Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Mfelewzi    18/02/2018    0 recensioni
Cosa è Westeros? Ed Essos? E tutto il Mondo? E' un Mondo altro, creato dalla mente di qualche estraneo, che si diverte a mostrare la morte e il dolore nella Realtà e Racconti Incompiuti e Santi da un'altra? E se l'Età degli Eroi fosse veramente esistita, e non fosse solo una serie di Leggende, come dicono i Maestri della Cittadella? E se Prima dell'Età dell'Alba ci fosse stato qualcosa d'altro? E se certi mondi che noi, lettori, vediamo separati, in realtà appartengono alla stessa Dimensione? Ecco, da questa idea anormale e insana, è nato questo Crossover, dal nome orrido, ma che sistemerò. Troverete un crossover ambientato nel mondo di Martin, ma chi conosce il Professore, di certo avrete capito che ci sarà un Viaggio Inaspettato(Jackson li mortacci tua!). E per chi ama anime e manga, tipo io, anche quelli che ora sono brutti, vedrete cose da "Uscita di Matrix". Buona Fortuna!
Genere: Azione, Dark, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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Le immense praterie del Mare d’Erba meritavano tale epiteto. Solo steppa. Immensa, infinita bellissima. Un’eternità di erba alta, grassa, con al massimo qualche alberello solitario. L’erba al momento era grassa, cosa insolita per terre di gente scura. Danerys Targaryen osservava ogni cosa dalla sua giumenta. Infinito. Non esisteva altra parola per quelle terre, quel Mare Eterno. Eppure, secondo Ser Jorah esse non erano Eterne. Esistevano ad Est di Vaes Dothrak, dopo un’altra Distesa Stepposa, un Altopiano tra i più Alti del Mondo, le Montagne delle Ossa. Su quel altopiano vivevano Popoli Guerrieri temuti dagli stessi Dothraki, forse fra coloro che causarono la Fuga dei Dothraki dalle terre aldilà dei Monti delle Ossa, dalle Savane di Jogos N’Hai. Daenerys, pensando a queste cose, si accorse di conoscere la lingua dothraki, ma non la loro storia. Forse una delle sue serve, o magari il suo Sole e Stelle, avrebbe potuto risponderle. Ma non ne era sicura. E dopotutto, non importava molto. Sentì la piccola vita dentro di lei come muoversi, anche se doveva essere una semplice massa con solo un richiamo di forma umana, e oltre a quel dolce richiamo, carne della sua carne, ce n’era un altro, ancehe questo carne della sua carne, ma non gioioso. Vyserys imprecava rumorosamente dal suo cavallo dothraki, selvaggio come pochi. Aveva rifiutato di vestirsi con un abbigliamento adatto alle Steppe, preferendo l’abbigliamento delle Città Libere. Non si accorgeva, probabilmente, di essere patetico. Daenerys distolse lo sguardo, mentre il Khalasar continuava il suo Viaggio nell’Infinità. Sembrava che non dovesse finire mai. Sotto il sole del Est, nel Mare Dothraki un tempo noto Mare d’Erba, sembrava che non potesse esistessere niente altro che loro. Il khalasar. I servi e le serve. I guerrieri, le loro mogli. Ser Jorah, suo fratello Vyserys imprecante. Il suo Luna e Stelle, e il suo bambino. In viaggio eterno nelle Terre Perdute, forse le Uniche Esistenti. Solo il Sole, la Luna, le Stelle. E le tre Uova di Drago.
 
Un falco volò. Sopra di esse, una nuvola pareva correre verso Ovest. Verso le isole del Tramonto, e forse oltre. –E’ giunto il momento- Esclamò Teletha. Portava ancora il mantello di pelli d’animali, qualche strano animale peloso delle colline di Norvos, forse uno degli Orsi. Salì sul suo cavallo, un animale dagli zoccoli spessi e pelosi, forse più adatto ai campi che al portare cavalieri, data la sua mole di muscoli e le zampe pesanti. I suoi compagni erano in groppa ai loro destrieri, identici a quel bestione da campo. –Non viaggeremo veloci fino a Grande Inverno.- Esclamò Kurtz, secco e acido. –Ma saremo sicuri di arrivarci.- Rispose Mao, la guerriera mezzosangue. –Queste terre non sono come Andalos, biondino! Nevica pure in estate, e il terreno è duro. Non ci servirebbero dei palafreni, credimi.- Kurtz sputò per terra, non del tutto convinto. –Spero che sia così, sorellina!- Rispose. –Secondo me sono pure castrati. Li usavano al posto dei buoi, minimo non hanno mai provato i Migliori Piaeri della Vita.- -Perché, li hai guardati sotto?- Disse Mao ridacchiando maliziosamente. -No, Kurtz.- Rispose Teletha, eterea persino sopra quel bestione dei campi. –Sono animali del Nord, da viaggio, adatti per i viaggi nella neve. Non dovremo preoccuparci troppo. Al momento, la fretta sarebbe solo deleteria. Un arrivo immediato rischierebbe più di quanto si possa credere.- -Ha ragione.- Esclamò uno dei due guerrieri, quello dal sangue dothraki. –Se arrivassimo frettolosamente, diverrebbero chiare le nostre intenzioni. No, dobbiamo arrivare con lentezza, e colpire da lontano. Dobbiamo costringere i nemici a scendere da cavallo, o almeno a fermarsi. Solo allora saranno vulnerabili!- Mao e l’altro guerriero annuirono, solo Kurtz e Teletha non lo fecero. Sebbene per motivi diversi. La fanciulla dal sangue valyriano fece segno di muoversi. Non colpì coi talloni il ventre del cavallo, né le briglie. Questo partì, docile e gentile, come un cagnolino addestrato. Gli altri seguirono la ragazza, muovendo le staffe e facendo nitrire i cavalli. “Possano i Valar Proteggerci.” Pensò Teletha, rinchiudendo il capo e la mente nelle sue meditazioni. “E che ti proteggano, Brandon Stark.”
 
 
“Vola!” Così diceva la voce. “Vola o muori!” Il Corvo continuava a volare. Bran continuava a cadere, e mai volava. “E’ il tuo Destino.” Esclamò la Voce. “E’ la tua Strada.” Continuava, mentre cadeva, perennemente cercava qualcosa. “Non potrai camminare. Ma dovrai Volare, o Morire!” Poi tutto si spense. All’improvviso il corvo parve non gracchiare. Anzi, per un attimo tacque, fermo, immobile per aria. Non si mosse. Volse la testa verso di ui. O così gli parve. Subito gli occhi si aprirono. Già aperti erano. Eppure si aprirono. Fu un rapido volteggiare, poi qualcosa partì da dietro di lui. Tutto svanì in un’Improvvisa Oscurità, che parve ricoprire ogni cosa. Poi essa svanì. Improvvise mani gli presero i fianchi. Mani dolci, delicate, seguita da una voce antica, maestosa. Un’Eterna Dolcezza lo circondò, il cuore parve peredere ogni terrore. Parole antiche riempirono, e la tenebra svanì. Non vide niente. Solo udì parole antiche. Poi per un istante vide.
 
Bran si svegliò. Il sogno era finito. La porta si aprì ed entrò Robb, seguito da hodor e dalla Vecchia Nan. Bran sorrise loro. Ma prima di sorprendersi di ciò, fu Robb il primo a sbattere gli occhi sorpresi. –Vedo che gli Dei ti hanno dato un Buon Sonno!- Esclamò la Vecchia Nan. Bran non capì subito cosa intendeva. –Questa notte stavi urlando come atre volte, ma subito hai finito. Il Signore tuo fratello ha persino detto che la tua espressione si era addolcita, che sorridevi!- Bran rimase impietrito. Sorrideva? Aveva smesso di urlare. La Vecchia nan si allontanò, ordinando a Hodor di prendere il Piccolo Lord. Fu Robba parlare per tutti. –Quando sono arrivato, stavi urando come altre volte. Ma è bastato che ti stringessi le spalle e ti parlassi, perché smettessi.- Bran si limitò ad annuire. Non doveva essere stato quello. Icordava ancora le mani gentili che lo circondavano, lo accarezzavano, quelle Parole che spazzarono via l’Oscurità Improvvisa. Ricordava ancora quelle parole. Ma attese di arrivare a tavola per la colazione. Giunse Maestro Luwin, sorridente verso di lui. –Vedo che gli incubi stano finendo.- Esclamò il Maestro della Cittadella. –Ho fatto un bel sogno.- Disse lui. Tutti sorrisero. –Gli incubi devono finire. Anche la Lunga Notte finì, dando spazio all’Alba dell’Età degli Eroi.- Disse Robb. Bran non annuì. Domandò una cosa. –Maestro,- Chiese. –Hai mai sentito parlare di un posto chiamato Valinor?- Il Maestro rimase sorpreso dalla domanda. –Perché mi chiedi questo?- Domandò sorpreso da una curiosità insolita. Bran disse:-Solo una curiosità. Mi pareva di aver sentito di una città di nome Valinor, ma forse mi sbaglio.- -Cercherò negli archivi, se ti interessa.- Rispose Luwin, mettendosi a mangiare. –Ma ne dubito. Ricordo quasi tutte le città del Continente Occidentale, e non rimembro un simile nome.- Bran si limitò ad annuire. Le parole del maestro lo rattristarono. Ancora ricordava quella rapida visione. Quelle parole nate al suo risveglio. Valinor. Tol Eressea.
 
 
Era giunto il secondo giorno del Torneo. Duelli e Mostra di Combattenti Stranieri. Lord Stark si sentì contento nel sapere che il Re non si sarebbe offerto come spadaccino o altro ancora. “Spero che la caduta che gli ha causato Lord Griffith lo abbia rinsavito.” Così pensò, mentre accompagnava delle Gioiose Arya e Sansa, seguite dai loro metalupi. Lady ora arretrava davanti alla sua vista, solo Nymeria pareva come un Guerriero marciante verso una Battaglia, anzi una Guerriera, la Prode Regina dei Rhoynar di cui aveva il nome. Quel giorno, c’era il Doppio del pubblico. A tutti era noto che la Montagna che cavalca era stato mutilato e reso inabile all’uso della spada. E questo aveva aumentato il numero di osservatori e partecipanti al Torneo, perché avrebbe combattuto Lord Griffith Silverhawk, il Flagello dei Mastini come era noto ora. E come Campione della Corona, per richiesta della Regina, Ser Jaime Lannister. Ned Stark non era mai stato un appassionato di duelli al primo o ultimo sangue, ma nel suo cuore sperava che Lord Griffith punisse lo Sterminatore di Re, magari mozzandogli una mano, così da levarlo dalla Guardia Regale. Arya invece era Interessata alla partecipazione del Maestro Syrio Forell e di quel Manji. Sansa invece era in pieno imbarazzo. E Ned sapeva anche ilmotivo, questa volta. Il Re aveva voluto informarli che per perdonarsi del incidente coi Metalupi, il Principe Joffrey li aveva invitati ad assistere al Torneo dai posti vicini al Re ed alla Famiglia Reale. Con un posto per le metalupe. Ned Stark non avrebbe avuto nulla da ridire. Nel modo più assoluto. Se non che fosse richiesta anche la presenza del Mastino. Ser Sandor Clegane doveva esserci. Lord Stark lo aveva convocato da lui quella sera.
 
“Da questo momento, sei al mio servizio, Ser Sandor.” Quello annuì rudemente. “Che cazzo vuoi che faccia?” Esclamò.Ned Stark ignorò l’imprecazione. “Hai ucciso un ragazzino. E lo hai appeso al tuo cavallo come fosse un cervo.” Quello sputò per terra. “La piccola lady vuole che venga punito?” Aveva esclamato. “Se vuole punire l’assassino del suo amichetto, perché non viene direttamente lei? I lord del Nord non decapitano i loro condannati a morte?” “Perché?” Si limitò a dire. “E non mentirmi dicendo che lo hai consigliato tu di ucciderlo. So molte più cose di quello che credi, e capisco anche di più.” Il Mastino sorrise, una smorfia orribile, specie dal lato sfregiato. “Ho ubbidito agli ordini del principino Joffrey.” Esclamò, senza riserve. Ned Strak annuì. “Perché? Non ne aveva necessità. Era stata Arya a…” “Infatti all’inizio voleva ammazzare lei. Come ha cercato di ammazzare l’altro figlio tuo.”
 
Quelle parole furono come un pugno allo stomaco. O una pugnalata. Quella serata fu tutto chiaro. Ma non vi furono prove. Come sempre. Quella mattina non arrivarono i messaggi di Varys. Peccato, nonostante tutto. Ricordava quanto gli stesse antipatico l’eunuco, così sfuggente e truccato. Gli era bastata la chiacchierata al Puledro Impennato per ricredersi. Mai aveva visto un uomo che più di tutti credesse nel Ream nella sua Totalità. Lo stesso non si poteva dire per Baelish. Sapeva bene della fiducia della lady sua moglie, ma in quella Corte si era affidato ai consigli di Varys. E non gli era accaduto niente, fino ad allora. Sapeva che Varys era sopravissuto a Aerys il Folle ed a Robert, mentre Ditocorto si limitava a chiedere prestiti. O peggio. A Petyr si limitava a consigli sulla gestione sulle condizioni di sua moglie. E da un po’ di tempo, non sapeva che dirgli in proposito. Da due settimane, cioè da quando Catelyn era giunta nel Tridente. Quindi preferiva tenersi lontano da quel uomo. Intanto erano giunti ai Posti d’Onore. Fu il Principe Joffrey a offrire il Bevenuto. Un sorrise gentile verso di loro. In quel momento, mentre vedeva Joffrey inchinarsi e parlare pieno di lodi verso Sansa, Arya e le metalupe, ne fu sicuro. Quele labbra erano come un nido di vermi, dei vermi disgustosi, viscidi, saguisughe colme di veleno. –I Miei Ossequi, Lord Stark.- Esclamò rivolto verso di lui. –Spero che questa Giornata sia Inizio di Amicizia fra di noi, come fu per Mio Padre e Voi.- E nel dire ciò, offrì a lui un calice colmo di vino. Ned avrebbe voluto rifiutare, ma sentì verso di lui gli occhi di Sansa. E di Robert. Chiaramente era stato tutto organizzato da Robert, per riallacciare i legami. Allora sorrise al giovane. –Che sia Amicizia Eterna, Vostra Altezza.- -Attento, Ned!- Esclamò Robert, con finta rabbia. –Ti ricordo che sono ancora Vivo, non ho intenzione di tirare le cuoia, e non accetterò un’altra Battaglia del Tridente, sai?- Disse, scoppiando a ridere, seguito da Joffrey e da Ned. –Mastino, tieni le metalupe!- Ordinò Joffrey a Sandor. Questo sorrise sarcastico. –Spiacente, principe, ma io sono al servizio di Lord Stark, non al suo.- Joffrey rimase impietrito dalla dimenticanza, mentre Robert rise allegro. Ma Ned si limito a dire:-Ser Sandor, ubbidisci a Nostra Grazia il Principe, e tieni d’occhio le metalupe delle mie figlie.- Ser Sandor annuì. Tutti si misero seduti, mentre il banditore cominciava a parlare. Per un breve istante, Ned fu sicuro di avere degli occhi addosso. Occhi verdi, feroci. Guardò verso il Re e verso la Regina. Non l’aveva nemmeno sprecato a guardarla, se non per i saluti ufficiali di cortesia. In quel momento, iniziò il primo duello.
 
Un boato di approvazione seguì al silenzio con cui era stato accolto. Jaime guardò Ser Griffith. Era vestito di un’armatura argentata, probabilmente semplice ferro argentato. Sulle spalliere erano scolpite della ali d’aquila. Anzi, di falco. E l’elmo aveva una visiera per gli occhi con la protezione nasale che pareva un becco aguzzo. Questo però se lo era tolto, salutando con un inchino la folla. Tutti lo applaudivano, lo lodavano, specie le donne. I capelli d’argento lo avrebbero fatto passare per un Targaryen, ma gli occhi azzurri lo levavano dalla categoria. Ma anche lo fosse stato, forse sarebbe stato ancora più Popolare, se lo voleva avrebbe anche scatenato direttamente lì una Rivolta. –Il Distruttore di Montagne, giusto? O Flagello dei Mastini?- Esclamò Ser Jaime, tenendosi l’elmo e sguainando la spada. –Saprai che i leoni sono più pericolosi, falchetto!- Griffith continuò a sorridere, anche verso di lui. Lo stesso identico sorriso gentile da cortigiano, affettato e gradevole. Anche lui sguainò la nuova spada, un incrocio tra le Spade Lunghe Andale e quelle sottile dei Danzatori dell’Acqua Braavosiani. –I leoni sono pericolosi nei valichi di Montagna, e da quel che so fuggono davanti a un branco di mastini.- Puntò la spada prima su di lui. –esisterà quando un falco gli strapperà gli occhi?- E subito si udirono le paole del Septon. Entrambi si inchinarono, poggiando le punte delle spade per terra, e così gli elmi, i loro ginocchi e gli sguardi, ascoltando in Silenzio l’Invocazione al Guerriero. “Protegginimi, Guerriero. Non lasciare che il Disonore colpisca la mia Casa.” Pensò Jaime. Quando finì, entrambi si alzarono. Griffith lanciò via l’elmo, e puntò la spada. Jaime fece lo stesso. Lo avrebbe affrontato da pari a pari. Si udì lo squillo della tromba. Partirono. Partì Griffith con un rapido affondo. Jaime schivò con un semplice movimento delle gambe, rendendosi perpendicolare alla lama. Con un fendente dal basso allontanò la lama da sé, avanzando per colpire il Falco. Questo arretrò, schivando il pugno e ripuntando la spada su di lui. – Inizio interessante, Sterminatore di Re.- Esdlaò, tenendo puntata la lama, girando in circonfeenza, il busto anche questo piegato, rivolto verso di lui invece del bacino, con le gambe che parevano disegnare una circonferenza. Ser Jaime girò anche lui, ma solo con i piedi. La spada era pronta a parare. O attaccare. “Devo colpirlo subito.” Pensò. Allora un fendente allontanò la lama. O così gli parve. Invece la lama di Griffith rimase ferma, rispondendo invece al fendente con un altro. Jaime arretrò, colpendo dal alto, ma anchq questo copo fu rintracciato. Jaime allora rispose con un calcio al ginocchio. Fu schivato arretrando, ma anche il fendente di Griffith fu parato dalla lama del Leone, e con un altro fendente colpì e allontanò la lama. Avanzò, e lo colpì con un pugno. Griffith non si scompose. Incassò il pugno e arretrò, sputando per terra. “Sangue.” Pensò Jaime. Quella era un buon segno. “Che sappiano tutti cosa succede a sfidare un Leone. Seguì un fendente, partito da Griffith. Jaime lo parò ma non notò l’avanzare dello spadaccino, oltre che della spada. Questo allora lo colpì con la punta alla spalla. Si intrufolò nella spallina in metallo, e con forza spaccò l’usbergo, penetrando nella carne. Jaime imprecò e si morse la lingua, allontanandosi edallo spadaccino e colpendo con la spada quella dell’avversario. Griffith sorrise, seguito dal boato di giubilo della folla. Lo Sterminatore di Re dovette abbassare il braccio, puntando ancora la spada verso il Comandante de Falchi. “No, non accadrà!” Pensò. Colpì con furia, e questo schivò. Colpì ancora, e Griffith stavolta parò. Avanzò ancora, sempre venendo parato. “Bravo, continua a giocare!” Pensò lui. Infine giunse dove voleva giungere. Avanzò e colpì. Fu parato di nuovo. Ma bastò avanzare ancora e pestare il piede del avversario. E seguire con un calcio allo stomaco. Quest arretrò, e ne approfittò. Lo colpì con un fendente alla mando destra. La spada del Falco cadde, mentre seangue scendeva copioso dal acciaio e dagli anelli di ferro. Ma un calcio allontanò la lama del Cavaliere d’Oro, per poi venire alzata con un altro fendente. Si ritrovarono faccia a faccia, le spade incrociate. Nessuno dei due sorrideva, entrambi con le bocche sporche di sangue, un arto ferito. Griffith sputò sangue e saliva in faccia al Leone, accecandolo. Spinse con la lama e lo fece arretrare. Sarebbe bastato un affondo. Ma le guardie fermarono tutto. Guardie Propora dei Lannister e Guardie dei Falchi. Queste guidate da una donna vestita da cavaliere. –Il duello è sospeso.- -Col cazzo!- Esclamò Jaime Lannister. –Posso ancora combattere, e pure lui!- -Non secondo il Septon. Dice che avete entrambi perso abbastanza sangue, e che nessuno dei due vincerebbe. Senza contare che per poco questo duello non diventava una rivolta. Per tanto, siete entrambi fuori!- Jaime imprecò, gettò a terra la sua spada e si allontanò. Invece la Folla ruggì di rabbia mentre anche Griffith Silverhawk, la mano sinistra sana che stringeva la spada, accettava la squalifica. E pure lui ruggì, ma nessuno lo udì. “Lurido figlio di puttana!” Nemmeno si pulì il volto coperto di sangue e saliva.
 
-Almeno si è preso quel Ribelle?- Così, altera e inviperita, aveva parlato la Regina Cersei. Infine giunsero due dei Falchi. Tenuto per le braccia, i due mercenari portavano un uomo dal volto tumefatto, gli zigomi rotti, il naso ridotto a una patata marcia grondante sangue. Re Robert per la prima volta condivideva la rabbia della consorte. –E’ lui?- Domandò. Uno dei Falchi annuì. Re Robert si alzò, prendendo dalla cinta di uno dei mercenari una mazza. –Che cosa hai osato dire, cane schifoso?- Questo tacque. Nemmeno lo guardò. Allora il Re lo colpì con un manrovescio, voltandogli col palmo la testa. –COSA HAI OSATO DIRE, FECCIA MERDOSA?- Quelli infine alzò lo sguardo. –Lunga Vita a Re Rhaegar Primo del Suo Nome.- E aprì ancora la bocca, ma non fiatò. La mazza calò sulla sua faccia. Il colpo fece esplodere la testa in migliaia di pezzi. Il corpo fu lascato lì, mentre i principini e Sansa urlarono spaventati davanti al cadavere, con solo la mandibola penzolante con la lingua a ricordare la testa. Arya si gettò su Nymeria, orripilata da quello spettacolo, e mentre Lady si rifugiò dietro la gonna di Sansa. Joffrey invece era estasiato dalla violenza del padre, e così la Regina, sorridente e soddisfatta. All’improvviso Ned non vide la regina. Ma un demone. Un demone feroce, le mani macchiate di sangue, vestito di pelle, con sembianze femminili biancastre e dagli occhi blu. Fredda come il Ghiaccio, Feroce come il Fuoco. Robert Baratheon si sedette, dando segno al Mastino di portare via il cadavere. Fu Lord Stark a ordinare per lui. Mentre il cadavere veniva portato via e Robert cominciava a sbraitare ordinando il continuare dei duelli, Ned Stark fissò la folla. Una folla muta, non festante. Una folla che tace per non essere colpita dal tiranno. Quel uomo aveva gridato “Viva Rhaegar Targaryen! Giustizia per Re Aerys!”, e stavano già cominciando a sepeggiare le voci. Voci che tacquero, dato che i mercenari avevano rintracciato l’agitatore, e reso inabile a parlare. E la folla non sospirava di sollievo. Era muta. Muta come un uomo costretto al silenzio dal giudice. Come un innocente davanti ad un criminale Come dei Fedeli sotto la minaccia dell’Usurpatore. Ned sospirò, cercando di consigliare l’amico, ma questo era Rosso di Rabbia –E’ COSI’ CHE TRATTATE IL VOSTRO RE? E’ COSI’ CHE TRATTATE CHI VI LIBERO’ DAL GIOGO DEL RE FOLLE? VEDRETE, SCHIFOSI BASTARDI! VEDRETE CHI E’ IL RE, STRONZI! E CONTINUATE QUESTO CAZZO DI TORNEO!- Intanto i banditori davano fiato alle trombe, per continuare i duelli.
 
I duelli continuarono. Giunsero Guerrieri delle Terre Contese, delle Terre Piatte, della Costa Arancione e del Deserto di Dorne, vestiti di tuniche sgargianti o color della sabbia e impugnanti scimitarre e scudi rotondi, seguiti da Opliti del Sangue Verde, Guerrieri di Norvos con le loro Asce, alcuni Guerrieri delle Fosse da Combattimento dichiaratisi dothraki con arakh o legionari ghiscariani, tutti a duellare contro i Cavalieri, o contro altri stranieri. Giunsero perfino dei Guerrieri della Vecchia Andalos e un Bruto, vestito di un’armatura di ossa, persino un Uomo di Ferro e, naturalmente, Spadaccini Braavosiani e Pentoshi. Tra questi spiccò Syrio Forell, Ex Spadaccino del Signore del Mare di Braavos, che sconfisse tutti i suoi sfidanti, anche in gruppi. L’ultimo fu la celebrità. Un Guerriero della zona settentrionale di Leng, uno spadaccino Yitiano. Ned e le figlie, Arya in specie, riconobbero Manji. Questo mostrò uno stile allo stesso tempo sconosciuto e noto. Teneva la spada con due mani, colpendo dall’alto o dal basso, colpi secchi, ripetuti in lunghi addestramenti. Persino i colpi con una mano, quando li faceva, erano secchi e duri. Eppure, sia con una che con due mani i colpi erano secchi e ampii, come un’onda, permettendo di infondere la propria forza, lo spirito, nell’arma, così che i colpi acquisissero forza sia dal braccio che dall’aria. La sua scherma ricordava quella dei cavalieri, ma senza scudo, rapida e veloce, ma anche di quella dei Cavalieri, forte e poderosa. Persino la spada, che chiamò Katana, era un incrocio tra le due scherme, anche il suo essere ricurvo lo rendeva simile alle scimitarre delle terre intorno a Myr e di Norvos e Qohor.  Portava un’armatura a piastre, nera e bianca ogni piastra, le spalliere, le difese ai gomiti e alle mani erano nere a destra e bianche a sinistra, le parti di avambraccio e braccio invece erano all’opposto. L’elmo portava in alto, sulla fronte, lo stemma di una luna. Il guanto destro aveva rappresentato un sole bianco, quella a sinistra una luna a falce nera. Il culmine lo raggiunse quando usò due katane, superandolo nuovamente quando usando uno strano meccanismo le unì formando una lancia letale. Persino Syrio Forell fu chiamato a misurarsi, ma si arrese anche prima di iniziare. E Manji si meritò il Premio di Migliore Spadaccino, col duello contro Ser Barristan.
 
Ser Barristan si inchinò allo straniero. E così fece l’altro. Il lord della Guardia reale sorrise. –Vedo che conosci il Codice Cavalleresco.- Esclamò. Aveva visto quel guerriero straniero limitarsi a disarmare gli avversari deboli, e fermarsi quando veniva versato il primo sangue. Conosceva le regole dei duelli. Quel forestiero dgli occhi a mandorla e il viso scuro sorrise. –Conosco il Bushido, il Codice dei Samurai, Sevi Guerrieri.- Barristan puntò la spada. –Allora sarà un Duello fra Pari.- -Finalment sì!- E si lanciarono. Barristan iniziò conun fendente destro, subito parato e respinto. “Spada Robusta, al di là delle apparenze.” Pensò. Quello tentò un colpo dal alto, ma prima di pararlo arretrò, così da poterlo a sua volta respingere, e avanzò fendendo. Il samurai arretrò e parò, respingendolo a sua volta, ma Barristan avanzò colpendo col pomo. Il samurai arretrò per schivare e si sarebbe lanciato in un affondo, se non avesse visto il cavaliere già pronto. Le loro lame sfioravano le corazze, quella dritta del cavaliere sulla spalla destra, quella curva del samurai anche. I due ritirarono le spade, e si inchinarono. Barristan si levò l’elmò chinando il capo. Il samurai si levò prima la maschera, poi l’elm, mostrando la cicatrice sul naso oltre a quella dell’occhio, i capelli neri con la coda, opposti a quelli bianchi del lord Comandante. Anche lui chinò il capo, sorridendo soddisfatto. –Sareste un Onorevole Samurai, Ser Barristan.- Esclamò l’Yitiano. Barristan rise. –E tu un Valido Cavaliere. Quale è il tuo nome?- -Mi chiamo Manji.- Rispose. –Nella mia lingua per indicare un Signore o un Guerriero usiamo la parola Sama dopo il nome.- -E’ un onore averti affrontato, Ser Manj.- -Anche per me, Baristan Sama.-
 
 
Robert si era annoiato, e così anche Joffrey, che non ci vedevano nulla di interessante in quello stile. Invece Arya e persino Sansa ne rimasero rapiti, insieme a Tommen. L’abilità, la velocità e persino la forza di quel Guerriero di Yi Ti erano Superiori a Ogni Cavaliere e Spadaccino, eppure solo Ser Barristan aveva resistito. –Non mi sorprende.- Esclamò Lord Stark. L’intera Folla esultò al nome di Manji e di Ser Barristan, definito il primo lo Spadaccino Infinito, dato che sosteneva che il suo nome significasse Infinito. Lo Spadaccino Infinito fu lodato come la Nuova Spada dell’Alba. Ned Stark si limitò a sospirare, in disaccordo.
 
 
 
Azione mi pare che ci sia, ed è pure bello lunghetto. Purtroppo non avevo più la forza di continuare. Cavolo, non so se a qualcuno interesserà, ma vorrei sapere se il duello fra Jaime e Griffith sia comprensibile e sensato. E sì, DUE CAPITOLI IN UN GIORNO!
  
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