Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Ellery    22/02/2018    1 recensioni
Una raccolta su situazioni, più o meno imbarazzanti, che lo sfortunato protagonista si ritroverà a dover gestire. Fatti quotidiani, che capitano nella vita di chiunque, prima o poi... quindi, perché non in quella del soldato più forte dell'umanità? - Raccolta di One-shot indipendenti le une dalle altre.
Dal testo:
«Posso entrare nel carrello? Mi fanno male gli scarponcini» fece per sedersi su una scaletta, di quelle usate dai commessi, ma una mano callosa lo tirò bruscamente in piedi.
«No»
«Perché no?»
«Ci devo mettere la spesa nel carrello»

La raccolta comprenderà situazioni differenti (sia AU, che non, all'occorrenza)
[La One-shot n° 8 partecipa al concorso "Situazioni XY" indetto sul forum efp da Biancarcano e Harriet]
Genere: Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Levi, Ackerman
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La volta in cui Levi estrasse la spada nella roccia


* Cowt8, Week 6
* Prompt: Medieval AU, Missione 6
* parole: 3682



Levi uscì dal bordello, cercando con lo sguardo il proprio nobile destriero. Al solito, il cavallo era sparito.

«Scusate» sollevò una mano, richiamando l’attenzione di un giovane garzone «Avete visto un equino dal manto creolo e…»

«Ma mangia come parli, pezzente!» fu la sola risposta che ottenne.

Accidenti! Erano tempi bui, quelli… tanto più che nei bassifondi del feudo c’era sempre qualcuno pronto a scroccare i destrieri altrui. Doveva smetterla di andare a cercare suo zio alla casa chiusa, in effetti. Perché si ostinava, ancora non lo sapeva…

O forse sì. Kenny Ackerman era il sovrano di quelle terre. Un signore tanto potente da possedere campi, magioni, boschi e colline. Oltre, ovviamente, ad uno splendido castello che sorgeva nel centro della proprietà.
In qualità di vassallo reale, Kenny aveva accesso a qualunque privilegio: poteva cacciare sulle terre del re, poteva circuire dame e prostitute in egual misura – cosa che gli riusciva sempre splendidamente – riscuotere pesanti tasse ed uccidere contadini insolventi – altra cosa in cui eccelleva.

Al contrario, Levi non possedeva nulla di tutto ciò: in qualità di unico parente del signor Ackerman, di cui era sfortunatamente nipote, era il diretto successore e unico erede di quella fortuna. Peccato che Kenny non avesse alcuna intenzione di cedergliela: dopo essere scampato a quattro epidemie di peste, due di colera ed un vago accenno di tifo, Kenny Ackerman con i suoi sessantacinque anni era il vassallo più longevo di tutto il reame. Levi si era dovuto accontentare di fargli da scudiero.

«Come mi piacerebbe avere uno scudiero degno di questo nome!» gli aveva detto una volta suo zio «Un ragazzo alto, prestante, capace e di bell’aspetto. Non una specie di rospo deforme con la faccia sempre incazzata.»
«Potete cambiarmi quando vi pare, zio. Purché mi corrispondiate la giusta rendita per i miei servigi.» aveva replicato, ma per tutta risposta, Kenny gli aveva lanciato dietro un battipanni chiodato:
«Ecco quello che avrai, sciagurato! Ora vedi di impegnarti o ti do in pasto al mio amato coccodrillo Bucefalo. E poi… dove lo trovo un altro scudiero che lavora gratis?»
Dopo quel triste episodio, il giovane nipote non aveva più osato sollevare questioni.

Levi sbuffò, incamminandosi lungo le strette vie della periferia. Il castello distava una abbondante mezz’ora a cavallo. A piedi ci voleva almeno il triplo del tempo. Cacciò fuori il pollice, pensieroso: Kenny si sarebbe sicuramente indispettito, al vederlo tornare senza nobile destriero! Era il terzo che gli rubavano negli ultimi trenta giorni.

«Cerco un passaggio.» cantilenò, osservando i carretti che sfrecciavano lungo la strada sconnessa «Un passaggio per il castello. Date un passaggio ad uno sventurato scudiero…»

Alla fine, una carrozza si fermò giusto accanto a lui. Ne fu sorpreso: era la prima volta che il carrostop funzionava! Si sporse ad osservare la figura che, da oltre lo sportello, lo stava invitando a salire. Si trattava di un uomo di mezza età, dal volto porcino e l’addome prominente. Mal celava un sorriso infido sotto i baffetti a spazzola.

«Salite, prego. Siete diretto da Messer Kenny?» la voce era viscida e sgradevole.

«Sì.» Levi si arrampicò sul predellino, sgusciando poi dentro la carrozza. Si accomodò sul largo sedile rivestito di velluto rosso «Sono suo nipote. Voi chi siete?»

Un inchino e di nuovo quel sogghigno serpentino:
«Sono Rod Reiss, per servirvi.»

«Oh, mh… splendido. Che ci fate da queste parti?»

«Porto grandi notizie da Trost! Sensazionali!»

Si grattò incerto il mento, cercando di ricordare: dove diavolo stava Trost? Boh, ma non aveva importanza. Scrollò le spalle, osservando il paesaggio schizzare rapido oltre il finestrino abbassato. La campagna andava mescolandosi alle malmesse case dei fittavoli, cedendo poi rapidamente il posto ai boschi ed ai pascoli. Decise di non chiedere nulla ed accontentarsi di spiare il panorama: quel Rod non sembrava affatto un tipo simpatico, anzi! Possedeva una nota levantina nella voce, nei sorrisi zuccherini e in quegli occhi da topo indemoniato. Era meglio lasciarlo nel suo brodo ed attendere pazientemente l’arrivo.
 

***
 

Giunsero al castello a tarda sera e sotto una pioggia scrosciante; il cielo si era rapidamente annuvolato dopo il tramonto, riversando cateratte d’acqua. Il ponte levatoio, naturalmente, era già chiuso da un pezzo ed il coccodrillo Bucefalo si era spiaggiato sulle vicine rive del fossato.

«Chi va là?» gridò dall’alto una sentinella.

Rod si sporse:
«Sono Sir Pilade! Sir Pilade! Porto grandi notizie da Trost. Sensazionali!» ancora quella frase? Ma era un vizio? «Svelto, abbassa il ponte!»

«Perdonate…» Levi sobbalzò al sentire uno scossone «Ma non vi chiamavate Rod Reiss?»

«Esattamente! Ma “Pilade” è la parola d’ordine…»

«Ah…»

Decise di non chiedere altro.

La carrozza si fermò al centro del vasto cortile. Immediatamente, i due viaggiatori vennero fatti scendere ed introdotti nel castello. Kenny li stava attendendo nella larga e sfarzosa sala da pranzo, con i piedi appoggiati sul tavolo di legno scuro e un cosciotto di pollo nel piatto:
«Ce ne hai messo di tempo, nipote cretino! Ci sono tutti i piatti da lavare in cucina.»

Levi annuì rapidamente:
«Sì, zio. Resterò sveglio tutta notte per pulirli. Tuttavia, posso presentarvi Rod Reiss? Mi ha accompagnato fin qui e…»

Kenny Ackerman si erse in tutta la propria statura: era un uomo alto e robusto, dal fisico slanciato e muscoloso. Il viso, sebbene solcato da un intreccio di piccole rughe, era accompagnato dal fascino dell’uomo maturo, che tante dame faceva sospirare. Indossava un completo nero, con tanto di pugnale appeso alla cintura ed un elegante cappello a completare la tenuta.

«So benissimo chi è!» fu la risposta stizzita del vassallo, che invitò l’ospite ad accomodarsi con un cenno «Ebbene, Rod… vuota il sacco. Cosa ti porta qui?»

«Non posso porgere i miei omaggi ad un vecchio amico?» di nuovo quella vocetta melensa! Iniziava a trovarla estremamente irritante.

«Non dire cazzate. Se ti sei scomodato a venire fin qui, significa che hai delle novità o sbaglio?»

«Ebbene…» Rod assunse una espressione contrita ed incerta «Mio fratello, re Uri, è venuto a mancare nella notte.»

«A mancare? Non dirai sul serio?!» il volto di Kenny si trasformò in una maschera di sbigottimento e dolore. Come era possibile che Uri fosse morto? Così, poi… all’improvviso! Senza avere un erede e senza nominare un successore. Conosceva Uri da così tanto… era stato proprio lui a donargli il feudo, a strapparlo dall’ignobile professione di assassino sottopagato ed a erigerlo suo vassallo preferito! Il suo tutore, dunque, si era spento, senza nemmeno un lascito delle proprie volontà e memorie. Kenny si alzò di scatto, battendo un pugno sul tavolo «Maledetto Uri! Va bene… visto che era troppo smidollato per fare il re, vorrà dire che io prenderò il suo posto! Salutate re Ackerman!»

Era davvero un modo curioso per compiangere un caro estinto, ma nessuno si scompose: i servi si inchinarono e qualcuno batté le mani, gridando “Lunga vita al re Kenny”.

Soltanto Rod osò parlare:
«Mi dispiace, Kenny… ma sei troppo vecchio. Il “regio decreto regiale” redatto proprio da Uri, dice che soltanto uomini e donne al di sotto del quarantacinquesimo anno d’età possono concorrere al trono; questo, naturalmente, esclude sia te che me.»

«Ah cazzo… eppure li porto bene!» Kenny tornò a sedersi, storcendo le labbra in una smorfia «E ora?»

«Beh, come ultima volontà, Uri ha decretato che si tenga un torneo il giorno di Capodanno. Chi vincerà, sarà proclamato re d’Isla Paradise! In alternativa, anche chi estrarrà la spada dalla roccia, ma… dai, sono anni che sta lì quell’affare e nessuno è mai riuscito a smuoverla di un solo millimetro.»

«Che stronzata, pff… vada per il torneo di capodanno! Che devo fare per prendervi parte?»

«Scegliere un giovane campione, qualcuno che rappresenti degnamente il feudo e che possa vincere!»

«Ho esattamente la persona che fa al caso mio, allora!» Kenny fissò il nipote con aria spavalda, prima di pronunciare «Levi!»

Questi ebbe un mancamento. Non era possibile! Lo zio stava finalmente riconoscendo il suo valore. Dopo anni passati a spazzare per terra, a lavare i piatti e pulire le stalle… sarebbe diventato un cavaliere. Avrebbe avuto il privilegio di rappresentare la famiglia Ackerman al torneo e… se avesse vinto, sarebbe perfino diventato re! Chinò leggermente il capo, in un pallido accenno di reverenza:
«Zio, non so dirvi quanto io sia onorato di…»

«Vai a chiamare Mike! Sarà lui il nostro campione.»
 

***
 

Levi obbedì ciecamente, sforzandosi di nascondere la delusione. Maledetto zio! Che doveva fare per essere accettato? Per essere eletto a “nipote prediletto”, visto che era anche l’unico?

Kenny aveva preferito affidarsi nelle mani di un contadinotto, piuttosto che sceglierlo.

Perché? Che aveva da invidiare a quel Mike Zacharias?

A parte la ragguardevole altezza, le spalle larghe, la pelle abbronzata e i muscoli possenti che facevano bella mostra sotto gli abiti attillati? Proprio niente. Per di più, Mike era uno zotico della peggiore specie: puzzava di stalla e stava ben attento a non lavarsi; mangiava con le mani e non si regolava mai quell’orribile barbetta da capra. Aveva le mani callose ed i piedi perennemente sporchi di terra, visto che soleva girare scalzo. Non sapeva leggere e nemmeno scrivere. Come avrebbe fatto un villico di tale portata divenire re di Isla Paradise?

Proprio non riusciva ad immaginarselo! A meno che, naturalmente, Kenny non desiderasse manovrarlo come un fantoccio per poter ottenere il controllo sull’intero reame, ma… un piano tanto subdolo e perfido era troppo, anche per uno come sir Ackerman, no?

L’unica cosa che Levi era riuscito ad ottenere era diventare scudiero del nuovo cavaliere. Non che fosse un compito di responsabilità, ma almeno non era più costretto a pulire le cacche di Bucefalo dalla riva del fossato.

«Molto bene.» disse, conducendo uno splendido cavallo baio al centro del cortile «Vediamo come cavalchi. Sai montare, vero?»

«Oh, monto un sacco di cose!» rispose Mike, appiccicando una caccola sulla sella dello sventurato equino «A casa, ho costruito quasi tutti i mobili da solo; e ho anche montato qualcosa d’altro, non so se mi spiego…» seguì un occhiolino malizioso che Levi non riuscì ad interpretare.

«No, non ti spieghi.»

«Hai mai visto la figlia del locandiere? È un gran pezzo di gnocca… ti consiglio di farci un giro e…»

«Sì, beh… no, grazie.» era impossibile avere a che fare con uno così! Ma da dove l’avevano pescato?! «Ora sali. Vediamo come te la cavi…»

Scorse Mike afferrare il pomello della sella ed issarsi sul destriero; scavalcare con la gamba il lungo collo dell’animale e poi poggiare la schiena contro la criniera. Le mani si sistemarono lungo i fianchi dell’animale, che venne scambiato erroneamente per un tappeto.
«Va bene se mi sdraio così?»

Levi scosse il capo; prevedibilmente, il novellino era salito al contrario. Come pretendeva di vincere la giostra, se nemmeno sapeva cavalcare? Era un’impresa disperata.

«Al contrario, imbecille.»

«Oh, bada a te! Imbecille lo dici a tua sorella…»

«La vuoi piantare di scaccolarti e ti vuoi concentrare?»

Scorse l’indice dell’altro infilarsi nuovamente su per la narice destra:
«Io sono concentrato…»

Certo… ci sarebbe voluto un miracolo!
Kenny avrebbe dovuto desistere e considerare l’idea di ritirarsi dal torneo. Avrebbe potuto proporglielo…
 

***
 

Levi bussò alla porta della biblioteca, scivolando poco dopo oltre la soglia. Marciò verso una larga scrivania, dove Kenny sedeva con i soliti piedi appoggiati al pianale di legno lavorato.

«Spero per te che sia importante.» lo accolse il vassallo, mentre lui produceva un frettoloso inchino.

«Zio, quel Mike è un idiota! Non sa fare niente. Non sa cavalcare, non sa duellare, non sa nemmeno impugnare una lancia!»

«è per questo che ti pago, razza di gallina avariata! Per insegnargli ad essere un gentiluomo…»

«Veramente, non mi pagate affatto…»

«Vuoi una retribuzione in randellate, nipote cretino?»

Ci pensò su un istante. Forse, parlare con Kenny non era stata un’idea così geniale. Ormai, però, era in ballo; decise di ritentare.
«Zio, vi esorto a riconsiderare la vostra idea! Lasciate che gareggi io. Sono sicuro che non vi deluderò…»

«Tu?» Kenny produsse una grassa risata «E di grazia, con cosa? Con un mini-pony e l’asta dell’ombrellone come lancia? Per piacere… è già abbastanza umiliante averti tra la discendenza. A proposito… ho fatto cancellare la tua faccia dall’arazzo della famiglia Ackerman. Spero non ti dispiaccia troppo…»

«In realtà, me ne rammarico alquanto.»

«E chissenefrega, Levi. Ora torna al tuo dovere. Se Mike non sarà pronto per capodanno, ti userò come spaventapasseri. Prova ad immaginare dove ti infilerò il bastone…»

Quelle parole bastarono a convincerlo. Mike pronto per capodanno? Un’impresa disperata, ma non impossibile. Mancavano ancora due settimane e… adesso, aveva una motivazione in più.
 

***
 

Il tempo volò e Capodanno giunse prima del previsto.

Levi aveva fatto il possibile per addestrare Mike, ma senza grandi risultati. Si era, quindi, ritirato in preghiera, sperando che il Dio delle Mura lo graziasse e scatenasse sulla capitale una tempesta tanto forte da far sospendere le gare. Naturalmente, il Dio delle Mura aveva altro a cui pensare ed era un fan di Kenny Ackerman: per nulla al mondo, si sarebbe perso il torneo.

Levi si diresse alla tenda dei campioni, con le braccia cariche dell’armatura dorata per Mike. Era, ovviamente, una vecchia corazza tirata fuori dal solaio e abilmente ridipinta, ma era l’unica che potesse calzare sul corpo muscoloso del gigante; inoltre, era a costo zero.

«Permesso… scusate…» disse, entrando.

Si vide immediatamente sbattere alla porta da un solerte attendente:
«Questa tenda è per campioni. E ammmmici….»

«Sì, d’accordo. Sono lo scudiero di Zacharias, il campione del signor Ackerman.»

«Allora puoi passare… due fiorini.»

Eh? Doveva pure pagare? Si cavò di tasca un paio di monete, lasciandole scivolare nel palmo dello strozzino. In un attimo, si ritrovò dentro, circondato dai partecipanti al torneo. Erano tutti ben piazzati, muscolosi e esperti. Avrebbero fatto a pezzi Mike in un batter d’occhio.

«Tieni…» disse infine, scaricando l’armatura ai piedi del contadino «Sai come si monta?»

«Chi? La figlia del locandiere?»

«Lascia perdere…» controllò di aver preso tutto: spallacci, corazza, cosciali, gambiere… ah, merda! Dove era finito l’elmo? Dimenticato, senza dubbio! «Torno subito.» sussurrò, sgusciando rapidamente via.

 
***
 

«Questa tenda è per campioni. E ammmmici…»

«Lo so, ho capito!» sussurrò, facendo per superare la sentinella, che prontamente lo agguantò per una manica.

«Due fiorini.»

«Ancora? Ma ho già pagato!»

«Due fiorini.»

«Ma vaff… » lasciò scivolare altre due monete nella mano dell’usuraio, spicciandosi a raggiungere Mike. «Ecco il tuo elmo.» disse, osservando la vestizione altrui.

Zacharias aveva sbagliato tutto! Aveva messo lo spallaccio sull’inguine, il cosciale sull’avambraccio e una delle scarpe gli era finita in testa. Era un caso disperato, senza dubbio. Non avrebbero mai vinto… Levi iniziò a sentire una sgradevole sensazione al fondoschiena; la stessa che devono provare tutti gli spaventapasseri almeno una volta nella vita.

«Ma… la spada?» la voce di Mike lo riportò alla realtà.

La spada! Accidenti, l’aveva scordata!

«Amh… vado… vado subito a prenderla.» balbettò, indicando poi gli altri campioni al contadino «Tu… chiedi intanto a questa brava gente se qualcuno ha un’arma da prestarti. Io vado e torno, eh… faccio in un attimo.» mormorò, schizzando immediatamente via.
 

***
 

Era spacciato! Kenny lo avrebbe squartato vivo. Avrebbe gettato i suoi resti a Bucefalo e della pelle ne avrebbe fatto un grazioso scendiletto. Doveva assolutamente trovare una spada! O partire per una crociata in Terra Santa. Entrambe le opzioni erano ugualmente valide.

Ah, perché tutti gli arrotini ed i fabbri erano chiusi? Non lavoravano a Capodanno? Nemmeno il negozio dell’Estremo Oriente era aperto in quell’infausto giorno! Gli serviva una spada e subito.

«Fatemi la carità, buon signore.»

Che altro c’era, adesso?! Si girò di scatto, notando una ragazzina al bordo della strada. Indossava soltanto una veste bianca e uno scialle di lana, mentre i piedini nudi si rifugiavano inutilmente nella neve. I capelli biondi erano legati in una morbida coda e i grandi occhi azzurri supplicavano pietà.

Coff, coff.

Tossiva pure quella sciagurata! Come minimo gli avrebbe attaccato la tisi.

«No, guarda… non ho moneta, mi dispiace.»

L’orfanella non cedette. Si alzò, prendendo a sgambettargli dietro:
«Datemi da mangiare, buon signore. Comprate i miei fiammiferi. Due fiorini, due fiammiferi.»

«Ma porco d’un cane! A parte che mi sembra un prezzo un po’ eccessivo.» Levi si mise a correre, nella speranza di riuscire a seminarla; l’altra accelerò l’andatura.

Maledetta orfanella usuraia! A lui serviva una spada, altro che cerini! Quelli li avrebbe usati Kenny per bruciarlo vivo, se non avesse rimediato al pasticcio.

«Coff… datemi un soldino, buon signore. Sono povera. Morirò, se non mi aiutate.»

«Morirò anche io, dannazione, se non trovo immediatamente una spada.»

«Oh, io so dove c’è una spada.»

Levi si fermò all’improvviso. Davvero? Intravide un barlume di speranza. Forse non era ancora spacciato:
«Dove? Conducimi dal fabbro, presto…»

«Mi comprerete i fiammiferi, poi?»

«Comprerò tutto ciò che vorrai, ma… sbrighiamoci!»

L’orfanella corse via, infilando un paio di svolte e facendogli cenno di continuare a seguirla. Obbedì, correndo a perdifiato, ignorando la neve che gli bagnava gli stivali e i pantaloni. Una spada, presto…

Un attimo dopo, si ritrovò nella piazza principale. Al centro, infissa in una incudine, Excalibur giaceva dimenticata.

«La spada nella roccia.» sussurrò, avvicinandosi al pomello dorato.

«Si dice che chi estrarrà questa spada diventerà re di Isla Paradise. In molti ci hanno provato, ma invano.»

«Non ci riuscirò mai…» mormorò Levi, scuotendo il capo. Ecco che si otteneva a fidarsi di un’orfanella rincitrullita. Cosa pensava, quella stupida, di prenderlo in giro? La spada non si sarebbe smossa per lui! Nemmeno i più valorosi cavalieri erano riusciti a recuperarla.

«La spada si donerà nelle mani di coloro che hanno il cuore puro.» di nuovo quella fastidiosa vocina infantile.

«Se così fosse, tu dovresti riuscire…» replicò, ottenendo uno scuotere del capo.

«Non siate assurdo, messere. Sono soltanto una povera venditrice di fiammiferi. Non avrei la forza di sollevare l’elsa. Però… voi potete provare. Che avete da perdere?»

Proprio nulla. Il torneo sarebbe iniziato a breve e non aveva tempo di cercare un’altra arma. Levi annuì piano, avvicinandosi all’incudine. Lasciò scivolare le dita sul pomello lavorato, sussultando al sentire una sensazione di tepore correre lungo la sua mano.

«Avanti…» si sussurrò, stringendo l’impugnatura e ritraendo di scatto il gomito. La lama sgusciò fluida dalla roccia, con un sibilo delicato. La punta cadde nella neve, mentre l’elsa risplendeva di luce propria.

Levi sgranò gli occhi:
«Ce l’ho fatta.» sussurrò, lasciando cadere l’arma e fissando i propri palmi, ancora coperti di polvere dorata «Ce l’ho fatta. Ho… estratto la spada dalla roccia. Sono… il nuovo re.» mormorò, mentre il cuore gli balzava nel petto.

Chissà come avrebbe reagito Kenny alla notizia! Ora non doveva più temerlo, anzi… al contrario, suo zio avrebbe fatto bene a portargli rispetto! Gli avrebbe tolto il feudo, oh sì… lo avrebbe rispedito nei bassifondi, costringendolo a chiedere l’elemosina per vivere. Quanto a Mike, lo avrebbe mandato in esilio, in qualche terra lontana. Lui e il suo cervello da gallina.

C’erano così tante cose da fare, da cambiare! Avrebbe bonificato le periferie, chiuso i bordelli e restituito dignità ai poveri. Ottanta fiorini al mese per le famiglie in difficoltà e legge del Jobs Act sull’assunzione di apprendisti a tempo indeterminato presso le botteghe. Ridistribuzione delle proprietà nobiliari e clericali ai poveri. Scomunica degli oppositori e…

Batté le palpebre, tornando bruscamente alla realtà. Non si stava dimenticando qualcuno? In fondo, era merito dell’orfanella. Si voltò, cercando la piccola. Dove era finita? La ragazzina era sparita e con lei anche la spada.
Merda…
 

***
 

L’aveva cercata in tutti i vicoli, chiamandola a gran voce. Nessuno aveva risposto. Non v’era traccia di lei, né di Excalibur. Che ne aveva fatto? Senza dubbio, quella stupida l’aveva rivenduta a qualche rigattiere, barattandola per un tozzo di pane e…

Allungò il passo, al sentire schiamazzi provenire dalla piazza del torneo. Una folla si era radunata attorno ad un carretto, dove una giovane dai lunghi capelli biondi tendeva verso l’alto una spada.

«Io sono Historia e sono la nuova regina delle mura!»

Cori entusiasti, battiti di mani, grida di giubilo.

Maledetta stronza! Non solo gli aveva sottratto Excalibur, ma l’aveva anche derubato del suo titolo. Altro che giovane ed innocente orfanella. Era una serpe, altro che.

Levi tentò di farsi strada tra la gente, calciando e sgomitando:
«è mia quella spada! Spostatevi! È mia, l’ho estratta io…»

Nessuno, ovviamente, gli prestò ascolto.

«è mia!» riepté, allungando inutilmente le mani «è…»

«Leeeeviiiii…dove sei, nipotino adorato? Vieni fuori…»

La voce dello zio era troppo melodiosa per essere reale. Quel tono lasciava presagire soltanto un mucchio di guai. Lo aveva già scorto? No. Kenny si stava ancora guardando attorno, nel tentativo di stanarlo.

Ingranò la retromarcia, procedendo a ritroso come un gambero. Sgattaiolò via, infilandosi nei vicoli prossimi alla piazza. Doveva andarsene alla svelta. Dove? Come? Non aveva importanza! Continuò a retrocedere, sforzandosi di non perdere di vista l’allampanata figura dello zio e della mazza chiodata che si trascinava appresso. Un passo indietro, un altro ancora…

Le sue spalle impattarono contro qualcosa di morbido e peloso. Si voltò, ritrovandosi a fissare il didietro di uno splendido destriero bianco.
«Salute a voi…» lo salutò il cavaliere, dall’alto della sella lavorata.

«Amh… salve.» replicò, spiando gli stendardi e lo stemma ricamato sul mantello «Siete della Legione Esplorativa?»

«Oh, beh… sì. Sono il comandante Smith.» il cavaliere piegò le labbra in un sorriso grazioso, che ben si sposava con l’aspetto composto ed ordinato «Stiamo per partire, sapete come è… le crociate non possono attendere.»

«Leeeeviiii….»

Merda! Kenny stava per arrivare. Colse l’occasione al volo:
«Mi arruolo!» esclamò, balzando rapido sul carretto dei rifornimenti.

«Ne siete certo? Badate che sono missioni pericolose….»

«Leeeeeviiiiiii….»

«…lungi da me dal distogliervi da un nobile intento come combattere il nemico oltre le mura, ma senza una adeguata preparazione…»

«Leeeviiiii…»

«…potrebbe essere troppo difficoltoso per voi. Devo essere certo che intendiate davvero procedere e che questa vostra decisione non sia dettata esclusivamente da un moto patriottico istintivo.»

Il comandante Smith parlava decisamente troppo ed il suo tempo era agli sgoccioli: sentiva già lo stridere della mazza chiodata contro i ciottoli del selciato.

Levi si impossessò delle redini, frustando rapidamente il cavallo, che partì al galoppo. Più leghe metteva tra sé e Kenny Ackerman e meglio era.

La prospettiva di farsi mangiare dai giganti non gli era mai parsa tanto allettante.

 
 
  
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