Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
Segui la storia  |       
Autore: QueenInTheNorth    03/03/2018    12 recensioni
Vi chiedete mai cosa sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente? Se dopo l'incoronazione di Jon Snow a Re del Nord nuove forze fossero scese in campo? Se vecchie profezie fossero tornate alla luce e la Canzone si fosse rivelata? Quanto può una decisione diversa cambiare le sorti dei Sette Regni?
La ruota continua a girare, nuovi re si faranno avanti e la terra tremerà ancora per il ruggito dei draghi.
Ma la Lunga Notte è vicina, gli Estranei attendono pazienti, e nell'ora più buia tutte le vostre certezze vacilleranno. Stavolta gli uomini sono soli e l'amore forse non basterà più a salvarli.
Siete pronti a perdere ogni speranza?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jon Snow, Sansa Stark, Tyrion Lannister, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A





And Once for Love

 

 

Words from No One                                                                                                                                                                                                                                                       
                                                                                                             


Jon

 

Il cielo era stranamente limpido. La notte prima aveva piovuto ed il nevischio si era sciolto, mescolandosi alla terra ed infangando le scarpe di cuoio duro dei lord ed i vestiti di velluto delle lady. Le strade erano scivolose ed insidiose e gli zoccoli dei cavalli affondavano al tal punto nel terreno, da costringere gli uomini a trascinare i carretti. Ma capitava che i raggi delle ruote si spaccassero, e allora erano necessari almeno quattro uomini forti che sorreggessero il carro mentre veniva effettuata la riparazione. Il legno marciva a causa dell’umidità ed i tronchi degli alberi venivano attaccati dal muschio. Fortunatamente le temperature fin troppo clementi non permettevano ancora le gelate, ma la gente del Nord non si illudeva: il ghiaccio sarebbe arrivato presto ed avrebbe portato bufere e grandinate.

Città dell’Inverno si stava rapidamente popolando; per i suoi vicoli riecheggiavano le urla dei bambini, i sospiri delle donne ed i comandi concitati degli uomini. I campi erano stati abbandonati e le provviste raccolte nei granai.

Si cucivano mantelli bordati di pelliccia di volpe o di lupo ed abiti di lana pesante, guanti e farsetti di pelle. Gli allevatori macellavano gli animali e salavano le carni, consapevoli che neanche il più ricco lord del Continente avrebbe potuto sfamarli in seguito all’arrivo del vero freddo. Gli alberi erano abbattuti, i tronchi tagliati e disposti disordinatamente nelle legnaie, mentre i fabbri battevano il ferro ed il bronzo per forgiare armature robuste, spade, lance e punte di frecce.

L’ultimo appello del Re del Nord invitava il popolo a collaborare, ad aiutare non solo gli amici ma anche gli antichi nemici, a prepararsi per l’inverno più difficile degli ultimi mille anni. Il corvo bianco era arrivato non più di una settimana prima, silenzioso come un’ombra, ma gli uomini l’avevano avvistato in ogni caso e sentito il sangue gelare nelle vene. L’inverno era arrivato. Da allora il cielo era stato sfondo del viaggio di innumerevoli corvi, tutti neri, che arrivavano da ogni fortezza del Nord, dalla Valle e dalle Terre dei Fiumi.

In tutti i villaggi si respirava la paura e la preoccupazione, ed i lavori erano divenuti frenetici. Bisognava riparare i tetti e i muri delle abitazioni incendiate dai Bolton e costruire ripari per i rifugiati che fuggivano dai luoghi troppo vicini alla Barriera. Molti uomini erano morti in guerra e la manodopera scarseggiava.

Quando il Re del Nord aveva offerto il sostegno dei propri uomini, il popolo era ammutolito spaventato. I bruti si erano stanziati nella pianura a seguito della Battaglia dei Bastardi e, nonostante tutte le promesse e i giuramenti, la gente comune continuava a temerli.

Ma l’Inverno è capace di scrutare i luoghi più reconditi dell’animo e di far emergere sentimenti inimmaginabili. Uniti dal dolore per le perdite subìte e dal terrore per un futuro quanto mai incerto, il Popolo Libero e le genti del Nord si erano reciprocamente accettati, scoprendosi alleati in una guerra invisibile che non comprendevano.

Non potevano immaginare quanto i legami che stavano faticosamente instaurando avrebbero in futuro fatto la differenza fra la vita e qualcosa peggio della morte. Perché il popolo del Nord non sapeva che, quando le leggende si scoprono reali, la paura ha spade di ghiaccio ed occhi più blu delle stelle.

 

 

Uno, due, tre, quattro. Piccoli fiocchi iniziavano a cadere volteggiando e bagnando i mantelli. Jon Snow si accorse di avere già i capelli umidi e si affrettò a tirare su il cappuccio, cercando allo stesso tempo di mantenere il controllo sul suo cavallo.

Era un omaggio di lord Cerwyn, uno stupendo purosangue bianco dalla criniera candida e l’animo ribelle. “Un cavallo bianco per il Lupo Bianco” aveva detto soddisfatto il lord, “mi sembra una bestia degna di un re.” Jon si era trattenuto dal far notare che probabilmente le origini di quel cavallo erano più nobili delle proprie, ed aveva accettato il dono sfoggiando il suo sorriso migliore. L’aveva chiamato Ghiaccio, come la spada appartenuta a suo padre e di cui si erano perse le tracce. Secondo il racconto di Sansa, Ilyn Payne aveva brandito proprio quella spada il giorno in cui a Ned Stark fu mozzata la testa.

Una bestia degna di un re. E’ questo quello che sono ora, un re.

Jon non riusciva ancora a credere che proprio lui fosse stato scelto come Re del Nord, non poteva pensare che fosse successo davvero, che i lord di tutto il Nord si fossero alzati, acclamandolo e giurandogli fedeltà. Come avevano potuto preferire il Bastardo di Grande Inverno alla figlia legittima di Ned e Catelyn Stark?

Jon aveva temuto di trovare il rancore e la delusione nello sguardo di Sansa, ma lei gli aveva sorriso radiosa. Sembrava felice… addirittura orgogliosa. Jon si era alzato in piedi a disagio, chiedendosi se suo fratello Robb avesse in passato ricevuto una cerimonia simile. Sembravano passati secoli, ma il Nord non dimentica. Non dimentica gli oltraggi e le sventure che gli Stark avevano dovuto subire a causa del gioco di qualcun altro. Non dimentica il tradimento che uccise Ned, né le Nozze Rosse, in cui l’esercito del Nord fu massacrato insieme a Robb e Catelyn. Non dimentica il fumo che si levava dal rogo di Grande Inverno, la tirannia dei Bolton, la morte del piccolo Rickon.

Jon chiuse a pugno la mano della spada. Sentiva ancora le nocche sfrigolare nei punti dove aveva colpito il viso di Ramsay Bolton. L’aveva preso a pugni con una forza che non credeva di avere, con un furore sconosciuto, e quell’essere non aveva mai smesso di sorridere. L’aveva colpito ventuno volte.

Quando Sansa gli aveva detto che Ramsay era morto, Jon non aveva fatto domande, ma il mancato ritrovamento del cadavere e la successiva soppressione dei mastini dei Bolton per volere di sua sorella gli avevano fatto intuire la verità. Jon era rimasto stupito: non credeva Sansa capace di una tale crudeltà, seppur ampiamente meritata dalla vittima. La vita aveva cambiato profondamente Sansa; non era più la ragazzina ingenua e sognatrice, amante dei cavalieri e delle storie d’amore, ma una donna segnata dall’esperienza e dalla sofferenza, resa forte e sospettosa dalle avversità che aveva incontrato.

Una folata di vento gelido fece rabbrividire Jon, che abbandonò i suoi pensieri per concentrarsi sulla strada accidentata. Ghiaccio avanzava al passo, scivolando ogni tanto sulla pietra viscida, e Jon doveva tenersi stretto alle redini per non essere sbalzato giù di sella. Si voltò per assicurarsi che il resto del gruppo lo stesse seguendo. Davos e Tormund cavalcavano appena dietro di lui, seguiti da alcuni cavalieri concessi da lord Manderly.

Quella limpida mattina si erano recati in un villaggio non lontano da Grande Inverno dopo alcune segnalazioni di aggressioni da parte di fedeli ai Karstrak scampati alla Battaglia dei Bastardi. Jon aveva subito guidato un piccolo contingente armato ed i ribelli erano stati facilmente sopraffatti. I contadini erano usciti dalle case, inginocchiandosi davanti al Re del Nord e ringraziandolo tra lacrime di gioia. Alcune donne gli avevano perfino porto i propri bambini perché li benedicesse. E Jon li aveva abbracciati tutti, ascoltando le loro storie e ridendo alle loro battute. Ovunque andasse la folla lo acclamava e Jon non si era mai sentito così amato. Neanche quando ero Lord Comandante dei Guardiani della Notte, aveva dovuto ammettere.

Il pensiero della Barriera aveva calato un’ombra sul suo viso e Jon istintivamente portò la mano libera al cuore.

Davos dovette accorgersene, perché spronò il cavallo raggiungendolo. “Ti fa male, vostra grazia?” gli chiese con un tono vagamente preoccupato.

Jon abbassò lo sguardo. “No, Davos, è tutto a posto” rispose con un sospiro, “e quante volte devo dirti di non chiamarmi in quel modo?”

Davos accennò un sorriso sotto la folta barba. “Come vuoi tu, Jon” rispose allontanandosi nuovamente.

Lentamente Jon abbassò la mano stringendo i denti. Le ferite bruciavano e non si erano ancora rimarginate del tutto, specialmente quella provocata dal coltello che gli aveva attraversato il cuore. Jon scosse il capo, tentando di scacciare pensieri malinconici. Il passato era terrificante, ma il futuro che li attendeva lo era di più.

Finalmente le mura di Grande Inverno furono in vista. Dopo che Wun Wun aveva sfondato il grande portone di legno, l’entrata era sorvegliata da una decina di sentinelle in attesa della costruzione di un nuovo cancello. Le guardie si inchinarono al passaggio del re e un ragazzo si fece avanti per prendere in custodia Ghiaccio.

Jon smontò da cavallo e si girò verso Tormund. “Voglio guardie sulle mura e davanti alle porte delle sale più importanti” comandò con voce autoritaria. “E che tutti i lord e le lady siano informati della convocazione del concilio per stasera prima di cena.”

Il grosso bruto si accarezzò la barba rossa ed incolta facendo una smorfia. “Ti piace dare ordini, eh Snow?”

Jon sorrise: almeno Tormund non aveva alcuna intenzione di chiamarlo vostra grazia, il massimo che poteva aspettarsi dai bruti era un borbottato Re Corvo.

Evitando i numerosi servitori che gli si affollavano intorno, Jon tirò dritto, conscio del fatto che Davos si sarebbe occupato dei loro problemi. Aveva voglia di vedere Sansa. Attraversò i corridoi semibui del castello e raggiunse la camera della sorella. Stranamente la porta era socchiusa ed un fascio di luce si allungava sul pavimento. Da dentro provenivano delle voci. Incuriosito, Jon si fermò ad ascoltare e riconobbe facilmente quella cristallina di Sansa.

“Non ho alcuna intenzione di ascoltarti, lord Baelish” stava dicendo e Jon strinse le labbra udendo il nome di Ditocorto: Sansa stessa l’aveva avvisato di non fidarsi di quell’uomo.

“Quello che dici è assurdo, per favore esci dalla mia stanza” stava continuando a voce più alta Sansa. Jon non poteva vedere all’interno della stanza, ma era certo che sua sorella si fosse avvicinata alla porta.

“Sansa, ascoltami” disse la voce pacata di Baelish, “capisco che tu sia sconvolta, tutto questo non sarebbe dovuto accadere, ma io…” Si sentì un rumore secco.

La voce di Sansa era carica d’ira. “Lord Baelish, esci dalla mia stanza o chiamo le guardie.” Jon non resistette oltre e spalancò di colpo la porta.

Sansa era in piedi davanti a lui con un’aria esterrefatta, i lunghi capelli rossi raccolti a treccia su una spalla, mentre Ditocorto era balzato in piedi con sguardo omicida.

“Nessuno ti ha insegnato che spiare una conversazione è cattiva educazione, vostra grazia?”

Jon si girò verso di lui. “Credo che nessuno abbia insegnato a te che minacciare una lady sia un atto ancora più maleducato, lord Baelish.”

Ditocorto stava per protestare, ma intervenne Sansa. “Non mi ha minacciata, Jon” disse riconciliante, “e poi Petyr stava andando via, non è così?”

Baelish sembrò valutare le alternative. “Ma certo mia signora” disse inchinandosi e voltandosi. All’ultimo si girò verso di Jon.

“Mio signore” sussurrò con un sogghigno prima di sparire.

Sansa tirò un sospiro di sollievo e si lasciò cadere sul letto. Jon rimase in piedi. “Che ti stava dicendo, Sansa?”

Lei si prese la testa fra le mani. “Non mi dà tregua, Jon!” esclamò con le lacrime agli occhi “Voleva che fossi io a essere nominata regina e minaccia di sottrarre al Nord i Cavalieri della Valle.”

“Sansa, ti prego sii sincera” la interruppe Jon prendendole le mani, “devo sapere se sei arrabbiata o insoddisfatta. Di' solo una parola e ti farò proclamare Regina del Nord al mio posto, è un titolo che ti spetta per nascita.”

Sansa rise. “Jon, credimi, nessuno più di te merita questo onore e io non sono pronta ad assumermi tutte quelle responsabilità” rispose convinta. “E poi è proprio questo che Ditocorto vuole, che io governi il Nord così che lui possa estendere il suo potere fin qui. Non possiamo permetterlo Jon, Baelish è pericoloso. L’ho visto uccidere mia zia a sangue freddo e non si fa scrupoli ad eliminare coloro che sono sulla sua strada. Ha complottato per uccidere Joffrey facendo ricadere la colpa su Tyrion Lannister e prima di lui aveva fatto avvelenare Jon Arryn, l’amico di nostro padre.”

Jon era disgustato: come poteva un uomo del genere aver ispirato, anche solo per un momento, la fiducia di sua sorella?

Sansa lo stava fissando. “So bene cosa stai pensando” disse con voce canzonatoria, “ma Baelish mi ha salvata, mi ha portata via da Approdo del Re, ed era l’unica persona di cui potessi fidarmi.”

Jon fece una smorfia. “Già, così fedele da venderti all’uomo che ha piantato un pugnale nel cuore di nostro fratello.”

Gli occhi di Sansa si fecero lucidi e Jon si pentì immediatamente di ciò che aveva detto. “Scusami, io non intendevo…”

“Hai ragione” lo interruppe singhiozzando Sansa, “sono stata una sciocca.” Si aggrappò alle spalle di Jon e lui l’abbracciò a disagio.

“Qualche volta lo vedo ancora” mormorò Sansa senza guardarlo negli occhi, “sono sola in una stanza con lui e grido, grido, ma non arriva nessuno. E lui ride… ti ricordi come rideva?” Jon rivide davanti agli occhi il ghigno di Ramsay quando aveva trafitto il povero Rickon con una freccia, come avesse usato suo fratello per attirarlo in una trappola, e sentì la rabbia ribollirgli nelle vene.

“Ramsay è morto” disse deciso prendendole il viso tra le mani, “è morto e non tornerà più per farti del male, Sansa.”

Lei lo fissò con angoscia. “Sai cosa mi fa paura?” gli chiese con un filo di voce “Che sia diventata come lui. Un mostro… come lui…”

Jon la scrollò dolcemente. “Non dirlo neanche per scherzo.”

Sansa iniziò a tremare. “L’ho fatto sbranare dai suoi stessi cani” disse in un soffio. Jon non ne fu stupito.

“E ho guardato” continuò disperata Sansa, “ho guardato e mi sono sentita rinascere. Ho anche sorriso, proprio come faceva lui…”

Jon comprese che sua sorella era in preda ad una crisi isterica. Si sentì terribilmente fuori posto: consolare e rincuorare non erano attività in cui eccelleva. Neanche lontanamente. Deglutì e prese fiato.

“Non importa, lui è morto e tu sei viva. Puoi continuare a vivere tra le ombre del passato o adoperarti per scrivere il tuo futuro. Tu sei la lady di Grande Inverno.” Il silenzio regnò per qualche secondo.

“Credo che mi ami” confessò infine Sansa.

“Chi?” chiese Jon colto alla sprovvista. Per un folle attimo, uno solo, aveva pensato si riferisse a Ramsay.

“Baelish” rispose Sansa, “vuole che io lo sposi così da governare insieme.”

“La Valle?” Una parte di lui conosceva già la risposta.

Sansa lo guardò addolorata. “Non solo la Valle” spiegò con amarezza, “lui vuole il Trono di Spade.” Jon rimase a bocca aperta: quali diritti poteva avere Ditocorto sul Trono di Spade?

“Inizierà col prendersi il Nord” proseguì Sansa abbassando gli occhi. “La sua tattica consiste sempre nel lasciare che gli avversari si facciano guerra da soli, per poi distruggere il vincitore. Quando mi ha consegnata ai Bolton aveva detto che Stannis avrebbe sconfitto Ramsay. Siamo stati noi a battere i Bolton, quanto credi che passerà prima che ci si ritorca contro? Abbiamo perso più di mille uomini durante la Battaglia dei Bastardi e le altre casate hanno perduto i propri soldati al seguito di Robb. Ditocorto ha i Cavalieri della Valle.”

“Tuo cugino Robin ha i Cavalieri della Valle…”

“Mio cugino Robin ha tredici anni e fa esattamente quello che Baelish gli dice di fare. Non possiamo sconfiggerlo sul campo Jon, possiamo solo essere più furbi di lui.”

Jon ebbe un senso di vertigine. Complotti, alleanze e sotterfugi non erano il suo campo; l’ultima volta che vi si era accostato, i suoi confratelli l’avevano ucciso.

“Sansa, io non so se sono capace di…”

“Devi, Jon: si tratta di sopravvivenza. Tu sei un ostacolo per Petyr Baelish e se non ti guarderai le spalle finirai ammazzato, di nuovo. Ed io sarei costretta a sposare l’assassino di mio fratello, di nuovo. Ti prego, tu sei tutto quello che mi resta della nostra famiglia, l’unica speranza per il Nord, promettimi che farai attenzione e che mi ascolterai.”

Jon le sorrise incoraggiante. “Non aver paura” le disse, nascondendo il suo turbamento, “te lo prometto. E poi, Baelish avrà anche i Cavalieri della Valle, ma io ho Spettro!”

Sansa si concesse un timido sorriso. “Spero sia sufficiente” disse alzandosi. Per una manciata di secondi rimasero fermi, a pochi centimetri l’uno dall’altra. Jon poteva percepire il fiato caldo di lei ed avvertì una sensazione sconosciuta allo stomaco. Non lascerò mai che qualcuno ti faccia del male, pensò travolto dall’emozione. Ti proteggerò finché potrò e anche oltre…

In quel momento la porta si spalancò facendoli sobbalzare entrambi. Davos era apparso sulla soglia. Aveva il fiato corto e stringeva un pezzo di pergamena.

“Vostra gra… Jon, è appena arrivato un corvo.”

Jon e Sansa si separarono. Jon sentiva le guance andargli a fuoco.

Davos sembrava imbarazzato. “Perdonami, mia signora” disse guardando Sansa. Poi si rivolse a Jon.

“Il corvo arriva da Delta delle Acque.”

Jon scattò in avanti, ma Sansa fu più rapida ed afferrò il foglio. Jon attese paziente.

Chi mai poteva scrivergli da Delta delle Acque? Il castello era ora controllato dai Frey, e quale Frey sarebbe stato così sciocco da credere in una possibile pace con gli Stark dopo gli eventi delle Nozze Rosse? Gli occhi di Sansa guizzavano rapidi sulla lettera. Presto tornò a guardare Jon, colta da una forte emozione. Gli porse la pergamena stropicciata.

“Tieni, leggila tu” lo incoraggiò con voce misteriosa. Jon prese la lettera e la dispiegò. Con una grafia incerta e disordinata vi erano buttate giù solo poche parole.

Valar Morghulis

Walder Frey è morto

Lunga vita al Re del Nord!

Jon fissò attonito il pezzo di carta, che all’improvviso acquisiva valore di documento prezioso, riflettendo sulle parole che aveva appena letto. Walder Frey, l’uomo che aveva architettato il massacro delle Nozze Rosse, l’alfiere traditore di Robb, colui che aveva causato la totale distruzione dell’esercito del Nord, era davvero morto? Chi scriveva sembrava esserne certo. Magari è il suo assassino.

Studiò la grafia, ma essa non aveva nulla di familiare. Tornò a concentrarsi sulle parole. “Cosa significa Valar Morghulis?” chiese, a nessuno in particolare. Sansa scosse la testa pensierosa.

“E’ una frase in alto valyriano” intervenne a sorpresa Davos. Jon e Sansa si voltarono stupiti.

“Shireen mi aveva detto che era una frase usata spesso da non so quale setta” spiegò lui, intristendosi al pensiero della bambina. “Significa: Tutti gli Uomini Devono Morire.

Sansa rabbrividì mentre Jon si accorse di avere le idee ancora più confuse.

“Non c’è scritto il mittente?” chiese alla fine Sansa. Jon scosse la testa, girandosi la lettera tra le mani.

All’improvviso scorse una scritta minuta sul retro del foglio. Soffocando un’esclamazione, aguzzò la vista. In una grafia più nitida e spigolosa vi era scritta una sola semplice parola.

Sansa si protese in avanti. “Allora?” chiese impaziente “Chi l’ha inviata?” Jon alzò lo sguardo.

Nessuno.”

 

Jaime

 

Le rovine del tempio di Baelor bruciavano ancora. Dalle macerie si levava un’esile colonna di fumo e i detriti invadevano le strade.

Erano passati solo pochi giorni dall’esplosione e la città viveva nel terrore. Le Cappe Dorate pattugliavano ogni vicolo di Approdo del Re, dalla Fortezza Rossa a Fondo delle Pulci, controllando che il popolo fosse docile e non incline ad altre ribellioni.

Chiunque fosse udito pronunciare frasi di scherno nei confronti della regina, fosse egli nobile o plebeo, veniva condannato a morte senza alcun processo. Le teste dei traditori venivano esposte sulle mura del palazzo, così che tutti conoscessero il destino degli insorti. Ormai erano così tante che le picche si stavano rivelando insufficienti.

Le case erano silenziose, le strade deserte. La città era morta.

 


La sala del Trono non era gremita di curiosi come un tempo; la maggior parte dei nobili era ritornata ai propri possedimenti ed i cortigiani rimasti cercavano in tutti i modi di frapporre almeno due stanze fra loro e la Regina Folle.

Perché Jaime sapeva che era così che il popolo chiamava sua sorella quando era certo di non essere ascoltato. Jaime faceva ancora fatica ad accettare quello che Cersei aveva fatto alla sua gente, ai suoi alleati. A loro figlio. Ricordava la gioia che aveva provato quando era tornato in città a seguito della sua missione nelle Terre dei Fiumi, la felicità trattenuta a stento per poter finalmente riabbracciarla. Si aspettava che avesse vinto il processo con facilità e che fosse giunta ad accordi diplomatici con i Tyrell. Credeva che si fosse riappacificata con lo zio Kevan e che avesse rafforzato la presa di Tommen sul Trono. E invece trovava i Tyrell sterminati, suo figlio morto ed il Tempio in preda all’Altofuoco.

Quando Jaime aveva visto sua sorella salire i gradini e sedersi sul Trono di Spade, aveva creduto di rivivere i giorni della Ribellione. All’epoca aveva ucciso Aerys Targaryen per evitare che consumasse l’intera città con l’Altofuoco che l’ossessionava.

Se fossi arrivato in tempo, avrei avuto la forza di uccidere Cersei per la medesima ragione? Quel pensiero lo tormentava, gli toglieva il sonno. Cersei non aveva versato una lacrima per la morte del suo ultimo figlio.

Si è suicidato, pensava sconvolto Jaime. Il suo… il nostro bambino si è buttato da una finestra perché sua madre ha distrutto tutto ciò che amava.

Per la prima volta Jaime si era ritrovato a pensare a Margaery Tyrell, a quanto Tommen avesse dovuto amarla per togliersi la vita alla sua morte. Un amore ingenuo. Ma aveva avuto conseguenze catastrofiche. E Cersei odiava Margaery. Odiava che avesse occupato il suo posto nel cuore di Tommen, odiava che fosse diventata regina. Così l’aveva eliminata insieme a suo fratello, suo padre e l’Alto Passero.

Jaime si accorse che sua sorella si era alzata dal Trono venendogli incontro. E’ ancora più bella di quando l’avevo lasciata.

Cersei lo fissò con i suoi occhi spietati. “Mi sembra che l’etichetta preveda che ci si inchini al cospetto della propria regina.”

Jaime la fissò interdetto e tentò un sorriso. "Io sono tuo fratello."

Lei rimase impassibile. “Come posso sperare di incutere rispetto se neanche mio fratello omaggia il mio ruolo?” chiese inclinando leggermente il capo.

Tu incuti terrore, non rispetto dolce sorella. “Come desideri, vostra grazia.” Jaime accennò un inchino.

Cersei parve soddisfatta. “Molto bene” disse, ora con voce più rilassata, “abbiamo alcune questioni importanti da discutere. Fatti trovare nelle stanze del Primo Cavaliere tra cinque minuti.”

Jaime non ne fu sorpreso. “Convochi il Concilio Ristretto?”

Cersei lo fissò a lungo. “Non abbiamo un Gran Maestro” rispose con un sibilo, “non abbiamo un Mastro della Flotta, né un Capo delle Spie o un Mastro del Conio. Abbiamo solo un Primo Cavaliere. Ti sembra forse un Concilio Ristretto?” Senza dargli il tempo di rispondere, Cersei si voltò allontanandosi. Jaime rimase fermo al suo posto.

Poi, lentamente, si avviò verso la scalinata infinita che portava alla Torre del Primo Cavaliere. Arrivato in cima si guardò intorno. Qyburn non aveva cambiato quasi per nulla l’arredamento e gli stemmi dei Lannister erano rimasti. Jaime si sentì invaso dalla tristezza.

Questa era la stanza di mio padre. In quella stanza Tywin Lannister aveva ideato i piani che avevano portato alla morte di Robb Stark e all’alleanza con i Martell di Dorne.

Prima che Tyrion lo uccidesse.

Non riusciva ancora a perdonarsi per aver liberato quel mostriciattolo. Sono stato uno sciocco, si disse. Nostro padre odiava Tyrion e Tyrion odiava nostro padre. Quello che è accaduto era inevitabile. Si ricordò che quella era stata anche la camera di Tyrion e non riuscì a reprimere un sorriso. Come doveva essere buffo mentre impartiva ordini a uomini alti il doppio di lui, mi sarebbe piaciuto vederlo. Tyrion era riuscito a salvare la città dall’assedio di Stannis e anche lui era ricorso all’Altofuoco. 

Cersei e Tyrion potrebbero andare d’accordo più di quanto credano.

In quel momento la porta si spalancò e Cersei entrò, seguita da Qyburn e dall’immancabile ser Gregor Clegane. Jaime sentì un brivido percorrergli la schiena alla vista della Montagna. Ricordava bene come quel mostro avesse fatto esplodere a mani nude la testa di Oberyn Martell durante il processo di Tyrion. Ma Cersei si fidava di lui e Jaime non aveva mai trovato argomentazioni che la convincessero.

Presero posto al lungo tavolo di mogano. Jaime si chiese quante persone fossero passate per quella stanza, sedendo allo stesso tavolo. E dov’erano ora? Renly Baratheon era morto, Pycelle era morto, Mace Tyrell era morto, Varys e Ditocorto erano scomparsi e Tyrion era fuggito.

Cersei si schiarì la voce. “Molto bene” esordì, “secondo i rapporti, in città è tornata la pace.”

E’ tornata la paura vorrai dire. Jaime cambiò posizione sulla sedia.

“Tuttavia nel mio regno ci sono ancora ribelli che cospirano contro di me.”

Jaime riuscì a stento a trattenersi dall’alzare gli occhi al cielo. Tutti cospirano contro di te, dolce sorella, pensò esasperato. Dopo quello che hai fatto.

“Qyburn? Puoi metterci al corrente delle novità?” chiese Cersei.

Qyburn fece un cenno ossequioso con la testa. “Dal Sud arrivano notizie allarmanti: Dorne e l’Altopiano sono in aperta rivolta.”

“Mi sembra naturale” disse annoiato Jaime, “dopo la fine di Oberyn e dei Tyrell.” Cersei lo fulminò con lo sguardo.

“Pare che le Serpi delle Sabbie abbiano stretto un’alleanza con lady Olenna” continuò Qyburn.

“Quella megera si è allontanata dalla capitale prima dell’esplosione” disse Cersei stringendo il pugno.

“E le Serpi delle Sabbie hanno ucciso Myrcella” terminò Jaime per lei. Il ricordo di Myrcella bruciava ancora, il sangue che le colava dal naso mentre gli confessava di aver sempre saputo chi fosse veramente suo padre.

“Dalle Terre dei Fiumi ci è giunta voce della morte di Walder Frey” proseguì Qyburn “e del suo erede diretto.”

Questa notizia stupì Jaime. “Ho visto Walder Frey poco più di una settimana fa e stava benone” osservò, “come è potuto morire?”

Qyburn lo fissò. “L’hanno trovato con la gola squarciata, mio signore, pare che qualcuno gli abbia anche servito i suoi figli in pasto.” Jaime sentì lo stomaco rivoltarsi. “Indizi per scovare l’assassino?” chiese Cersei. Qyburn scosse la testa. “Nessuno” rispose, “sembra essersi volatilizzato.”

Cersei sospirò. “Walder Frey era il nostro principale alleato” osservò con calma, “dobbiamo essere certi che le Torri Gemelle e Delta delle Acque siano dalla nostra parte.” Poi si rivolse a Qyburn. “Invia un corvo e scrivi che per ordine della regina il nuovo lord del Tridente dovrà portare il suo esercito e ciò che resta di quello dei Tully nella capitale. E voglio anche Edmure Tully e suo figlio morti: non desidero complicazioni.”

Jaime sentì un nodo alla gola. “Edmure è prigioniero dei Frey” disse guardando sua sorella, “non rappresenta un pericolo.” Cersei lo fissò. “Non mi interessa quanto tu sia diventato suo amico” disse freddamente, “ho preso la mia decisone.”

Jaime abbassò la testa. Quando aveva parlato con Edmure gli aveva detto che l’unica cosa che contava sul serio per lui era l’amore di Cersei, ma era ancora così? Gli avevo promesso che avrebbe visto suo figlio, pensò sentendosi invadere da un’inspiegabile tristezza. Sono riuscito a prendere Delta delle Acque senza usare la violenza, ma non è servito a nulla.

Qyburn stava proseguendo. “Le notizie più straordinarie arrivano dal Nord, pare che gli Stark abbiano ripreso Grande Inverno.” Jaime quasi si strangolò con la sua stessa saliva e anche il viso di Cersei tradì lo stupore.

“Gli Stark sono tutti morti” disse la regina con voce atona.

“Mi dispiace, mia signora, ma devo contraddirti.” Jaime vide la rabbia stravolgere i lineamenti di sua sorella.

“Sansa” sibilò lei tra i denti. Qyburn annuì.

Jaime fissò il pavimento. Cersei credeva ancora che Tyrion e Sansa avessero complottato insieme per uccidere Joffrey, ma lui sapeva che la verità era diversa.

“Come ha potuto quella puttana riprendersi da sola il Nord?” stava urlando Cersei.

“Non era sola, vostra grazia, è stata aiutata da Jon Snow, il figlio bastardo di Ned Stark.”

Calò il silenzio. Jaime non sapeva se era peggiore la notizia che un nemico avesse ripreso il controllo del Nord o che esistessero Stark ancora vivi dopo lo sterminio che avevano subìto.

“Jon Snow era nei Guardiani della Notte” osservò Cersei, “dunque è un disertore. Sarebbe dovuto essere condannato a morte.” Qyburn si agitò a disagio. “Secondo i racconti che arrivano, Snow è stato ucciso alla Barriera dai suoi confratelli e poi riportato in vita dalla strega rossa di Stannis.”

Cersei scoppiò a ridere. “E il Nord crede ad una sciocchezza simile?” chiese divertita. “Evidentemente sì” continuò Qyburn, “perché l’hanno nominato Re del Nord.” Cersei scattò in piedi furiosa.

“Come osano? Non gli basta la morte di Robb Stark? Nessun regno può essere indipendente, dobbiamo intervenire subito e costringere il Nord in ginocchio. Non dispongono neanche di un esercito…”

“Dolce sorella” intervenne Jaime, “i Bolton avevano seimila uomini, credi davvero che Snow sia riuscito a cacciarli senza un esercito?” 

“Ser Jaime ha ragione mia signora” spiegò Qyburn, “da quanto i miei uccellini mi hanno riferito Snow ha attaccato Bolton con un esercito di circa duemila uomini.”

Cersei rimase a bocca aperta. “E dove li ha trovati?” chiese esterrefatta.

“Erano bruti, mia signora.”

Cersei si rimise a sedere. “Bruti…” ripeté “Non ci posso credere.” Jaime non poté non provare un moto di ammirazione per Jon Snow che era riuscito a convincere quei selvaggi a combattere per lui. In ogni caso i conti non tornavano.

“D’accordo, Snow aveva duemila bruti” concesse Jaime, “ma come diavolo ha fatto a sconfiggere seimila Bolton?”

Qyburn lanciò un’occhiata alla regina. “Perché il suo esercito è stato supportato dai Cavalieri della Valle.” Fece una pausa. “Guidati da Ditocorto.”

Calò nuovamente il silenzio. “Ditocorto mi aveva promesso la testa di Sansa Stark su una picca” sibilò Cersei, “e ora l’aiuta a riprendersi il suo castello?!” Qyburn abbassò lo sguardo. “Così pare.”

“JAIME!” tuonò Cersei “Parti immediatamente per il Nord. Raduna il nostro esercito e quello delle Terre dei Fiumi. Sconfiggi quei selvaggi e brucia ogni villaggio in cui ti imbatterai. Voglio Sansa, Snow e Baelish morti e voglio Grande Inverno distrutto definitivamente.” Jaime non rispose.

“Io ve lo sconsiglio vostra grazia” si intromise Qyburn, “presto avrete bisogno di tutto il sostegno possibile. Qui, nella capitale.” Jaime e Cersei lo fissarono.

“E’ arrivata una lettera da Pyke” continuò Qyburn, “da parte di Euron Greyjoy, nuovo Re delle Isole di Ferro.”

Jaime sbuffò. “C’è qualcuno nei Sette Regni che non stia giocando a fare il re?”

Qyburn lo ignorò. “Ha inquietanti novità, vostra grazia: scrive che Daenerys Targaryen ha lasciato Meeren e che sta navigando verso Approdo del Re. Ha stretto un’alleanza con le Serpi delle Sabbie e lady Olenna. E’ al comando di ottomila Immacolati e di un numero imprecisato di guerrieri Dhotraki. Inoltre ha tre draghi che, stando ad Euron, sono diventati enormi. Viene per il Trono di Spade.” Jaime guardò sua sorella. Cersei sedeva impassibile.

“Vai avanti, Qyburn.”

“Dice che Daenerys abbia scelto come Primo Cavaliere vostro fratello, Tyrion Lannister.”

Vi fu un rumore sordo. La sedia di Cersei era stata scaraventata all’indietro.

“E’ ANCORA VIVO?!”

Jaime ne ebbe paura. “Cersei, calmati” le disse alzandosi.

“Ha ucciso nostro padre!” gridò lei rossa in viso “Ha ucciso nostro figlio!” Jaime sbiancò. Si voltò verso Qyburn e notò con sollievo che non era per nulla sconvolto dalla rivelazione. In fondo tutto il mondo lo sa ormai. Tyrion non aveva ucciso Joffrey, questo Jaime lo sapeva, ma non aveva il coraggio di dirlo.

“Vostra grazia, non agitarti” intervenne con voce di miele Qyburn, “non tutto è perduto. Questo Euron ti ha proposto un’alleanza contro la Regina dei Draghi, dice che la sua flotta potrà attaccarla dal mare.”

Cersei riprese il controllo. “Quante navi possiede?” chiese raccogliendo la sedia.

“Scrive mille navi, ma non so se sia attendibile. Chiede altri soldati.”

Cersei annuì. “Molto bene” decretò, “rispondi che avrà oro a sufficienza per assoldare mercenari del Continente Orientale. Pirati, contrabbandieri, tagliagole, va bene qualsiasi uomo che sappia rimanere fedele a colui che lo paga.”

“Sarà fatto, mia signora” annuì Qyburn, “ma vi è un’altra sua richiesta. Che possa venire ricompensato con terre e titoli nel Sud.” Jaime ne fu sorpreso: gli Uomini di Ferro di solito sono molto affezionati alla patria. “Accordato” acconsentì Cersei.

“Per quanto riguarda il Nord la faccenda si complica" disse poi. "Che questo Re del Nord riceva una nostra lettera. Può sottomettersi e appoggiarci in battaglia oppure essere distrutto.”

“E credi che appoggerà te dopo quello che abbiamo fatto alla sua famiglia?” chiese ironico Jaime.

“Vostra grazia, il Nord potrebbe fare la differenza fra vittoria e sconfitta” osservò Qyburn, “dobbiamo garantirci la sua alleanza prima che la ottenga Daenerys Targaryen.”

Cersei scoppiò a ridere. “Il giorno in cui un lupo si unirà ad un drago finirà il mondo. In ogni caso, scriverò la lettera io stessa, vedrò se aggiungere la possibilità di ricompense oppure no.” Si alzò in piedi. “La riunione è terminata, potete andare.”

Qyburn si inchinò ed uscì. Jaime cercò di trattenere sua sorella. “Cersei, ti vorrei parlare…”

Lei lo fissò con sufficienza. “Ora non ho tempo, Jaime” disse dirigendosi verso la porta, “credo che questa città si debba preparare ad un altro assedio.”

Jaime si morse un labbro. “Cersei, io…”

“Buona giornata, ser Jaime” tagliò corto lei scostandolo bruscamente ed uscendo seguita subito dalla Montagna.

Rimasto solo Jaime si prese la testa tra le mani. Il freddo dell’oro lo colpì come un pungo: ancora non si era abituato bene a quella mutilazione. Una brezza leggera gli accarezzò la testa e Jaime cadde vittima dei ricordi. Intorno a lui rimase solo il silenzio.

 

Sansa

 

Le finestre della Sala Grande erano appannate e la poca luce che filtrava era di colore grigio cenere.

Sansa diede disposizioni di accendere le candele e di preparare le panche. Tirò fuori dalla sacca un enorme arazzo candido. Al centro vi era raffigurato un meta-lupo grigio con il pelo arruffato ed i denti digrignati. Gli uomini dei Bolton l’avevano strappato, ma Sansa aveva lavorato sodo per ricucirlo. Il lavoro era stato eseguito con grande maestria e quasi non si notava la differenza dei tessuti e dei fili utilizzati. Sansa appese l’arazzo al muro principale, osservandolo soddisfatta.

Fece scivolare un dito lungo le parole del loro motto, ricamate in lettere argentee, e si chiese se suo fratello avrebbe voluto invertire i colori del loro stemma. In passato i Blackfyre avevano scelto come simbolo un drago nero su sfondo rosso, l’opposto del drago rosso su sfondo nero dei Targaryen. Jon avrebbe preferito un lupo bianco?

Sansa si rese conto che si stava soffermando su pensieri piuttosto futili, così si recò nelle cucine per dare disposizioni per la cena. Quando Ramsay aveva dato alle fiamme Grande Inverno tutti i suoi abitanti erano stati sterminati. I nuovi inservienti provenivano quindi da Forte Terrore, da Ultimo Focolare o Moat Cailin e Sansa non li conosceva. Tuttavia erano gentili e soprattutto felici della fine della tirannia dei Bolton.

Risalendo le scale Sansa quasi si scontrò con Tormund, che si precipitava verso l’armeria. Il grosso bruto borbottò una scusa facendosi da parte.

“Cos’è successo?” chiese Sansa salendo un altro gradino.

“Mi sono dimenticato di avvertire gli anziani del concilio di stasera... Ti prego, mia signora, non dirlo a Jon, altrimenti poi fa fare tutto solo a Davos.”

Sansa represse una risata. “Va bene” acconsentì ammiccando complice. Tormund provò un goffo inchino e si dileguò.

Sansa continuò a salire immersa nei suoi pensieri. Il concilio sarebbe incominciato di lì a breve e lei si doveva ancora cambiare. Entrò nella sua camera, licenziò le ancelle e si sedette alla toilette. Quel mobile era appartenuto a sua madre e Sansa dovette trattenere le lacrime al ricordo di come Catelyn le permettesse di acconciarle i capelli mentre le cantava una ninnananna. Sansa si guardò allo specchio. Poi afferrò la spazzola e sciolse i lunghi capelli rosso fuoco, che le ricaddero sulle spalle. Iniziò ad intrecciarli, sistemando le ciocche ribelli dietro le orecchie. Poi scelse un abito blu scuro con ricami d’argento che imitavano dei fiori primaverili. Infine chiuse il fermaglio del mantello e si preparò ad uscire.

La Sala Grande era gremita di gente e i lord rumorosi si scontravano per i seggi migliori. Davos Seaworth era già arrivato ed aveva preso il suo posto a sinistra del trono di legno riservato a Jon. Sansa strinse le labbra: non amava ser Davos e la sua franchezza, ma Jon le aveva raccontato come fosse stato lui a convincere Melisandre a riportarlo in vita. Dovrei essergli grata. A Sansa spettava la sedia a destra del trono.

Tra la folla che aveva davanti riconobbe solo i volti dei lord presenti all’acclamazione di Jon. Tra tutti spiccava la piccola Lyanna Mormont, che a soli dieci anni era riuscita ad ottenere il posto migliore sbaragliando un’orda di nobili signori assetati di sangue. Sansa sorrise: lady Mormont rappresentava tutto quello che lei non era mai stata.

Il Re del Nord era in ritardo e Davos si protese verso Sansa. “Mia signora, quale lady di Grande Inverno potresti fare un discorso introduttivo. Spiegare i problemi che affronteremo, per esempio.”

Se li sapessi. Sansa rimase in silenzio.

Entrò anche Ditocorto e Sansa fece l’impossibile per non doverlo guardare. La sala era affollata e Sansa pensò che almeno Petyr Baelish si sarebbe dovuto accontentare di un posto in fondo, ma immediatamente lord Royce si alzò lasciando il suo seggio a Ditocorto. Sansa fece una smorfia. Perfetto, ora è in prima fila.

Finalmente Jon fece il suo ingresso facendo cessare all’istante la confusione. Il Re del Nord avanzò seguito da Tormund ed un gruppo di anziani bruti e da Spettro, che si accucciò ai piedi del suo padrone. Jon indossava un farsetto marrone ed aveva i capelli legati all’indietro come usava portarli dalla sua risurrezione. Sorrise nervosamente a Sansa e diede il benvenuto alla platea.

Immediatamente esplosero mille voci che inneggiavano al Re del Nord e Jon fu costretto ad urlare più forte per sovrastarle. “Lo amano” si accorse Sansa, “proprio come amavano nostro padre.” Invece di sentirsi trascurata, si scoprì emozionata e soddisfatta. Notò che Baelish era rimasto in silenzio. Finalmente tornò la calma.

“Siete stati convocati per discutere dei pericoli che minacciano il Nord che, ahimè, non sono pochi” iniziò Jon con voce profonda. Alcuni lord bofonchiarono tra loro.

“Presto ci sarà una guerra per il Trono di Spade” spiegò Jon poggiando le mani sul tavolo, “e io chiedo a voi cosa ne pensate.” Si scatenò l’inferno.

“Non ce ne frega un cazzo di quello che succede al Sud!”

“Noi abbiamo già il nostro re, perché mai dovremmo curarci della battaglia di qualcun altro?”

“Che si uccidano pure fra loro!” Molti risero.

Jon sbatté un pugno sul tavolo e tutti si zittirono. “Non è la battaglia di qualcun altro” disse facendo scorrere lo sguardo sui presenti, “perché quando il vincitore si accorgerà che il Nord è di nuovo unito verrà a distruggerci, a sottometterci, e noi non possiamo permetterlo.” Tutti i lord lo fissavano come ipnotizzati. Sansa dovette riconoscere che suo fratello aveva abilità oratorie nascoste.

“Cersei Lannister, la donna che di fatto ha condannato a morte nostro padre, siede sul Trono di Spade” continuò Jon, “ed oggi pomeriggio ci è giunta una sua lettera.” Fece segno a Davos di leggerla.

A Jon Snow, che si fa chiamare Re del Nord. Westeros riconosce una sola regina, che non tollera i traditori. Recati da solo nella capitale, inginocchiati e giurami fedeltà e io ti prometto clemenza. Saremo alleati contro coloro che minacciano il mio regno. Rifiutati e io marcerò a Nord ed ucciderò tutti coloro che ti sono fedeli, a cominciare da quella puttana di tua sorella. Scegli bene Snow, ricorda quale fine hanno fatto i traditori come tuo padre e tuo fratello. Cersei Lannister, prima del suo nome, regina degli Andali, dei Rhoynar e dei Primi Uomini, protettrice del Reame.”

Il silenzio regnò per qualche secondo, poi tutti ripresero a parlare contemporaneamente.

“Non ci inginocchieremo mai più ad un re del Sud!” urlò lord Cerwyn “Specialmente se è un Lannister.” Molti gridarono la loro approvazione.

“Ha minacciato il nostro re ed insultato la nostra lady” continuò lord Glover.

Sansa sedeva in silenzio, stordita da tutto quel chiasso. Cersei mi odia ancora, pensò lisciando le pieghe del vestito. Ma mai quanto io odio lei, specialmente dopo quello che ha fatto a Margaery. Quando qualche giorno prima il corvo aveva recato la notizia della morte della reginetta, Sansa aveva pianto lacrime amare. Margaery era stata l’unica amica che aveva avuto ad Approdo del Re, l’unica persona che avrebbe voluto aiutarla senza nascondere secondi fini.

Jon riprese la parola. “Cersei non è l’unico problema” disse con voce spenta, “Daenerys Targaryen sta navigando verso la capitale ed ha un esercito impressionante.”

“Chi vincerà tra Daenerys e Cersei?” chiese la piccola Lyanna Mormont.

“Secondo i calcoli Daenerys Targaryen dovrebbe farcela senza troppi problemi” rispose Davos. I mormorii ricominciarono. “Un Targaryen sul Trono di Spade?” chiese disgustato lord Glover “Dopo quello che il Re Folle ha fatto a lord Rickard e a suo figlio Brandon non possiamo accettarlo.”

“E non possiamo neanche opporci” intervenne Jon, “Daenerys ha tre draghi.” Vi furono esclamazioni di sorpresa. “Allora le storie sono vere!” osservò lord Manderly.

Jon annuì. “La faccenda è delicata” spiegò, “se non interveniamo, saremo considerati dei traditori da entrambe le fazioni, ma se entriamo in guerra non potremo difenderci dal vero nemico.”

“Ma se Daenerys vincerà, potrà distruggere l’intero Nord con il fuoco dei draghi” fece notare Sansa. Jon si voltò a guardarla. “Hai ragione” ammise, “ma io dico che non dovremmo entrare in guerra, non ancora almeno.” Tutti i presenti ruggirono frasi di approvazione. Jon guardò Tormund, che annuì.

“Come molti di voi già sapranno, i bruti ed i Guardiani della Notte si sono scontrati con creature che ritenevamo frutto di fantasia.” Jon fece una pausa. “Gli Estranei.”

“Sono solo favole!” intervenne lord Cerwyn. “Lo credevo anch’io, prima che un morto con gli occhi blu cercasse di uccidere Jeor Mormont” ribatté Jon. “Ad Aspra Dimora io e Tormund abbiamo visto il loro esercito. Hanno più di centomila non-morti ed ogni caduto delle nostre fila va ad ingrossare le loro. Solo il fuoco può fermarli.”

“E cosa uccide gli Estranei?” chiese lord Manderly. Jon sospirò. “Gli Estranei hanno delle spade di ghiaccio che distruggono qualsiasi nostra arma tranne le spade d’acciaio di Valyria. Adesso vi chiedo, quante famiglie possiedono ancora un’arma in acciaio di Valyria?”

“Mio zio ne aveva una” intervenne Lyanna Mormont, “era di mio cugino Jorah prima che tradisse la famiglia. Ora non so dove sia.”

Jon sorrise. “Eccola!” esclamò sfoderando Lungo Artiglio “Tuo zio me l’ha donata dopo che gli ebbi salvato la vita.” Lady Mormont annuì soddisfatta.

“Joffrey aveva una spada di acciaio di Valyria” disse Sansa ricordando Lamento di Vedova, “ma non ho idea di dove sia finita.”

“Quella spada fu forgiata con l’acciaio di Ghiaccio, la spada di Ned Stark” intervenne Ditocorto. “Tywin Lannister la fece fondere e ne ricavò due spade, quella di Joffrey e quella di Jaime.” La sala si riempì di urla di indignazione e Sansa notò che anche Jon aveva stretto i pugni con rabbia.

“Non c’è un altro modo per uccidere gli Estranei?” chiese infine lord Glover. Jon abbassò lo sguardo.

“Vetro di Drago, ma è andato tutto perduto” rispose Tormund. “Stannis diceva sempre che Roccia del Drago è piena di quella roba” intervenne Davos, “potrebbe essere recuperato.” Jon annuì, rimanendo pensieroso per qualche secondo.

“Benissimo” decise infine. “Ser Davos Seaworth, ti incarico di recarti a Roccia del Drago con una scorta di cinquanta uomini. Partirai tra una settimana, quando avremo definito il viaggio. Com’è la situazione lì?”

“Stannis non ha lasciato una guarnigione: è deserta.”

Sansa pensò che quella missione sarebbe potuta risultare pericolosa, ma non disse nulla.

“Perfetto” proseguì quindi Jon, “adesso dovremmo parlare della Barriera. Essa è tutto ciò che ci separa dagli Estranei, ma i Guardiani della Notte non possono più difenderla. Sono rimasti in meno di trenta ed il Lord Comandante Edd mi supplica di inviare altri uomini. Noi dobbiamo aiutarli, so che non vi piacerà miei lord, ma ho deciso di mandare una guarnigione alla Barriera.” Ci furono mormorii sorpresi.

“L’inverno è arrivato” osservò lord Cerwyn, “non è possibile effettuare un tale viaggio.” 

“Non costringerò nessuno” puntualizzò Jon, “ma mi aspetto che ogni lord onorevole trovi dei volontari. Tormund ha già offerto di inviare duecento bruti.” Gli altri lord si misero a parlottare fra loro. Sansa ritenne che Jon fosse stato molto abile a far leva sull’onore, in modo da ottenere il suo scopo senza imposizioni. Alla fine si decisero i numeri da inviare e Jon ringraziò tutti.

“C’è ancora una questione di cui vorrei discutere” si intromise lord Baelish. Sansa si sentì stringere lo stomaco. “Riguarda la sicurezza di lady Stark” continuò Ditocorto, “chiedo il permesso di portarla al sicuro nella Valle, così che possa ricongiungersi con suo cugino, lord Robin Arryn.” Sansa avrebbe voluto urlare: era appena riuscita a tornare a casa e quell’uomo voleva già portarla via? Guardò Jon e con sollievo si accorse che aveva un’aria disgustata.

“Sono desolato, lord Baelish, ma lady Stark resterà al mio fianco, nel luogo a cui appartiene, fino a quando non esprimerà un desiderio differente.”

“E per quanto credi di poterla proteggere, vostra grazia? Prima o poi dovrà risposarsi e si dà il caso che suo cugino sia il miglior partito disponibile.” Sansa stava tremando di rabbia repressa.

“Credi sul serio che farei sposare di nuovo mia sorella senza il suo consenso dopo tutto quello che ha passato con Ramsay?” chiese Jon alzandosi in piedi “Credi veramente che l’affiderei nuovamente all’uomo che l’ha consegnata ai Bolton?”

Baelish sorrise. “Attenzione, vostra grazia” disse con voce suadente, “ricordati che sono stato io a portare i Cavalieri della Valle in vostro aiuto. Senza di me sareste tutti morti. E se io negassi il mio appoggio alla vostra causa…” Lasciò la frase incompiuta.

“Mi stai forse minacciando?” chiese Jon, faticando ora a trattenere l’ira.

“Ti sto solo dando un consiglio” sussurrò Ditocorto con aria innocente, “non vorrei che ti capitasse qualcosa di spiacevole… vostra grazia.” Jon fece per sfoderare la spada, ma Davos lo fermò in tempo. Jon dissimulò il gesto aggiustando la cintura. Spettro sollevò la testa minaccioso. Tutti i presenti erano ammutoliti e Sansa poteva sentire il suo cuore batterle forte in petto.

“Che sciocco!” esclamò alla fine lord Manderly per cambiare discorso “Dobbiamo ancora decidere la data della festa d’incoronazione. Le mie nipoti non vedono l’ora di conoscerti, vostra grazia.” La tensione scomparve in un secondo. Tormund scoppiò a ridere ed i lord iniziarono a proporre alternative. Tutti volevano avere la possibilità di tornare a casa a prendere la propria famiglia, così si optò per un banchetto tre giorni dopo. Sansa si sforzò di sorridere mentre la sala intorno a lei si svuotava. Jon uscì per primo, correndo fuori ancora furioso. Davos, Tormund e gli altri lord lo seguirono.

Alla fine Sansa si accorse di essere rimasta sola con Ditocorto. Lui le si avvicinò abbottonandosi la giacca. Sansa capì di non poterlo ignorare, così l’affrontò. “Così volevi portarmi nella Valle?” chiese in tono di sfida “Perché?”

“E’ il posto più sicuro per te” rispose Baelish sedendole accanto.

“O forse perché così tu avresti potuto complottare senza intralci qui a Grande Inverno per spodestare mio fratello.”

“Fratellastro” replicò lui e Sansa si chiese quante volte lei stessa aveva fatto quella correzione ad Arya, “e sappiamo che dovresti essere tu la regina, non quel bastardo…”

Sansa scattò in piedi allontanandolo con violenza. “Non parlare di mio fratello a quel modo” sibilò irata, “lui mi ha soccorso alla Barriera, lui mi ha accompagnato a parlare con le altre casate del Nord, lui ha combattuto contro Ramsay. Tu non hai fatto nulla più che mettere a disposizione l’esercito di qualcun altro.”

“Ma quell’esercito è stato determinante” osservò Baelish. “Sansa, tu non sei sciocca come tuo fratello, sai che non è conveniente farsi nemici potenti. Tutto ciò che ti ho dato posso riprendermelo in qualsiasi momento, ricordalo. E poi si sa…” Ditocorto si avviò verso l’uscita, per poi voltarsi all’ultimo con un ghigno sul volto.

“Valar Morghulis.”

 

Arya

 

Il castello era in agitazione. I suoi corridoi erano percorsi da domestici frettolosi e dalla sala da pranzo proveniva il vociare alto dei lord.

La notizia della morte di Walder Frey si era sparsa rapidamente ed i suoi numerosi figli e nipoti si accapigliavano per la successione. I figli legittimi venivano messi da parte dai bastardi, i figli maggiori da quelli minori ed i nipoti pretendevano di partecipare alla spartizione dell’eredità. I loro litigi scossero le Torri Gemelle, le loro urla incresparono le acque della Forca Verde.

Verso mezzanotte l’accordo sembrava ben lontano dal nascere, quando un altro urlo, di natura diversa, squarciò le tenebre.

“Il prigioniero è fuggito!” gridavano le sentinelle “Edmure Tully è scomparso!”

 


Delta delle Acque non era come l’aveva sempre immaginata. Arya si era aspettata un castello minaccioso arroccato su una rupe e circondato da acque impetuose, e invece si trovava davanti una romantica fortezza coperta d’erica e languidamente accarezzata dal fiume. Arya sbuffò: quello era il genere di castello che sarebbe piaciuto a Sansa, non a lei.

Si voltò verso suo zio, che le cavalcava affianco. Era ancora sconvolto dalle brusche novità e i suoi occhi erano sgranati e circondati da occhiaie profonde.

Liberarlo era stato molto più facile di quanto aveva pensato. Dopo aver ucciso Walder Frey, Arya aveva indossato il volto di un’altra servetta, piuttosto brutta questa volta, ed era sgattaiolata nelle segrete. I figli di Frey erano troppo impegnati a discutere e le guardie troppo ubriache per accorgersi di lei. Per sicurezza aveva tagliato comunque una gola o due prima di raggiungere la cella di Edmure. Lui non l’aveva ovviamente riconosciuta e Arya aveva dovuto trascorrere una buona manciata di minuti a rievocare lieti ricordi di una bambina capricciosa dai lunghi capelli scuri che Sansa chiamava Arya-faccia-di-cavallo. Da lì ad aprire la porta della cella con una chiave rubata, uccidere il mastro dei cavalli, trovare due destrieri e fuggire, il passo fu breve. Non furono nemmeno inseguiti.

Edmure le aveva detto che ciò che restava delle forze dei Tully si trovava a Delta delle Acque, così si erano diretti in quella direzione, scendendo verso sud. Suo zio le aveva anche raccontato delle terribili Nozze Rosse, di come Jaime Lannister l’avesse costretto a cedere il castello, e della morte di Brynden Tully, il Pesce Nero.

Quando Arya chiese chi l’avesse ucciso, Edmure rispose che non ne aveva idea.

Peccato, pensò Arya sbuffando. Niente nome nuovo per la mia lista. Sulla sua lista dell’odio, dopo aver cancellato Walder Frey, rimanevano solo due nomi, entrambi inaccessibili: Cersei Lannister e Gregor Clegane. Arya aveva saputo che la prima era stata incoronata regina e che il secondo era diventato la sua guardia del corpo personale. Una parte di lei avrebbe voluto raggiungere Approdo del Re per eliminare anche gli ultimi due nomi, ma la voglia di ritornare a casa aveva avuto la meglio.

A Delta delle Acque Edmure era rapidamente entrato in sintonia con il suo ruolo di lord ed aveva lanciato un ultimatum ai Frey, intimando loro di arrendersi. Arya trascorreva le giornate gironzolando per le stanze, allenandosi con Ago e attendendo notizie dal Nord.

Finalmente Edmure la convocò nel suo studio. “E’ arrivato un corvo da Grande Inverno” esordì, invitandola a sedere. Aveva un viso raggiante ed era evidente che le novità fossero positive. “Tua sorella e tuo fratello hanno sconfitto i Bolton e ripreso il vostro castello.”

Arya fece fatica a nascondere lo stupore. Sansa? pensò tra il sollevato e il divertito. Quindi è ancora viva? Come ha fatto a tornare al Nord e a trovare un esercito?

Quale mio fratello?” chiese curiosa “Da quanto sapevo Bran e Rickon erano morti.” Edmure divenne scuro in volto.

“Di Bran non si hanno più notizie da quando Theon Greyjoy ha preso Grande Inverno” spiegò, improvvisamente triste, “e Rickon è stato ucciso da Ramsay Bolton durante la Battaglia.”

Arya sentì una parte di lei abbandonarla. La sua mente si riempì di immagini di Bran e Rickon sorridenti tra le braccia di Catelyn, che correvano nel Parco degli Dei, che giocavano a fare i cavalieri. Rickon i cui occhi si illuminavano ogni volta che voleva un dolcetto, Bran che sorrideva gentile a tutti e tutto. Gregor Clegane, Cersei Lannister, Ramsay Bolton. Ripeté mentalmente stringendo i pugni e trattenendo le lacrime. Vi fu una pausa.

“E’ stato Jon Snow a riprendere Grande Inverno.”

Arya sollevò la testa di scatto non credendo alle proprie orecchie. “Il mio fratellone?” chiese eccitata “Ne sei proprio sicuro, zio?” Edmure annuì.

Arya faticò a restare lucida: in quel momento invidiava la posizione di Sansa, che era già riuscita a riabbracciarlo. Non ci credo, non ci credo, pensò euforica. Jon ha finalmente lasciato la Barriera! Chissà se mi riconoscerà… Si passò una mano tra i capelli che stavano lentamente ricrescendo.

Sì, sì, mi riconoscerà, deve farlo.

Edmure dovette accorgersi della sua felicità perché sorrise. “Le notizie che giungono dal Nord sono sempre frammentate” spiegò con calma, “ma sembra proprio che Ramsay sia stato ucciso.”

“Spero solo sia stata una morte molto dolorosa” aggiunse Arya con voce roca. “Un nome in meno per la mia lista.” Edmure la fissò interdetto: probabilmente non si era ancora abituato a questa nuova versione di nipote.

“Devo partire immediatamente per il Nord” esclamò Arya saltando in piedi.

“Calma, calma” la interruppe lo zio, “Scriverò a Jon e gli dirò di inviare una scorta a prenderti. Ti cederei volentieri i miei uomini, ma non ne ho nemmeno sufficienti per tenere questo castello e non posso sapere se e quando i Frey attaccheranno.”

Arya fissò suo zio. “Mi stai dicendo che dovrei aspettare?”

Edmure scoppiò a ridere. “Sì, ma solo per un paio di giorni.”

Dopo aver atteso anni interi ed aver attraversato mezzo mondo Arya non aveva alcuna intenzione di sprecare un singolo attimo della sua esistenza. Stavolta non arriverò tardi. Ogni volta che provava ad avvicinarsi alle persone che amava, queste le morivano sotto gli occhi. Non avrebbe mai dimenticato la notte delle Nozze Rosse, quando, fuggendo, si era trovata davanti il cadavere di suo fratello Robb con la testa di Vento Grigio al posto della propria. Se dovessi attendere, di sicuro arriverei quando Jon e Sansa sarebbero già morti, pensò arrabbiata. Non lo posso permettere. Decise di fare buon viso a cattivo gioco e sfoderò un sorriso disarmante.

“Hai ragione, zio” disse con voce mielata, “credo sia proprio un’ottima idea, ma lascia che sia io a scrivere la lettera a Jon, lui e Sansa credono ancora che io sia morta.”

Come previsto Edmure annuì commosso, cadendo nella trappola. “Ma certo Arya, pensa che bella sorpresa sarà…” Arya fece un cenno affermativo col capo e si avviò verso la porta.

“Arya, un’ultima cosa” la richiamò suo zio. Lei si voltò in attesa.

“Tuo fratello l’hanno fatto Re del Nord.”

Un oceano di emozioni si riversò su Arya mentre chiudeva la porta alle sue spalle. Era felice che Jon avesse finalmente ottenuto il rispetto che meritava, contenta che agli altri lord e, a quanto pareva, perfino a Sansa non importassero quali fossero le sue origini, ma anche preoccupata per ciò che questa nomina avrebbe potuto comportare. Ricorda cosa hanno fatto all’ultimo Re del Nord.

Si recò in biblioteca assorta nei suoi pensieri e si fece dare penna, inchiostro e pergamena. Mentre il messaggio prendeva forma nella sua mente, si impegnò a rendere irriconoscibile la sua grafia. Quando giunse il momento di apporre la propria firma si bloccò. Soppesò le sue alternative per un minuto abbondante, poi girò il foglio e scarabocchiò un’ultima parola. Nessuno sta tornando a casa, pensò osservando soddisfatta il suo lavoro.

Andò quindi nell’uccelliera e, dopo aver liberato il corvo con il messaggio, lasciò le grate spalancate permettendo a tutti gli animali di fuggire.

Questo rallenterà le ricerche, si disse guardando gli uccelli disperdersi nel cielo rosso del tramonto. Solo uno era diretto a Grande Inverno.

Tornò sui suoi passi e si chiuse in camera. Cacciò i suoi pochi averi nella sacca da viaggio, premurandosi di non dimenticare l’oro rubato alle guardie delle Torri Gemelle. Poi estrasse Ago. Le sembrava di sentire ancora la voce di Jon quando gliel’aveva donata. Infilzali con la punta diceva. Ed Arya ne aveva uccisi tanti in quel modo. Sarà fiero di me. Si scoprì perfino ansiosa di rivedere Sansa, nonostante l’ultimo ricordo che avesse di lei risaliva al loro litigio. Speriamo sia cambiata, pensò rinfoderando la spada.

Aspettò paziente che le tenebre avvolgessero Delta delle Acque, poi attese che albeggiasse, e solo allora si avviò con passi leggeri verso l’uscita.

Aveva nuovamente il volto della cameriera che aveva servito a Walder Frey il pasticcio farcito con la carne dei suoi stessi figli ed eluse tranquillamente le sentinelle delle mura interne. Sapeva che con quelle delle mura difensive sarebbe stato più difficile, anche perché avrebbero dovuto abbassare il ponte levatoio. Arya decise quindi di attraversare il fossato a nuoto. La fortuna sembrava sorriderle e le guardie non udirono nemmeno lo spostamento d’acqua. Arya attese in apnea qualche secondo, il corpo scosso da brividi e le orecchie tese ad eventuali rumori.

Quando si convinse di non essere stata scoperta, nuotò fino all’altra sponda e corse a rifugiarsi dietro gli alberi più vicini. Tremando per il freddo, si tolse gli abiti fradici ed indossò quelli più asciutti che riuscì a trovare. Aspettò un poco cercando di riscaldarsi come meglio poteva, poi si inoltrò nel bosco. Mentre il sole sorgeva, Arya definì il suo piano.

Avrebbe costeggiato la Forca Rossa, che l’avrebbe condotta fino alla Strada del Re, la quale arrivava dritta a Grande Inverno. Era un viaggio piuttosto lungo ed Arya era consapevole di non poterlo affrontare a piedi. Così nel primo villaggio che incontrò comprò un cavallo marrone che ribattezzò Nessuno. L’allevatore non fece domande ed Arya gli chiese di indicarle un luogo dove avrebbe potuto dormire. Passò due notti nella locanda che le aveva suggerito, per poi rimettersi in viaggio.

In tre giorni raggiunse la Strada del Re. L’ultima volta che l’ho percorsa ero con mio padre e mia sorella e stavamo andando ad Approdo del Re con Robert Baratheon, pensò amareggiata.

Decise che la strada era troppo rischiosa e preferì avventurarsi nel Tridente. Ricordò come con Mycah avevano cercato i rubini dell’armatura del principe Rhaegar e come si fossero sfidati con bastoni di legno. Prima che il Mastino lo uccidesse.

Calciò un sasso con tanta foga da sollevare una nube di polvere. Era stato il Mastino a salvarla dalla morte alle Nozze Rosse e lei l’aveva lasciato da solo a morire. Era sulla mia lista, si diceva Arya per convincersi. Aveva ucciso Mycah. Ma non poteva mentire a sé stessa, l’Orfana l’aveva avvertita, ed Arya era arrivata quasi a vergognarsi della fine a cui aveva costretto Sandor Clegane. Forse avrei dovuto ucciderlo, pensò a disagio, dargli misericordia come chiedeva. Ricordò il terribile combattimento tra il Mastino e quella strana donna in armatura, ricordò come Clegane l’avesse implorata di porre fine alle sue sofferenze e di come lei si fosse voltata ignorandolo. Il giorno stesso si era imbarcata sulla nave per Braavos e si era lasciata tutto alle spalle.

Aveva creduto di poter entrare a far parte degli Uomini Senza Volto, di poter diventare Nessuno, ma non aveva mai realmente chiuso con il passato. Jaqen H’ghar lo sapeva, pensò Arya continuando a camminare. Ha sempre saputo che non sarei mai diventata una di loro. Alla fine le aveva anche sorriso.

Il sentiero proseguiva con una salita ed Arya iniziò a sentire la stanchezza. Desiderò di trovarsi già a Grande Inverno, nella sua stanza dalle lenzuola rosse, e di non dover finalmente preoccuparsi più di nulla. Quando comprese che se avesse voluto continuare ad evitare la Strada del Re avrebbe dovuto inoltrarsi in un bosco, Arya liberò Nessuno nel pascolo e proseguì da sola.

Il bosco era scuro e silenzioso. Le foglie morte invadevano il sentiero e scricchiolavano sotto i suoi passi. Gli arbusti si protendevano a graffiarle le gambe e Arya li scostava senza troppi complimenti.

All’improvviso percepì una presenza alle sue spalle. Si voltò lentamente ed il suo cuore perse un battito. Davanti a lei avanzava un lupo grigio, le zanne scintillanti di bava al chiarore della luna.

Arya sfoderò Ago, ma la bestia non arretrò di un passo. Un nuovo fruscio la costrinse a girarsi un’altra volta. I due lupi marroni erano più grandi del primo ed apparivano ancora più minacciosi. Occhi gialli si accesero nella radura tutto intorno a lei e presto Arya si ritrovò circondata. Tentò di agitare la torcia che reggeva in mano, ma non ottenne alcun risultato. Cercò invano una via di fuga, mentre il cerchio di lupi si stringeva inesorabilmente.

Questa situazione è paradossale, si ritrovò a pensare. Tutta questa strada, tutti i pericoli scampati, solo per diventare la cena di un branco di lupi famelici. La sua unica consolazione era che non fossero leoni: non avrebbe mai tollerato l’idea di farsi sbranare dai leoni.

I lupi in prima fila snudarono le zanne, le lingue a penzoloni, preparandosi all’attacco. Arya si accucciò a terra, coprendosi la testa con le mani e chiudendo gli occhi. Ed attese.

Poi un lungo, straziante ululato fendette la notte.

Arya percepì i lupi intorno a lei muoversi verso quel suono. Lentamente, cercando di controllare il tremito degli arti, scostò le braccia dal viso e riaprì gli occhi.

Sulla roccia che aveva di fronte, investito dalla luce pallida della luna, era comparso il lupo più grande che Arya avesse mai visto. Aveva il pelo marrone chiaro, con qualche ciuffo grigio, e le orecchie appuntite. Ma ciò che la colpì maggiormente furono gli occhi. Occhi grandi ed allungati, di un giallo-grano splendente. Occhi così familiari.

Un meta-lupo.

L’animale avanzò leggiadro ed aggraziato e tutti gli altri lupi abbassarono il capo, facendosi da parte.

Arya sentì il cuore batterle forte e gli occhi riempirsi di lacrime mentre si metteva in ginocchio. Il meta-lupo si fermò, il suo muso a pochi centimetri dal viso di Arya. Le lacrime sgorgarono copiose quando lei accostò una mano tremante alla pelliccia morbida dell’animale.

Il meta-lupo non protestò, non si ritrasse, ed Arya affondò il viso nel suo pelo soffice, soffocando i singhiozzi. Le sue braccia circondarono il collo dell’animale, che appoggiò il muso sulla spalla della ragazzina. Arya era incapace di articolare un pensiero completo, talmente travolta da emozioni ritenute dimenticate.

“Nymeria” sussurrò solamente, crogiolandosi in quell’attimo perfetto.


                                                                                                                     "Io non vado da nessuna parte, io sto andando e basta."

 


N.D.A                                                                                                                                                                                                 


Ciao a tutti e benvenuti! Intanto grandi se siete arrivati fin qui XD, so che il capitolo è piuttosto lungo... Questa è la prima storia che pubblico sul sito e spero davvero vi piaccia. Come avrete già intuito inizia dalla fine della sesta stagione, quando Jaime è da poco tornato nella Capitale e Daenerys è in viaggio. Ho cercato di operare un mix che fosse il più realistico possibile fra la serie, a cui questa storia si aggancia, e i libri. Alcuni personaggi e situazioni quindi saranno ripresi da entrambe le parti e vedrete sfumature di comportamento che la serie non ci ha mai mostrato. Ci tengo a dire che questa storia è stata iniziata quando ancora della settima stagione non si sapeva neppure il mese di inizio, quindi se anche alcune scene vi potranno sembrare simili, in realtà è interamente farina del mio sacco (e possiamo dire che siano stati loro a copiarmi qualche volta XD). 

Se siete tra quei fan delusi dalla previdibilità della settima stagione e lamentate la perdita della politica che ha reso grande Got, allora questa è la storia che fa per voi... 
Cercherò di aggiornare regolarmente, ma ritardi possono sempre capitare: sono un po' parte di me XD 

Mi raccomando: recensite. Anche se avete critiche o domande, sono sempre pronta a rispondervi. Non siate timidi e fatemi sapere cosa ne pensate! Bastano poche parole!

NB: la frase finale è una citazione di Luciano Ligabue, non è mia :-)























   
 
Leggi le 12 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones / Vai alla pagina dell'autore: QueenInTheNorth