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Autore: Flos Ignis    22/02/2018    1 recensioni
Ambientato anni dopo la fine dell'anime.
Maka e Soul sono ormai una coppia in procinto di avere il loro primo figlio, e mentre ciò accade ho voluto ripercorrere la loro storia e mostrare i loro sentimenti l'uno per l'altra. Il loro non è semplice amore, esso è solo la punta dell'iceberg. Ogni elemento che compone il loro rapporto è come l'anello di una catena che giorno dopo giorno si rinforza e li avvolge nelle sue spire, legandoli per sempre insieme.
Tratto dalla storia:
-Dannazione Soul, non startene lì impalato con quel sorrisetto sulla faccia! Non hai idea della voglia che ho di prenderti a pugni!-
-Già mi prendi a librate in testa, non ti basta?-
-Non credo proprio, hai idea di come mi senta? Sto per far uscire tuo figlio da...-
-Ok, basta Maka, ora calmati. Questi discorsi sono davvero poco cool.-
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Franken Stein, Maka Albarn, Soul Eater Evans | Coppie: Soul/Maka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Synchrony of a Miracle



 
Alla persona che considero il mio miracolo personale.
Io e te, in ogni mondo.







-I signori Evans?-

-Lui è il signor Evans, io sono la signorina Albarn. Qualche problema?-

Più che una frase pronunciata da un essere umano, alle orecchie dei presenti quanto appena udito era sembrato più simile ad un ringhio pieno d'ira, ma considerando la situazione nessuno se la prese troppo.

D'altronde, più che davvero arrabbiata, la voce era sofferente. E a giusta ragione.

-Molto bene signorina Albarn, sono l'ostetrica Sylvia Jones. Sarò l'assistente del dottor Stein, so che ha insistito perchè fosse lui a far nascere suo figlio.-

-Infatti, dove cavolo è proprio adesso? Soul, fai qualcosa!-

-Maka, se la smettessi di stritolarmi la mano potrei andare a chiamarlo...-

Da quel momento in poi, nessuno riuscì più a distinguere chiaramente quanto i due si stessero dicendo, ma l'ostetrica continuò a lanciare loro occhiate incuriosite.

Erano una strana coppia, riflettè. Ed erano davvero giovani, non dava loro nemmeno vent'anni.

La ragazza che rispondeva al nome di Maka aveva lunghi capelli biondi con la frangetta arricciata per il sudore che le colava dalla fronte, la pelle pallida forse per il dolore e lucidi occhi verdi, che in quel momento stavano fulminando il ragazzo al suo fianco. L'aspetto di lui era un po' inquietante, con quei capelli bianchi e arruffati e penetranti occhi rossi, ma il modo gentile con cui stava supportando la ragazza faceva passare all'istante in secondo piano un primo impatto quasi mai positivo. Sembrava che lui fosse sempre sul punto di saltarti alla gola con quei suoi denti aguzzi, ma in realtà era infinitamente paziente e gentile. 

L'altra infermiera, Janette O'Connor, una veterana dell'ospedale sua cara amica, le aveva raccontato che Maka Albarn era stata ricoverata d'urgenza quella stessa mattina, in anticipo sul termine della gravidanza di almeno una settimana. Aveva strillato come un'aquila quando alcuni medici avevano tentato di staccarle la mano dalla presa del ragazzo, qualcuno vociferava anche che avesse fatto apparire dal nulla qualche libro per tirarlo in testa a chiunque si avvicinasse all'albino, che nel mentre se l'era ghignata in silenzio, limitandosi a stringerle la mano per tranquillizzarla e subendo con stoica calma i suoi scatti d'ira.

A una prima occhiata sarebbero sembrati più due amici che una coppia in procinto di avere il loro primo figlio, eppure i fatti parlavano chiaro. 

Sylvia riteneva strano il modo con cui la ragazza le aveva risposto quando aveva chiesto dei signori Evans, ma lei non aveva alcun diritto di giudicare, quindi...

Ma di ridere, ce l'aveva? Mentre preparava il necessario per il parto, i ragazzi avevano continuato a parlare, lei tra urla e imprecazioni, lui tra strette di mano e ghignetti perfidi che nascondevano sorrisi inteneriti. Sembravano davvero male assortiti come genitori, ma era così divertente starli a guardare che, senza volerlo, una risata le abbandonò le labbra contro la sua volontà.

Non la sentì nessuno, ma pensò fosse il caso di tornare al lavoro se voleva evitare di ricevere uno di quei colpi terribili da una quasi-mamma estremamente nervosa.

Un colpo come quello che subì il ragazzo:- MAKAAAAA-CHOP!-





-Dove diavolo è andato a finire il professor Stein?-

Maka era davvero stufa di urlare, eppure ogni volta che apriva bocca il suo tono di voce si alzava da solo. Ormai le contrazioni le facevano vedere le stelle ogni cinque minuti, eppure il suo medico, nonchè ex professore, si rifiutava di farsi vedere. Come se tutto ciò non bastasse a farle saltare le coronarie per la rabbia, quella moretta prosperosa con la divisa da infermiera si era azzardata a chiedere se loro fossero i signori Evans.

E Soul che faceva? Rideva! Lei soffriva le pene dell'inferno con suo figlio che scalciava come un demone per uscire a vedere il mondo e lui...

Ah, ma appena avesse partorito gliele avrebbe fatte pagare tutte, e tutte insieme...

-Dannazione Soul, non startene lì impalato con quel sorrisetto sulla faccia! Non hai idea della voglia che ho di prenderti a pugni!-

-Già mi prendi a librate in testa, non ti basta?-

-Non credo proprio, hai idea di come mi senta? Sto per far uscire tuo figlio da...-

-Ok, basta Maka, ora calmati. Questi discorsi sono davvero poco cool.-

Lei fece per Makachopparlo nuvamente, ma l'ennesima contrazione le tolse le energie per farlo, facendole digrignare i denti con un verso di esasperazione. 

Se Stein non si fosse presentato alla porta in quell'esatto momento, avrebbe mandato al diavolo la legge e la morale e avrebbe reso suo figlio orfano di padre. Che diamine, era tutta colpa sua!

Sua, dei suoi dannati sorrisi seducenti e dei suoi occhi che la facevano sciogliere ed ardere al contempo, ma soprattutto della sua anima che da ore continuava imperterrita a tranquillizzare la sua, trasmettendole tutta la serenità che poteva tramite le onde che percepiva partirgli dal cuore.

La parte più divertente era il fatto che, sotto la scorza “da cool” che si sforzava di mantenere davanti a lei, sotto sotto era terrorizzato quanto lei dal diventare genitore. Quella sua paura la faceva paradossalmente tranquillizzare di più che tutto il resto, perchè se c'era qualcosa che le loro battaglie le avevano insegnato era che per battere la paura serviva il coraggio, e quello di certo non mancava a nessuno dei due.



*****



Soul aveva amato la sua Maestra d'Armi fin dal primo momento, ma non se ne era accorto subito. Non era mai stato nella sua indole riflettere troppo sui suoi sentimenti, i tipi davvero cool non lo facevano, aveva sempre preferito osservare gli altri piuttosto che psicanalizzarsi.

Ma quando avevano combattuto contro il Kishin Asura, quando il cielo era tornato azzurro e lui aveva visto Maka in piedi, vittoriosa, più in alto di tutti loro con il pugno chiuso intorno alla cartolina di sua madre... 

Non era stato quello il momento in cui si era innamorato, ma era piuttosto certo fosse quello in cui aveva compreso e accettato l'esistenza di quel sentimento. Aveva visto il suo sorriso trionfante illuminarle il volto, il vento muoverle i capelli raccolti in quei buffi codini che lui si divertiva a tirare. E quando il sole si era riflesso nelle giade dei suoi occhi, facendoli brillare di quel coraggio che muoveva ogni suo passo e che lui ammirava tanto...

Beh, il resto era storia.

Un colpo al cuore, le ferite che per un attimo avevano smesso di dolergli, le urla vittoriose dei loro amici a coronare quel sentimento. E sopra ogni cosa, la visione di lei che gli si avvicinava, si passava il suo braccio sulle spalle e lo aiutava a camminare fino all'infermeria della scuola.

I mesi che erano seguiti li avevano passati a girare per il mondo, occupandosi delle ultime cellule di Aracnophobia e sistemando i residui barlumi di follia.

Il primo bacio glielo aveva rubato lei: una sera qualunque, dopo una missione come tante, erano rientrati a casa e lei gli aveva augurato una frettolosa buonanotte con un bacio a stampo, una frazione di contatto tra di loro che gli aveva spento il cervello per diversi minuti. Poi Maka era scappata nella sua stanza, urlando qualcosa che aveva a che fare con l'ottusità maschile.

Quando aveva deciso di uscire dalla sua fase di immobilità si era precipitato su per le scale, aveva spalancato la porta della camera e le si era avventato sulle labbra. Si era poi lasciato guidare dal fuoco che gli scorreva nel sangue, dalla voce seducente della sua Maka che l'aveva condotto verso il più dolce degli oblii, dalla passione e dalla tenerezza, dalla complicità e dal rispetto.

Forse era destino che dovessero innamorarsi, ma quella era solo una parte del loro rapporto, solo l'ultimo passo che avevano compiuto insieme. Era esaltante, meraviglioso e bellissimo che fosse accaduto, ma nessuno dei due lo avrebbe accettato senza il rapporto che avevano in precedenza, perchè non sarebbe mai bastato solo l'amore a tenerli insieme.

C'era tutto un intero mondo dietro il loro legame, la catena che li teneva uniti era stata forgiata anello per anello, giorno dopo giorno se ne era unito un altro e poi un altro ancora, tra i campi di battaglia dove avevano imparato la fiducia e il rispetto e la routine quotidiana, grazie a cui essi avevano messo radici e dato i loro frutti. L'affetto e l'amicizia erano venuti di conseguenza, tra le ferite che avevano subito e le cure che si erano offerti l'un l'altro.
L'amore era stato l'anello finale: stupendo, travolgente e inevitabile, ma non indispensabile... e certamente non previsto. Eppure quell'ultimo pezzo aveva chiuso la catena che li teneva uniti, quindi forse, indispensabile, lo era diventato.

Entrambi ne erano stati felici, anche se le cose tra loro non erano e non sarebbero mai state facili, ma i battibecchi erano anch'essi un anello della catena e nessuno dei due ci avrebbe mai rinunciato: era il loro modo per prendersi cura l'uno dell'altro, per dirsi che si amavano senza usare quelle esatte parole. Finchè litigavano, voleva dire che quel che c'era ne valeva la pena, che meritava urla e libri in testa e prese in giro oltre alle risate e tenerezze. Finchè litigavano, potevano sentire la presenza l'uno dell'altra, l'anima del proprio compagno che si tendeva verso la propria con ardore, con passione, con forse troppa forza, ma con indiscutibile brama che denotava un leale e sincero attaccamento, un affetto che valicava i confini dell'amicizia.

Avrebbero sempre combattuto per quello che amavano e dato che si amavano l'un l'altra si scontravano, e andava bene così.




Avevano vissuto cinque anni come coppia, cinque anni pieni di musica e Maka-chop, risate e avventure, urla e sorrisi, baci e combattimenti.

Non avevano mai parlato troppo del futuro, a loro bastava vivere insieme nell'appartamento che condividevano da quando erano adolescenti e si erano scelti come Maestro e Arma, avevano discusso sui lavori che avrebbero svolto e programmato nuovi viaggi in giro per il mondo, ma non era mai stato toccato l'argomento "figli".

Non fino a quando avevano scoperto che Maka era rimasta incinta, al che lui ci aveva quasi rimesso la pelle. Era stato davvero poco cool, da parte sua, ma la sua ragazza quando aveva scoperto del bambino l'aveva inseguito a lungo con un enorme dizionario tra le mani e una delle sue espressioni più furiose in volto.

Dopo quattro bernoccoli e una lunga serie di edotte imprecazioni - di cui lui, tra l'altro, non aveva capito mezza parola a causa di un feroce mal di testa- lei si era fatta venire un attacco di panico, cadendo tra le sue braccia. L'aveva presa al volo, temendo si facesse male, ma mentre le carezzava i capelli elettrici per il nervosismo cercando di calmarla... finalmente si era concesso di elaborare la novità per la quale quasi ci aveva rimesso la vita.

Lui e Maka avrebbero avuto un figlio.

Aveva paura lui, quel bambino non era stato intenzionalmente cercato, erano giovani, avevano pessimi esempi genitoriali alle spalle, viaggiavano per il mondo sempre alla ricerca di una nuova battaglia... Per il Sommo Shinigami, non si erano nemmeno mai detti "ti amo" e lei era incinta!

Quella notte si erano stretti sotto la stessa coperta, Soul si era appoggiato ad un albero tenendo la sua ragazza tra le braccia per farla dormire comoda nonostante la nuda terra sotto di loro, e aveva riflettuto a fondo.

Erano giovani, ma avevano tutta la vita per imparare; i loro genitori erano stati tremendi su più livelli con loro, ma avevano dimostrato più e più volte di essere diversi da loro, che potevano farcela a essere migliori; non avrebbero smesso di combattere, sarebbero stati per sempre un Maestro e la sua Arma, ma c'erano anime da mietere anche a Death City, dove li aspettavano i loro amici e il loro appartamento, ma soprattutto una vita in cui potessero conciliare il loro stile di vita con l'arrivo di un bambino.

Non si erano mai confessati i loro sentimenti? Da quando era così necessario parlare? Ogni volta che Maka lo impugnava sotto forma di Falce sentiva ciò che provava lei. Ogni volta che la sua ragazza lo guardava con quei suoi bellissimi occhi, talmente speciali da vedere oltre le apparenze, poteva vedere chiaramente ciò che l'anima di Soul provava per lei.

Nonostante l'intelligenza e la gran quantità di libri che leggeva, lei non era per niente brava con le parole, specialmente se quelle riguardavano l'intimità dei suoi pensieri. D'altro canto, lui a sua volta era poco incline alle esplicite dichiarazioni di intenti, le trovava inutili, le parole potevano essere così menzognere!

Ma anche se non se lo dicevano chiaramente, il sentimento c'era ed era reale.

Se queste era la premessa, allora Soul era certo che potevano farcela.



I seguenti nove mesi li aveva passati a prendersi cura di lei, era stato davvero da cool sopportare tutti gli sbalzi d'umore di una Maka che già normalmente era pericolosa, figurarsi con gli sbalzi ormonali della gravidanza.

Si era riempito di lividi, ma mano a mano che la pancia di lei lievitava, cresceva anche la sua gioia e con essa l'impazienza di conoscere il loro bambino. Maka gli raccontava ogni cosa che faceva il piccolo, a volte per la paura di aver fatto qualcosa di sbagliato per il semplice fatto di sentirlo agitarsi, altre per la commozione di sentirlo dormire mentre ascoltava la sua voce che gli leggeva estratti da alcuni libri di fiabe.

Anche lui si era fatto prendere diverse volte dal panico, ma con il tempo avevano imparato a conoscerlo e a capirlo: per esempio, sapevano gli orari in cui dormiva e cosa non gli piaceva che Maka mangiasse, perchè nonostante il periodo delle nausee a quel tempo fosse già finito lui continuava a protestare ogni volta che la sua mamma ingoiava qualcosa di troppo speziato, facendola stare male per ore. Oppure sapeva che si assopiva con la voce dolce di Maka che gli raccontava le favole, mentre si tranquillizzava quando Soul suonava al piano qualche semplice ninna nanna, ma restava sveglio, perchè Maka lo sentiva muoversi, anche se con calma.

Queste e altre piccole cose li avevano accompagnati fino a quel giorno, quando Maka si era svegliata con dei dolori lancinanti e aveva svegliato anche lui con un urlo assordante. 

Quel bambino che stava per nascere li aveva già fatti innamorare perdutamente di sè, e finlmente l'avrebbero potuto conoscere. Erano entrambi impazienti e spaventati, ma erano talmente felici per quella nuova vita che stava per venire al mondo!

Proprio quando erano stati certi che sarebbero bastati l'uno all'altra per sempre avevano scoperto che non era così, che potevano essere più di una coppia... 

Stavano diventando una famiglia. Era quello l'ultimo anello della catena, il più robusto, quello che davvero li avrebbe tenuti insieme per sempre.



*****



Soul riemerse dalla profondità dei suoi pensieri quando sentì la porta aprirsi: entrò un uomo dai capelli grigi e una vite infilata per traverso nella testa. Occhiali enormi e tondi e un camice bianco rattoppato. 

Maka gli strinse forte una mano per comunicare oltre la stanchezza, ma lui aveva già capito cosa intendeva dirgli. Tramutò in lama il braccio libero e tagliò a metà la sigaretta del loro ex professore, fissandolo torvo.

Insomma, si presentava in ritardo e fumava pure dentro un'infermeria con la sua donna che stava per partorire!

-Bell'accoglienza. Allora Maka, come va?-

-Secondo lei? Ma dove diavolo era finito? Io qui sto per partorire!-

-Davvero? Congratulazioni.-

Soul si disse che quella situazione era davvero poco cool, e che se Stein non si fosse deciso a prendersi cura della sua ragazza quest'ultima lo avrebbe makachoppato a morte.

Per un attimo gli occhi verdi della sua ragazza fulminarono il professore, riuscì a percepire l'intensità della sua rabbia grazie alla sintonia delle loro anime, quella sincronizzazione che avevano raggiunto dopo anni di battaglie sempre l'uno accanto all'altra.

Le diede una carezza sulla fronte, scostandole i ciuffi sudati dal viso, ripetendole per l'ennesima volta di portare pazienza e che tra poco sarebbe finita.

Era stata un'idea di entrambi avere qualcuno di cui si fidassero ciecamente insieme a loro durante il parto ma visto come stavano andando le cose Soul si chiese se avessero fatto una scelta saggia. Certo, nonostante le uscite infelici su vivisezioni varie, loro sapevano che non l'avrebbe mai fatto sul serio, non ora che era felicemente sposato con la professoressa Marie, che lo teneva saldamente in riga.

-In ogni caso, si può sapere dove è stato?-

-Ho dovuto seminare tuo padre Spirit, voleva venire ad assistere alla nascita di suo nipote, ma memore delle tue istruzioni l'ho tenuto all'oscuro della data del parto. Sembra che mi sorvegliasse però, perchè ho faticato un poco per depistarlo.-

Maka emise un verso esasperato, ma non commentò oltre. Nonostante con gli anni i rapporti tra padre e figlia si fossero un po' distesi, ciò non significava che avessero un vero e proprio rapporto. E non perchè il padre di lei non ci provasse, di questo almeno si doveva dargliene atto.

Una contrazione più dolorosa delle altre strappò Soul dalle sue considerazioni tramite la poderosa stretta con cui lei gli si era aggrappata. Come minimo gli sarebbero venuti dei lividi a forma delle sue dita, ma era l'ultimo dei suoi pensieri in quel momento. Suo figlio stava per nascere e la sua Maka aveva bisogno del suo sostegno. 

Nient'altro importava.



*****


Maka era stremata, ma era certa che ne fosse valsa la pena. 

Tra le braccia teneva la perfetta sintesi di lei e Soul: vedeva i suoi occhi verdi abbinati ad un ciuffetto di capelli bianchi, il suo naso a patata con le orecchie a sventola di Soul.

Crescendo avrebbe preso possesso di quei tratti facendoli propri, eppure in quel momento tutto ciò che lei riusciva a vedere in suo figlio era la perfetta sintonia che aveva creato insieme a Soul.

La sua anima era piccola e pura, luminosa come solo quelle dei neonati sanno essere. Ci sarebbe voluto qualche anno perchè prendesse fattezze proprie, ma non aveva importanza. 

Amava suo figlio con tutta la sua anima, e dalle lacrime che il suo ragazzo nascondeva sul suo collo sapeva di non essere l'unica.

-Maka... Hai visto che miracolo abbiamo creato?-

-Sì, Soul... Siamo stati bravi.-

Si scambiarono un bacio emozionato, mentre il bambino aveva preso a dimenare i pugnetti chiusi cercando di attirare la loro attenzione.

Quando esplose in un pianto offeso si separarono, sopprimendo le lacrime di commozione tra le risate.

Li avevano lasciati soli per un po' a godersi loro figlio, ma presto sarebbero tornati per fargli le analisi di routine.

Come avrebbe fatto a lasciarlo tra altre braccia? A lasciare che a proteggerlo fossero mani non sue o di Soul? 

Il pensiero l'angosciava, per cui lo espresse a Soul.

-Se non voglio nemmeno che lo prendano in braccio dei medici, come farò a lasciarlo andare? Non riesco nemmeno a concepire il pensiero di non tenerlo abbracciato.-

-È perchè hai appena partorito, sei ancora piena di quegli ormoni grazie a cui mi hai tormentato per nove mesi...-

-SOUL! Non prendermi in giro!-

-E chi ti prende in giro, è vero! Vedrai che non durerà a lungo, giusto il tempo di rimetterti in sesto. Ma qualcosa mi dice che sarai una di quelle madri iperprotettive, e che nostro figlio verrà da me a supplicarmi di lasciarlo un po' libero...-

Lei si imbronciò, leggermente offesa per quelle insinuazioni, ma intimamente sapeva che lui aveva ragione.

Guardò il ragazzo che amava, consapevole che i suoi sentimenti per lui sarebbero forse mutati nel corso degli anni, ma che l'avrebbe amato sempre con la stessa intensità. 

Era una certezza che era sbocciata spontanea, come il primo fiore di primavera che oltrepassa la barriera della neve per annunciare la fine dell'inverno, altrettanto forte.

Non avrebbe accettato un legame eterno come un figlio con nessun altro se non con Soul, non si sarebbe mai fidata così tanto di altri che non fossero lui. Perchè lei odiava gli uomini, ma non il suo Soul.

E nemmeno suo figlio, lo avrebbe amato, protetto e cresciuto e un giorno si sarebbe guardata alla spalle, guardando alla ragazzina sola che era stata con il desiderio di rassicurarla sul fatto che alla fine tutto sarebbe andato bene, che avrebbe imparato a fidarsi e ad amare.

Non senza paura, quella era parte del pacchetto, ma proprio perchè conosceva cosa significasse essere spaventati non avrebbe mollato mai.

Perchè conosceva la paura, ma possedeva il coraggio per sconfiggerla e la prova riposava ora tra le braccia di colui che le aveva permesso di crescere, diventare forte abbastanza da fidarsi e coraggiosa a sufficienza  da amare.

-Come lo chiamiamo?-

Gli occhi rossi, ardendi di passione, brucianti d'amore del suo compagno si erano posati sui suoi, legandoli a sè come ogni volta, facendole nascere nel cuore il desiderio di averli su di sè ogni secondo della loro vita.

Oltre la strafottenza con cui si proteggeva dal mondo, Maka riusciva a vedere in quegli occhi ognuna delle cicatrici che sfregiavano l'anima del ragazzo, ogni singola ferita che nel corso del tempo aveva accarezzato e lenito tra i baci e le carezza che gli aveva dedicato, ma sapeva che non sarebbero mai sparite del tutto. Nonostante tutto il suo amore e la famiglia che erano appena diventati, esse non sarebbero mai scomparse, alcune avrebbero forse sanguinato per sempre.

Ma non sempre, non in ogni momento, non in quel momento.

Si sarebbe presa cura delle sue ferite ogni giorno della loro vita, perchè voleva che gli occhi di Soul la guardassero sempre come in quel perfetto istante in cui tutto taceva in un'oasi di pace nel tempo.

Come se lei fosse la sua ancora, la ragione per cui era felice e colei tra le cui braccia poteva riposare e allentare la guardia. Abbracciato a lei, sapeva che le ferite si sarebbero chiuse, che ci avrebbe pensato lei a fermare il sangue e trattenerlo dallo scivolare.

Maka voleva solo che lui la guardasse come il suo miracolo personale per sempre.

-Kiseki. Lui si chiama Kiseki Albarn Eater Evans.-

-Dobbiamo proprio dargli tutti questi cognomi?-

-Ma quanto ti lamenti! Sei tu che hai due cognomi, non è colpa mia.-

-Va bene, allora si chiamerà solo Albarn Eater. Niente Evans, non voglio dargli tutto il peso di quella famiglia quando è così piccolo.-

-Va bene. Magari quando sarà cresciuto.-

-Ci penseremo quando sarà il momento. Per ora, godiamoci nostro figlio.-

-Sì. Siediti qui, voglio tenerlo ma non riesco ancora ad alzarmi.-

Fece come richiesto, passando tra le sue braccia il loro bambino per poi avvolgerli entrambi nel suo abbraccio.

-Non mi hai detto se a te sta bene chiamarlo Kiseki.-

-Non avrei saputo scegliere un nome più adatto.-

-Davvero?-

-Sì, perchè è stato proprio un miracolo che da noi due sia uscito qualcosa di così bello.-

-Devo sentirmi offesa?-

-Maka, non essere così permalosa, è poco cool. Ma visto che è nato da due persone... diciamo non proprio immacolate come noi, lui che è così puro è davvero un miracolo. Ci siamo entrambi abbandonati alla follia, abbiamo mietuto anime e inferto ferite, non siamo certo perfetti... Eppure basta guardarlo per vedere che lui è la nostra occasione per fare qualcosa di buono. Per cui sì, Kiseki è il nome giusto per nostro figlio.-

-Sono d'accordo.- gli diede un bacio colmo d'amore, commossa per le parole che aveva appena sentito pronunciargli e trovandosi perfettamente concorde con lui.

Era davvero stanca, per cui sistemò meglio il suo bambino tra le braccia e appoggiò la testa sul petto del suo compagno, assopendosi leggermente.

Quanto lui le disse in seguito, mentre le dava un bacio sulla fronte, assunse i contorni sbiaditi di un sogno, uno di quelli che non sai se classificare come ricordo o desiderio inconscio.

-Mi hai sempre detto di non credere nel matrimonio, perchè non è un pezzo di carta a creare una famiglia, ma in realtà era perchè hai visto il divorzio dei tuoi genitori e per questo avevi smesso di avere fede; noi non siamo sposati eppure oggi è il primo giorno per noi come famiglia. Io invece ti dissi che non volevo figli, perchè avevo troppa paura; eppure guardami adesso, mentre stringo te e Kiseki mentre dormite. Se io ho superato le mie paure, non vedo perchè non debba farlo anche tu. Ancora non lo sai, ma presto mi dirai di sì e avrai tutta la vita per convincerti che il mio, di sì, sarà per sempre.-






Nota:


Kiseki: miracolo, in giapponese


 
  
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