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Autore: LittleDreamer90    24/02/2018    5 recensioni
***Fanfiction scritta per il contest "special february" indetto dal gruppo Takahashi Fanfiction Italia***
Una vendetta.
Una festa in maschera.
Un incontro di sguardi che cambierà il destino di entrambi.
Genere: Romantico, Storico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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23 FEBBRAIO - CARNEVALE
Fandom: Inuyasha/Ranma
Coppie: - 
Stile IC/OOC a scelta
Genere: Romantico/Storico/Thriller
Trama: Festa in maschera, periodo del rinascimento. Il duca X organizza un evento mondano per festeggiare le sue ricchezze ottenute durante una battaglia, ma non sa che tra gli invitati vi è Y, figlio dell'uomo che ha ucciso, ben deciso a vendicarsi. Tuttavia i piani di Y cambieranno quando, tra la folla, incontrerà due occhi magnetici, che null'altro appartengono che alla figlia del nemico.




L'odore acre della polvere da sparo permeava l'aria nonostante la leggera pioggia che aveva iniziato a riversarsi su di loro, come a voler lavar via il male e il peccato.
Ovunque volgesse lo sguardo c'erano cadaveri di uomini e cavalli caduti in battaglia.
Sangue. Tanto sangue.
E grida dei combattenti ancora in vita e dei moribondi, la cui vita fuggiva via, inesorabile.
Odore di sudore, fatica, lacrime e morte, a cui faceva da sottofondo il clangore delle spade e degli scudi che cozzavano e i boati dei cannoni e degli archibugi.
Era questa, la guerra?
Dov'era quella gloria che i giovani rampolli tanto bramavano?
La spada vacillò nella presa del giovane signore, mentre osservava impotente amici, fratelli, famigliari perire sotto i colpi di spada. 
Era quello, l'inferno?


Con un grido ansimante l'uomo si destò, sedendosi di scatto.
Le lenzuola intrise di sudore gli si appiccicavano alla pelle, così come la camicia che indossava.
Con il cuore che batteva impazzito nel petto, il giovane si portò una mano alla fronte, scostando la frangia madida di sudore.
In un impeto di rabbia, quella stessa mano si chiuse a pugno, picchiando poi il materasso.
Dannazione!
Un mese. Era passato un mese da quando era tornato insieme ai pochi sopravvissuti da quella dannata battaglia. Un mese e quelle scene di morte continuavano a tormentarlo. 
Un mese da quando suo padre era morto, trafitto da un colpo di spada che in realtà sarebbe spettato a lui.
Di tutte le atrocità a cui aveva assistito su quel campo di battaglia, quella era una che non avrebbe mai dimenticato: suo padre che si gettava su di lui, salvandolo dalla ferocia del colpo.
La vita che abbandonava i suoi occhi, mentre sussurrava – figlio, scappa…- e la risata sguaiata del signore loro nemico, che sbeffeggiava l'avversario ormai sconfitto.
Non rimembrava nemmeno come avesse fatto a scampare a quell'inferno. L'intervento del padre gli aveva risparmiato la vita, ma la spada del nemico era comunque riuscita a trafiggergli una spalla.
Era rimasto solo, a tentare inutilmente di rimettere insieme un esercito ormai distrutto, così come la sua casata, decimata e caduta in rovina a causa della sconfitta.
Una parte di sé ben sapeva che l'amato padre sarebbe stato deluso da lui, da come ora si stava comportando.
Suo padre aveva dato la vita per lui, il suo erede, il futuro della famiglia…
Famiglia? Futuro? Non c'era alcun futuro per lui, tormentato dagli incubi e dalla sete di vendetta.
Non c'era famiglia in quel grande palazzo ora quasi vuoto, abitato, oltre a lui, da sparuti domestici e dai suoi due fedeli servitori.
E mentre lui, lo sconfitto, si trascinava in questa vita come un fantasma, quel maledetto organizzava una festa in onore della vittoria e delle ricchezze conseguite. Tsk, ricchezze che erano, in poche parole, carri, cavalli, scrigni e beni che aveva sottratto a lui come bottino di guerra, lasciandolo quasi sul lastrico.
Un sorriso privo di allegria si fece largo sulle labbra del giovane.
La vittoria… decine e decine di uomini erano morti massacrati e per che cosa?
L'ormai consueta rabbia lo infiammò, mista al desiderio di vendetta.
Il cuore lo implorava di non cedere a quell'insano proposito. C'erano già state così tante morti, che senso avrebbe avuto aggiungerne un'altra? Di certo non sarebbe servito a far tornare in vita suo padre… eppure…
Che senso aveva, d'altronde, continuare a vivere come un'ombra di se stesso?
Il dannoso seme della vendetta si era ormai radicato in lui.
Sentendosi come un animale in gabbia, si alzò dal letto, gettando la camicia sporca sul pavimento e legandosi i lunghi capelli corvini.
Attinse l'acqua del bacile posto sul comò, sciacquandosi il viso, mentre un nuovo scopo ravvivava la luce nelle sue iridi chiare.
Si sarebbe infiltrato alla festa del suo nemico e lo avrebbe ucciso.
Dato che era una festa in maschera, avrebbe avuto l'occasione perfetta per camuffarsi e non essere riconosciuto.
E se, una volta portata a termine la missione, gli scagnozzi del signore avrebbero finito per riservargli lo stesso trattamento… beh, così sia! Non avrebbe fatto differenza alcuna! Perire vendicando i suoi cari sarebbe stato sicuramente meglio di trascinarsi stancamente in questa vita ormai priva di significato.


~※  ~※  ~


Le campane di mezzogiorno risuonavano nella grigia giornata primaverile.
Il giovane sbuffò, abbottonandosi meglio il mantello e schivando l'ennesima pozzanghera che avrebbe rischiato di infangargli gli stivali.
Forse la cameriera aveva ragione, non avrebbe dovuto uscire solo con la camicia… ma lui odiava gli stretti e pomposi abiti che la moda dell'epoca imponeva ai gentiluomini! Era un uomo d’azione e pratico, lui, amava stare comodo, preferendo i calzoni a quelle stupide calzamaglie, gli stivali a quelle inutili scarpe a punta che lo facevano sempre inciampare, un ampio mantello agli stupidi farsetti.
Quella sera, ovviamente e purtroppo, avrebbe dovuto vestirsi per bene, sfoggiando una di quelle orride camicie con merletti e panciotto in broccato ricamato, oltre che l'odioso copricapo.
Una cosa però gli mancava ed era il motivo per cui era uscito di casa quel giorno: una maschera con cui celare il viso.
La fortuna era ancora una volta dalla sua parte: un mercato ambulante aveva fatto tappa nella loro città e, in tempo di carnevale, non sarebbe stato difficile trovare una maschera!
Stava per dirigersi verso la più vicina bancarella quando qualcosa impattò contro il suo fianco, facendolo traballare.
Stupito, volse lo sguardo ai suoi piedi, dove un cesto pieno di iris viola era rotolato, perdendo un paio di fiori.
- Ahi, cosa diavolo era, un muro di mattoni? – si lamentò qualcuno accanto a lui.
Alzando lo sguardo di qualche centimetro, notò una donna, avvolta in un mantello verde, seduta a terra, massaggiandosi la fronte.
Senza nemmeno pensarci, le tese la mano, domandandole: - Sta bene? – e aiutandola a rialzarsi.
Nel giro di pochi secondi la mente del giovane registrò in sequenza una serie di particolari: quanto fosse affusolata e curata la candida mano che accettò la sua; la morbidezza serica della pelle contro le proprie mani segnate dall'esercizio delle armi; la strana acconciatura che la dama sfoggiava rispetto agli standard della nobiltà rinascimentale, capelli quasi sciolti, se non fosse stato per le due code che tenevano ferme quella chioma dal colore sconvolgente; il profumo di fiori che aleggiava intorno a lei e… e quegli occhi dello stesso colore del mantello che la giovane indossava.
Il tutto durò un solo istante perché lei, dopo che una buffa espressione di orrore le ornò i lineamenti, nascose volto e capelli tirandosi su il cappuccio del mantello.
Nel tempo del secondo successivo era già corsa via, riacciuffando il cestino di fiori e sussurrando un flebile scusa.
Koga rimase interdetto, il braccio ancora mezzo sollevato, osservando quella strana creatura svanire nella nebbia, mentre uno strano pensiero semi-coerente gli attraversava la mente: come diavolo aveva fatto quella ragazzina a trovare degli iris già fioriti di questa stagione?


~※  ~※  ~


L‘ora fatidica era giunta.
Il giovane si sistemò la giacca di velluto nero damascata in argento, prendendo un respiro profondo.
Intercettando uno dei camerieri che trasportavano i calici di vino, se ne fece servire uno, entrando poi nella sala principale della villa ospitante la festa.
Si sistemò in un angolino, vicino ad una delle grandi finestre, tentando di confondersi tra gli ospiti.
Gli occhi azzurri, unica caratteristica visibile della parte alta del volto celato dalla maschera nera, osservavano vigili ma circospetti gli astanti.
La mano tastò inconsciamente il lato del panciotto, dove aveva nascosto il pugnale.
L'idiota borioso non si era nemmeno preso la briga di far perquisire gli ospiti, dopo aver fatto loro lasciare all’ingresso le spade.
Lo sguardo di Koga intercettò quelli dei due amici che gli avevano permesso di far parte dei presenti: il marchese Inuyasha No Taisho, figlio del famoso Gran Generale.
Si conoscevano fin da ragazzi e l'amico era rimasto dapprima sconvolto nel conoscere le intenzioni dell'ormai ex conte Yoro.
Alla fine, aveva compreso. Non era d'accordo con quella missione suicida, ma aveva capito.
Koga non era più il ragazzo spensierato che conosceva, la guerra e la morte del padre avevano infranto qualcosa in lui. Per quanto Inuyasha disapprovasse la scelta di Koga, si era arreso all'inevitabile e lo aveva aiutato ad entrare nella villa.
E poi c'era lui, l'oscuro e subdolo conte Naraku Kumo che -non sapeva come- gli aveva fornito il coltello, una volta entrati. A pochi passi dai due gentiluomini, le rispettive mogli e tra loro sorelle, Kagome e Kikyo Higurashi chiacchieravano amabilmente tra loro, ignare dell'orrore che si sarebbe di lì a poco consumato.

Già, ora che ci pensava… stava per morire e non aveva mai avuto una moglie.
La forte voce dell'odiato nemico destò Koga dal suo strano rimuginare.
- Miei cari! Grazie per essere giunti così numerosi ad onorare insieme a me la mia buona fortuna! – proferì l'uomo.
Koga Yoro represse un ghigno. La buona fortuna… sì certo, come no, dannato bastardo!
Mentre l'uomo continuava a sproloquiare, il giovane abbandonò il suo angolino, iniziando a farsi largo tra la folla e avvicinandosi alla sua vittima, restando rasente al muro.
Aveva appena superato una finestra, coperta da un pesante tendaggio, quando un profumo lo colpì.
Iris.
Distolse lo sguardo dalla vittima designata che ancora parlava dal suo baldacchino rialzato al centro della grande sala e… incontrò gli occhi verdi più belli che avesse mai visto.
La dama era vestita di bianco, con inserti color oro. I lunghi capelli rossi fluivano sciolti in morbide onde fino al seno, messo in risalto dal corpetto del vestito, ma al contempo pudicamente nascosto dal tulle.
Koga si immobilizzò.
La donna mosse un passo nella direzione di lui, facendo frusciare l'ampia gonna.
Occhi verdi incorniciati da una maschera bianca fissi in occhi azzurri in maschera nera.
Tutto intorno al giovane scomparve, esistevano solo quegli occhi.
Lei continuò ad avanzare.
Gli era quasi di fronte e… inciampò nel vestito.
Lui la sostenne, prendendola al volo di riflesso.
Quel dannato profumo di Iris lo circondò e solo allora Koga notò il fiore intrecciato tra capelli della dama.
Si guardarono negli occhi per un lungo istante.
E poi lei parlò: - Che figuraccia! Queste stupide scarpe rialzate – borbottò, imbarazzata.
Koga strabuzzò gli occhi. Quella voce… no, impossibile!
Non gli riuscì di dire nulla, perché in quell’esatto momento il padrone di casa annunciò l'inizio delle danze.
La dama si ricompose per poi aprirsi in un sorriso timido: - Mi concederebbe questo ballo, messere? – azzardò inaspettatamente.
Da quando in qua erano le femmine a fare il primo passo?
Il giovane schiuse le labbra, pronto a ribattere, quando l'ennesima affermazione del suo nemico provocò una strana reazione nella dama: - E tenete a mente, signori, che nella mia magnanimità, questa sera potrei scegliere tra di voi colui al quale dare in sposa la mia figlia più piccola! Che le celebrazioni abbiano inizio! -.
Il rampollo degli Yoro ebbe appena il tempo di registrare il ringhio indignato della donna davanti a lui, prima di venire inaspettatamente spinto contro uno dei tendaggi e nascosto alla vista mentre la misteriosa dama si alzava sulle punte per sussurragli qualcosa all'orecchio, con voce suadente:
- So bene quali sono le sue intenzioni, conte Yoro – gli disse, facendolo rimanere di sasso – e avrei un accordo da proporle, messere – bisbigliò, togliendosi la maschera.

~※  ~※  ~

Il Duca osservava felice i suoi ospiti, seduto sulla sua personale ottomana. La festa in maschera si era rivelata un successo.
Una dolce voce lo riscosse dalla contemplazione: - Padre adorato, posso farvi compagnia? -.
- Oh, sei tu, figlia. Cosa vuoi? – le domandò l’uomo.
Leggermente ebbro di vino, contemplò la sua ultimogenita.
Grazie a Iddio, il suo erede maschio era da tempo accasato. In virtù della recentissima vittoria in battaglia contro gli Yoro, aveva potuto assicurare al figlio una buona ricchezza e un buon Ducato, togliendo a quell'odiato casato quasi ogni ricchezza, ad eccezione del palazzo. Giusto per essere magnanimo.
La vita era perfetta! Ah, se solo non fosse per quella dannata figlia dai capelli rossi.
La figlia del Diavolo, a causa della quale la moglie era quasi perita nel darla alla luce.
Era bella, Ayame, ma nessuno la voleva, a causa del carattere ribelle. Nemmeno il ricorso alla verga era servito a fare di lei una dama rispettabile… se nessuno l'avesse voluta, alla fine, avrebbe provato a rinchiuderla in convento!
- Mi sto divertendo molto, padre, ma sono accaldata. Vorrei prendere una boccata d'aria, ma stasera avete congedato la mia dama di compagnia e quindi… non è il caso che esca da sola, dico bene, padre? Vi andrebbe di farmi compagnia? Ve ne prego! Mi basta solo affacciarmi alla balconata, padre, non ci metteremo molto. – gli disse, stringendolo per un braccio e costringendolo ad alzarsi.
l'uomo, intontito dal vino, non riuscì ad opporre resistenza.
Erano a pochi passi dalla porta a vetri che dava sul terrazzo quando l'uomo si sentì strattonare, mentre un braccio muscoloso gli stringeva il collo.
- Ci rincontriamo, vecchio bastardo – sentì una voce sussurrargli all'orecchio, prima di venire sbattuto in malo modo contro una delle tende del baldacchino che lui stesso aveva insistito per installare, squarciandola con il proprio peso.
In preda allo scompiglio e sgomento dei presenti, sentì la figlia gridare.
Rimettendosi in piedi, traballando, il signore incontrò uno sguardo azzurro ben noto - Tu! – rantolò – Yoro! Che iddio sia dannato! Come hai fatto ad entrare… bastardo! – imprecò.
Koga aveva infatti afferrato Ayame, puntandole un coltello alla gola.
Da qualche parte, tra gli ansimi terrorizzati delle dame, si sentì l'imprecazione di Inuyasha.
Gli occhi azzurri di Koga si illuminarono di una luce sinistra, mentre un ghigno lupesco gli increspava le labbra: - Che cosa curiosa… la prima cosa che ti viene in mente di chiedermi è come sono entrato? Tsk, patetico! – sbeffeggiò l'odiato nemico – Sai – proseguì – Il piano iniziale era quello di farti fuori – gli disse, premendo leggermente di più il coltello contro la giugulare della dama.
L'uomo emise un verso indignato, cercando con lo sguardo quella della figlia, rimasta immobile e, stranamente calma.
- Però sai – proseguì Koga – poi ho pensato a qualcosa di più divertente. I morti non possono essere riportati in vita, e credo che mio padre non sarebbe contento se mi macchiassi le mani del tuo sudicio sangue – affermò, stringendo con un po' più di forza la vita della figlia del nemico – Quindi ridammi metà delle ricchezze che mi hai sottratto e lascerò andare la tua prole – concluse – Ah, e non pensare nemmeno di chiamare le tue guardie, non verranno, perse come sono tra le braccia di Morfeo. E i gentiluomini qui presenti sono tutti disarmati – sorrise – Non mi pare quindi che vi sia rimasta molta scelta, messere! -.
Per un lungo secondo nessun suono volò nella grande sala.
E poi, nello stupore generale, il  padrone di casa si mise a ridere, lasciando gli astanti sgomenti.
- Folle! Nessuno potrà forse venire in mio soccorso, ma credi davvero che quella sciocca ragazzina valga metà delle ricchezze ottenute? Per quello che me ne importa puoi pure rapirla e fare di lei quello che più  ti aggrada. È solo un peso per me, non è neanche buona ad attirare un gentiluomo facoltoso a cui darla in sposa – rise, dimentico di ciò che lo circondava.
A quelle parole un brusio indignato si alzò tra le dame e i gentiluomini presenti.
Una solitaria lacrima sporcò la candida gota di Ayame.
“Che bastardo infame e senza cuore” pensò Koga.
- Mi fate pena, Kurosaka. Siete disposto a vendere una figlia, sangue del vostro sangue, in cambio di stupido oro? Se le cose stanno così, non voglio nulla da voi, nemmeno la vendetta! – vociò Koga, lasciando andare la giovane donna – Addio!- concluse, correndo poi verso la balconata, sfondando la porta a vetri e dandosi alla fuga.
Sbigottito, il Duca fissò per un istante la figlia, accasciatasi in ginocchio, prima di scoppiare ancora una volta a ridere: - Codardo! Sapevo che non avrebbe mai avuto il coraggio di uccidere una donna, lo smidollato! Avete visto, Signori – iniziò salvo poi accorgersi che gli ospiti avevano iniziato ad andarsene, lanciandogli sguardi disgustati.
- Messeri, ma cosa… Ayame, tesoro, vieni qui – tentò quando la figlia gli passò accanto.
Dato che quella non lo ascoltava, la prese per un braccio.
La giovane però si divincolò, lanciandogli uno sguardo sprezzante: - Lasciatemi andare, non vi permetto di toccarmi -.
- Cara, che ti prende? Stavo scherzando, prima, lo sai! Sapevo che quello non avrebbe mai… - iniziò, venendo interrotto da uno schiaffo in pieno viso, mentre la giovane si affrettava ad uscire dalla sala, correndo tra le braccia amorevoli della contessa Kagome.

~※  ~※  ~

La luna illuminava con la sua luce il mare placido.
- Sei sicuro di volerlo fare? – chiese Inuyasha a Koga.
Il giovane Yoro prese un respiro profondo, inspirando lentamente prima di rispondergli: - Cambiare aria per un po' mi farà bene. E mentre quello smidollato mi darà la caccia in lungo e in largo nella regione, io sarò a spassarmela su qualche bella isoletta – scherzò.
- Feh – smucciò l'amico – È tutta una manovra per non dover più presenziare a feste ed eventi in società vestendo la calzamaglia, confessa! – lo prese in giro Inuyasha.
- Anche! – rise Koga.
- idiota – bofonchiò il conte – E… sei davvero sicuro di volerti portare dietro... Quella? – gli fece, dubbioso.
L'amico distolse lo sguardo: - Beh, non è poi così male… è diabolica – ammise.
Era ancora impressionato dalla furbizia di quella ragazzina e dal piano da lei orchestrato: barattare la vita del padre con qualcosa per lui più cocente della morte, la pubblica vergogna.
Proporgli, in cambio dell’emancipazione dall'autorità paterna, di ridargli gran parte delle ricchezze che gli erano state sottratte, rubandole per lui dalla banca segreta del padre. E addormentare le guardie, facendo bere loro acqua in cui aveva sciolto una potente erba soporifera. Infine, fidarsi del fatto che lui, un perfetto sconosciuto, non l'avrebbe uccisa per davvero, stuprata o chissà che altro…
Bah, quella pazza ragazzina esuberante!
- Ehi, fidanzatine, avete finito di salutarvi? Si sta facendo tardi – intervenne Naraku, appoggiato a lato della propria carrozza.
Inuyasha sbuffò.
- Simpatico tuo cognato. Davvero – rise Koga.
- Capo! La nave e pronta, possiamo salpare! – li raggiunse la voce di Ginta, dalla passerella.
- Vengo! Dì ad Hakkaku di prepararsi al timone – gli rispose Koga, dando una pacca sulla spalla ad Inuyasha, a mo' di saluto.
Dopo aver stretto la mano di Naraku e fatto un cenno di ossequio a Kikyo, Koga venne travolto da una piangente Kagome, che lo abbracciò: - Abbiate cura di voi, Koga! – lo salutò commossa – Scrivete se potete e abbiate cura… – si assicurò, prima di venire interrotta.
- Non temete, ci rivedremo presto – la rassicurò il giovane – Grazie, grazie a tutti. Ero perso in un mondo nero, accecato dall'odio e dalla disperazione ed è solo grazie a voi se non sono affogato nelle tenebre. Mi avete salvato dall'Inferno, amici miei. – disse loro, congedandosi infine.
Inuyasha sogghignò: "Feh, noi l'abbiamo salvato?" pensò "No, non noi. Si è salvato da solo, con una piccola spintarella. Il Koga che conosco non si sarebbe mai macchiato del sangue della vendetta... Bentornato, amico mio" lo salutò mentalmente, osservandolo avviarsi di buon passo a bordo della nave, dove una minuta figura ammantata di verde lo attendeva trepidante.
Fermandosi al suo fianco, Koga protese una mano, liberando dalla costrizione del cappuccio i capelli rossi e quegli occhi magnetici color smeraldo.
- Siete davvero sicura di voler venire con me? – le chiese per l'ennesima volta.
Ayame sorrise, furba, specchiandosi negli occhi color del cielo di lui: - Faceva parte del nostro accordo, o sbaglio? Non vorrete venir meno alla parola data, messere? – lo prese in giro.
Koga sospirò, teatrale: - Eppure ricordo di aver acconsentito ad ospitare una dolce dama, non di avere tra i piedi una ragazzina petulante… ehi! – si lamentò nel ricevere una botta sul fianco.
- Villano! – si imbronciò la giovane.
L'altro le sorrise.
Ripensandoci, gli sembrava incredibile come i suoi piani si fossero stravolti.
Scoprire che la stramba ragazza incontrata alla fiera fosse niente meno che la figlia del nemico… e chi avrebbe mai detto che lo avrebbe stregato al primo sguardo, ribaltando ogni sua certezza e dandogli nuova vita?
Che sorpresa era stata, quella notte di due settimane prima, tornare a casa e ritrovarsela davanti alla porta del palazzo, con addosso ancora quel vestito bianco ed oro.
L'aveva ringraziato per averla aiutata a fuggire dalla volontà del padre e da qualsiasi piano avesse avuto in serbo per lei.
Era una donna diversa rispetto alle altre dame, Ayame. Piuttosto di piegarsi ad un matrimonio imposto o alla monacazione forzata, aveva preferito fuggire, diventando una reietta.
Era una ragazza strana, intrigante, bellissima e piena di vita.
E, nel momento in cui lei gli aveva voltato le spalle, pronta ad andarsene chissà dove dopo aver abbandonato per sempre la casa paterna, qualcosa era scattato in Koga.
L'aveva trattenuta dolcemente per un polso, facendola voltare verso di sé e prendendole le labbra in un improvviso ed inaspettato bacio bruciante.
Da quella notte lei era rimasta con lui, pronta a calmarlo dai consueti incubi, abbracciandolo timidamente ad ogni risveglio agitato.
Lei era la sua ancora nell'oscurità, così come lui era per lei il porto, la nave, l'inizio di una vita diversa, insieme. Due anime opposte, diverse, ma che si completavano a vicenda senza nemmeno saperlo.
- Ehi, non burlarti di me! – lo riscosse la ragazza abbandonando le formalità – e cos'era quello sguardo da triglia? Ti devo mandare a far compagnia ai pesci? – lo prese in giro, prima di strillare quando il giovane la sollevò di peso tra le braccia per trasportarla sotto coperta.


~※  ~※  ~


Dal molo, osservando la nave che salpava, Lady Kagome ridacchiò: - Faranno una bella coppia, decisamente! È incredibile a pensarci, ma Ayame è davvero la donna giusta per Koga! – commentò, appoggiandosi al fianco del marito.
- Vorrei ben vedere, con tutta la fatica e i soldi che sono costati a me e Naraku tra erbe per la pozione, uomini da corrompere ed altre quisquilie – le rispose la sorella Kikyo dalla carrozza – Posto che l'idea iniziale di farli incontrare è stata tua, siamo stati noi a metterci i fondi -.
A quelle parole Inuyasha si irrigidì, per poi guardare male la moglie: - Kagome? C'eri tu dietro tutta quella messa in scena del finto riscatto/tentativo di rapimento... Baratto della figlia o quel che era, allora? – le chiese sospettoso.
- Oh, andiamo! Parli come se tu stesso non avessi avuto un qualche piano di riserva per evitare che il tuo amico si facesse ammazzare! – puntualizzò la moglie – Mi dispiace deluderti marchese Taisho, ma Naraku e Kikyo sono più efficienti di te! -.
Inuyasha si limitò ad alzare gli occhi al cielo, aprendo alla moglie la porta della carrozza: - A volte mi fate paura! Forza, torniamo a casa! – ordinò prendendo posto accanto agli altri tre, mentre il cocchiere spronava i cavalli a partire.



Salve :-)
Ormai sto risbucando fuori solo per partecipare ai contest :-/ Mi faccio rabbia da sola...

Comunque, che dire di questa roba... Come sempre, neanche a dirlo, non ne sono soddisfatta.
Il finale è zoppo e non sense.. E come sempre mi perdo in intro/antefatti spaventosi per affogare una volta arrivati al sodo (e al finale) della storia...Molti elementi rimangono aperti/in sospeso: Koga ed Ayame alla fine stanno insieme e Kagome non lo sa? Di certo per l'epoca non era rispettabile per una dama dormire nello stesso letto di un uomo che non fosse il marito XD i due si sono già innamorati? Si sposeranno? Torneranno mai in patria? e la lacrima di Ayame ostaggio di Koga alle parole del padre: lacrima finta, data dalla messa in scena/orchestrazione o lacrima genuina, di dolore di un animo ferito all'ammissione del genitore che di lei non gli importa un fico secco? A voi lettori l'interpretazione :-P
Insomma, per essere una cosa scritta letteralmente in un pomeriggio a seguito di una botta di ispirazione... Posso essere un minimo soddisfatta e di averne cavato fuori qualcosa di buono, ecco!

Se può interessare, lascio il link al sito che ho letto per informarmi un minimo sull'abbigliamento Rinascimentale Europeo (ah già, sì perché la os non è certo ambientata in Giappone... Fate voi dove, non l'ho specificato appositamente per lasciare la libertà immaginativa al lettore. Non è sicuramente il Giappone, ecco, perché che io sappia, loro nel 1400/1500 erano tutt'altro che in un periodo di Rinascimento :-P )

http://ilmondodiaura.altervista.org/RINASCIMENTO/ABBIGLIAMENTO1400.htm

Ps i titoli nobiliari sono in ordine decrescente: Principe, Duca, Marchese, Conte, Visconte, Barone, Nobile, nonché Signore, Cavaliere Ereditario, Patrizio e Nobile. Tecnicamente, quindi, tra Koga, Naraku ed Inuyasha quello più alto nel "grado" sarebbe quest'ultimo e Kagome, in quanto moglie di un marchese, dovrebbe essere una marchesa ma... Beh, facciamo che non le piace sbattere in faccia agli altri la sua salita in grado! :-P Allo stesso modo Ayame è tecnicamente ancora più in alto di Inuyasha, essendo figlia di Duca XD
   
 
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