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Autore: Andrea_Vitali    19/02/2018    0 recensioni
"Tutti i mali del mondo si riversarono sul villaggio come turbini marcescenti, investendo e strappando, corrodendo e mutilando.
Alakin rimase immacolata, come se il bianco accecante del suo abito le facesse da scudo contro quella morbosa tempesta."
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Alakin... Alakin...”

Morte guardò dubbioso l'aitante donna che si ergeva dinnanzi a lui. Il dubbio si insinuava serpentino tra i pensieri. Un'immagine sfocata, una voce in lontananza; quella donna apparteneva ad un passato lontano e ovattato dalle pieghe del tempo.

“Mi duole doverlo ammettere, ma credo di non avere una vostra traccia nitida nei miei ricordi. Tuttavia la vostra spada mi suggerisce che non siete venuta per rendere omaggio al sole con una piacevole danza di coppia. Chiedo umilmente perdono, ma, se non vi dispiace, ho un impellente bisogno di proseguire nei miei intenti.”

Il tono di voce di Morte iniziò a diventare sempre più gutturale, sempre più profondo.

Alakin puntò la spada verso l'uomo. Il vento ritmava tra i capelli e le vesti, rimettendo allo spettatore un'immagine che sfiorava l'etereo.

“Morte! Devo riportarti a Leyline. Non hai più il controllo di te stesso! Ti prego, non opporre resistenza. Non voglio farti del male.”

L'uomo sorrise, come solo gli animi sadici sanno sorridere.

“Vorrei tanto venire con voi, piacente fanciulla, tuttavia...”

Morte smise improvvisamente di parlare, ma dal suo sguardo era perfettamente deducibile cosa sarebbe accaduto da lì a poco; le mani del giovane uomo iniziarono ad emanare una pulsante aura nera, palpitando al ritmo crescente del suo respiro. L'ansimare fece spazio velocemente a un profondo e ranesco vibrato, culminante in una risata figlia delle viscere della terra. Gli occhi iniziarono a sbattere, a tremare, a roteare, contraendosi in sincronia con gli spasmi corporei. Una danza macabra accompagnata dal suono di mille ossa spezzate e dai violini del vento che, in quel momento, aprì il suo concerto di archi nel teatro della piazza di Levoillette.

Alakin non si mosse: i suoi occhi vigilavano gli orrendi movimenti dell'uomo, studiando l'orizzonte degli eventi, aspettando, temporeggiando.

Morte si bloccò di colpo, ruotando la testa verso destra in modo innaturale. Il sorriso che gli si disegnò sul volto fece fuoriuscire un rivolo di bava nera e nauseante. Poi, lentamente, iniziò a parlare.

“... non ho alcuna intenzione di SEGUIRVI, Alaaakiiin! Eh eh...”

Si udivano chiaramente due voci distinte, una acuta e inaspettatamente dolce, l'altra bassa, innaturale, demoniaca.

Morte fece un breve scatto in avanti, mimando, forse involontariamente, le movenze di una marionetta.

“Eh eh... Voooi... Non potete fare nulla! NULLA!!”

Alakin continuò a rimanere ferma sulle gambe muscolose, spada in avanti e occhi fissi sull'insolito quanto raccapricciante bersaglio.

Morte fece un altro passo.

“Dall'alba dei tempi, dal sole primordiale che iniziò a scaldare queste terre di perenne maggese, io sono re e regina della fine, arbitro e giudice del traguardo finale, piacente e lascivo signore del tempo! Pregherai, oh, pregherai mia giovane Alakin, pregherai che io abbia pietà di te! Io sono il mietitore, io sono l'ombra nelle notti tempestose! Male? VOI NON POTETE FARMI ALCUN MALE, O MISERA CREATURA! NESSUNO! Ricordatevi queste parole, guerriera! IO SONO LA MORTE!”

Vomitando queste ultime minacce, Morte si lanciò in una folle corsa verso Alakin.

L'azione fu rapida, netta, istantanea.

Una goccia stava cadendo dalla cima della fontana della piazza e, ben prima di toccare l'acqua della vasca, Morte era già proteso verso la giovane guerriera.

I due sguardi si trovarono a meno di cinquanta centimetri per un eterno secondo; Alakin poteva percepire la grondante malvagità di quell'essere, la sentiva respirare con lui, riusciva perfino a sentirne il sapore amaro sulla lingua. Immaginò di perdersi nel vuoto degli occhi di lui, di essere strappata alla vita come uno zelante contadino strappa le erbacce del proprio campo. Pensò alla sua missione, alla congrega, a Leyline, a tutto.

Poi, un urlo squarciò il cielo.

 

Riverso sul terreno umido, contorcendosi come un verme nel sole d'estate, Morte sbraitava e scalciava: in contrasto con quell'immagine, c'era il suo braccio sinistro, che stava riposando qualche metro più avanti. Sotto ad esso, il manto erboso stava lentamente perdendo colore.

Dalla spalla una cascata di pece e fumo bagnava e sporcava le vesti dell'essere, che garriva senza sosta.

Alakin abbassò la spada e raggiunse Morte; l'eleganza non la abbandonò nemmeno in quel momento.

“Morte, ti prego.”

Le sue parole erano di pietà, ma al contempo decise. La missione era chiara: Morte doveva essere fermato e doveva tornare con lei.

Stringendosi l'arto monco, Morte fissò Alakin; il volto, come in una danza cangiante, cambiava rapidamente i propri connotati, trasformandosi ora in uomo, ora in donna, ora in un miscuglio grottesco di entrambi i sessi.

Inciampando sui propri respiri, l'entità si inginocchiò di fronte alla figura quasi divina della donna armata.

“Io... Io vi seguirò... ma...”

Il volto di Morte subì un ultimo, inquietante mutamento: lentamente, molto lentamente, prese le sembianze di Alakin.

“... non farò altro che farvi la gentilezza di accompagnarvi attraverso il vostro viaggio negli inferi!!”

Alakin sentì una vampata di calore a sinistra del viso e, senza capire come, si trovò a terra, ferita e disarmata.

Morte, con un rapido movimento degno delle più pericolose serpi del deserto, colpì nuovamente Alakin.

La giovane donna subì nuovamente l'ira di Morte, tentando invano di ritrovare la sua preziosa arma.

Morte la colpì ancora.

Ancora.

Ancora.

Finché, rinvenendo momentaneamente dal suo guizzo di follia, si ricompose. Forse si ricordò che era la Morte, colei a cui nulla sopravvive; forse l'immagine della guerriera riversa esanime sul terreno lo tranquillizzava. Probabilmente erano entrambe le cose.

“Ebbene, chiedo umilmente venia se vi parlai mendace, mia cara Alakin. Ammetto che siete stata una valida avversaria ma, ahimé, ben più dell'onore avreste dovuto seguire l'istinto.”

Morte si guardò il braccio mancante, sorridendo: un odore marcescente scaturì dalla ferita e, accompagnata dal suono di brandelli di carne che si ricompongono, vide il proprio braccio riprendere forma.

Gongolante e compiaciuto, si sistemò gli abiti.

“Ora che abbiamo ristabilito il normale scorrere degli eventi, è meglio tornare a lavoro. Droudh, accorri al tuo padrone!”

Si girò, fece un fischio e alzò lo sguardo al cielo: attraverso le nubi si iniziò ad intravedere dapprima un'ombra, una leggera macchia, una figura nera che, rapidamente, solcava gli accumuli di vapore. Un cavallo corvino dai muscoli scavati fece capolino tra i cumuli inferiori e proseguì celermente il percorso verso il proprio padrone.

Morte accarezzò il pelo lucido dell'animale, il quale non mancò di manifestare un segno d'affetto attraverso la dolce melodia di una serie sputi incandescenti sul selciato.

“Addio mia cara.”

E salì sul suo demoniaco destriero.

Ma proprio mentre era in procinto di partire per il suo nuovo incarico, sentì una spiacevole sensazione sul proprio petto: un peso angosciante lo tratteneva, gli impediva di partire. Dispiacere? Rimorso?

No, quelle erano sensazioni d'appannaggio mortale. Tutto questo gli riportò alla mente un passato lontano, un passato oscuro, un passato già vissuto.

L'oppressione mutò presto in dolore e solo allora si accorse che una punta d'arpione dorata gli sbucava dallo sterno, riversando liquame stagnante sul dorso del cavallo.

Basito di quella nuova situazione, notò che il proprio animale stava lentamente e inesorabilmente svanendo da sotto di lui; ben presto rimase solo una piccola nube cinerea.

Cadde sulle proprie ginocchia senza alcun rumore e si girò a guardare chi o cosa l'avesse trafitto con così tanto ammirabile inganno.

Alakin si era rialzata e, da sotto le vesti, spuntava una catena color del sole che conduceva direttamente alla punta conficcata nel torso di Morte. Ella ansimava, ma sul suo volto non era presente alcun segno di sofferenza.

“Ti avevo avvisato, cavaliere.”

Il passato ritornò impetuoso nella mente dell'essere: già una volta fu prigioniero, già una volta fu ridotto in schiavitù in questo modo, già una volta sentì quelle esatte parole. Proprio in quel momento il ricordo di Alakin prese forma! Tra le tenebre dei suoi ricordi riapparve la figura imponente dalla donna. Una donna temibile, violenta, implacabile!

“A-alakin. N-on può esser...”

E fu il buio.

 

   
 
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