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Autore: Laurie    25/02/2018    2 recensioni
Qualcosa di inaspettato, peloso e decisamente sovrannaturale irrompe nella vita di Sesshoumaru, promessa del kendo giapponese, insopportabile giovane snob e attualmente in crisi per colpa del suo fratellastro.
Modern!AU dove ci sono tutti (o quasi), ci sono tante spade di legno e si leggono favole della buonanotte
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Kagura, Rin, Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Parte prima
 
Foglie cadute
sul giardino che sembra vecchio
cent’anni.
 
Basho
 
Tanto tempo fa in una terra lontana, lontana, un giovane uomo trovò nei campi una gru. Un acquazzone tremendo aveva solcato la campagna e la gru rotolava nel fango, pazza dal dolore per la freccia che era incuneata tra il petto e l’ala…
 
***
 
“Ti rendi conto che stai rovinando la vita a tua fratello?”
La ragazza Higurashi venne avanti, quando già l'incontro era finito e stavano tutti uscendo dalla sala delle riunioni. Lei aveva aspettato il momento giusto per pararsi davanti a lui, le gambe larghe e le mani sui fianchi, come se fosse pronta a castigare un bambino monello.
“Lo capisci?”
Avrebbe potuto risponderle a tono, ma con addosso quella divisa di una scuola di seconda categoria dimostrava tutta la sua giovane età. Decise di tirare dritto e ignorarla.
“Signorina,” uno dei suoi avvocati intervenne, si mise in mezzo tra lui e la ragazza. “La prego di andarsene. L’incontro è concluso.”
Da quando doveva essere difeso dalle parole di una ragazzina poco intelligente? Sesshoumaru si voltò con sdegno verso di loro.
“E' comprensibile che tu voglia difenderlo.”
Sesshoumaru parlò verso Kagome con tanta calma quanto lei vibrava di sdegno. “Forse questa decisione sancirà la fine della parabola discendente di Inuyasha. Una parabola, voglio ricordarti, che lui stesso ha iniziato anni fa.”
“Questo non è giusto!”
Lei lo guardò con odio, e lui riprese a camminare, sguardo dritto, portamento impeccabile, lasciando alle sue spalle il fratello, che si era avvicinato solo in quel momento per portare via la ragazza, gli avvocati imbarazzati, con le mani strette sulle ventiquattrore come ancore di salvataggio e la ragazza che Inuyasha aveva trascinato nella sua miserevole vita.
Pensò che avrebbe detto ai suoi avvocati che li pagava per difendere i suoi interessi, non per mettersi in mezzo nelle sue battaglie. Poi anche quel pensiero sfumò via, nel nulla.
***


Dentro la macchina, prese la sua agenda e indicò un indirizzo all'autista: Studio Hitomi & Onigumo, Shin Marunouchi Building, Tokyo.
Sesshoumaru si soffermò a lungo sul nome dell’ultimo appuntamento della mattinata, mentre cercava nei ricordi un indizio, qualcosa che gli spiegasse come mai aveva l'impressione di conoscere già questi nomi. Suo padre era sempre stato seguito da uno studio che risaliva la sua attività all’epoca Meiji, e non gli aveva detto di nuovi partner.
Come del resto non gli aveva detto altre cose…
La vibrazione aggressiva del cellulare interruppe i suoi pensieri.
Deve essere importante, Jaken.”
Il suo maggiordomo, dall'altro capo del filo, aveva la voce acuta e agitata di quando un imprevisto turbava l'attenta pianificazione che aveva predisposto per la giornata. Continuava a scusarsi, ma incalzato da un ordine secco di Sesshoumaru partì a lamentarsi senza freni.
“Signore, quella cosa che ha portato, quel… non so cosa sia né voglio sapere.”
“Ha un nome, Jaken. Rin. Voglio che lo impari.”
“Sì, Rin, ecco. Sta girando da una stanza all'altra e non si vuole fermare! Ha già frugato negli armadi, nei cassettoni, nella libreria, e se non la prendevo in tempo stava andando verso la camera della signora…”
“Ha fame. Ho dato precise istruzioni che venga sfamata.”
Si stava annoiando, pensò invece. Dall'auricolare sentiva il rumore di qualcosa che zampettava, difficile da distinguere perché Jaken aveva cominciato la sua tiritera sul perché Sesshoumaru avesse portato quel cane da loro, perché doveva prendere un animale di dubbia provenienza quando poteva acquistare il migliore cucciolo, se non era pericoloso e così via.
“Arriverò alle 16. Prepara il tè.”
Chiuse la chiamata, mentre ancora il sottoposto parlava ma sapeva che aveva inteso perfettamente. Jaken aveva ovviamente ragione: era pericoloso che Rin restasse a casa sua. Solo, non si avvicinava neppure a capire quanto.
 
***

C’era un giovane uomo, la cui vita miserevole si trascinava nelle fatiche del lavoro e nella solitudine dei giorni…
…mosso a compassione dal dibattersi disperato dell’animale ferito, egli estrasse la freccia dal petto della gru. La aiutò fino a quando fu in grado di battere di nuovo le grandi ali….
 
***

L'incontro con lo studio fu cortese e relativamente breve, ma allo stesso tempo lasciò Sesshoumaru infastidito. Le persone con cui aveva parlato non gli piacevano. Hitomi Kagewaki, uno dei soci, aveva la spina dorsale di un mollusco e continuava a scusarsi con lui per averlo fatto chiamare nello studio nelle sue condizioni.
Erano, come molti altre persone, accorse da lui per la successione, un conseguenza sgradevole della morte di suo padre che si aggiungeva al moncherino che pulsava di dolore fantasma là dove prima c’era il suo braccio destro. Gli avevano parlato dei curatori di Inuyama, che avrebbero voluto visionare da vicino le katana di suo padre. Era una richiesta che ogni tanto veniva avanzata e in passato la famiglia aveva permesso che le due reliquie fossero esaminate: non aveva motivo di sentirsi, quindi, a disagio e se proprio doveva provare questo sentimento era a causa dello sgarbo di Hitomi-san.
Quando la macchina sostò al semaforo, Sesshoumaru ebbe l'impulso di guardare all'esterno, spaziò oltre passanti che procedevano di tutta fretta e vide dietro di loro una ragazza. Appoggiata al muro di un palazzo, teneva le braccia conserte e masticava in modo piuttosto volgare un chewing gum. I suoi capelli neri, spettinati dal vento, incorniciavano un viso piccolo e dai tratti induriti.
Quando i loro sguardi si incrociarono, lei sostenne il suo. In un certo senso lo sfidò a distogliere per primo gli occhi, in un modo del tutto poco femminile.
Appena la macchina ripartì e svoltò l’angolo, lei sparì.
 
***

“Ha chiamato Sakamura-san dal Zen-Ken-Ren.”
Sesshoumaru aveva appena tolto le scarpe, senza ancora fare un passo nella casa e con il cappotto che gli pendeva dal braccio. Jaken era molto efficiente nel suo lavoro, del resto lo continuava a tenere proprio per questo.
“Quando?”
“Mezz'ora fa.”
Un'altra confortante qualità di Jaken era di riuscire a seguire le falcate del suo capo, anche se era più basso di lui di almeno una testa e mezzo e il vecchio corridoio era sempre scivoloso per la cera che impregnava il legno.
“È tutto pronto?”
Aprì la porta per notare che il servizio da tè era già stato approntato nella stanza, con la teiera fumante e una poltrona con i cuscini accanto al tavolino. Notò anche che, così sembrava, un uragano aveva messo a soqquadro la stanza.
“Sesshoumaru-sama mi deve perdonare per il disordine,” disse Jaken con un tono vendicativo.
 
***
 
Il giorno dopo l’uomo sentì bussare alla propria porta. Nessuno aveva mai bussato prima. Si sporse per vedere chi lo cercava e una ragazza dalle fattezze sconosciute, la pelle candida e gli occhi grandi e scuri gli chiese in quale villaggio si trovavano….
 
***


Sesshoumaru sorseggiò con assoluta calma dalla sua tazza, anche quando si accorse che lei lo guardava. Si muoveva circospetta, dopo che si era comportata male.
“Devi smetterla, lo sai,” lei era una macchia bianca tra le ombre all’angolo della stanza, oltre la sua spalla destra. “Jaken ha molte qualità, ma non ha mai avuto quella della pazienza.”
Anche se esternamente le ferite erano guarite del tutto, lei zoppicava ancora. Qualsiasi cosa le fosse successo non aveva solo lasciato dei segni fisici… Rin si avvicinava solo a lui e solo quando lo decideva lei.
“Se continuerai a causare problemi in questa casa, dovrò farti allontanare.”
Sesshoumaru non si mostrò scontento né felice dell’eventualità: era un dato di fatto. Dall’esperienza aveva imparato che questo era il modo migliore di dialogare con gli youkai.
“Mi piace Jaken-san.”
Il tono era infantile, come se a parlare fosse una bambina. Ma non era una bambina colei che seguiva il percorso del filo del televisore, ma un cucciolo di pelo chiaro, con delle macchie di colore scuro attorno alle fauci. Con una zampa dai piccoli artigli snudati prese a giocare con il cavo.
Sesshoumaru alzò un sopracciglio. “Sai cos’è, uhm?”
Rin lasciò andare il filo, e lui notò che aveva messo a nudo la parte di metallo attraversata dalla corrente. Avrebbe dovuto fare attenzione a toccarla, ma lei non aveva subito nessun danno apparente.
“L’elettricità non va bene da mangiare, né da giocare.”
Nel frattempo lei era balzata sul basso tavolino, vicina a dove la teiera si trovava, e con molta goffaggine si rigirava alla ricerca di un posto comodo dove accoccolarsi.
“Cosa ne sa l’umano di cosa è adatto a me?” gli disse con petulanza, e il suddetto umano la fissò con un cipiglio più severo della sua giovane età.
Anni e anni di tradizione, pensava Sesshoumaru. Una fila ininterrotta di sangue che risaliva all’epoca Sengoku, ai daimyo che avevano giurato fedeltà alla casa imperiale giapponese, e forse ancora prima di loro. Eppure, nonostante tutto questo, lui aveva l’impressione di procedere a tentoni.
“Hai mangiato ciò che ho lasciato detto di darti.”
Rin mosse le orecchie, all’improvviso il malumore svanito.
“A Rin è piaciuto tantissimo. Rin ne vuole ancora.”
“Ne avrai,” le promise.
“Rin vuole anche la sua storia….”
 
***

La ragazza era accoccolata sui talloni, appoggiata al muro della villa. Aveva osservato abbastanza a lungo da sapere che quel muro copriva in lunghezza un parco, di cui vedeva le cime degli alberi, ma non sapeva quanto grande era perché ad un certo punto aveva smesso di camminare. Il cancello era di legno, ma era robusto e aveva un sistema di apertura moderno.
Tutto puzzava di potere, se non di soldi, un mucchio di soldi.
Per passare il tempo aveva cacciato fuori una sigaretta e ora sbuffava fumo e si toglieva i capelli che il vento autunnale le gettava sul viso.
Era stupido quello che stava facendo. Se qualcuno l’avesse vista, se lui fosse stato informato… La sera stava calando, ma quello che le percorse la schiena non era un brivido di freddo.
Cacciò via la sigaretta, con un broncio. Stare lì le dava qualcosa come la speranza, un’illusione effimera quanto il fumo che era già stato disperso nel vento.
Era stupido ma era quello che aveva, che poteva avere…
 
***

Il giovane divise con lei il suo misero pasto, del riso e del pesce secco, e lei gli sorrise con gratitudine. Anche se la vita era dura nei campi di riso, anche se il cibo quell’anno scarseggiava, l’uomo decise che l’avrebbe ospitata a casa sua, se lei avesse voluto.
 
***

“Lui ti ha attaccato per primo. Devono saperlo.”
“Gliel’ho detto sai? Per quel che è servito!”
Finivano sempre da litigare. Da quel dannato giorno.
“Inuyasha, questa è una cosa importante!
“Cosa pensi che stia facendo?”
Kagome voleva aiutarlo, questo lo sapeva. Lo fissava con i pugni stretti sui fianchi, lo sguardo di chi ha ancora speranza. In tante cose era ancora una ragazzina.
“Ho sotto controllo la situazione,” le disse con veemenza. “Cioè mi inventerò qualcosa. L’avvocato…”
“Non puoi permetterti l’avvocato di tuo fratello.”
Suo fratello non aveva, tecnicamente, un avvocato. Sesshoumaru aveva uno studio di avvocati e non uno qualunque ma uno dei più prestigiosi di Tokyo, quello che poteva permettersi il figlio della leggenda del kendo, Inu no Taisho.
Inuyasha si grattò le orecchie, esasperato ma consapevole che lei aveva centrato un punto.
“Gridare addosso a Sesshoumaru non aiuta la mia causa.”
Kagome lo fulminò con lo sguardo, il viso severo che, per un attimo, gli ricordava tutta un’altra persona, tutta un’altra vita.
“Fai quello che vuoi.”
Kagome voleva aiutarlo ed era già incredibile che non fosse scappata via, inorridita. Dopo che era successo l’incidente, mentre aspettava nella stanza del pronto soccorso, con le nocche bianche strette attorno alla coperta termica, aveva creduto che lei non gli avrebbe più parlato. Invece lei era entrata come una tempesta, mentre un dottore cercava di fermarla, lo aveva stretto al petto e ciò che lui voleva dire al momento, ciò che gli rimase sulla punta della lingua fu “sto bene, sto bene”. Sentiva le lacrime di lei che gli cadevano sui capelli, e un vortice di rabbia, confusione e paura dentro di sé.
Inuyasha, masticando tra i denti delle parole di scusa, ammirò a dispetto di tutto il profilo della ragazza che amava, ancora così giovane e già bellissimo. Si sentiva al contempo l’uomo più fortunato del Giappone, e il più fottutamente incasinato.
 
***

Rin aveva cominciato a sbadigliare prima che la storia terminasse.
Quando Sesshoumaru concluse, era acciambellata vicino a lui su un cuscino, con la testa appoggiata tra le zampe anteriori, la coda stretta al corpo come una coperta. Era la prima volta che la vedeva dormire, così liberamente, accanto ad una persona.
Se questo fosse un bene, o fosse un comportamento di cui preoccuparsi, lui non lo avrebbe saputo dire.
Sesshoumaru finì la sua tazza di tè, stando ben attento a non versare una sola goccia sul tatami. Per la prima volta dopo mesi, da quando suo padre era stato portato d’urgenza in ospedale, il rumore profondo della rabbia si era acquietato nella sua testa.
 
***

Fu con un sentimento di paura e meraviglia che l’uomo scoprì chi era la donna da lui accolta nella sua casa: la gru che tanto tempo prima aveva salvato da morte certa!

Nota dell'autrice.

Ecco il primo capitolo! La storia parte in medias res ma mano a mano tutto diventerà più chiaro. Ho cercato di rendere il tutto molto realistico, inserendo qua e là dettagli sulla società giapponese e sulla vita a Tokyo, ma ovviamente le fonti su cui mi baso sono di seconda mano, racconti di chi è stato in Giappone e articoli di vario genere, e laddove non arrivavano le conoscenze ho tirato a indovinare. Spero che mi perdonerete se alcuni punti della storia non saranno accurati al 100%.
Questa storia sarà il massimo del fluff che riesco a scrivere sul rapporto tra Sesshoumaru e Rin: anche se so che a molti non basterà, spero che il mio sforzo verrà apprezzato! (non sono il massimo col fluff!)
Al prossimo capitolo.
  
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