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Autore: evelyn80    07/03/2018    7 recensioni
Anthea è una maga, custode dei draghi. Il suo compito è proteggere Nyvgue, l'ultima dragonessa rimasta in vita dopo che tutti i suoi simili sono stati uccisi dagli Sterminatori di draghi. Per secoli si sono tenute nascoste in una piccola grotta sottomarina ma, durante una tempesta, decidono di uscire allo scoperto per salvare la vita di un giovane pescatore finito in acqua. La comparsa della dragonessa scatenerà la furia degli abitanti del villaggio di origine del pescatore, e toccherà alla maga, con il dialogo, convincere tutti che Nyvgue non è una creatura malvagia.
Prima classificata al contest "Leggende, Luoghi misteriosi e Miti" indetto da Fiore di Cenere sul forum di EFP
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Quattro


     Myrcus aveva radunato lo stesso gruppo di giovani del giorno precedente per farsi aiutare a ricostruire il tetto della casupola dei suoi genitori, miseramente distrutto dalle fiamme del drago. La stessa bestia che aveva divorato il suo amato fratello era tornata, come aveva predetto, per prendersi anche le vite di tutti gli altri. Ma, per fortuna, aveva avuto la prontezza di spirito di scagliarle il suo arpione proprio nell’occhio, mettendola in fuga e salvando così gli abitanti del villaggio.
     Avrebbe dovuto sentirsi orgoglioso di tale prodezza, come continuavano a ripetergli i suoi compagni, ma nel profondo del suo cuore si sentiva turbato. Perché, quando il demone dalle sembianze di Lyuk gli aveva parlato, mostrandogli la cicatrice che aveva inferto lui stesso al fratello minore quando ancora erano solo due ragazzini, un dubbio si era insinuato nella sua certezza. Il dubbio che quello fosse veramente suo fratello, che davvero quella bestia immonda lo avesse non divorato, ma addirittura tratto in salvo dalle acque agitate del lago.
     Si lasciò sfuggire un sospiro mentre issava, aiutato dagli altri, nuove travi per sostenere il tetto di paglia. La sua mente continuava a ripetergli che quello che aveva visto non poteva essere altri che un demone, ma il suo cuore si ostinava a non volerlo credere.
     In piedi sulla nuova intelaiatura gettò lo sguardo verso il lago, dove si snodava il sentiero sinuoso che dalle ultime case del villaggio conduceva alla riva erbosa. Due figure femminili stavano avanzando lentamente verso le case. Strinse gli occhi per mettere a fuoco le sagome. L’una aveva una cascata di ricci biondi come l’oro; il suo vestito, adorno di pizzi e merletti, era bruciacchiato, infangato e strappato in alcuni punti. L’altra aveva lunghi capelli castani che le spiovevano fino al fondoschiena, e indossava una lunga veste verde scuro. Le riconobbe entrambe. La prima era Lucylle, la promessa sposa di suo fratello; l’altra era la strega che comandava la bestia immonda.
     Si lasciò sfuggire il martello dalle mani, sibilando un’imprecazione. I suoi compagni volsero lo sguardo nella sua stessa direzione, ma dal basso nessuno di loro riuscì a vedere chi stava arrivando.
     Myrcus saltò giù agilmente dal tetto e si incamminò verso l’uscita del villaggio.
     «Che cosa succede, Myrcus?», chiese Andres, il suo migliore amico, posandogli una mano sulla spalla per fermarlo.
      Il pescatore si voltò a malapena a guardarlo.
     «Sta tornando Lucylle. In compagnia della strega».
     La sera precedente, quando Lucylle era corsa via, tutti avevano creduto che la fanciulla fosse andata a piangere da sola la scomparsa del suo amato. Quando era calato il buio e lei non era rientrata, suo padre aveva radunato una squadra di uomini per andare alla sua ricerca, ma senza risultato. La fanciulla pareva svanita nel nulla.
     E ora, eccola invece che ritornava, insieme alla diabolica creatura che governava il drago. Che avesse rapito anche lei, rendendola sua schiava con un sortilegio? Myrcus portò la mano alla cintura, dove teneva il suo pugnale. Era pronto ad ogni evenienza e, se si fosse rivelato necessario, non avrebbe esitato ad usarlo per difendere se stesso e gli altri abitanti.
     Le raggiunse proprio mentre stavano varcando i confini del villaggio. Senza che se ne fosse reso conto, tutti gli altri giovani lo avevano seguito, e fecero ala dietro di lui quando si fermò ad attendere che le due donne gli arrivassero di fronte. Tacitamente, pareva che tutti quanti lo avessero nominato capo del villaggio, e lui si sentì onorato a quel pensiero. Non aveva potuto difendere suo fratello, ma l’avrebbe fatto con tutti gli altri.
     Il tetro silenzio che era calato su tutti loro fu rotto da Matwes, il giovane fratello di Lucylle che, non appena vide arrivare la fanciulla, spezzò la formazione e corse a buttarsi tra le sue braccia, ancora preoccupato per la sua scomparsa.
     «Lucylle, ma dove eri finita? Ti abbiamo cercato per tutta la notte!», gridò mentre affondava il viso nel suo petto.
     Lucylle lo abbracciò teneramente e gli diede un bacio sulla fronte. «Sono andata a cercare il mio promesso, per riuscire a comprendere ciò che gli era realmente accaduto», rispose, alzando il viso e rivolgendosi a tutti i presenti. «E ci sono riuscita. Ho scoperto con la massima certezza che Lyuk, il mio amato, è vivo e in salute. E stamani siamo venute qua», con un cenno della mano indicò la donna al suo fianco, «perché vogliamo che anche voi ve ne convinciate. Soprattutto tu, Myrcus». La fanciulla alzò il dito indice, puntandolo contro il pescatore con aria accusatoria. Involontariamente, Myrcus arretrò di un passo.
     «Anche tu sei stata plagiata da quella strega!», replicò l’uomo subito dopo aver ripreso il suo contegno. Alle sue parole, Matwes si allontanò di scatto dalla sorella e corse a rifugiarsi tra gli altri giovani.
     Lucylle non lo fermò. «Anthea non è una strega», rispose alzando ancora il tono della voce, «e se le darai modo di parlare, capirai tutto quanto».
     Myrcus soppesò le parole della giovane, incerto sul da farsi. La sua mente gli diceva di liberarsi alla svelta di entrambe. Lucylle doveva essere stata resa schiava dalla strega, che l’aveva trasformata in un demone al pari di suo fratello. Ma il cuore gli suggeriva di lasciar loro la possibilità di spiegarsi, prima di prendere decisioni affrettate.
     I suoi compagni avevano già stretto i pugni, pronti a combattere, ma il pescatore alzò le braccia, per fargli intendere di aspettare. «E sia. Parlate pure, vi ascoltiamo».
     Lucylle aprì la bocca per replicare qualcosa, ma la donna vestita di verde la bloccò con un cenno della mano.
     «Non è necessario entrare nel villaggio per parlare, mia giovane amica. Possiamo farlo anche qui, sul sentiero». Con grazia si mise a sedere sul ciglio erboso, a gambe incrociate. Lucylle e Myrcus la imitarono mentre tutti gli altri restarono in piedi, indietro di qualche passo. Il giovanissimo Matwes, ancora sconvolto e incredulo, rimase a singhiozzare alle spalle di Andres.
     Il pescatore fissò la donna per alcuni istanti. Benché il suo volto dimostrasse la sua stessa età, i suoi occhi erano talmente profondi da apparire come pozzi di conoscenza. Ebbe l’impressione che quegli occhi avessero visto cose per lui inimmaginabili e che quella strega fosse vecchia come le rocce che li circondavano. Come se gli avesse letto nel pensiero, la donna sorrise e si mise a parlare.
     «Sono molto vecchia, è vero. Ma non così tanto come credi», disse, facendolo sobbalzare. «Il mio nome è Anthea e sono una maga. Sono una custode dei draghi, anche se colei che gode della mia protezione, e che tu hai accecato con il tuo arpione, è l’ultima della sua specie. Un tempo erano molti i draghi di cui il mio maestro e io dovevamo prenderci cura, ma oramai rimane soltanto Nyvgue». La donna trasse un lungo respiro prima di continuare. «I draghi hanno sempre considerato voi esseri umani come creature loro pari, dato che entrambi siete dotati di coscienza, e per tale motivo, spesso, soprattutto in passato, i draghi hanno affiancato uomini e donne, instaurando con loro un rapporto di fiducia e stima. Poi, disgraziatamente, un giorno avvenne una tragedia di cui tutti siete sicuramente a conoscenza, anche se solo nella versione creata dagli uomini».
     Myrcus conosceva la storia cui Anthea faceva riferimento. L’aveva narrata il vecchio Gordon la sera in cui, nella capanna grande, lui stesso aveva chiamato l’adunata per affrontare la bestia, e non si sorprese quando scoprì che la versione della maga era a favore del drago assassino. Lo fu molto di più quando la donna rivelò che il suo maestro era morto moltissimi anni prima, ucciso proprio dalle mani dell’ultimo discendente degli sterminatori di draghi, con il quale aveva cercato per l’ultima volta il dialogo. Il vecchio custode non aveva reagito all’attacco del giovane e si era lasciato uccidere.
     «Noi custodi dei draghi abbiamo giurato di fronte al nostro Ordine che mai avremmo usato la violenza contro le creature viventi», stava dicendo Anthea. «Il mio maestro ha rispettato fino all’ultimo il giuramento, e lo stesso farò io. Con il dialogo si possono risolvere molte questioni spinose, se tutti gli interlocutori sanno ascoltare. Ora che vi ho raccontato la mia storia, vi prego di credermi quando vi dico che Nyvgue e io non abbiamo mai avuto cattive intenzioni. Il nostro scopo era solo salvare Lyuk dalla furia delle acque, ed è ciò che abbiamo fatto. Tuo fratello è ancora vivo e vegeto, e in questo momento sta aspettando, nascosto in una grotta celata agli occhi di tutti, di poter venire qui e riabbracciare te, sua madre e suo padre».
     «E perché non è venuto con te, invece di restarsene nascosto?», chiese Myrcus. La storia di Anthea aveva fatto breccia nel suo cuore, al punto che, ad un tratto, si era chiesto se fosse rimasto lui stesso ammaliato dalle sue parole. Poi aveva riflettuto che, se ancora era capace di formulare quel dubbio, evidentemente non era rimasto vittima di nessuna malìa. Non riusciva a decidersi e il sospetto permaneva ancora nella sua mente.
     «Perché temevo che avreste potuto fargli del male», rispose la maga indicando il suo pugnale e gli arpioni che stringevano due o tre dei suoi compagni.
     «Devi crederle, Myrcus!», si intromise Lucylle, con le mani giunte davanti al petto. «Io ho visto tuo fratello, gli ho parlato, l’ho baciato! E ti giuro che è proprio lui, Lyuk! Il mio cuore lo saprebbe se fosse un impostore!».
     Myrcus sorrise all’appello accorato della fanciulla e pensò che anche Helenayr, sua moglie, avrebbe detto le stesse cose, per lui. Sospirò al pensiero della sua consorte lontana. Era tornata a vivere con la madre e la sua famiglia, dall’altra parte del lago, dopo che era rimasta incinta, poiché la sua gravidanza si era rivelata fin da subito problematica. Sapeva che doveva ormai essere prossima alla scadenza del termine e, all’improvviso, fu preso dal desiderio di rivederla. Non appena tutto quello fosse finito avrebbe preso la barca di suo padre e sarebbe andato da lei, magari in compagnia di suo fratello e della sua promessa sposa.
     «Fallo venire qui, allora. Voglio parlargli ancora».
     Anthea sorrise e chinò il capo, piena di gratitudine. «Lucylle, vai tu a chiamarlo. Le rocce si apriranno al tuo arrivo. Io rimarrò qui ad attendervi, per dimostrare a Myrcus e agli altri che le mie parole sono veritiere e che sono in buona fede».
     La giovane obbedì. Si alzò di scatto e corse via, in direzione di una formazione rocciosa che si perdeva in lontananza nella bruma mattutina.


 
* * *


     Del racconto della strega, Matwes aveva ascoltato solo poche parole qua e là. Nella sua giovane mente, non riusciva a smettere di pensare alla possibilità che la sua amata sorella maggiore fosse stata irretita e plagiata dalla donna che ora stava seduta a gambe incrociate davanti a loro, i lunghi capelli castani che spiovevano sulla stoffa verde scuro della sua veste.
     Solo una frase gli era entrata ben bene nelle orecchie, restandogli impressa nel cervello. Quella donna aveva giurato che non avrebbe mai usato violenza contro nessun essere vivente.
     Aveva creduto che, a quel punto, Myrcus o qualcuno degli altri l’avrebbe attaccata e uccisa. In fondo, aveva dichiarato lei stessa che non avrebbe reagito. Ma nessuno aveva mosso un dito contro di lei. Che tutti quanti fossero rimasti vittima della sua magia, ammaliati dalle sue parole?
     Ancora celato dietro la schiena di Andres a sbirciare ciò che avveniva sul ciglio del sentiero, distolse per un attimo lo sguardo dalla strega e lo fissò sull’arpione che il giovane dietro al quale si nascondeva portava appeso a tracolla. Forse, avrebbe potuto lui stesso sferrare l’attacco che l’avrebbe uccisa, liberando sua sorella e tutti gli altri dal giogo maligno di quella donna misteriosa, e diventando così un eroe agli occhi degli abitanti del villaggio.
     Il suo cuore di fanciullo cominciò a battere all’impazzata a quel pensiero così audace. Continuando a fissare l’arpione, deglutì e respirò profondamente per contenere il tremito nelle membra. Alzò lo sguardo sul volto di Andres. Il giovane continuava a fissare la strega, quasi come rapito dalle sue parole.
     A quel punto, Matwes non ebbe più alcun dubbio: quella maledetta aveva incantato tutti, lui solo era rimasto immune alla sua malìa. Tornò a rivolgere lo sguardo verso di lei, proprio nel momento in cui sua sorella Lucylle si alzava in piedi e correva via in direzione del lago. Forse, se sua sorella fosse rimasta lì dov’era, non avrebbe mai avuto il coraggio di muoversi. Ma ora che non c’era più, sentì una nuova forza farsi strada dentro di lui. Prese tre profondi respiri, raddrizzò le spalle e afferrò l’arpione di Andres, strappandolo via dalla sua spalla.
     Il giovane uomo non ebbe il tempo di reagire alla sorpresa e non riuscì a fermare la sua corsa scomposta. Matwes era libero di compiere il suo gesto eroico, che lo avrebbe fatto passare agli annali della storia. Già immaginava i cantastorie che avrebbero narrato le prodezze di Matwes, il fanciullo che aveva ucciso la strega.
     Gettò un grido e si lanciò verso la donna. Con la coda dell’occhio vide Myrcus allungarsi per tentare di afferrarlo, ma lui fu lesto a schivarlo e, senza alcuna esitazione, aumentò l’andatura. La strega alzò le mani e aprì la bocca, come per scagliare un incantesimo, ma lui fu più rapido e, con un altro grido, le conficcò l’arpione nel ventre.
     Subito dopo si sentì investire da una folata di aria calda, che lo sollevò in alto e lo mandò a ricadere tra le braccia di Myrcus. L’incantesimo della donna lo aveva raggiunto, ma troppo tardi. Con un grido di esultanza alla vista dell’asta di legno che le fuoriusciva dalle carni, Matwes alzò il pugno in aria facendo gli scongiuri. «Te l’ho fatta, brutta strega!».
     All’improvviso, il cerchio di uomini parve ritrovare l’uso delle gambe e delle braccia. Myrcus lo prese e lo sbatté a terra, facendogli fuoriuscire tutta l’aria dai polmoni.
     «Cosa diavolo credevi di fare, ragazzino?!», gridò il pescatore continuando a scrollarlo, mentre gli altri giovani gridavano e si agitavano come impazziti.
     Matwes era sconcertato. Invece di essere contento per la sua prodezza e lodare il suo coraggio, perché Myrcus lo sbatteva a terra come se fosse stato un’anguilla da uccidere? Forse che l’incantesimo che la strega aveva gettato su di lui non si era spezzato, e ora voleva vendicare la sua morte? Oppure si era solo illuso di poterla uccidere, e la donna ora stava ridendo di lui?
     La paura tornò ad invaderlo e prese a piangere e a gridare, implorando di essere lasciato andare. In mezzo alla cacofonia di voci, gli giunse distinta quella acuta di sua sorella Lucylle, già di ritorno.
     «Che cosa succede? Myrcus, perché stai malmenando mio fratello?», gridò la fanciulla, tentando di strapparlo dalle grinfie dell’uomo.
     «Tuo fratello ha appena arpionato Anthea!», rispose Myrcus, senza accennare a volerlo mollare.
     «Cosa?!». Le mani di Lucylle lasciarono la presa sul fratello per correre dalla strega. Matwes la vide piegarsi su di lei, seguita dappresso dal suo promesso sposo, o forse dalla sua ombra malvagia. A quel punto non sapeva più neanche lui cosa pensare.
     L’ennesimo scrollone di Myrcus lo mandò a sbattere con la testa contro una roccia. L’ultimo suo pensiero, prima di perdere i sensi, fu che forse non sarebbe diventato un eroe.

 

* * *



     Anthea vide troppo tardi il ragazzino, che stringeva tra le mani un lungo arpione, lanciarsi contro di lei. Aveva dedicato tutte le sue attenzioni a Myrcus e ai suoi compagni, senza considerare il giovanetto nascosto dietro alle gambe di uno dei giovani uomini più robusti, e quando questi si era buttato nella sua direzione con un grido, non era stata lesta ad alzare le mani e a respingere il suo assalto con un incantesimo di protezione. Era riuscito a sbalzarlo via, ma solo dopo che il ferro appuntito dell’arpione le aveva perforato il ventre.
     In tutta la sua lunga vita mai aveva subito una ferita del genere, e tutto d’un tratto capì quale dolore dovesse aver provato Nyvgue quando Myrcus l’aveva colpita allo stesso modo all’occhio sinistro. Il ferro pareva bruciare come se fosse stato arroventato e, a ogni respiro che traeva, era come se una mano invisibile glielo rigirasse tra le carni.
     Il silenzio che fino allora aveva regnato sul sentiero venne spezzato dalle urla di tutti i presenti, ma lei non ebbe modo di vedere altro. Si accasciò con la schiena contro il terreno erboso, i suoi respiri corti e rapidi, mentre con il pensiero correva al suo vecchio maestro, ucciso anche lui per difendere i draghi che tanto amava.
     Sapeva che Nyvgue doveva aver sentito ciò che le era successo, e la pregò con la mente di non fare mosse avventate e di non volare come una furia sul villaggio. Avvertì il suo ruggito di risposta, quasi un grido di rabbia e dolore. Niente e nessuno avrebbe potuto tenerla lontana dalla sua custode.
     La maga cercò di rimanere presente a se stessa, ma sentiva le energie vitali fluire via rapide dal suo corpo assieme al sangue che andava a inzuppare l’erba sotto di lei. All’improvviso, i visi di Lucylle e Lyuk la sovrastarono.
     «Mi dispiace… mi dispiace così tanto…», piagnucolò la fanciulla, prendendole una mano. «È stato mio fratello a farti questo».
     Lyuk afferrò l’asta dell’arpione e fece l’atto di strapparlo via dalle carni della maga, ma lei lo fermò con un debole cenno della mano.
   «Perché no?», protestò il giovane uomo, con gli occhi verdi sgranati per l’ansia e la paura. «Dopo che l’avrò estratto, potrai usare un incantesimo di guarigione».
     «Sono troppo debole, mio giovane amico. Non sarei mai in grado di curare questa ferita senza prosciugare tutte le mie energie. È finita. Ma la mia morte non è vana». Anthea trasse un lungo respiro e trasalì all’ennesima stilettata di dolore. Socchiuse gli occhi prima di riprendere a parlare. «Sono riuscita a convincere tuo fratello, che ha deciso di parlarti. Presto potrai tornare ad abbracciare tua madre e, se vorrai, potrai perdonare tuo padre per aver tentato di colpirti. L’unico rimpianto che mi rimane è lasciare Nyvgue da sola…».
     Come a rispondere a quelle parole, un profondo ruggito risuonò nell’aria, subito seguito dal rumore sordo dello sbattere di ali enormi e dallo scroscio di acqua in caduta. La dragonessa era appena emersa dalle acque del lago per volare dalla sua custode.
     Anthea volse debolmente lo sguardo verso destra, in tempo per vedere Nyvgue che si preparava a sputare fuoco sui giovani del villaggio che ancora gridavano e si muovevano disordinatamente in circolo. Alzò lentamente una mano e, con la mente, si rivolse alla dragonessa per farla calmare. Nyvgue trattenne il suo alito infuocato, ma atterrò pesantemente sul sentiero a pochi passi di distanza, facendo tremare il terreno e scuotere gli alberi. Con due falcate raggiunse la sua custode e protese il lungo collo davanti a lei, a farne una barriera contro Myrcus e gli altri. Il suo occhio ancora sano, rosso come le fiamme dell’inferno, si fissò sull’uomo dai ricci castani che l’aveva accecata, mentre un basso ringhio le risuonava in gola. Ritrasse le labbra sulle gengive, mostrando le lunghe zanne appuntite.
     «No, Nyvgue… Myrcus non è il responsabile di tutto questo», esalò la maga. La dragonessa esitò per qualche istante prima di voltare il capo verso di lei, emettendo un basso gorgoglio dal tono quasi interrogativo. «È stato solo un incidente. Matwes, il fratello di Lucylle, credeva di agire nel bene… Non lasciarti accecare dalla rabbia, com’è accaduto agli sterminatori di draghi tanti secoli fa», concluse Anthea.
     Nyvgue si voltò di scatto a fissare il bambino svenuto, steso a terra accanto a Myrcus. Emise uno sbuffo nella sua direzione, sollevando la polvere dal sentiero, poi tornò a dedicare tutta la sua attenzione alla custode stesa a terra, ormai sempre più debole.
     La maga sapeva che le restavano pochi istanti di vita. Le energie vitali correvano via come un fiume in piena dal suo corpo e si sentiva ormai prossima a scomparire. Le rimaneva solo un’ultima cosa da fare.
    «Myrcus…», chiamò debolmente e il giovane uomo si avvicinò, chinando il ginocchio a terra, dalla parte opposta alla dragonessa. «Myrcus, voglio che tu e Nyvgue vi conosciate. Voglio che tu sappia con certezza che non dovete temere nulla, da lei…».
     Il pescatore alzò il viso e fissò la dragonessa, inquieto. La bestia parve mostrare la sua stessa riluttanza, emettendo un altro basso ringhio e mostrando le zanne.
     «Nyvgue, non pensare più a ciò che è stato, ma a quello che sarà…», ansimò ancora la maga. La dragonessa chinò il capo, portandolo all’altezza di quello dell’uomo, e trasse due profondi respiri. Poi si avvicinò lentamente a lui e lo annusò rumorosamente. Myrcus trattenne il fiato e chiuse gli occhi, certo di essere divorato, ma Lyuk gli posò una mano sulla spalla.
     «Non avere paura, fratello mio. Apri gli occhi».
     Il pescatore obbedì e fissò la sua immagine riflessa nell’occhio rosso della dragonessa. Poi, allungò una mano e la carezzò.
    Anthea si lasciò sfuggire un debole sorriso. «Bene… Però prima di andarmene, Nyvgue, dovrai farmi una promessa». La dragonessa la fissò col suo unico occhio, in attesa che continuasse. «Quando io non ci sarò più, rimarrai sola. Non ci saranno altri custodi a prendersi cura di te. Ora Lyuk, Myrcus e gli altri ti conoscono, e non avrai nulla da temere, da essi. Ma quando loro moriranno tu continuerai a vivere, ancora per molti secoli a venire, e chi verrà dopo di loro potrebbe non avere buoni propositi nei tuoi confronti…». Trasse un respiro, lottando con tutte le sue forze per rimanere aggrappata all’ultimo anelito di vita che ancora gli rimaneva. «Devi promettere che rimarrai per sempre nascosta. Non ho più le forze necessarie per sigillare la grotta e il lago sotterraneo, per cui toccherà a te avere giudizio e non mostrarti più, né alla luce del giorno né durante la notte, per nessun motivo al mondo», concluse la maga.
     Nyvgue emise un cupo gorgoglio sconsolato, ma chinò il capo in cenno di assenso. Poi si distese a terra e circondò con il suo corpo quello della maga, appoggiando la grossa testa sulla coda.


 
* * *


     Lyuk, Lucylle e Myrcus si erano fatti rispettosamente indietro, lasciando la dragonessa sola con il suo dolore. Gli altri giovani avevano finalmente ripreso il controllo, e Andres si era chinato accanto a Matwes, ancora svenuto. Lucylle raggiunse suo fratello e gli posò una mano sulla fronte, che scottava. L’eccitazione e la paura per ciò che aveva compiuto gli avevano fatto salire la febbre. Stava per chiedere ad Andres di portarlo a casa quando qualcuno gridò.
     La fanciulla si voltò appena in tempo per vedere il corpo di Anthea, al di là della grossa testa della dragonessa, svanire nel nulla. L’arpione, conficcato nel vuoto, cadde a terra con un debole clangore. Solo la lunga veste verde rimase a terra, oramai svuotata del suo contenuto.
     Nyvgue si alzò pesantemente sulle quattro zampe poderose e la annusò, come a voler ricordare per sempre il suo odore, poi la prese con delicatezza tra le labbra e la posò ai piedi di Lucylle, che si chinò e la raccolse.
     La fanciulla bionda carezzò la morbida stoffa dell’abito. «Vuoi che lo tenga io?», chiese con deferenza alla dragonessa, asciugandosi le lacrime che le erano spuntate agli angoli degli occhi. Quella emise un gorgoglio, muovendo il capo in un cenno affermativo.
     «Ti ringrazio, Nyvgue. Ne farò il mio abito da sposa. Quello che avevo», e, con un cenno del braccio, indicò l’abito da festa che indossava ormai ridotto a brandelli, «è da buttare».
     La dragonessa sbuffò e la sfiorò con il muso, poi accostò la grossa testa affusolata a Lyuk, che affondò entrambe le mani tra i suoi barbigli, carezzandole dolcemente la pelle verrucosa.
     «Addio, amica mia. Non ti dimenticherò mai», disse il giovane pescatore, la voce rotta dall’emozione e dal dolore per la scomparsa della maga. Nyvgue sbuffò ancora, scompigliandogli il caschetto di capelli biondi.
     Infine, si rivolse a Myrcus, che abbassò lo sguardo prima di parlare. «Mi dispiace di averti ferito. Credevo che tu fossi un essere malvagio…». La dragonessa lo interruppe, dandogli un colpetto col muso. Poi arretrò di alcuni passi, spalancò le ali e spiccò il volo, spostando l’aria e sollevando turbini di polvere e sassolini dal sentiero. Salì talmente in alto da diventare quasi invisibile agli occhi dei tre giovani, poi si lasciò cadere in picchiata e si tuffò nelle acque gelide del lago.


 
* * *


     Nessuno vide più la dragonessa che viveva nel lago. Né Lyuk, né Myrcus, né i loro figli, e nemmeno i loro discendenti. Nyvgue mantenne la promessa, celando la sua presenza a tutti quanti.
     La storia divenne leggenda e la leggenda divenne mito. Nessuno pensò più a lei né alla sua custode, la maga Anthea, che si era sacrificata per riunire i due fratelli pescatori.
     Ma, di tanto in tanto, quando la nebbia è talmente fitta da impedire di vedere alcunché sulle acque del lago, Nyvgue riemerge per guardare il villaggio ormai divenuto città, nella speranza vana di rivedere almeno per una volta il suo amato Lyuk.

 

Fine


 
Spazio Autrice:
Innanzi tutto voglio ringraziare Fiore
di Cenere, per aver indetto questo contest che ha stimolato fin da subito la mia curiosità. Poi, voglio ringraziare calorosamente anche tutti coloro che hanno letto e recensito la storia, per avermi lasciato i loro pareri e le loro opinioni.
Grazie a tutti!
  
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