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Autore: Fantoche72    11/03/2018    0 recensioni
Una brevissima storia che tratta di un'insita paura umana: quella dell'ignoto.
D'un tratto, senza accorgercene, i nostri terrori si presentano alla soglia di casa, e si palesano bussando.
Tu cosa faresti se ti ritrovassi faccia a faccia con una tua fobia?
Genere: Horror, Mistero, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando mi arrivò la notizia non seppi come reagire, la realtà è che ciò che ho provato non ha mai avuto alcun nome in nessuna lingua umana.

 

Nessuno ha mai creato una parola per descrivere lo stato d’animo che si prova ad essere l’ultimo essere umano in vita, per fortuna.

La CinoRussia mosse guerra contro l’EurAmerica e la NATO, e senza che ce lo aspettassimo iniziammo (uso il noi per parlare a nome della razza umana) la prima vera guerra nucleare della storia.

 

Cinque anni prima fui coronato dell’onore più grande di tutti: quello di colonizzare Marte.

Non c’era uomo sulla Terra che non sapesse della mia missione e di quella scoperta americana. C’era veramente acqua sul pianeta rosso.

 

Il sistema di torrenti e caverne sotterranee infatti, non consentiva solo una temperatura ottimale, ma assicurava anche una pressoché stabile fonte d’acqua per una possibile spedizione. Il ritorno non era previsto, così come il fallimento.

 

Ero in contatto continuo con la 54° équipe spaziale della NASA, che mi guidava attraverso le fasi volte allo sviluppo della colonia, questo finché non morirono tutti.

Con il susseguirsi dei bombardamenti nucleari non erano rimasti molti esseri umani in vita, e sicuramente i pochi sopravvissuti non avrebbero di certo avuto una laurea in Scienze Spaziali e una ricetrasmittente ad alta frequenza in grado di comunicare con la mia.

 

Non ce lo aspettavamo, ma proprio per questo avevo un dettagliato piano di emergenza per situazioni come la mia.

La missione era così semplice infatti, che quasi si svolgeva da sola. Dovevo semplicemente trovare un luogo sicuro per poter accendere le incubatrici dei feti, che avevo portato con me.

Ero solo, è vero, ma i nostri feti sarebbero cresciuti in tutta calma, plasmando per la primissima volta, un gruppo di persone nate su un altro pianeta, i primi marziani.

 

Fu surreale ritrovarsi ad essere così soli, ma dovevo tener duro.

Il mio nome sarebbe stato scolpito nella storia, sarei stato ricordato come il grande primo colonizzatore terrestre, come un discendente diretto di Cristoforo Colombo.

 

Ho creato, insieme ai TC-2837 e TC-3497 (i miei due robot aiutanti), un bunker scavato nelle rocce cremisi marziane, dove ho stabilito un campo base e acceso le incubatrici.

 

Tutto era tranquillo, avevo compiuto la mia missione.

Forse ero l’ultimo individuo rimasto in tutto il sistema solare, ma sarebbe bastato aspettare.

 

Oggi ho provato un’altra nuova sensazione. Anche questa avrebbe bisogno di un proprio nome nel dizionario.

 

Oggi ho sentito cos’è la vera paura. La sento nelle viscere, e in tutte le ossa del mio corpo.

 

Oggi qualcosa ha bussato alla porta del mio bunker.

 

La solitudine può causare allucinazioni, questo è risaputo. Ma non sono pazzo.

Qualcosa ha toccato il freddo metallo della porta blindata, ne sono certo.

 

Magari è stata solo la mia immaginazione. Magari qualcuno è sopravvissuto e mi è venuto a cercare.

 

No, nessuno potrebbe arrivare qui dopo una guerra nucleare, non dopo bombardamenti di quella proporzione, impossibile.

 

Quello che so, è che mi sono rintanato nella mia celletta.

 

Io di qui non esco.

 

Ho disattivato i due robot… facevano troppo rumore, e avrebbero potuto attirare qualsiasi cosa ci sia fuori da questo bunker.

 

Ora sono veramente solo.

 

Mi battono le tempie, e il rumore del mio battito è incessante.

 

Il terrore mi circonda stritolandomi. Devo calmarmi.

 

Mangio una razione di pollo e la butto giù a fatica. Subito dopo il pasto provo una certa sonnolenza, e mi addormento.

 

Sogno e sono infastidito. Questo perché sono nella mensa del mio College e c’è qualcuno che striscia un cucchiaio sul suo piatto, producendo quel fischio fastidioso, tipico del metallo che sfrigola.

 

Di colpo mi sveglio e continuo a sentire quel suono anche se dopo mezzo secondo scompare.

 

Qualcosa stava graffiando la porta.

 

Mi alzo e spalanco la porta della mia cella.

 

E’ aperto.

 

Il grande portone del bunker, è aperto.

 

Silenzio. Rimango pietrificato, mentre la sabbia rossa si inizia ad infiltrare nel campo base.

 

D’un tratto mi sento morire. Credevo che sarei stato entusiasta di rivedere qualcuno.

 

Il respiro che sento sulla mia nuca però mi provoca un brivido nell’animo.

 

Mi volto e

 
   
 
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