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Autore: Kira Eyler    25/02/2018    2 recensioni
[Raccolta di One-Shots che funge da prequel di "Pazzia"]
[SOSPESA causa motivi spiegabili in MP. Scusatemi tutti.]
Dopo che due autrici mi hanno detto di fare un prequel sui due gemelli apparsi in "Pazzia", mi è venuta l'ispirazione per una raccolta di One-Shots su loro due. Le Shots avranno tutte un prompt diverso e solo a volte saranno collegate.
01. Inizio: "[...] -Souru, sorridi! Li ho uccisi, ti rendi conto!? UCCISI!- esclamò Katsumi, rimettendosi a ridere. Souru scoppiò in un altro forte pianto a dirotto, stringendosi al fratello e battendo i pugni sul suo petto [...]"
03. Maledizione: "[...] Un paio di fiammelle blu scesero, fluttuando, dalle scalinate del Tempio, e con voce infantile e alta parlarono: “Chiunque uccide un bambino accanto al Tempio, verrà ucciso in modo violento”
05. Bambole: "[...] -Bonjiro, giusto in tempo! La governante stava dicendo che mi usi a tuo piacimento, come se fossi la tua bambola!- [...]"
09. Specchio: "[...] -Hai capito il concetto, più o meno...- gli disse, celando la tristezza -... Ricordati di trovare qualcuno che raccolga tutti i pezzi, non solo i più grandi e quelli meno taglienti. D’accordo?-[...]"
Genere: Angst, Dark, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Marionetta pazza'
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Eeeee... è tornata Kira! 
Eheh, non vi dirò perché ci ho messo mesi, ma posso dire che quest'anno è il mio anno sfortunato :") però non credo di doverne parlare qui nell'angolo, alla fine non è un blog... Cercherò di essere più presente, davvero, anche perché ho in mente tante nuove idee per altre storie (OneShot e Flash, s'intende). 
Facendo finta che mi abbiate perdonato mi dispiace così tanto, ringrazio la mia cara Tirene39 per la lettura in "anteprima" e per avermi dato un parere su questo capitolo! Grazie davvero, la mia autostima sale da 0 a 0,3 grazie a te :P <3
E a voi altri, ci sarà un angolo "spiegazioni" a fine capitolo. Questo si ambienta poco prima del cap.5; buona lettura <3
 

09. Specchio

Borbottii e singulti erano tutto ciò che si udiva nell’immensa villa. Uomini e donne, tutti completamente vestiti di nero, facevano via-vai dalla stanza ove si trovava la divenuta da poco vedova, o semplicemente restavano in soggiorno a scambiarsi opinioni, pareri e ricordi sull’uomo assassinato.
Souru, Ayano, li guardava mentre se ne stava seduta in cima alla rampa di scale, ma non con compassione o malinconia: piuttosto, con disgusto. Tutti quegli amici, parenti e conoscenti le sembravano un gruppo di ipocriti, tutta quella scenetta una commedia male organizzata. Non poté fare a meno di domandarsi se, alla morte dei suoi genitori, lo spettacolo fosse stato lo stesso.
Quasi quasi giustificò il figlio della coppia, Taemin, per essersi chiuso fuori casa: almeno lui non doveva assistere, insieme alla madre, a quel teatrino e non doveva ricevere condoglianze dettate dalle abitudini, non dal dispiacere. Insomma, le sembrava tutto così falso!
Una mano si posò sulla sua spalla e lei si voltò subito; quando incontrò gli occhi del fratello, si alzò in piedi e gli rivolse un’occhiata interrogativa: neanche pensava si trovasse lì, sospettava che si fosse chiuso in una stanza per non stare tra la folla.
-Sai dov’è Taemin?- le domandò Bonjiro, stringendo la spalla della gemella.
Questa negò col capo, poi si affrettò a rispondere in modo sussurrato: -L’ultima volta che l’ho visto, era nel giardino sul retro con un cane- fece una pausa, puntò gli occhi sul fondo della rampa.
Una donna si sedette sull’ultimo gradino, piangendo, insieme ad un bambino che poteva avere nove, o dieci anni. Ayano restò colpita soprattutto dal bambino: nel breve attimo in cui si voltò verso di lei, notò quanto gli occhi somigliassero a quelli di Hisao. Una somiglianza strana, visto che la donna aveva tratti coreani e per nulla simili al figlio.
“Che sia...”
Venne scossa per una spalla e si risvegliò dai suoi pensieri. Guardò Bonjiro negli occhi, vedendolo infastidito dalla sua lentezza nel concludere il discorso.
Sospirò, ma si decise a continuare per evitare che il fratello si arrabbiasse: -Non mi parla da giorni, mi evita più del solito. Ho paura che... abbia capito quello che sai. Se però ho ragione, preferirà starsene nel giardino, anziché venire qui e ascoltare stupide condoglianze.-
Il ragazzino annuì, finalmente le lasciò la spalla; la fanciulla iniziò subito a massaggiarla, pensò che si fosse quanto meno arrossata. Tornò a guardare la coppia madre-figlio in fondo alle scale, ma non appena lo fece questi si alzarono ed entrarono in una stanza. Sospirò con tristezza.
Si rivolse completamente a Bonjiro, attonita a causa della situazione che aveva appena compreso.
-Yunjume ti ha mandato a cercare suo figlio?- provò a non gridare quella domanda, ma il tono risultò comunque più alto di un sussurro.
Quello annuì di nuovo, mettendosi a braccia conserte.
Ayano sgranò gli occhi e strinse una mano sul petto.
-Ma voi due non andate per niente d’accordo... avrebbe potuto mandare me- gli disse, ricordando in quel momento tutti i litigi che c’erano stati tra i due ragazzi, in quel poco tempo che erano sotto lo stesso tetto.
Solo allora il giovane ghignò. Guardò la sorella con orgoglio e con lo stesso orgoglio, spiegò: -Sua madre sa che quello ha capito: vuole solo che gli faccia passare la voglia di minacciarla.-
La ragazza rise sommessamente, coprendosi la bocca con una mano, poi regalò un sorriso fiero all’altro. Con un cenno del capo gli suggerì di andare e così si divisero: Ayano si diresse verso la stanza di Taemin, cercando di non dare nell’occhio, e Bonjiro scese le scale per raggiungere il giardino sul retro.
***
Yunjume e suo marito non avevano mai detto al figlio che i due gemelli venivano da un manicomio, né che della loro storia non sapevano assolutamente nulla. Di conseguenza, il poveretto non aveva mai pensato di doversi difendere da quelli che erano diventati suoi fratelli adottivi; non da Ayano, almeno.
Infatti, per quanto ingenuo potesse essere, aveva capito fin dal primo sguardo che non doveva fidarsi di Bonjiro, o passare troppo tempo da solo con lui: chi non l’avrebbe capito? Non ci si poteva fidare di una persona come lui. Ma Ayano era diversa, ispirava sicurezza con la sua gentilezza e infantilità.
Andava d’accordo con la ragazza, ma non con l’altro: e di ciò Bonjiro era sia fiero, sia infastidito. Gli dava notevolmente fastidio che la sorella passasse del tempo con Taemin, ecco perché la maggior parte delle volte litigava col coetaneo.
“-Smettila di essere così ossessionato, tua sorella non sta vivendo.-“
Tuttavia non gli sembrava qualcosa di negativo: a tutti capitava di essere gelosi, no? L’importante era non sfociare in risse e omicidi...
“-Signora, Taemin e Bonjiro si stanno picchiando di nuovo! Non riesco a fermarli!-“
... e lui si era sempre limitato agli insulti. Ayano diceva che varie volte si erano picchiati, ma lui non ricordava ed era sicuro di non aver mai colpito l’altro. Non capiva perché la gemella dovesse inventarsi certe frottole...
Quando raggiunse il giardino sul retro, si fermò a studiare la zona con attenzione: lì le mura erano davvero alte, davano al luogo l’aspetto di un cortile di un carcere. Se non fosse stato per l’erba tagliata e curata, i vari fiori, le piante e l’angolo dove vi erano tavoli e sedie, sarebbe sembrato davvero un carcere. Però quelli erano tutti lati positivi, che potevano essere ben sfruttati.
Appurato ciò, il giovane cercò con lo sguardo il luogo dove il figlio di Yunjume e il suo cane potevano essersi nascosti. Avanzò qualche passo, fece vagare lo sguardo da parte a parte, senza trovare nessuno: possibile che fosse entrato in casa non facendosi notare? No, no, era impossibile per via di tutte quelle persone!
Fu in quel momento che udì un fruscio, poi un ringhio sommesso. Si fermò ancora, strinse i pugni lungo i fianchi e cercò di percepire qualche altro rumore; trattenne persino il fiato, perché ormai era un giocatore scoperto e non poteva permettersi di attaccare senza sapere dove fosse il nemico. Fortunatamente, ciò servi.
Sentì delle medagliette tintennare tra loro, riprese a respirare. Si voltò poco prima che un Akita dal pelo rosso potesse azzannarlo  e, con aria stranamente soddisfatta, gli tirò un calcio. Il cane ruzzolò gemendo di dolore, ma rimase a terra per poco: subito si rialzò sulle quattro zampe e corse a mettersi davanti alla persona appena uscita allo scoperto: Taemin.
-Odio i cani, la loro puzza si sentirebbe anche a chilometri di distanza- parlò Bonjiro, sbuffando poco dopo.
Si mise a braccia conserte, ghignò e osservò il ragazzo davanti a lui, che si era accovacciato per acarezzare l’animale. Il coetaneo non lo stava neanche guardando in faccia, come a ignorarlo.
Così, per la voglia di provocarlo, continuò a parlare: -E anche l’odore dei figli di cagna si riconoscerebbe da lontano. Sai che intendo, no?-
Fu all’ora che l’altro alzò lo sguardo: puntò gli occhi castani, che ardevano di rabbia, dritti in quelli dell’assassino. I capelli corti e dello stesso colore degli occhi, con delle ciocche che gli ricadevano sulla fronte, ondeggiarono all’alzata di capo.
-Per parlare così, il cane sei tu.- buttò fuori Taemin, incapace di nascondere l’odio provato.
Il canide gli afferrò la manica della felpa bianca e tirò, indietreggiando di poco. Quando il padrone lo guardò, un po’ male, un po’ triste, lasciò la presa e scodinzolò con la coda bassa, mugugnando appena; il ragazzino forzò un sorriso, con gratitudine gli accarezzò il capo.
Bonjiro soffocò una risata e aspettò che il castano si alzasse, per poter dirgli ciò che doveva.
-Prima di tutto, vengo in pace- iniziò a parlare, alzando le mani con fare da presa in giro -Quindi chiedi alla tua brutta bestia di non aggredirmi, eh!-
-Cosa vuoi!?- esclamò in risposta la vittima, offesa più di quanto già lo era.
-Devi entrare in casa, tua mamma ti cerca.- mentì, tutto per iniziare un discorso.
Abbassò le mani e fece qualche passo verso il compagno, ma dovette fermarsi a causa dell’Akita che subitò balzò nel mezzo, scoprendo i canini e rizzando il pelo sul dorso.
Taemin negò col capo, convinto: -Io non entro se in casa c’è quell’assassina. Vi ho visti, vi ho visti! Non sono cieco!- continuò a gridare, cercando inutilmente di abbassare il tono. Parole dettate sia dalla paura, che dal dolore per la perdita del padre.
L’immagine di Ayano che colpiva il padre alla gola, precisamente alla carotide, si posizionò davanti ai suoi occhi e gli sembrò di rivivere la scena. L’adulto cadde a terra, la ragazza lo colpì anche al petto per assicurarsi che non sopravvivesse, Bonjiro stava lì a guardare. La persona di cui si fidava di più aveva ucciso il suo genitore ed era sicuro, sicurissimo, che fosse stato l’altro ad ordinarle di compiere quell’assassinio.
Proprio Bonjiro in quel momento tornò a farsi serio, perse quel ghigno e ogni briciolo di altra emozione. Non parlò, attese. Sapeva già cosa sarebbe successo di lì a poco.
-Io... Io dirò tutto alla polizia, davvero! Poco mi importa se poi scopriranno ciò che succede qui dentro!- gridò, gridò ancora. La gola iniziò a bruciargli, percepì le prime lacrime salirgli agli occhi e deglutì.
-Mi dispiace, Tae’,- proferì l’altro, con un tono falsamente dispiaciuto -ma tua madre sa che è stata Ayano a uccidere tuo padre. E’ stata lei ad ordinarcelo...-
Taemin sgranò gli occhi scuri, gli sembrò che il mondo gli fosse crollato addosso. La mente fu svuotata da mille pensieri, quelle parole gli prosciugarono la forza di rispondere. E mentre il cane continuava a ringhiare, il primo e anche unico pensiero si stampò nella sua testa: “non è vero, non è possibile”.
Non ci credeva, si rifiutava di crederci. Arrivarono altri pensieri, che si accavallorono agli altri: “Mamma non può averlo fatto... ma se così fosse? Si sta inventando tutto, per forza! Però se ha ragione? Perché?”.
La testa iniziò a dolergli e strinse i pugni lungo i fianchi, poi scosse il capo per liberarsi da quelle idee. Guardò con astio la persona davanti a lui, gli si avvicinò sorpassando il cane e lo afferrò per il colletto della maglia scura.
-Bugiardo, non ti credo- gli sussurrò velenoso, avvicinando il viso al suo. Si sforzava di non crederci, perché non voleva essere tradito ancora: prima da Ayano, poi da sua madre... no, no, non lo sopportava.
Bonjiro chinò leggermente il capo di lato, osservò con attenzione l’Akita che si era messo in posizione d’attacco.
-Allora non credermi, tanto non ci guadagno nulla. Volevo solo dirti che, visto che tua madre sa ogni cosa, non permetterà che succeda qualcosa a me e a mia sorella...- e accennò un sorriso di scherno, negli occhi ambrati ardeva una strana emozione. Rivolse lo sguardo al ragazzo a poca distanza da lui e continuò:  -... perché poi la cosa potrebbe avere conseguenze anche per lei. Non credo che voglia entrare in prigione, e nemmeno che voglia vedere la sua organizzazione fallire-
Taemin digrignò i denti, diede una violenta spinta al coetaneo; una spinta tanto brusca che fece cadere a terra Bonjiro. L’animale abbaiò, si gettò sul giovane a terra e questa volta fu più veloce di lui: riuscì a stringergli il polso sinistro tra le fauci, mentre quello, stupito per la velocità, provò ad alzarsi, invano.
Eppure, non vi furono lamenti: l’unico rumore che si udiva, era il ringhio del cane che non osava mollare la presa.
Il castano restò per un po’ fermo immobile, ridondante di rabbia. In cuor suo sapeva che l’altro se lo meritava, se lo meritava tantissimo per tutte le bugie che gli stava raccontando: voleva metterlo contro sua madre, ne era certo.
Poi vide il sangue.
Venne scosso da umana pietà, si risvegliò dai suoi pensieri e pur continuando ad odiare la faccenda, si costrinse ad afferrare il cane per il collare di ferro. Lo tirò indietro con tutta la forza che aveva, arrivò anche ad utilizzare l’altra mano.
-Eun, lascialo!- le ordinò in pieno panico, poiché la cagnona non lo ascoltava, né aveva l’intenzione di staccarsi.
Bonjiro la colpì al muso con il pugno chiuso e Eun mollò la presa, così che Taemin poté finalemente allontanarla tirandola via. Nel frattempo che il coetaneo faceva calmare il cane, lui si rimise in piedi e strinse il polso nell’altra mano, sporcandola inevitabilmente di sangue. Contrasse il viso in un’espressione iraconda, che provò quasi invano a celare e a nascondere.
-Puoi farmi ciò che vuoi, cretino,- iniziò a esclamare, rivolgendosi al castano -ma non mi fai paura e nemmeno quel cane mi spaventa!-
Taemin ricambiò lo sguardo, tenne stretto il collare del cane nella mano destra; per un po’ non rispose, non trovando le parole, ma quando vi riuscì buttò fuori tutto l’odio che stava provando: -Il cretino sei tu! Da quando sei arrivato qui, hai portato solo guai! Ti fai forte solo perché a coprirti ci sono tua sorella e mia madre, no!?-
E qui fece una pausa, trovandosi ad inghiottire amaramente quella verità che, solo pochi secondi prima, aveva provato a non accettare.
-Be’, allora... allora sei debole. Debole e stupido!- proseguì più irato, col tono che aumentava man mano. Bonjiro lo osservava digrignando i denti, senza però proferir parola; -Perché nessuno mi darà indietro mio padre e tu, tu non sai cosa significava per me! Non potrai mai capirlo, o anche solo immaginarlo!-
-E cosa vuoi che mi importi!?- ribatté l’altro, lasciando la presa sul polso insanguinato; fece scivolare le braccia lungo i fianchi, serrò i pugni: -Ho solo eseguito un ordine. Devo la vita a tua madre, così come Ayano, e farle questo lavoro era il...-
-Tu non capirai mai nulla!- lo interruppe Taemin.
La gola gli bruciò di nuovo, sentì le lacrime rigargli le guance.
-Non sai cosa significa essere traditi da chi ti fidavi, né cosa significa perdere qualcuno di caro.- e concluse lì, con tono più calmo.
Riprese fiato, si asciugò le lacrime con la manica della felpa. Bonjiro serrò le labbra, poi emise un appena udibile “Tsk” e voltò il capo di lato, puntando gli occhi a terra; tutto pur di non guardare il fratellastro.
Calò il silenzio tra i due e anche Eun sembrò calmarsi, tanto che si accucciò a terra, pur restando con le orecchie ben tese. Il padrone sospirò, negò col capo e si sentì vinto: non poteva vendicare suo padre, non in quel momento, poiché Yunjume non ci avrebbe pensato due volte a uccidere anche lui. Non voleva credere a ciò che stava accadendo.
L’altro ragazzo, invece, cercava di non pensare e di concentrarsi su cosa dire per concludere quella sfida: il suo dovere l’aveva fatto, aveva messo al corrente Taemin della decisione della madre; forse, con quelle grida, tutti si erano incuriositi e Yunjume, insieme ad Ayano, stava cercando di frenare quella curiosità, magari addirittura di fermarla: sarebbe dovuto rientrare. Alzò gli occhi e ancora una volta, fissò il “nemico”.
-Taemin,- iniziò, a bassa voce. L’interpellato lasciò il cane e si avvicinò un po’, per poterlo sentire meglio: -tu non conosci la mia storia, ma io conosco la tua: non dire cose che posso smentire, è irritante.-
Quello tornò a farsi furioso, strinse così tanto i pugni che sbiancarono le nocche.
-Tu mi conosci?- gli domandò in risposta, ridendo amaramente. Sorrise con fare forzato, davvero divertito da ciò che stava sentendo.
-Hai passato tutti i dodici anni della tua vita tra queste mura: niente scuole pubbliche, passeggiate al parco, gite e quant’altro...- prese a spiegare Bonjiro, come a dargli conferma di ciò che sapeva.
E Taemin sgranò gli occhi, perse immediatamente quel sorriso, si ritrovò spiazzato. Di nuovo.
-... Chiuso in casa perché i nemici dei tuoi parenti potevano rapirti e chiedere un riscatto. Non hai mai avuto amici, ecco perché tuo padre ti ha regalato Eun- indicò l’Akita a terra che, come se fosse stata chiamata, alzò la testa e rizzò la folta coda; -Eri molto legato a tuo padre, proprio perché ti comprava di tutto e passava con te molto tempo. Io e Ayano siamo stati i primi ragazzini della tua età che hai visto, volevi esserci amico proprio per sentirti meno solo... ma hai avuto una brutta sorpresa.-
Il ragazzino vide Bonjiro ghignare di nuovo, in seguito poggiare le mani sui fianchi e fare un’espressione sfacciata. Avrebbe voluto prenderlo a pugni per fargli sparire il ghigno dalla faccia, ma non ci riusciva perché era scioccato: stava dicendo cose vere e non sapeva come potessere essere possibile.
-Ti sei fidato troppo, questo è stato il problema!- esclamò con ovvietà, riprendendo il discorso sotto gli occhi furiosi di Taemin -E no, nessuno mi ha raccontato la tua vita privata, sono semplici deduzioni. Dalla tua faccia credo però di aver ragione...-
-Vattene!- sbottò il giovane, indicandogli la strada dietro di lui, verso l’entrata del giardino.
Bonjiro rise, non riuscendo più a trettenersi. Gli regalò un’ultima occhiata di sfida, prima di voltarsi e tornare sui suoi passi.
-Lo giuro, da grande ti ucciderò! Lo giuro!-
Sentì Taemin continuare a minacciarlo, però non gli rispose e preferì ignorarlo. Sapeva che non sarebbe mai riuscito a ucciderlo, innocente e ingenuo com’era: se si era fidato così tanto di Ayano, se aveva fermato Eun quando lo stava mordendo... non sarebbe diventato nessuno di pericoloso. Sarebbe rimasto una pecora vestita da lupo.
Quando poggiò la mano sulla maniglia, si bloccò: si bloccò perché questa volta fu l’altro a ridere. Invece di aprire la porta e tornare dalla gemella, si voltò a guardarlo con gli occhi ambrati che brillavano di una strana luce: non era curioso, o stranito; quanto più, era confuso. Perché stava ridendo? Cos’aveva da ridere, se aveva la lama di un coltello puntata contro?
Aspettò che finisse di ridere, ma rimase a fissarlo e basta. Questo smise dopo una manciata di secondi, si portò il palmo della mano destra sul cuore e sorrise, come a prenderlo in giro.
-Bonjiro, anche io conosco te, ora che ci penso- lo informò.
Bonjiro roteò gli occhi al cielo. Pensò che fosse una stupida, ridicola e insulsa bugia, qualcosa per provare ad arrampicarsi sugli specchi e per fargli paura; voleva intimidirlo, forse, ma quello non era il modo esatto. Fu tentato di andar via, quando le parole successive dell’altro gli fecero sgranar gli occhi per la sorpresa:
-Ma vorrei capire: con chi ho parlato fino ad ora?-
Furono parole paragonabili a un fulmine a ciel sereno. Per un po’ gli mancò il fiato e il battito cardiaco accelerò: non se lo aspettava, era una cosa che non si aspettava. Credeva che Yunjume avesse mantenuto il segreto, anche con il figlio.
Poi ricordò che da lì a pochi giorni avrebbe dovuto lasciare quella casa: la strana agitazione, mai provata prima, lo abbandonò subito. Ma... era davvero agitazione? Perché si sentiva così felice ed emozionato? Perché sorrideva proprio ora?
-Lo hai notato!- rispose con semplicità.
Taemin avanzò qualche passo in avanti, contemporaneamente pronunciò altre parole che fecero restare Bonjiro ancora più sorpreso: -Per quanto tempo vorrai dormire, Katsumi? Quando ti sveglierai?-
 
“-Sai, Katsu’...-
Il bambino alzò lo sguardo e osservò l’insegnante venire verso di lui. Il suo primo pensiero fu domandarsi cosa avesse potuto fare senza accorgersene. La donna lo raggiunse, si sedette accanto a lui e lo guardò con un’espressione che non riuscì a decifrare.
Gli mise una mano sulla testa e solo in quel momento, riprese a parlare; sembrava quasi triste.
-... forse non capirai, ma proverò a spiegartelo: io penso che la mente umana sia come uno specchio.-
Katsumi la guardò come se avesse detto chissà quale assurdità.
La maestra gli accarezzò i capelli, non si fermò: -Uno specchio può resistere a dei colpi poco forti, ma se riceve un brutto colpo, si rompe. Quando si rompe, non è più solo uno specchio: si separa in tanti frammenti, diversi tra loro per forma e grandezza.-
Lo vide annuire, adesso la guardava come a voler dire: “E’ ovvio!”.
-Lo specchio non può ripararsi da solo, e chi vuole ripararlo dovrà essere pronto ad essere ferito: magari si taglierà, può capitare. Però se vuole davvero ripararlo, se vuole davvero capire com’era prima lo specchio, dovrà resistere, non arrendersi neanche con tanti tagli. Tutti i pezzi sono importanti per rimettere insieme ciò che si era prima, nessuno escluso-
-Io penso sia più come un puzzle...- proferì il bambino, iniziando a riflettere sulle parole dell’insegnante.
Quella annuì, sospirò con malinconia.
-Hai capito il concetto, più o meno...- gli disse, celando la tristezza -... Ricordati di trovare qualcuno che raccolga tutti i pezzi, non solo i più grandi e quelli meno taglienti. D’accordo?-“
 
Bonjiro tornò totalmente apatico. Si guardò intorno un po’ confuso, infine puntò gli occhi ambrati e vuoti su Taemin.
Fece spallucce, ma solo perché aveva l’impressione che il coetaneo gli avesse rivolto una domanda. Aprì la porta e rientrò in casa, sotto gli occhi straniti dell’altro ragazzino.
Quest’ultimo si accovacciò accanto all’Akita, gli diede delle pacche sul dorso e lo fece alzare sulle quattro zampe. Lo abbracciò, sentendo la lingua dell’animale prendere a leccargli una guancia.
-Eun, secondo te di quale pezzo dovremmo sbarazzarci, un giorno?- le domandò. Il cane si allontanò e lanciò un abbaio, poi scodinzolò verso sinistra; Taemin ghignò, si alzò in piedi e concluse il suo pensiero: -Buttar via quello tagliente, o quello più innocuo?-


Angolo autrice: 
-nelle note del capitolo 5 dico che la donna con cui parla Ayano è l'unica ad aver letto quella che, alla fine, è la diagnosi di Bonjiro. E sì, questa donna, Yunjume, ha un figlio: posso solo dirvi che lui non ha letto alcuna diagnosi, né qualcuno gli ha detto di ciò. Come mai allora sembra saper tutto? Be', si vedrà. Perché sì, ci sarà ancora;
-c'è un perché alle frasi cancellate;
-il discorso della maestra avrà senso solo quando si capirà il problema del ragazzo. Magari qualcosa si è già capito, chissà? 


 
   
 
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