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Autore: The girl in the moon    14/02/2018    0 recensioni
Emma vive a Torino ed è una ragazza di ventuno anni come tante, se si esclude il suo particolare passato e un segreto: ogni notte, da quando aveva otto anni, sogna angeli neri volare nel cielo sopra la sua città e, come se non bastasse, da quel giorno si rende conto di avvenimenti strani capitare affianco a lei. Tralasciando questo, la sua vita procede normalmente, finché non si trasferirà con i suoi amici in un appartamento, il cui vicino di casa è Massimiliano, un ragazzo che sembra stranamente interessato a lei e che pare comprenderla come se si conoscessero da anni. Legati da qualcosa più grande di loro, le loro vite cambieranno interamente quando verranno a conoscenza degli Angeli Neri, ovvero Angeli Bianchi corrotti dall'oscurità dei demoni. Ma cosa lega i due giovani a queste creature?
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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Torino, gennaio 1986

Anche se quella notte si fossero alzati gli occhi al cielo, nessuno avrebbe potuto vedere un paio di ali nere tagliare il cielo scuro illuminato solo dalle stelle, uniche testimoni in quella notte senza luna. Non che ci fosse alcun problema, le strade di Torino erano quasi deserte. Era spesso così durante l'inverno, soprattutto in uno così gelido come quello, dove l'umidità faceva entrare il freddo nelle ossa e sembrava impossibile riscaldarsi. Eppure fino a un'oretta prima le strade del centro vedevano ancora ragazzi tornare a casa dopo un aperitivo, ridendo e scherzando mezzi ubriachi.
Erano le cinque di mattina, il momento preferito di Adhara, la quale si divertiva a librarsi nel cielo notturno più di quello illuminato del giorno. L'angelo nero si era posato sulla cupola della Gran Madre, ammirando davanti a lei il ponte che portava in uno dei suoi posti preferiti, piazza San Carlo, ancora più magica quando veniva illuminata solo dai lampioni. La cosa che più amava fare era perdersi in quelle luci che malgrado tutto non riuscivano a venire inghiottite dall'oscurità. 
A volte aspettava delle ore seduta nella stessa posizione, fino all'alba, per ammirare quello spettacolo che tanto le piaceva. Spesso si chiedeva se avesse amato meno quella città se avesse potuto viaggiare anche in altri paesi invece che rimanere confinata in un luogo minuscolo se confrontato con il resto del mondo, ma poi i suoi compagni la facevano ritornare in sé e lei finiva di sognare. Erano intrappolati lì, nella città che era sia un vertice del "triangolo della magia bianca" che partecipante del "triangolo della magia nera".
"Ancora qui, Adhara?" le domandò una familiare voce femminile alle sue spalle e non dovette voltarsi per riconoscerla. 
"Come sempre" rispose l'angelo seduto, facendole segno con una mano di raggiungerla. Meissa si affiancò a lei aggraziatamente e con la coda dell'occhio, Adhara si concesse di guardarla meglio per un attimo. 
Aveva sempre invidiato il suo fisico curvy, la pelle perfetta e leggermente più scura della sua, o forse sembrava così perché non era troppo in contrasto con i morbidi e lunghissimi boccoli biondi che le ricadevano attorno al viso leggermente tondo, il naso dritto e all'insù, gli occhi di azzurro tanto bello da sembrare di ghiaccio, per non parlare del bellissimo e bianco sorriso. Indossava un aderente abito di seta nera con dei ricami dorati sullo scollo a V.
"Io ormai mi sono abituata alla vista, la trovo persino noiosa" rispose la bionda sorridendole, "Rigel ti sta cercando, lo sai?"
A quel nome la ragazza sorrise; tra i due c'era sempre stata una forte amicizia malgrado fossero parecchio diversi: lui tranquillo, per certi versi solitario e taciturno, ma non era freddo, sapeva sorridere ed essere gentile. Era il consigliere ideale se si cercavano pareri neutri e sinceri e il miglior ascoltatore del gruppo. Lei invece era sempre stata più entusiasta in ogni cosa, la prima che si divertiva ad usare i suoi poteri per spaventare gli umani, fatto che gli Angeli Bianchi non avevano mai visto però di buon occhio.
Eppure non si erano mai azzardati ad inimicarsi gli Angeli Neri e per un motivo abbastanza ovvio: Angeli Bianchi e demoni avevano egual potere, una fazione non avrebbe mai potuto prevalere sull'altra e viceversa, per questo la nascita degli angeli Neri era un problema ed una possibilità per tutti; se queste creature si fossero schierate ad una parte, l'equilibrio sarebbe stato distrutto. 
"Potresti chiedergli di venire qui se lo vedi? Oggi voglio guardare l'alba" ribatté Adhara senza distogliere gli occhi dal cielo, come ipnotizzata. 
"Devo proprio fare avanti e indietro?" chiese riluttante Meissa a cui l'idea di fare da messaggera proprio non andava a genio, facendo così sbuffare Adhara, la quale si mise in piedi di controvoglia e si alzò in volo.
"Vado io" disse prima di scattare verso il parco del Valentino, dove sapeva lo avrebbe trovato seduto sotto uno degli alberi dai rami bassi. Leggeva spesso lì, ad alta voce, come se stesse raccontando una storia a qualcuno. O almeno era come la vedeva Adhara, in realtà lui diceva di farlo perché lo aiutava a immaginare i luoghi e le vicende descritte nelle pagine. 
Lo trovò infatti al solito posto, le sue parole che risuonavano calme: "…forse il mistero si sarebbe chiarito, dissolto nel nulla, come in genere succede con le cose misteriose non appena vengono portate alla luce."
"Posso interrompervi, altezza?" chiese cortesemente Adhara esibendo un teatrale ed esagerato inchino.
"Devi essere sempre così fastidiosa?" domandò lui leggermente irritato da quella presa in giro per via del suo stile vittoriano.
"Sai meglio di me che ci si annoia da morire come angeli Neri…" si lamentò sedendosi dall'altra parte del gatto.
"Dovresti trovarti un hobby diverso da quello di dare fastidio agli esseri umani" rispose chiudendo il libro.
"Siamo come bimbi viziati, Rigel, sia angeli che demoni non si azzardano ad essere duri con noi e si contendono la nostra benevolenza per assicurarsi di essere i vincitori in caso di guerra" quasi le sputò quelle parole, "per quanto ci trovino disgustosi, è comprensibile che vogliano pararsi il culo." "Le parole!" la riprese Rigel lanciandole sulle gambe il libro per farglielo infilare nella borsetta che portava sempre con sé, per poi addolcirsi quando vide la sua espressione frustrata, "ma hai ragione. Come mai questi momenti di solitudine?"
"Non mi sento sola, solo annoiata. Forse impaurita, non lo so, la situazione si fa sempre più tesa ogni minuto che passa. È solo questione di tempo e tutta questa tranquillità scomparirà all'istante!"
"Da quando Archenar ha scoperto come stanno davvero le cose sei diventata sempre più paranoica, ormai solo io e Meissa ti sopportiamo ancora" ribatté Rigel estremamente sincero come suo solito.
In un momento di rabbia, Adhara si alzò di scatto: "grazie mille per il conforto!"
"Ho detto solo la verità, Adhara, devi cominciare a controllarti per una volta, sei troppo emotiva" severo, ma quando la prese per mano fu delicato, attirandola piano verso di sé e abbracciandola.
La ragazza si sciolse per un attimo tra le braccia del giovane, rendendosi conto di aver esagerato e decidendo che quella mattina stessa avrebbe chiesto scusa al resto del gruppo per il suo comportamento negli ultimi tempi. Tenevano entrambi le ali basse, identiche tra di loro come tutte quelle dei loro simili. Erano angeli contaminati dall'oscurità dei demoni e, allo stesso tempo, le creature più idealmente simili agli esseri umani.
"Scusami" disse solo lei non aspettandosi una risposta da Rigel. Si risedettero sul prato e lui riprese a leggere "Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde", stavolta con un vero ascoltatore affianco a sé.

 
|O|
 
Torino, aprile 2018

Cambiare vita e crescere è un oceano di emozioni: entusiasmo, paura, ansia, aspettative negative e positive. Era tutto questo che rigirava lo stomaco di Emma e le faceva battere forte il cuore mentre portava i suoi scatoloni nella sua nuova camera. A ventuno anni si stava trasferendo in un appartamento con i suoi più cari amici: Samuele e Remus. La casa era del primo dei tre, o meglio della nonna, la quale si era trasferita e gli aveva concesso un buon prezzo per l'affitto. Sapeva già cosa aspettarsi, avevano visitato gli interni un paio di mesi prima ed aveva deciso come organizzare le stanze.
Suo padre aveva un po' storto il naso al pensiero che fosse in un appartamento con solo uomini (soprattuto Remus, dato che Samuele non era propriamente interessato al genere femminile), ma lei aveva saggiamente spiegato che erano persone di cui ci si poteva fidare. Ovviamente questo già lo sapeva, era piuttosto un fatto di come l'avrebbero presa gli altri, ma alla fine, dopo tanto insistere, aveva ceduto e l'aveva assecondata. In realtà non era esattamente suo padre, o almeno non di sangue, ma lei lo considerava tale. Era una storia davvero lunga e a cui preferiva non pensare.
Nei due mesi successivi lei e i suoi amici si erano dedicati alla modifica del grande appartamento ed erano soddisfatti del risultato finale che ora gli si presentava davanti, ancora da aggiustare e arredare e malgrado fosse in una delle zone più pericolose di Torino, si sarebbero accontentati. 
Appena entrati, si poteva trovare sulla sinistra il salotto, diviso dall'entrata solo da un muretto, e la prima camera da letto, quella che sarebbe stata di Remus, mentre sulla destra c'era la sua. Se si passava nel salotto si vedeva una porta scorrevole trasparente che divideva la cucina, ma se dall'entrata si proseguiva per il corridoio, alla fine vi era la porta del bagno e sulla destra, sempre in fondo, la stanza di Samuele.
Entrando nella propria camera si mise ad ammirarla per un istante: le pareti erano viola pastello, l'armadio a due ante era nero sulla parete sinistra, mentre quella destra vedeva il letto ad una piazza e mezza con la ringhiera bianca ancora da fare affiancato al comodino intonato all'armadio, così come la scrivania e la libreria che sapeva avrebbe riempito presto. 
Portò dentro lo scatolone che portava tra le braccia, sentendo il parquet scricchiolare ad ogni suo passo e posandolo sul letto. A quel punto uscì per tornare alla macchina e prendere il resto, incontrando anche gli altri ragazzi sulle scale. Il difetto che più odiava di quell'appartamento era che si trovava al quarto piano senza ascensore, per non parlare di quanto tempo ci avessero messo per trovare parcheggio in quella zona. Non che potessero permettersi di più con i lavori che facevano alla fine, per cui si accontentarono quasi subito.
Emma afferrò un altro dei suoi scatoloni ed entrò nel portone, incontrando sul pianerottolo un ragazzo che non conosceva, alto, magro come un grissino ma dalle spalle larghe, carnagione normale, capelli castani, corti e ricci, con un filo di barba sul viso squadrato, grandi occhi castani, naso leggermente storto verso destra e labbra carnose.
"Giorno" disse cortesemente la ragazza, ma quando lui si voltò verso di lei sembrò sorpreso, come se già la conoscesse e non si aspettasse di vederla lì. Che si fossero visti prima?
"Giorno" rispose lui che sembrò riprendersi e le sorrise malizioso, cosa che ovviamente Emma non apprezzò particolarmente per via di quanto quel gesto la mettesse a disagio, ma si mostrò comunque gentile con un sorriso e fece per entrare in casa. 
"Vi state trasferendo qui?" domandò lui appoggiandosi con le spalle al muro. Portava una camicia rossa a quadri aperta, una t-shirt nera, jeans parecchio consumati e un paio di sneakers bianche. Non era tanto diverso da lei lo stile: portava un crop top a maniche corte a righe orizzontali rosse e bianche, mom jeans blu chiaro, vans old skool nere e una giacca a vento verde con maniche e cappuccio rossi e la parte inferiore gialla. Insomma, un look per lei forte e che le sarebbe stato bene addosso se non fosse un palo della luce.
"Sì" rispose lei posando lo scatolone a terra, immaginando che la discussione sarebbe durata a lungo ed il peso dell'oggetto era troppo per le sue deboli braccia. 
"Forte, ci voleva una bella ragazza in questo palazzo di vecchi" affermò il ragazzo facendola arrossire e mettendola ulteriormente a disagio. Non sapeva come prendere quella affermazione, era abituata che se qualcuno le avesse detto una cosa del genere era solo ironico, ma non conosceva la persona che le stava davanti per cui non seppe rispondere. Inoltre, qualcosa nella sua espressione le diceva che neanche lui fosse tanto tranquillo, ma che anzi condividesse le sue sensazioni. Decise che era davvero ora di entrare in casa: "grazie. Ora vado, devo fare parecchio lavoro ancora."
"Ehy Emma, hai conosciuto Max?" domandò Samuele raggiungendola, "siamo cresciuti insieme, giocavamo sempre quando venivo da mia nonna."
"Ah forte" rispose lei facendo un altro sorriso e trascinando lo scatolone in casa.
"Ci si vede" disse il vicino entrando in casa e salutandoli con un cenno della testa, per poi chiudere la porta dietro di sé.
Emma non avrebbe mai immaginato che si fosse appoggiato con la schiena alla porta subito dopo averla chiusa, accorgendosi che, per tutto quel il tempo, stava trattenendo il fiato. 
L'aveva trovata, era di nuovo lì con lui. Non sembrava cambiata per nulla, rimaneva lei in tutto il suo splendore. Chiuse gli occhi per rivedere i lunghi e mossi capelli neri, la pelle bianca color avorio, ma con qualche imperfezione, il viso ovale dai lineamenti definiti, i grandi occhi verdi contornati dall'eyeliner e dalle lunghe ciglia, il naso dritto e con la punta all'ingiù, le labbra carnose e rosate. Ancora una volta prese a sospirare mentre il cuore aveva preso a battergli velocemente. 
Da quando aveva ricordato non aveva mai smesso di pensare a lei nemmeno per un istante, si era ritrovato innamorato in un solo istante. Erano anni che pensava a cosa avrebbe fatto quando si sarebbero rivisti, ed ora che finalmente il destino l'aveva riportata da lui non aveva ancora idea di come le avrebbe detto la verità. Istintivamente portò la mano sul ciondolo che teneva sotto la maglia, tirandolo fuori e rivelando una fredda una spectrolite, la quale di illuminò al suo tocco.
|O|

Spazio autrice: Che dire, ammetto di essermi ispirata ad un sogno fatto circa un mesetto fa e che da lì ho cominciato a sviluppare questa storia. Che ne pensate? Vi piace? Spero di sì! Fatemelo pure sapere con una recensione, accetto anche critiche costruttive e segnalazioni di eventuale sviste, anzi ve ne sarei davvero grata se mi aiutaste a migliorare. 
Ad ogni modo, alla prossima!
LittleBadDreamer. 

 
   
 
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