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Autore: LittleDreamer90    25/02/2018    7 recensioni
***Fanfiction scritta per il contest "special february" indetto dal gruppo Takahashi Fanfiction Italia***
Il filo rosso del destino? Un'idiozia, almeno per lei. Ma se inaspettatamente dovesse scoprire che -forse- non è totalmente una fandonia?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Inuyasha, Kagome, Kikyo, Naraku
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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25 FEBBRAIO - SAN VALENTINO
Fandom: Inuyasha/Ranma
Coppie: - 
Stile IC/OOC a scelta
Genere: Romantico/Sentimentale
Trama: La leggenda narra che le anime gemelle siano unite dal filo rosso invisibile, che lega i due mignoli della mano. Ma cosa succede se, improvvisamente, questo agli occhi di A diventasse visibile e l* legasse proprio alla persona che più detesta?
 

 
"[...] lì dentro c'era del filo rosso che serviva per legare i piedi di mariti e mogli. Quel filo è invisibile e impossibile da tagliare, per cui una volta che due persone sono legate tra loro saranno destinate a sposarsi indipendentemente dai loro comportamenti o dagli eventi che vivranno. [...]"


- E fu così che si amarono ancor più di prima e vissero sereni e felici - concluse il suo racconto Kagome, sorridendo al suo piccolo pubblico.
Rin sorrise, sognante, seduta sul divano accanto alla ragazza: - Che storia romantica, Signorina Kagome! – commentò la ragazzina quasi dodicenne.
Mizuki batté le piccole mani mentre la sorella gemella Megumi si lasciò scappare uno sbadiglio.
Kagome sorrise teneramente alle figlie gemelle di Sango e Miroku.
Poco lontano, Shippo, il piccolo Kitsune che da tempo Kagome aveva deciso di adottare, alzò gli occhi dal disegno che stava facendo: - Se la storia è vera, Kagome, i Kami sono stati parecchio cattivi nell’assegnarti come anima gemella quel baka – iniziò, prima di emettere un urletto terrorizzato.
- Oi! Guarda che ti ho sentito, stupido moccioso! – ringhiò Inuyasha, afferrando il bimbo per la coda.
Notando subito l'occhiata di disapprovazione della moglie, il mezzodemone cane abbassò le orecchie.
Mollò subito la presa e iniziò ad armeggiare con la cravatta che aveva al collo: odiava quella stupida costrizione!
- Accidenti a quel bastardo! Con la scusa che un improvviso viaggio l'ha portato all'estero, mi ha appioppato la videoconferenza con gli investitori e la sua mocciosa a cui fare da balia! Nemmeno in casa mia posso starmene in santa pace? – borbottò.
- Inuyasha! – lo sgridò apertamente Kagome – Ti ho detto mille volte di non dire scurrilità di fronte ai bambini! E scusati immediatamente con Rin, sei stato davvero scortese! – urlò.
- Cagnolino! – gridarono nel mentre le gemelle, aggrappandosi ai pantaloni del loro zio acquisito preferito.
- È inutile, cugina! Diventa sempre intrattabile, quando ha troppa gente attorno! – fu il commento caustico che giunse dalla cucina.
- Ehi! Ti devo forse ricordare che sei ospite in pianta fissa a casa mia? Guarda che non ci metto nulla a cacciarti fuori! – ringhiò Inuyasha di rimando.
Kikyo sbuffò appena, rimanendo per il resto impassibile, appoggiata allo stipite della porta.
- Touché! – rise Miroku, entrando nel soggiorno dopo Inuyasha.
- Accidenti come è tardi! Le bambine dovrebbero essere a letto da un pezzo – intervenne Sango, cullando l'ultimogenito addormentato – Ma… ehi, che succede, ragazze? – domandò loro, perplessa, quando le gemelle afferrarono ognuna una mano dei genitori, ispezionando accuratamente i loro mignoli.
- No filo rosso! – balbettò delusa Mizuki, girandosi poi dubbiosa verso Kagome.
Kikyo trattenne uno sbuffo. Ecco cosa succedeva, a raccontare certe idiozie come quella insulsa storia del filo rosso del destino!
Rendendosi conto di cosa stava succedendo e salvando dall'imbarazzo la padrona di casa, Rin sorrise alle bambine: - Certo che c'è, Mizuki-chan! Ricordi cosa diceva la storia? Il filo rosso del destino è invisibile! – ribatté allegra –.
- Giusto! – confermò Kagome – Ed ora… avete sentito cosa ha detto la vostra mamma, no? È ora di dormire – fece furba – Chi arriva prima in bagno per lavarsi i dentini potrà stropicciare le orecchie dello zio prima della nanna! – propose invitante.
Le piccole si illuminarono di gioia ed aspettativa e corsero via, ridacchiando, seguite da Rin che, con un'occhiata complice, comunicò a Sango e Kagome che avrebbe pensato lei alle gemelle.
- Kagomeeee – piagnucolò Inuyasha – Mi hai preso per un giocattolo, dannata? Che ti salta in mente di fare certe promesse relative al mio corpo, senza nemmeno chiedermi il permesso??? -.
- Oh, per favore! Cosa vuoi che facciano, due bambine? Da come parli sembra quasi che ti stiano per violentare! – borbottò Kikyo.
Il mezzo demone arrossì, sbigottito: - Ma non dovevi andare al lavoro, tu? Fuori dalle palle! – ringhiò.
- Inuyasha! – gridò Kagome, di nuovo.
- Eh, no, “Inuyasha” un cavolo, Kagome! Va bene che è tua cugina, va bene che è rimasta senza un appartamento, motivo per il quale la stiamo ospitando per un po', ma non le permetto di dire certe cose! – sbottò lui.
- Va bene, scusa! Farò la brava bambina, ok, cagnolino? Ho esagerato, scusatemi! – si difese Kikyo – E comunque avevi ragione – concluse, afferrando la borsa – devo andare al lavoro, adesso. Ci vediamo domani mattina, bye bye! – disse, uscendo dall’appartamento.
- Emh… recuperiamo le bambine e poi andiamo anche noi – affermò Miroku, imbarazzato.
Inuyasha si limitò a grugnire qualcosa di indefinito prima di aggiungere: - Ricordati del resoconto della video conferenza di stasera. Sesshomaru lo pretende entro domani – disse all'amico e collega di ufficio – Ah, Sango? Grazie per esserti prestata come dattilografa, ti devo un favore – ammise, sincero.
La donna gli sorrise, prima di baciargli una guancia: - Figurati, è stato bello staccare un attimo dal ruolo di mamma! Grazie a voi per aver intrattenuto le pesti, nel mentre – disse, sorridendo a Kagome.
La casa si svuotò nel giro di qualche minuto, ad esclusione di Rin, ritiratasi per andare a dormire nella brandina posta in camera del Kitsune.
“A proposito del kitsune” si disse Inuyasha dopo essersi seduto con un sospiro sul divano, accanto alla moglie – Shippo – lo chiamò.
Ma il bambino rimase dov'era, nel suo angolo da disegno, con faccino imbronciato.
Il giovane sospirò, sporgendosi appena per afferrare il figlio adottivo e metterselo sulle ginocchia: - Va tutto bene, Shippo, non sono arrabbiato – lo rassicurò – Andrà tutto bene – aggiunse, vedendolo poco convinto.
E non si riferiva al battibecco, ma alla situazione stressante dell'ultimo periodo. Sapeva bene cosa rendesse così lunatico il bambino, molto più del solito, almeno: convivenza con Kikyo a parte, Kagome aveva recentemente scoperto di essere incinta. E Shippo temeva di venir messo da parte, con l'arrivo del nuovo bambino.
Kagome aveva sperato di rallegrare il kitsune, invitando le gemelle di Sango e Miroku e, con anche il caso fortuito del dover ospitare Rin, passare una serata in allegria, mentre gli adulti lavoravano.
- Dai, moccioso! Fammi compagnia durante il bagno – sbottò Inuyasha , alzandosi e tenendo il figlio adottivo scherzosamente sotto il braccio– Se farai il bravo potrai dormire con noi… ma solo per questa notte! – puntualizzò, lasciando Kagome sbigottita.
- Davvero? – si rianimò Shippo – Va bene! E ti aiuto anche a togliere la cravatta! – ridacchiò, mentre l'uomo si avviava verso il corridoio.
- Ecco, bravo. Odio le cravatte, mi sembra di essere un cane al guinzaglio, feh! -.
Rimasta sola in soggiorno, Kagome reclinò la testa contro la spalliera del divano, accarezzandosi pigramente lo stomaco ancora piatto: - Ahhhh. Il silenzio. Finalmente! – ridacchiò.


~~~~

Kikyo sbuffò, lanciando la borsa sul sedile accanto a sé.
Fuori dal finestrino dell’autobus –il primo del mattino- l'alba stava facendo capolino.
Kami, quanto odiava gli ospedali pubblici!
Intraprendendo la sua carriera di Ginecologa ed Ostetrica, aveva fin da subito optato per l’esercizio della professione in privato. Niente infermiere scocciatrici, turni, rotture. Aveva il suo bello studio, privato, tranquillo e silenzioso.
Però ogni tanto le toccava comunque andare in ospedale, per assistere le sue pazienti durante il parto.
Non vedeva l'ora di avere i fondi e il finanziatore adatto per aprire la clinica privata che tanto sognava.
Per il momento si doveva accontentare di usufruire delle sale parto degli ospedali statali e… di farsi ospitare dalla cugina.
I Kami le erano stati avversi, nell'ultimo periodo: la banca le aveva pignorato l'auto e il padrone dell'appartamento dove aveva vissuto in affitto aveva improvvisamente deciso di buttarla fuori, per ristrutturare i due appartamenti contigui in suo possesso e farne uno solo.
Un impeto di rabbia misto a vergogna la assalì: come si era ridotta? Elemosinare ospitalità presso la cugina e quell'irritante del marito mezzodemone, cercando nel mentre una nuova sistemazione; abbassarsi ad accettare un part time presso l'ospedale pubblico del quartiere, per aumentare le entrate. Il tutto mantenendo il proprio studio privato.
Era logorante. Più di una volta si era trovata costretta a non dormire, dovendo fare il turno all'ospedale di notte e recarsi poi allo studio al mattino. E lavarsi nel bagno dello studio privato dopo aver dormito qualche ora sul divanetto accanto alla sua scrivania, per non essere costretta a tornare a casa di quei due a mattina inoltrata. Ah, e dover prendere l'autobus alle 5.30 del mattino, col trucco sfatto e i vestiti puzzolenti dal turno in ospedale.
Che umiliazione!
Kikyo sospirò, scendendo alla sua fermata.

La strada era deserta e l'edificio che ospitava lo studio ginecologico privato completamente buio. Anzi, no.
Eccola lì, la fastidiosa luce accesa nello studio proprio accanto al suo.
Da circa un mese uno psichiatra aveva deciso di aprire uno studio in quello stesso edificio. Uno psichiatra, un dottoruncolo per i matti!
Ogni mattina, ogni singola dannata mattina lui era già lì!
Immaginava passasse la notte direttamente là dentro, altrimenti la cosa non si spiegava.
“E perché tu cosa staresti facendo, invece, scusa?” le ricordò la voce della coscienza.
- È irrilevante! – bofonchiò Kikyo, prima di sbottare, incamminandosi verso il portone del palazzo – E perché diamine sto parlando da sola con me stessa, cribbio! -.
La cosa che la mandava fuori dai gangheri era che quel cafone avesse il vizio di lavorare con la radio accesa. Normalmente non le sarebbe importato, ma nel silenzio della mattina era pressoché impossibile non sentirlo, e lei voleva dormire!
Percorse le due rampe di scale, come di consueto. Per fare esercizio, era la scusa. In realtà aveva il terrore di rimanere chiusa in ascensore, ma nessuno doveva saperlo!
Aveva appena infilato la chiave nella serratura quando sentì la porta alla sua destra venire aperta, emettendo un cigolio.
Ecco un'altra cosa fastidiosa: ci voleva tanto a mettere una goccia d'olio su quei dannati cardini?!?
Un uomo dai lunghi capelli neri la contemplò, appoggiandosi allo stipite.
Kikyo lo ignorò, aprendo la porta.
- Dottoressa Tama – proferì la voce profonda dell’uomo – Ha fatto di nuovo la notte, eh? – sogghignò, alzando una mano per sfilarsi gli occhiali da vista.
- Non sono affari tuoi, Kumo! – rispose sbrigativamente lei, tentando con tutte le sue forze di non incrociare le iridi color rubino di lui.
Quanto lo detestava! Possibile che ogni mattina dovesse affacciarsi a salutarla, qualsiasi ora fosse? Dannato impiccione!
- Suscettibile come sempre, vedo – sogghignò l'altro.
Kikyo lo ignorò, chiudendosi la porta alle spalle.


~~~~


Finalmente poteva rilassarsi! Il giorno dopo era di riposo e se ne sarebbe rimasta a casa!
Incamminandosi verso l'abitazione della cugina, Kikyo decise di fermarsi ad un piccolo negozietto lungo la strada ed acquistare del sushi per la cena.
Ripensandoci, a causa dello stress era stata particolarmente acida con i “coinquilini” e sperava di rimediare con quel gesto. Solo quella volta, però! Che i Kami non volessero che diventasse troppo amorevole!
Nel ritirare la propria ordinazione, notò uno strano pacchettino posto in cima all'involto.
- Sono dei cioccolatini col ripieno di fragole – la informò l’anziana proprietaria, in risposta allo sguardo dubbioso della donna – È un omaggio per la festa degli innamorati – continuò.
Kikyo quasi alzò gli occhi al cielo. Già, il giorno seguente era San Valentino. La festa degli innamorati… bleah, quante sciocchezze inutili!
- Non mi servono, ma grazie comunque – replicò piatta.
l'anziana Kaede alzò impercettibilmente un sopracciglio: - Sono un omaggio. E comunque non mi vorrà dire che n- – tentò, venendo però interrotta dalla risposta scocciata di Kikyo:
- Sì, non mi servono perché non ho un fidanzato. E sto benissimo da sola! Problemi? – sibilò acida, prima di andarsene.
- Non le servono, ma intanto li ha presi, eh? – ridacchiò la donna, prima di tornare al lavoro.

~~~~


E infine era San Valentino.
Che barba!
Cuori ovunque, coppiette tubanti peggio di colombe.
Che pena!
Kikyo represse uno sbadiglio, mentre aspettava che la macchinetta riscaldasse il proprio caffè espresso, nel silenzio della mattina.
Sporgendosi verso il bancone per afferrare il giornale e dare uno sguardo agli annunci immobiliari, si bloccò quando lo sguardo le cadde sulla scatolina di cioccolatini rimasta intatta dalla sera precedente.
Kagome, Inuyasha e i mocciosi avevano gradito il pensiero della cena, ma il cioccolato era rimasto lì.
A dire il vero Kagome aveva tentato di assaggiarlo, ma non appena il profumo di fragola era giunto alle sue narici, era fuggita via, preda della nausea.
Pensandoci, forse avrebbe potuto iniziare a dare qualche dritta alla coppia in dolce attesa…
“Come se quel dannato cane ti lasciasse avvicinare a sua moglie… piuttosto che accettare il tuo aiuto, la farebbe partorire in Messico”.
Sovrappensiero prese un cioccolatino, addentandolo. Non era affatto male, sotto sotto.
Aveva appena preso un sorso del proprio caffè dopo aver spazzolato i tre cioccolatini nella scatola, quando Kagome entrò in cucina, sbadigliando: - ‘Giorno – la salutò.
- Ciao. Niente più nausea? – le domandò Kikyo, vedendola armeggiare con le padelle per la colazione.
- Oh, no, sto benissimo! – le sorrise la cugina, con un'occhiata grata.

Finito il proprio caffè, Kikyo si alzò, dirigendosi verso la propria stanza con in mano il giornale.
A metà del corridoio però si imbatté in Inuyasha. Notando lo sguardo del giovane cadere sul quotidiano che lei aveva con sé, Kikyo sorrise: - Sì, mi sto impegnando per togliermi dai piedi, contento? – lo punzecchiò.
Preso in contropiede, il mezzo demone tossicchiò: - No, beh, io – tartagliò – Senti, ho un favore da chiederti – si decise infine.
Kikyo lo fissò, sorpresa. Un favore? A lei? La fine del mondo si stava forse avvicinando?
- Non guardarmi così, cretina! – si imbarazzò ancor di più il giovane – Visto che Shippo sarà a scuola, Rin tornerà dal bastardo direttamente dopo le lezioni... ed oggi è San Valentino… - iniziò a disagio.
La donna lo fissò impassibile per un lungo istante. Infine sogghignò: - Visto che è San Valentino posso togliermi dai piedi così avrete la casa libera e potrai tentare di far diventare Kagome ancora più incinta di quanto già non sia? – concluse per lui.
Le guance di Inuyasha divennero ancora più paonazze e la fissò a bocca aperta.
- Ok, ma mi devi un favore – acconsentì Kikyo, superandolo per continuare verso la propria stanza – E chissà che ti riesca di rilassarti un po', con una sessione di sana attività matrimoniale – concluse, malefica.
Il mezzodemone rimase impalato in corridoio, assolutamente basito, prima di mormorare: - Mio Dio, a volte quella donna è peggio di Miroku! -.

Circa trenta minuti dopo Kikyo era pronta per uscire.
Desiderosa di un altro po' di caffè si fermò in cucina.
Schivando abilmente Shippo che correva a prendere il suo zainetto, si ritrovò davanti ai due sposini in amore: Kagome stava sistemando il colletto della camicia al marito, mentre lui le baciava la fronte, sussurrando seducente: - Accompagno Shippo a scuola e poi sarai tutta mia -, facendo arrossire la giovane.
Kikyo distolse lo sguardo quando Kagome gli diede un casto bacio sulle labbra.
Una bizzarra fitta le colpì lo stomaco. Forse era meglio evitare il secondo caffè…
Mentre si voltava, pronta a lasciare l'appartamento, uno strano lampo di rosso attirò l'attenzione del suo sguardo periferico.
Inuyasha si staccò dalla moglie con un mezzo sorriso, salvo poi lanciare uno sguardo interrogativo a Kikyo, rimasta come impalata mentre le passava a fianco.
Quest’ultima sbattè le palpebre, confusa. Per un solo istante le era parso di notare una sorta di spago di colore rosso ad unire le mani del mezzodemone e di Kagome.
Sbuffò mentalmente. Che sciocchezza.
“Basta caffè per oggi, assolutamente”, decise.



Forse i cioccolatini della vecchia erano andati a male e le avevano fatto venire le allucinazioni: anche per strada aveva continuato a vedere lampi di filo rosso alle mani delle persone, che però svanivano ad una seconda occhiata…
Sperò di non avere uno strano problema agli occhi, almeno!

Giunta davanti alla palazzina che ospitava il suo studio, sospirò. Alla fine, anche nel suo giorno di riposo, era riuscita a ritrovarsi ancora circondata da quelle quattro mura.
Entrando però, trovò ad attenderla una sgradita sorpresa: Naraku Kumo, appoggiato al muro dell'edificio, intento a fumarsi una sigaretta in barba ai divieti.
Ew, un motivo in più per detestare quell'uomo: lei odiava l'olezzo del fumo!
Si sforzò di superare la figura imponente, mostrandosi distaccata.
Sfortunatamente l'uomo aveva altri piani: - Non si può ancora entrare – la avvisò.
Kikyo gli lanciò un’occhiata scocciata: - E perché mai, di grazia? – ribatté.
Naraku buttò fuori una boccata di fumo, infastidendola ulteriormente: - L'ascensore era guasto e gli operai hanno sporcato il pavimento. La donna delle pulizie ha appena terminato di lavare tutto, anche le scale. Che sono bagnate – la informò – Quindi, a meno che non voglia prendere l’ascensore… - la prese in giro.
- Prego?? – sibilò la donna – Cosa vorrebbe insinuare? -.
L'altro sogghignò: - Il suo segreto è al sicuro, con me, Signorina Tama -.
Vedendola strabuzzare appena gli occhi, continuò: - Davvero credeva che non mi accorgessi che lei usa sempre le scale? Nel silenzio della mattina è praticamente impossibile non notare il suono dei suoi tacchi contro i gradini – le rivelò con nonchalance. 
Kikyo sospirò, tentando di riacquistare la calma.
Quel borioso, saccente, figlio di…
Tentò disperatamente di calmarsi, sistemandosi una ciocca di capelli che le era scivolata davanti al viso.
Solo allora realizzò una cosa. Con stupore notò di nuovo un filo rosso, questa volta legato al proprio mignolo.
Anche lei aveva un'anima gemella designata, quindi?
Inconsciamente seguì con lo sguardo quella scia rossa, che procedeva verso la sua sinistra fino a… al mignolo della mano con cui Naraku ancora reggeva la sigaretta.
No, non era possibile.
Era uno scherzo, vero? Un'allucinazione, frutto di quei dannati cioccolatini…
Doveva essere sbiancata, o aver fatto una faccia sconvolta perché il dottor Kumo la fissò per un attimo, prima di staccarsi dal muro e chiederle: - Signorina? Sta ben… -.
- No! – urlò di riflesso lei, schiantandosi quasi contro la porta chiusa della palazzina.
Fuggire. Doveva fuggire.
Tra tutti gli esseri umani (e non) proprio lui doveva essere la sua anima gemella?
- No, assolutamente no, mi rifiuto! – si ritrovò quasi ad urlare la donna, mentre si allontanava da lui, entrando nell'androne incurante di tutto il resto – Piuttosto di stare con te, morirò vergine! – sbottò.
Naraku la fissò, allibito: - Kikyo – iniziò.
- No! – gemette, facendo un altro passo indietro.
Il tacco a spillo scivolò sul pavimento bagnato e Kikyo si sentì cadere all’indietro.
l'ultima cosa che vide prima di perdere i sensi, fu Kumo tentare di sporgersi verso di lei.


La prima cosa che mise a fuoco quando rinvenne fu il soffitto del suo studio.
Si rese conto di essere sdraiata sul suo divanetto.
Quasi sorrise. Era stato tutto un sogno, per fortuna! San Valentino, Kumo, quella panzana del filo rosso…
- Ben svegliata, raggio di sole – la schernì una voce.
Mettendo a fuoco la propria scrivania, Kikyo si rese conto con orrore che…
- Togli immediatamente quei piedi dal mio tavolo! – pigolò.
Tentò di alzarsi, ma un inaspettato capogiro la ostacolò. La testa le pulsava dolorosamente, realizzò.
- Ha rischiato di farsi seriamente male, lo sa? Battere la testa all'indietro in quel modo avrebbe potuto comportare gravi conseguenze – continuò Naraku, facendosi serio, le mani incrociate a sostenersi il mento, i gomiti puntati sul bordo del tavolo.
- Che diamine… - tentò di nuovo Kikyo, riuscendo a mettersi seduta – Come siamo finiti nel mio ufficio? -.
- Tasca esterna sinistra della borsa, è lì che tiene la chiave della porta del suo studio; portachiavi argentato – rispose automaticamente l'uomo.
- Ha messo le sue manacce nella mia borsa??? – si indignò la donna – Io la denuncio!!! -.
Naraku emise un fischio: - Accidenti che caratterino! Passi dall’essere silenziosa e sprezzante a diventare una focosa gattina – appurò – Interessante -.
- Come osi! Te la faccio vedere io, la “gattina” – sibilò glaciale Kikyo – Vattene immediatamente dal mio studio! – concluse, alzandosi in piedi, pur traballando.
L'uomo si alzò, il solito sorrisino di scherno sulle labbra.
Kami, quanto odiava quel sorrisetto!
Lo fulminò con lo sguardo quando lui si attardò appositamente davanti a lei, mentre usciva, squadrandola con quelle sue iridi vampiresche. - Fuori!- ribadì con un sibilo lei.
- Interessante… davvero interessante – ridacchiò lo psichiatra, uscendo, infine, prima che lei lo mandasse al diavolo – Buona giornata, signorina Tama – si congedò – Ah, e per la questione del “morire vergine”… se ci ripensa, sono alla porta accanto – rise, andandosene.
Kikyo rimase a fissare per qualche secondo la porta che ancora teneva aperta, incredula e sbigottita.
Ridestandosi infine dalla trance, sbattè con forza il legno, urlando – Vai al Diavolo, Naraku! -.


~~~~

Le cose erano andate avanti, alcune bene, altre… meglio.
Kumo continuava ad essere il solito fastidioso, ma nella vita di Kikyo almeno una novità c'era stata: aveva finalmente trovato un appartamento dove stare.
Era un bilocale, modesto, ma perfetto per le sue esigenze, situato strategicamente a metà strada tra l'ospedale e lo studio ginecologico privato. Vi si sarebbe trasferita l'indomani, il 14 marzo.
Chiuse a doppia mandata la porta dello studio, sopprimendo uno sbadiglio. Erano quasi le 21, non si era resa conto di essersi attardata fino a quell'ora…
Sovrappensiero come era si bloccò di scatto, scorgendo nella penombra una figura ben nota, ferma davanti all'ascensore.
- Niente notte in bianco, questa volta, Kumo? – lo salutò.
L'uomo non replicò, limitandosi al suo tipico ghigno irritante.
L’ascensore arrivò al piano con un trillo.
Gli occhi rossi del mezzodemone si illuminarono di malizia. La sfida, la provocazione insita in quegli occhi era chiara: hai il coraggio di entrare in questo ascensore con me, Kikyo? Hai paura, forse?
Con uno sbuffo la donna si avviò verso la rampa di scale.
Quando arrivò in fondo, lui era lì che la aspettava, appoggiato al corrimano, davanti all'ultimo gradino, intralciandole il passaggio.
Kikyo sostenne quello sguardo infuocato: - Hai finito di burlarti di me, Naraku? – gli domandò, sprezzante.
La sua risposta non verbale fu allungarsi un po' di più con le gambe, giusto per intralciarle un po' di più il passaggio.
La donna lo superò, reprimendo un sorrisino.
La figura da pazza furiosa di quel San Valentino aveva avuto un interessante risvolto.
Credendoci o meno, Kikyo aveva iniziato a chiedersi perché, dal punto di vista dei Kami, potesse essere proprio Naraku la sua “anima gemella”.
Aveva quindi iniziato a prestargli un po' più di attenzione. Giusto un po' di più, giorno dopo giorno.
E doveva ammettere che qualche piccolo pregio lo possedesse anche lui: era uno stakanovista, proprio come lei. E aveva un fisico niente male. Lo aveva appurato di persona, la volta in cui gli era inavvertitamente finita addosso di peso, correndo per la fretta. Era tenace, anche se possedeva un pessimo senso dell'umorismo ed era irritante a livelli esponenziali….
Appunto!
Nel passare, le aveva fatto lo sgambetto!
- Ah, divertente – constatò con voce piatta – Davvero maturo, complimenti, idiota -.
- Grazie, sono lusingato dall'alta opinione che ha di me – replicò lui.
Eccolo, un altro mezzo pregio: le teneva testa, stando al gioco.
Prendere in giro Inuyasha era stato divertente, ma il mezzodemone cane tendeva a replicare infuriandosi o balbettando. Naraku aveva invece sempre la risposta pronta, perfetta per provocarla, stuzzicarla, tentarla, sfidarla...
Si fissarono negli occhi, studiandosi per un lungo istante.
Stranamente fu lui a cedere, quella sera.
- Non ho proprio speranze di esserti almeno un po' simpatico, vero? – parlò.
Kikyo alzò gli occhi al cielo. Instancabile spocchioso. Ti lasciava vincere la battaglia, Naraku, ma non la guerra.
- Forse un giorno ci riuscirai, ma non oggi – ribatté inaspettatamente Kikyo – Continua pure a provare, se ci tieni – lo sfidò – Buona notte, Naraku – concluse, uscendo dalla porta principale.
- "Continua pure a provare", eh? - sussurrò Naraku, pensoso, prima di seguirla all'esterno.
Con uno scatto fulmineo arrivò alle spalle di Kikyo, ormai sul marciapiede.
- Contaci, gattina - le bisbigliò all'orecchio con quella sua voce roca ed irriverente.
La donna si immobilizzò, sorpresa, mentre uno strano brivido -di freddo? Paura? O... Aspettativa?- le increspava la pelle.

Tra di loro, il filo rosso che congiungeva il loro destino parve intensificarsi per un solo istante, tornando poi invisibile.

Poi, in un battito di ciglia, Naraku scomparve in una nuvola di fumo demoniaco, teletrasportandosi come se nulla fosse.
Kikyo sospirò, ricomponendosi e sistemandosi i capelli lievemente scompigliati a causa dell'uscita di scena ad effetto di quello spaccone di Kumo.
Infine sogghignò, fissandosi il mignolo.
Filo rosso del destino? Può darsi, alla fine. Una cosa era certa, però: non sarebbe stata ferma ad aspettare ciò che era stato forse pianificato per lei.
Gettarsi docile ai piedi di un uomo solo perché -forse- era quello il suo destino? Giammai! Non si sarebbe arresa così facilmente. Se qualcuno la voleva, avrebbe dovuto lottare per averla.
Il filo rosso del destino? Lo avrebbe seguito… ma a modo suo!




Buon Salve! ☺ secondo tentativo strano di partecipare al contest.
Il finale non doveva essere assolutamente così, ma Kikyo si è rifiutata di lasciarsi andare a baci, effusioni, smancerie, innamoramenti o altro ^^’’’ era pazza isterica bipolare all'inizio della os e così è rimasta fino alla fine XD
Quindi, più che romantico-sentimentale, ne è uscita una cosa strana e bizzarra che non sapevo davvero come finire. Ma, di nuovo come la precedente, ormai era scritta in gran parte e, benché mi faccia orrore, piuttosto di lasciarla lì, la posto lo stesso, per l'occasione per la quale l'ho pensata (a voi lettori l'ardua sentenza!)

La storia del filo rosso del destino (che immaginiamo la Kagome della os abbia reso più “a misura di bambino” :-D)  la potete trovare qui: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Filo_rosso_del_destino
   
 
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