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Autore: Kimando714    06/03/2018    0 recensioni
Giulia ha solo quindici anni quando impara che, nella vita, non si può mai sapere in anticipo che direzione prenderà l’indomani. Questa certezza la trova durante una comune mattina di novembre, quando il suo tragitto incrocia (quasi) del tutto casualmente quello di Filippo, finendo tra le sue braccia.
E cadendo subito dopo a causa dell’urto.
Un momento all’apparenza insignificante come tanti altri, ma che, come Giulia scoprirà andando avanti nel suo cammino, potrebbe assumere una luce piuttosto differente.
“Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi” - (Italo Calvino)
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Walk of Life'
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DISCLAIMER
Ogni riferimento a fatti o persone reali è puramente casuale. I nomi dei personaggi e dei luoghi sono di nostra invenzione, e ci scusiamo in anticipo per qualsiasi omonimia non voluta.
I diritti di questa storia appartengono esclusivamente alle sue autrici. In caso di plagio et similia, non esiteremo a ricorrere per vie legali. Uomo avvisato, mezzo salvato 😊


 
CAPITOLO 1 - THE FIRST TIME I MET YOU
 
La pioggia ticchettava contro il vetro chiuso della finestra. Dentro la stanza, illuminata solamente dalla luce della lampada accesa e poggiata sopra il comodino, Giulia se ne stava stesa sul proprio letto. Teneva le gambe leggermente piegate, appoggiandoci un piccolo quaderno, su cui stava annotando tutti i pensieri che le stavano ronzando in testa. Era il modo migliore per lei per sfogarsi, in quel momento. Ormai stava scrivendo su quel quaderno da una ventina di minuti.
Scrivendo ciò che pensava, Giulia sperava di calmarsi almeno un po’. “Domani succederà, è inutile che continui ad agitarti in questa maniera”; pur ripetendosi quelle parole nella sua mente, non riusciva davvero a distrarsi.
Era tutto deciso. Domani avrebbe attuato il suo piano, avrebbe dovuto fare in modo di parlare a quel tipo. Quel tipo, che rispondeva al nome di Filippo.
Scrisse finalmente l’ultima frase sulla pagina, scrivendo velocemente e facendo scorrere la penna con gesti stizziti e nervosi. Filippo... Davvero l’avrebbe fatto? Certo, lo avrebbe fatto, anche se in cuor suo sentiva che non era una buona idea. Non lo era, e aveva la netta sensazione che avrebbe portato solamente a un sacco di guai.
Ma l’avrebbe fatto comunque, anche se ancora non aveva un’idea precisa di come si sarebbe potuta avvicinare a Filippo, possibilmente in un momento in cui sarebbe stato con Nicola – l’unico vero obiettivo-, cercare di attaccar bottone e sperare che la cosa spingesse anche Nicola a fare lo stesso con Caterina, dopo mesi di silenzio. A mali estremi, estremi rimedi.
Certo, perché il piano andasse a buon fine, ci sarebbe voluta una buona dose di fortuna. E poi, ancora doveva capire cosa l’aveva spinta a prestarsi a quel teatrino: con la scusa che tra le due era lei quella che più facilmente legava con le persone, Caterina l’aveva incaricata di fare il primo passo.
Il pensiero dell’indomani non la stava lasciando da giorni, e tantomeno la lasciava in pace il pensiero di Filippo: non lo conosceva personalmente, e in fin dei conti, nemmeno ci teneva poi tanto. Non lo trovava simpatico, per nulla interessante, ma tra gli amici di Nicola che frequentavano la loro stessa scuola, probabilmente, era il meno peggio. E quello più avvicinabile, nonché colui che passava più tempo in assoluto con Nicola durante gli intervalli.
Richiuse il quaderno, sospirando rumorosamente al pensiero di cosa sarebbe successo domani.
Dopo aver appoggiato il quaderno sul comodino, aver spento la luce ed essersi infilata sotto le coperte del letto, Giulia non poté fare a meno di augurarsi che domani andasse tutto per il meglio.
 
*
 
In ritardo. Gli autobus erano in ritardo.
E anche di molto.
Caterina si rigirò il cellulare tra le mani. Si sentiva nervosa; faceva troppo freddo, e nessuna corriera era ancora passata. Dopo qualche minuto, finalmente, in lontananza divenne visibile una delle due corriere che passavano per la sua fermata. Arrivò dopo pochi minuti; appena salita, Caterina trovò un posto libero circa a metà, dove si lasciò cadere sul sedile, tenendo sulle ginocchia la tracolla azzurra.
La corriera ripartì, ma dopo un paio di minuti, l’autista frenò di nuovo, alla fermata successiva, quella di fronte al cimitero di Torre San Donato.
Caterina non dovette nemmeno alzare lo sguardo per sapere chi fosse salito: i passi sommessi dell’unica persona che attendeva la corriera proprio a quella fermata echeggiarono nell’abitacolo, facendosi sempre più nitidi e vicini.
Caterina si costrinse ad alzare lo sguardo, proprio quando la figura esile e slanciata di Nicola, reso altero dal volto impassibile e dagli occhi limpidi, le passò accanto proseguendo oltre, verso le ultime file.
Ogni volta che lo vedeva, Caterina non sapeva mai come definire la mescolanza di sensazioni che le procurava: oscillava tra la malinconia, visto che per quanto a lei potesse piacere Nicola, ci aveva parlato solamente poche volte, e poteva affermare di conoscerlo più propriamente solo di vista; più arrabbiata, perché lui sembrava aver voluto troncare i contatti senza una reale ragione.
E poi, nonostante tutto, e nonostante quella consapevolezza non faceva altro che accrescere la sua rabbia, vederlo era sempre una piccola gioia.
Finalmente la corriera ripartì, e Caterina lasciò che la sua testa si appoggiasse al sedile, cercando solamente di non pensare a nulla.



 
Era tardi, era decisamente troppo tardi. Se Giulia non fosse uscita di casa immediatamente, probabilmente avrebbe davvero perso la corriera per Piano Veneto.
Quel giorno sarebbe volentieri arrivata tardi, probabilmente, ma per quanto insicura potesse essere in certe situazioni, no, non si sarebbe tirata indietro. Aveva dato la sua parola, e non aveva intenzione di tradire la fiducia della sua migliore amica.
Arrivò giusto in tempo alla sua fermata. L’autobus era già lì, parcheggiato poco distante dal marciapiede. Ormai anche le ultime persone stavano salendo, e Giulia dovette accelerare il passo per poter salire al volo.
Fortunatamente trovò un posto libero verso la fine della corriera, che per la verità non era mai troppo affollata.
Per arrivare a Piano ci sarebbe voluto circa un quarto d’ora, e sarebbe arrivata giusto in tempo per l’inizio delle lezioni. 
Come previsto, appena varcò la soglia dell’ingresso nel liceo Virgilio, la campanella risuonò nell’edifico, annunciando l’inizio della prima ora di lezione.
Per tutto il viaggio passato in corriera, Giulia aveva cercato di distrarsi, non riuscendo però a non pensare a ciò che avrebbe dovuto fare quel giorno. Il viso di Filippo le tornava sempre prepotentemente in testa.
Giulia percorse velocemente il corridoio alla cui fine si trovava proprio la sua classe, la 2°A. Fortunatamente, non sarebbe dovuta passare davanti alla classe di Filippo e Nicola: la loro aula, la 3°A dello scientifico, si trovava invece al piano superiore.
Ormai i pochi studenti che ancora si trovavano nei corridoi della scuola si stavano diradando, causa l’arrivo dei professori nelle aule e l’inizio della prima ora.
Giulia arrivò finalmente alla soglia della classe: dalla calma del corridoio si ritrovò inghiottita nel putiferio creato dai suoi compagni di classe. Gente che usciva ed entrava, altri che si affacciavano alle finestre spalancate, nonostante il clima gelido di metà novembre, e qualcuno che se ne stava al proprio banco chiacchierando con il compagno.
Tra questi ultimi, Giulia poté notare Caterina, che se ne stava già seduta alla propria sedia chiacchierando con Eleonora e Valerio, altri due loro compagni ed amici.
Giulia giunse finalmente al proprio banco, tra quello di Valerio e quello di Caterina. Ad occupare in quel momento la sedia di Giulia, però, c’era Eleonora, intenta a chiacchierare con le altre due, impedendole così di sedersi al suo posto:
-Ele, spostati!- esclamò Giulia, avvicinandosi all’amica, appoggiando a terra lo zaino, con un gesto carico di nervosismo.
-Ora aspetti!- replicò Eleonora, indifferentemente. Giulia ci era ormai abituata: ogni mattina era sempre così, ma d’altro canto, non era poi un disturbo così enorme.
Quella mattina però, si sentiva troppo agitata: il pensiero di Filippo Barbieri non l’aveva lasciata un minuto. Passarono solamente alcuni secondi dall’arrivo della professoressa di fisica, che costrinse così tutti quanti a ritornare ai propri posti. Giulia poté così finalmente sedersi al proprio banco, affiancata da Caterina e da Valerio.
Giulia notò che anche Caterina, a giudicare dall’espressione abbacchiata del viso, non sembrava passarsela troppo bene: non era il tipo di persona che sorrideva poi così spesso, ma quel giorno non sembrava nemmeno lontanamente di buon umore. Si voltò di più verso di lei, e le sussurrò piano, per non farsi beccare dalla prof:
-Tutto bene?-. Caterina non rispose subito. Si limitò a tirare fuori dalla tracolla appoggiata al muro il libro e il quaderno di fisica, l’astuccio e poi il diario.
-Diciamo che vedere ogni giorno Tessera non aiuta a non pensarlo in continuazione- borbottò infine la riccia, appoggiando entrambi i gomiti sul banco, mentre la professoressa diceva a tutta la classe di andare alla pagina del nuovo capitolo.
-Hai visto Nicola stamattina?- a Giulia non era venuta in mente nessuna domanda migliore, e subito dopo averla pronunciata si morse il labbro inferiore, come a volersi rimproverare da sola.
Anche Caterina rimase un po’ stupita per quella domanda: non era una novità che lei e Nicola prendessero la stessa corriera per andare a scuola, e poi per tornare a Torre San Donato. Preferì cambiare argomento, piuttosto che continuare a parlare di Nicola:
-Sei pronta per oggi?-. Giulia fece una smorfia: avrebbe voluto risponderle che no, non era pronta per niente, e anzi, avrebbe fatto volentieri a meno di quella farsa con Barbieri. Si morse di nuovo il labbro per trattenersi, e si costrinse a rispondere in altro modo:
-Diciamo che potrei essere maggiormente pronta-.
-O lo sei o non lo sei. Se vuoi lasciamo perdere-.
Giulia ci pensò su un attimo: quella prospettiva la allettava, ma ormai si era già preparata psicologicamente. Via il dente, via il dolore: tanto valeva farlo quel giorno.
L’argomento non venne risollevato per il resto del tempo che le divideva dal suono del primo intervallo. Giulia riuscì finalmente a distrarsi chiacchierando d’altro con Caterina e Valerio, e prendendo appunti delle varie lezioni. Quando però risuonò nell’edificio scolastico la fatidica campanella della ricreazione, a Giulia si mozzò il respiro: l’ansia cominciò a farsi sentire terribilmente. Doveva cercare di darsi una calmata, o almeno, assumere un atteggiamento di apparente tranquillità.
Caterina quasi la trascinò a forza fuori dall’aula, dietro la massa dei loro compagni che uscivano nel corridoio:
- Giulia, muoviti!- sbraitò, non mollando il braccio dell’amica, ed uscendo nel corridoio.
-Ma andiamo con calma!- ribatté Giulia, cercando di guadagnare tempo. Era piuttosto consapevole che sarebbe stato alquanto inutile cercare di perdere tempo in maniera così timida: dopo alcuni secondi, smise di opporre resistenza. Cominciò a camminare a passo normale, sebbene desiderasse che le sue gambe non proseguissero affatto.
I corridoi della scuola erano già pieni di ragazze e ragazzi. Il brusio delle chiacchiere di tutti faceva da sottofondo, e il rumore delle macchinette usate sia dai professori sia dagli studenti lo accompagnava.
Proprio alle macchinette erano dirette le due ragazze: capitava a volte che Filippo si trovasse là nei paraggi agli intervalli, per prendere qualcosa di caldo da bere o semplicemente per accompagnare i suoi amici.
Svoltarono a destra alla fine del corridoio, fino alla meta designata.
A Giulia mancò un battito del cuore: un ragazzo dai ricci capelli scuri, già in fila ad uno dei distributori automatici. Non le servì nemmeno vederlo in faccia, per riconoscerlo all’istante.
Quasi a farlo apposta, quando Giulia e Caterina si misero in fila dietro di lui, questo si voltò: non guardò proprio loro, anche se la direzione del suo sguardo poteva farlo presupporre. Giulia seguì quegli occhi scuri, il loro spostarsi nell’osservare ciò che stava succedendo in quella zona della scuola: si trovò ad ammettere, suo malgrado, che Filippo Barbieri non era poi un ragazzo da considerarsi brutto. In quel momento, in cui si trovava solo, poté osservarlo bene. Gli occhi di Filippo avevano sempre esercitato su di lei un certo fascino: non erano particolari, né di un colore raro. Erano semplicemente castani, lievemente ambrati, intensi ed espressivi, eleganti; Giulia li trovava in ogni caso quasi ipnotizzanti.
Giulia venne distratta da una voce profonda, quasi rauca, proveniente dalle scale poco dietro da dove a lei, Caterina e Filippo; era stato proprio il nome del moro ad essere pronunciato da colui a cui apparteneva quella voce dal timbro piuttosto grave. Tutti e tre si voltarono, e stavolta, fu Caterina a perdere un battito del cuore. Non che non sapesse a chi apparteneva quella voce: sapeva benissimo chi era stato a chiamare Filippo, eppure aveva voluto voltarsi solamente per osservarlo una volta di più.
Nicola scese gli ultimi gradini della rampa di scale, e si avvicinò a passo svelto a Filippo, affiancandolo.
-Ti stavo cercando- disse Nicola, rivolto all’amico.
-Che c’è? Dovevi chiedermi qualcosa?- chiese Filippo, guardando l’altro.
-Sì, ma posso aspettare- concluse Nicola, infilandosi le mani nelle tasche dei jeans. Un gesto che ripeteva molto spesso, come Caterina aveva potuto notare.
La figura di Nicola appariva esile, poco più alto di Caterina. Lo aveva sempre trovato bello, almeno secondo il suo personale parere: di certo, la prima cosa che balzava allo sguardo, osservandone il viso magro, era senz’altro il suo sguardo. Occhi grandi di un azzurro acceso che gli conferiva un’aria fredda e distaccata. Lo era anche nei modi, almeno da quello che Caterina aveva potuto notare in quei due anni passati al Virgilio; non aveva idea se quell’aria impassibile nascondesse più una certa timidezza, o una vera e propria noncuranza verso ogni cosa e verso chiunque.
Dopo quelle poche frasi che si erano scambiati, i due ragazzi non avevano detto più nulla, così come Giulia e Caterina, che li fissavano in silenzio.
Quando finalmente la cioccolata calda di Filippo fu pronta, lui e Nicola si allontanarono, risalendo le scale che avrebbero portato loro al piano superiore, dove si trovava la loro classe.
Le due ragazze, invece, rimasero lì; a rompere il silenzio per prima fu Giulia:
-Beh, visto che sono qui, mi prendo anch’io qualcosa!- e cominciò a rovistare nella tasca sinistra dei jeans, in cerca di monete da inserire nella macchinetta.
-Ti sembra il momento?- la riprese Caterina, guardandola con sguardo truce.
-Abbiamo anche la seconda ricreazione per il nostro piano- ribatté Giulia, inserendo alcuni centesimi e schiacciando il bottone per avere un cappuccino.
Caterina non replicò, continuando a guardarla con aria scocciata; si limitò comunque ad aspettare in silenzio che il cappuccino dell’amica fosse pronto.
Dopo un minuto, finalmente, Giulia prese il bicchiere di plastica contenente il cappuccino bollente; qualche attimo dopo le due ragazze si avviarono per le scale da poco percorse anche da Nicola e Filippo.
Giulia fece gli scalini piuttosto lentamente, tenendo gli occhi fissi sul bicchiere, stando attenta a non far traboccare il contenuto. Stavano girando l’angolo della scala, quando tutto successe fin troppo velocemente, tanto che Giulia non riuscì nemmeno a realizzare ciò che stava accadendo. Sentì a malapena Caterina che le urlava in ritardo un allarmato “Attenta!”, e subito dopo uno scontro fin troppo violento, che la fece cadere a terra sul pavimento gelido.
Ancora a terra e intontita, Giulia avvertì distintamente un dolore terribile al ginocchio destro. Cercò di puntellarsi sui gomiti, imprecando sottovoce. Era andata addosso a qualcuno, ma non riusciva a capire chi fosse l’altra persona: era ancora troppo impegnata a rimettere insieme i pensieri riguardo l’accaduto, e a cercare di trovare una posizione che non le facesse dolere troppo il ginocchio colpito. Portandosi una mano verso il viso, poté perlomeno tirare un sospiro di sollievo nel constatare che gli occhiali erano ancora integri e al loro posto.
Alzando lo sguardo, mise a fuoco poco a poco l’altra figura lunga distesa, davanti a lei. Una figura dai capelli ricci e scuri, e dal viso dalla pelle chiara di un ragazzo che sapeva fin troppo bene chi fosse.
-Stai bene?- le chiese Caterina, abbassandosi verso di lei.
-Più o meno- rispose piano Giulia, massaggiandosi il ginocchio con una mano, e tenendosi con l’altro braccio.
-Diamine, che botta- farfugliò Filippo, cercando si rialzarsi da terra.
-Vuoi una mano?- si offrì Nicola, che aveva assistito come Caterina allo scontro, avvicinandosi all’amico.
Filippo fece segno di diniego con una mano, e si rialzò piano. Anche Giulia si rimise in piedi molto lentamente, e solo allora si rese conto che in mano non aveva più il bicchiere del cappuccino.
Con suo immenso orrore, notò il bicchiere di plastica mezzo schiacciato ed abbandonato a terra e, come sospettava già, vuoto. Vide anche l’enorme macchia scura sulla felpa beige di Filippo, e quella più piccola sul suo maglione bianco: la fine che doveva aver fatto il suo cappuccino. Si sentì talmente in imbarazzo da accarezzare l’idea di scappare via, il più distante possibile.
Si costrinse a rimanere lì, con Filippo ancora davanti e con la macchia sulla felpa in bella vista.
-Oddio, scusami! Non ti ho visto!- esclamò Giulia, mortificata, avvicinandosi al ragazzo.
-Tranquilla, è colpa mia, stavo scendendo troppo velocemente- cercò di rassicurarla Filippo, accennando un sorriso impacciato, e puntandole gli occhi addosso.
-Ma ti ho pure sporcato la felpa- ribatté la ragazza, indicandogli la grossa macchia.
-Non preoccuparti, andrà via dopo averla lavata- replicò Filippo, minimizzando, e cercando di avere un tono disinvolto.
-Almeno, si spera che venga via- aggiunse Nicola, con nonchalance, osservando la felpa macchiata dell’amico, che a sua volta gli riservò uno sguardo torvo.
-Non preoccuparti, dico sul serio- riprese Filippo, tornando a rivolgersi a Giulia. Lei, però, continuava a sentirsi in colpa: non solo l’aveva fatto cadere, ma gli aveva pure macchiato i vestiti.
-Scusami comunque- ripeté Giulia, guardandolo mestamente.
Riservandole un ultimo sguardo e un sorriso esitante, Filippo si allontanò accompagnato da Nicola, scendendo il resto della rampa di scale.
Giulia, per qualche attimo, non fece altro che guardarsi intorno: sembrava che nessuno si fosse accorto di quello che era appena successo, a parte un gruppetto di ragazze che si trovavano sul pianerottolo della scala, proprio davanti alla 3°A. Alcune di loro avevano le labbra piegate in un ghigno, altre, semplicemente, guardavano Giulia incuriosite.
“Saranno le compagne di classe di Filippo e Nicola” pensò, percorrendo lentamente la rampa di scale che portava al piano superiore, seguita da Caterina, che la guardava preoccupata. Al suo passaggio e a quello dell’amica, le altre ragazze si voltarono a guardarla. Giulia continuò comunque per la sua strada, senza voltarsi, dirigendosi verso la porta del bagno femminile, poco distante dalla 3°A.
Fortunatamente, quando entrò, nel bagno non c’era nessuno. Caterina, dietro di lei, richiuse la porta dietro di sé, mentre Giulia afferrava una salvietta accanto al lavandino bagnandola con un po’ d’acqua del rubinetto. Voleva almeno cercare di smacchiare il suo maglione, per evitare di doversene andare in giro per tutto il resto della giornata in quelle condizioni.
-Ok, diciamo che non ci voleva proprio uno scontro così … violento- disse Caterina, avvicinandosi all’amica, aggiungendo poi:
-Ti fa ancora molto male il ginocchio? Ho visto che prima lo stavi massaggiando-.
-Va meglio ora- le rispose Giulia, rassegnandosi al fatto che la macchia di cappuccino sarebbe andata via solamente dopo aver lavato in lavatrice il maglione: la salvietta bagnata non aveva funzionato per niente, e così la buttò nel cestino.
Aveva fin troppo nervoso in corpo: il contatto con Filippo c’era stato eccome, ma una cosa del genere avrebbe preferito veramente evitarla. Per essere la prima volta che si parlavano, avevano avuto letteralmente un forte impatto l’uno sull’altra.
-Ora Filippo mi crederà una scema- sbottò Giulia, avvicinandosi alla finestra del bagno – Un’idiota che non guarda nemmeno dove mette i piedi-.
Non si voltò verso Caterina, ma sentì il rumore dei suoi passi mentre si avvicinava a lei:
-Veramente è stata più colpa sua. Stava venendo giù ad una velocità incredibile … Non ti ha vista e ti ha travolta- puntualizzò, con tono che non ammetteva repliche.
-Forse. Ma lo penserà, ne sono sicura- ribadì l’altra, incrociando le braccia con fare seccato.
Filippo l’avrebbe veramente creduta un’idiota. In più, Giulia non avrebbe veramente più avuto il coraggio di guardarlo in faccia, non senza ripensare all’episodio di quel 15 novembre.
La campanella suonò, segnalando l’inizio della terza ora di lezione. Le due ragazze uscirono dal bagno il più velocemente possibile su richiesta di Giulia, del tutto intenzionata a non incrociare di nuovo Filippo.
Il resto delle lezioni Giulia le passò pensando a quella pessima figura fatta con lui. E quando al secondo intervallo, passando per i corridoi della scuola, ebbe la sfortuna di incrociare di nuovo Filippo, non poté fare a meno di notare quanto il ragazzo la fissasse in continuazione, arrivando a farla sentire terribilmente in imbarazzo. Pessima figura, e pessimo inizio.
Anche se spesso le cose finiscono diversamente da come iniziano.



NOTE DELLE AUTRICI
Hola a tutti!
Abbiamo finalmente deciso di compiere il grande passo, e sbarcare nelle lande di EFP. È la nostra prima opera, la cui gestazione è durata circa 4 anni, e che per il momento stiamo revisionando in modo da poterla pubblicare facendola rendere al meglio.
Questa è solo la prima parte di una storia che andrà strutturarsi in una trilogia (è attualmente in fase di completamento, infatti, la seconda parte), che seguirà per diversi periodi temporali i percorsi di maturazione e di vita dei nostri personaggi.
Qualche parola su questo capitolo: questo è ciò che segna l’inizio di un lungo percorso, che parte dal lontano 2010. Ci troviamo in una scuola di provincia, con ragazzi provenienti da piccoli paesi inventati dalle sottoscritte. Noticina a parte sulle vicende e i personaggi: dal prossimo capitolo verranno spiegate ulteriormente le cose, dando più dettagli e retroscena che in questo capitolo sono solo stati vagamente accennati. Tutto sembra essersi risolto così, ma l’evento appena occorso riserverà invece qualche sorpresa? E se sì, di che genere?
Per saperlo, l’appuntamento è fissato al 14 marzo. Per ora gli aggiornamenti saranno settimanali perché, ahìnoi, l’università e le lezioni ci chiamano a sé. Ma non disperate, il mercoledì sera ci troverete puntuali qui!
Fateci sapere cosa ne pensate, perché saremmo davvero curiose e contente di sapere il vostro parere e le vostre riflessioni.

 Kiara & Greyjoy.

 
   
 
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