si levò delicatamente la felpa ormai distrutta e tremando per il freddo si guardò intorno in cerca di vestiti; era il suo giorno fortunato... uno dei cadaveri nella farmacia aveva un sacchetto pieno di maglioni acquistati probabilmente nel negozio accanto, non se lo fece ripetere due volte: afferrò il sacchetto e prese il primo indumento che trovò indossandolo.

Vincent ridacchiò gli faceva ridere vedere come quel maglione gli fosse largo ed anche vedere come diavolo era fatto: era verde con diverse fila di quelli che sembravano lama, sempre verdi ma in un’altra sfumatura; uno di quegli orrendi maglioni natalizi che regalano le zie zitelle.

-Che... che hai da ridere? meglio che niente! rischiavo di essere scambiato per uno di loro!- disse giustificandosi, poi portò due maglioni anche all'amico -Tieni, per te e per lei... avrà freddo solo con quello-

Il biondo annuì e subito avvolse la bambina nella calda e pizzicate lana e si fece aiutare dal ragazzo a sistemare il maglione per mantenere la bambina agganciata alla propria schiena.
Rimase poi fermo a guardare il ragazzo e la farmacia che avevano attorno... che si faceva adesso? dove andare? per prima cosa uscirono da lì e tornarono per strada dove iniziarono a camminare alla cieca.

Il sole stava ormai tramontando e gli ululati degli “infetti” si facevano sempre più pressanti ed inquietanti, per non dire vicini; i due ragazzi, insieme alla bambina ancora senza nome, camminavano senza una meta ben precisa... sapevano solo che erano diretti in periferia dove Allen viveva con la sua famiglia in una piccola fattoria; non speravano ci fosse ancora qualcuno in casa, tuttavia si illudevano che almeno lì sarebbero stati al sicuro.

-Ma...mamma... voglio la mia mamma- a quelle parole i due si fermarono e guardarono attorno -Dove sei, mamma?-

Di fronte a loro barcollò una bambina che avrà avuto circa sette anni; era sporca di sangue ed intenta a grattarsi la testa fino a strapparsi diverse ciocche di capelli.

-Vi...Vince- sussurrò Allen indietreggiando fino a sbattere contro qualcuno, lentamente si girò lanciando poi un urlo diventando paonazzo per il terrore.

Un uomo mal ridotto era di fronte a lui, gli sorrise appena ed avvicinò il viso al suo, lo annusò allontanandosi subito dopo.

-Uno... di no-...- uno sparo lo interruppe per sempre e così anche i lamenti della povera bambina.

Fecero la loro apparizione dei ragazzi vestiti in tute mimetiche arrangiate armati fino ai denti di pistole ed altri oggetti adattati ad armi come motoseghe, accette e mazze chiodate.

-State bene?- disse un uomo col viso coperto da una bandana; era corpulento e sembrava essere il leader di quel gruppetto -Mi chiamo Al e sono il capo di questo piccolo gruppo di sopravvissuti-

I due ragazzi annuirono, alla fine nessuno di loro era stato realmente aggredito, certo... se non si contava Allen, ma lui ormai stava così da almeno un paio d’ore e non era ancora svenuto.

-Non vi hanno morsi, vero?- disse Al, a quel punto Allen volle parlare, ma l’uomo continuò col suo discorso -Se vi mordono o graffiano... beh... allora siete spacciati-

Entrambi sbiancarono, le loro peggiori paure si erano fatte realtà: era un contagio vero e proprio.

-Noi li chiamiamo zombie, anche se... sono diversi rispetto quelli che siamo abituati a vedere al cinema o nei videogiochi... questi parlano, restano coscienti, ma... ormai sono perduti e l’unico modo per fermarli è...-

-Una pallottola in testa?- suggerì Vincent.

Al annuì e li scortò nella loro base temporanea.
Una volta giunti nel luogo nessuno sembrò notare l’ingombrante fasciatura di Allen; fortunatamente il brutto maglione era un’ottima copertura, non c’era modo di sapere che lui fosse stato morso, a meno che non si fosse spogliato, ma non l’avrebbe fatto ora che sapeva di rischiare la vita, ma soprattutto... quell’uomo aveva detto che una volta morsi o graffiati si era spacciati... quanto tempo gli rimaneva quindi? Gli vennero gli occhi lucidi, ma cercò di trattenersi dal fare qualunque cosa, non voleva assolutamente attirare occhiate indiscrete su di sé.

-Ditemi ragazzi voi... dove state andando?- chiese Al -Possiamo ospitarvi nel nostro vero rifugio, non è lontano da qui... dei nuovi membri ci farebbero molto comodo!-

Al ed i suoi amici avevano tutta l’aria di essere quei classici nerd fissati con l’horror che per tutta la vita non hanno fatto altro che aspettare un’apocalisse zombie per mettere alla prova le loro capacità di sopravvivenza... il che poteva spiegare perché parlasse con un certo entusiasmo mentre Vincent ed Allen sembravano più morti che vivi per tutto ciò che avevano visto, ed erano solo all’inizio.

-Avete del latte?- chiese Vincent camminando affianco all’uomo.

-Quanto ne vuoi... per-... santo dio!- fu in quel momento che la bambina venne notata; era addormentata tra la schiena del ragazzo ed il caldo maglione... troppo stanca per lamentarsi della fame crescente.

Non potevano dir loro che era nata da una donna infetta, l’avrebbero sicuramente uccisa eppure lei non sembrava come loro... era rosea, piena di vita, non mostrava nulla che potesse far pensare alla malattia al contrario della madre la cui pelle era putrida e viscida.

Vincent ne era sicuro... quella bambina era sana il che la rendeva un miracolo vivente.

-È la figlia di uno dei due?- chiese Al senza fare troppe domande.

-L’abbiamo trovata in città... sua madre era... ecco...-

-Morta accanto al passeggino!- intervenne Allen soccorrendo il compagno.

-Capisco... avete avuto un buon cuore, io so che all’ospedale hanno abbandonato tutti al loro destino... malati, anziani, neonati in fasce... è stata una carneficina-

I due rabbrividirono, che tra quelle persone ci fosse anche la madre di Vincent? Chissà che fine aveva fatto... non gli aveva nemmeno mandato un messaggio, nemmeno una chiamata...non che i telefoni prendessero, le troppe chiamate avevano intasato le linee che erano andate in tilt... il biondo si intristì molto.

-Ne parleremo meglio una volta al rifugio... davanti un buon pasto caldo-

Ci vollero circa venti minuti per raggiungere il campo sportivo della città; nei campi da gioco erano allestite delle pile di cadaveri che venivano poi bruciati per debellare così la malattia mentre tutto attorno al perimetro stavano sistemando del filo spinato che avrebbero poi attaccato alla corrente per elettrificare gli “zombie”.

Al fece loro superare l’ingresso che altri non era che una piccola breccia nella rete finché non li condusse dentro all’edificio principale dove ad aspettarli c’erano altre persone, sempre vestite come fossero militari: erano tutti riuniti intorno al tavolo a chiacchierare ed esultarono non appena videro tornare il loro capo con tanto di reclute.

-Io ed i miei nuovi amici abbiamo fame, le donne hanno cucinato?- ridacchiò l’uomo levandosi la bandana scoprendo così il mento coperto da una fitta barba castana -Dove sono le mie belle gioie?-

Due ragazze si sporsero dalle cucine una di loro aveva i capelli tinti di un rosso scuro legati in due treccine mentre l’altra aveva dei lunghi capelli biondi tenuti sciolti.

-Io ed Astrid stiamo facendo del nostro meglio qui!- strillò la rossa.

-Cathy ha ragione, non è facile cucinare per venti persone!- poi la bionda posò lo sguardo verso i nuovi arrivati -Ciao ragazzi, spero vi piacciano le cose in scatola perché tutto ciò che cuciniamo arriva in barattoli: fagioli in scatola, salsa in scatola, perfino scatole in scatola!-

-Ma quello è un bambino?!- Cathy uscì dalla cucina seguita dall’amica assaltando così il povero Vincent che mostrò loro la bambina, che a causa del chiacchiericcio generale sarebbe stata addormentata ancora per poco.

-Starà morendo di fame poverino... è un maschio o una femmina? Come si chiama?- Astrid la rubò dalle braccia di Vincent iniziando a cullarla.

-Ecco... è una femmina... non ha ancora un nome- il biondo guardò Allen che era a dir poco allibito per la sfacciataggine delle due ragazze nonostante avessero delle buone intenzioni, poi però fece mente locale -Dovremmo... darle un nome-

Il moro annuì.

-A me piace molto Emma...- disse abbracciandosi al braccio del compagno, strusciando dolcemente la testa sulla sua spalla.

-Mia madre si... si chiama Emma- disse Vincent sistemandosi gli occhiali con gli occhi lucidi -Chissà se...-

Allen si accoccolò a lui che subito venne abbracciato dal biondo.

-Olga ti piace?- sussurrò Vincent.

-Dici che... che le piacerà?- disse appena il moro -In qualunque modo vorrai chiamarla... a me andrà bene-

I presenti stettero a guardare i due ragazzi mentre si stringevano e coccolavano, normalmente uno spettacolo come l’omosessualità li avrebbe inorriditi, almeno... alla gran parte di loro, ma in quel momento non c’era il tempo di fare guerre sessuali, avevano tutti un nemico ancora più grande da combattere.

Fu in quel momento che Allen iniziò a sentirsi strano, sudava copiosamente sentendo un caldo tremendo... ma non poteva spogliarsi o gli altri lo avrebbero scoperto, senza contare che prima o poi lo avrebbero saputo comunque... doveva andarsene da lì, avrebbe resistito fino alla notte per poi andarsene di nascosto non appena tutti si fossero addormentati... doveva abbandonare l’uomo che amava e la bambina che gli sarebbe piaciuto crescere, doveva sacrificarsi affinché loro potessero continuare a vivere... si allontanò solo per potersi mettere a piangere senza destare interesse da parte di altri.

Vincent poteva solo immaginare che cosa stesse provando... sapeva dei morsi, li aveva visti coi propri occhi, sapeva che non poteva nasconderli per sempre e se quei sopravvissuti avevano ragione allora era solo questione di tempo prima che...

-Non pensarci- gli sussurrò all’orecchio, Allen annuì continuando a piangere.

La cena fu servita alle diciannove in punto ed era proprio ciò che avevano annunciato le due ragazze: fagioli con salsa di pomodoro ed anellini di pasta, il tutto direttamente dai barattoli di latta.

Alla piccola Olga avevano già provveduto Astrid e Cathy lasciandola poi riposare in uno scatolone imbottito con coperte e vestiti per mantenere la bimba al caldo; stavano tutti mangiando tra risate generali ed argomenti per adulti quando Allen iniziò a tossire pesantemente fino a rigettare la cena tra le mani ed il piatto.

Al si alzò in piedi raggiungendolo e toccandolo per capire quale fosse l’emergenza, ma non appena l’uomo gli sfiorò il punto tra la spalla sinistra ed il collo, il ragazzo urlò per il dolore allontanandosi dall’uomo; alzò gli occhi verso i presenti e non erano più azzurri e caldi come poco fa: ora erano iniettati di sangue.

Tutti i presenti si alzarono in piedi raggelando all’idea che tra di loro si nascondeva un infetto; Al si girò verso Vincent, i suoi occhi pretendevano quanto meno una spiegazione.

-... È successo questo pomeriggio, in strada- disse il biondo iniziando a piangere.

-Sapete che cosa sta per succedere adesso?- l’uomo caricò la sua pistola intimando il ragazzo di uscire all’aperto, ma Vincent lo fermò.

-A...aspetta Al, ce ne andremo, ma non gli sparare, ti prego!-

-Adesso capisco perché quegli zombie non vi hanno minimamente attaccato... sapevano che LUI è infetto!- ringhiò l’uomo gesticolando con la pistola -Andatevene subito... non m’interessa che fine farete, andatevene e basta!-

Al biondo si spezzò il cuore in petto, ma dopo tutto non poteva di certo aspettarsi di essere accettato con il suo compagno ormai quasi trasformato.

-Ce ne andremo, ma... tenete con voi la bambina, vi prego- li implorò guardando negli occhi tutti i presenti -Potete anche far morire noi, ma la piccola Olga...-

Astrid corse ad abbracciare il ragazzo.

-Ci prenderemo noi cura di lei, non ti preoccupare...-

Vincent tirò su col naso e prese Allen per mano stupendosi per quanto fosse calda e sudata... stava peggiorando a vista d’occhio.

-Molto bene... ora andate via- fu l’ultima cosa che disse Al scortandoli fuori ed una volta di nuovo per strada, i due ragazzi ripresero a camminare nella più totale oscurità.

 

-Non posso andare avanti...- Allen cadde a terra su di una pozzanghera di sangue e fango.

Non sapeva esattamente da quanto tempo stessero camminando e nemmeno dove si trovassero, l’unica cosa che sapeva era che non lontano da lì si riusciva a vedere un piccolo casale illuminato dalla pallida luna.

-Avanti Allen, ci siamo quasi!- Vincent allora caricò il ragazzo sulla propria schiena camminando ancora più lentamente.

Avevano trovato degli infetti lungo la strada... infetti che guardavano il biondo con occhi famelici, ma sentendo l’odore di Allen molto più forte del suo non li avevano mai attaccati, anzi... giravano a largo come se fossero stati protetti da una chissà quale barriera.

-Ti prego Vince... lasciami qui- sussurrò Allen tra le sue fragili labbra.

-E lasciarti trasformare tutto da solo? non ci penso nemmeno- ringhiò appena Vincent camminando lentamente lungo il tragitto -Quando sarà l'ora... penserò io a te-

Con la luna ormai alta e gli infetti tutti intorno a loro a gemere ed ululare in maniera lugubre, il biondo camminò a passo veloce fino al piccolo casale entrando nella prima porta che vide, chiudendola poi dietro sé.

Il luogo dove si trovavano era di media grandezza, di sicuro era abbandonato da anni, ben prima che l’apocalisse iniziasse.
Posò a terra Allen che nel frattempo sembrava peggiorare, in base alla poca luce che filtrava da fuori aveva la pelle pallida da cui sporgevano diverse vene blu, gli occhi dolci di una volta non esistevano più erano intrisi di quella terribile malattia che lo stava consumando e divorando dall’interno.

Divorare... quello che di lì a poco sarebbe successo a lui, aveva solo diciassette anni eppure la sua vita sarebbe finita da un momento all’altro stroncata dal ragazzo per cui aveva sempre avuto una cotta a cui aveva confessato i propri sentimenti solamente quella mattina... si sentiva veramente stupido; avrebbe potuto lasciare che lo uccidessero e bruciassero per poi vivere con la bambina e quegli strambi rifugiati, ma... non aveva accettato questa alternativa, per qualche ragione lui preferiva la morte ad una vita che probabilmente avrebbe ripreso a vivere come nulla fosse.

Il filo dei suoi pensieri venne spezzato dalle urla mostruose di Allen che si contorceva sul pavimento gemendo e lamentandosi per il dolore che quella maledetta trasformazione procurava.

Vincent si levò gli occhiali sentendosi gli occhi ormai lucidi, se li asciugò rimettendosi poi gli occhiali e prendendo il cellulare dalla tasca dei pantaloni; dovevano aver camminato molto... perché il display diceva che erano le quattro del mattino del 14 febbraio, sorrise amaramente.

-Len... buon San Valentino- pianse appena finché non lo vide alzarsi in piedi in preda a convulsioni che ormai non gli appartenevano più, realizzò quindi che la fine era giunta.

-Vin...ce...- gemette Allen guardando verso di lui e raggiungendolo con passo insicuro -Vince...- ripetè, cadde sulle ginocchia guardandolo.

-Ti...ti amo Allen, ti ho amato dal primo momento che ti ho visto anche se non conoscevo neppure il tuo nome io... io...- iniziò a piangere Vincent senza però tirarsi indietro a quello sguardo famelico.

-Vince...- ringhiò Allen prima di abbracciarlo con l’ultimo grammo di umanità che gli era rimasto -An...che i...o- sussurrò prima di mordergli la gola facendolo urlare.

Morse, lacerò e strappò ancora più forte; gli dilaniò la trachea e ascoltò i rumori soffocati che produceva mentre stava probabilmente annegando nel proprio sangue.

-Mi dis...dis...dis...- provò a dire tra i versi senza però riuscire a completare la parola.

Lui non voleva... amava Vincent, non voleva fargli alcun male eppure lo stava facendo, lo stava facendo a pezzi, ne mangiava avidamente le carni... ed ascoltava mentre moriva.

-L...n- sussurrò in ultimo il biondo prima di morire fra le atroci torture del ragazzo che aveva tanto amato, sorrise appena, felice almeno di sapere di essere stato ucciso da lui e non da un infetto qualunque.

Allen, che ormai era schiavo della malattia, si fermò appena vide che il ragazzo non si muoveva più, lo mosse ma non reagì, lo scosse di nuovo, ma nulla; in quel momento si rese conto che non si sarebbe mai più mosso, non avrebbe mai più parlato... non lo avrebbe mai più amato al contrario suo che nonostante fosse ormai diventato un mostro... ci sarebbe stato sempre spazio per lui nel suo cuore, che dopo tutto, nel profondo... non sarebbe mai cambiato.

 

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Horror / Vai alla pagina dell'autore: Bathin Raksha Dolorosa