Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
Segui la storia  |       
Autore: QueenInTheNorth    17/03/2018    9 recensioni
Vi chiedete mai cosa sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente? Se dopo l'incoronazione di Jon Snow a Re del Nord nuove forze fossero scese in campo? Se vecchie profezie fossero tornate alla luce e la Canzone si fosse rivelata? Quanto può una decisione diversa cambiare le sorti dei Sette Regni?
La ruota continua a girare, nuovi re si faranno avanti e la terra tremerà ancora per il ruggito dei draghi.
Ma la Lunga Notte è vicina, gli Estranei attendono pazienti, e nell'ora più buia tutte le vostre certezze vacilleranno. Stavolta gli uomini sono soli e l'amore forse non basterà più a salvarli.
Siete pronti a perdere ogni speranza?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jon Snow, Sansa Stark, Tyrion Lannister, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



An island of glass and salt



Daenerys

 

Il mare era agitato. La schiuma delle onde ribolliva in superficie ed il sole si rifletteva sull’acqua creando spettacolari giochi di luce. Gli spruzzi gelidi sfumavano nell’aria frizzante del mattino ed un gabbiano volava basso in cerca di pesce. Le navi della flotta avanzavano con calma, dondolando leggermente, le vele nere gonfie al vento.

Daenerys, in piedi sul ponte della nave ammiraglia, scrutava l’orizzonte. In lontananza, dove il mare ed il cielo si baciavano, si intravedevano delle rocce appena accennate sullo sfondo turchese.

Dany sospirò, lasciando che il vento le spingesse all’indietro gli splendidi capelli argentei che le ondeggiavano con naturalezza sulle spalle.

Erano quasi tre settimane che erano in viaggio e Daenerys avvertiva la stanchezza sulla pelle. Il sale le incrostava i vestiti ed il continuo movimento dell’imbarcazione le causava una leggera nausea. Continuava a voltarsi indietro, angosciata dalla paura di essere abbandonata dai propri alleati, ma le altre navi erano sempre là, con il suo stemma dipinto sulle vele.

I Dothraki avevano dimostrato un’insospettabile destrezza nell’affrontare le acque velenose e non erano caduti vittima del mal di mare come il primo khalasar che Dany aveva condotto ad Astapor. Perfino i loro cavalli non si erano lamentati più di tanto della difficile traversata.

Daenerys alzò lo sguardo in cerca dei suoi figli. Drogon era sempre quello che si allontanava maggiormente, esplorando le piccole isole che costeggiavano o le grotte semisommerse dalle maree. Anche Rhaegal stava acquisendo coraggio, scomparendo per ore, per poi tornare solo al tramonto, le scaglie verdi scintillanti come smeraldi. Quindi Daenerys non fu stupita quando riconobbe Viserion nel drago che volava in cerchio divorando quello che sembrava essere un grosso tonno. Il drago bianco era sempre stato il più schivo tra i fratelli e raramente abbandonava la protezione delle navi.

Dany udì dei passi alle sue spalle. Si voltò e vide Tyrion Lannister che la raggiungeva con la sua buffa andatura ciondolante.

“Maestà” esordì il nano in tono confidenziale, “vedo che il viaggio prosegue bene. Non soffri il mal di mare?”

Daenerys scosse il capo. “No, e tu?”

Tyrion fece una smorfia. “Personalmente ho viaggiato in condizioni ben peggiori… Non so se te l’ho mai raccontato, ma sono arrivato a Pentos all’interno di una cassa. E’ stata un’esperienza piuttosto sgradevole.”

Daenerys si concesse una breve risata. Poi tornò seria. “Sei sicuro che sia una buona idea fermarci alla Roccia del Drago?” chiese incrociando le braccia “Non sarebbe più semplice attaccare direttamente Approdo del Re?” Il loro piano non la convinceva, le sembrava troppo tortuoso e dispendioso.

Tyrion si calò immediatamente nei panni del Primo Cavaliere che ha tutta la situazione sotto controllo. “E’ la scelta migliore, vostra grazia” spiegò con calma. “Da quando Stannis Baratheon l’ha abbandonata, la Roccia del Drago è rimasta inabitata. Essendo un’isola, offrirà riparo al nostro esercito e ci permetterà di rivedere i nostri piani d’invasione.”

Daenerys aggrottò le folte sopracciglia nere. “Ma Cersei potrebbe attaccarci con la sua flotta.”

“Cersei non ha una flotta.”

“E tu come lo sai?”

“Perché si dà il caso che sia stato io a dirigere la difesa di Approdo del Re e sono assolutamente certo che l’unica nave di cui la mia dolce sorella era in possesso sia esplosa insieme all’Altofuoco.”

Daenerys abbassò il capo. “D’accordo” disse risoluta, “che si mantenga questa rotta.” Tyrion sorrise soddisfatto e Dany si diresse verso la prua.

Stava tornando al luogo in cui era nata, al luogo in cui la regina Rhaella Targaryen era morta di parto durante la più terribile tempesta che i marinai avessero mai visto. Un luogo di cui non conservo alcun ricordo.

Quando era piccola Viserys le raccontava spesso storie sulla loro terra. La nostra casa, la chiamava, e Daenerys lo ascoltava rapita, immaginando il giorno in cui vi avrebbero fatto ritorno. Il popolo l’avrebbe accolta tra urla di gioia e si sarebbero dati banchetti in suo onore, con danze e cibi squisiti. L’idea di una possibile guerra non l’aveva nemmeno sfiorata. Poi la bambina era cresciuta ed aveva imparato a prendersi ciò che le spettava col fuoco e col sangue.

Adesso che finalmente stava per coronare il sogno di una vita, la sua più grande ambizione, si sentiva a disagio. L’attaccamento febbrile che Theon e Yara avevano dimostrato nei confronti delle loro ispide isole, il nazionalismo delle Serpi delle Sabbie, la nostalgia provata da Tyrion per un popolo che l’aveva sempre disprezzato, erano sentimenti estranei a Daenerys Nata dalla Tempesta.

Sto per diventare regina di un regno che non ho mai visto, la cui gente non mi conosce, e non ho nessuno al mio fianco.

La notte si rigirava nel letto cercando la presenza rassicurante di Daario al suo fianco. Voleva svegliarsi e trovarselo accanto, sentirlo ridere senza un reale motivo, accarezzandogli i lunghi capelli castani. Non rimpiangeva la decisione presa a Meeren, ma non avrebbe mai immaginato che sarebbe stato così difficile dimenticare.

Le mancava Daario Naharis, con i suoi modi irrispettosi e provocanti, le mancava Barristan Selmy e la sua voce gentile che le raccontava di Rhaegar, ma più di tutti le mancava Jorah Mormont.

Quando l’aveva lasciato andare, la polvere tra i capelli ed un sorriso sulle labbra, si era resa conto di quanto Jorah significasse per lei. Nonostante non l’avrebbe mai ammesso neppure a sé stessa, dopo ogni esilio a cui l’aveva costretto, il suo cuore aveva sperato disperatamente in un suo ritorno, e quando l’aveva visto nell’arena, pronto a combattere e a morire per lei, quello stesso suo cuore aveva rischiato di fermarsi. Non era più Jorah l’Andalo, Jorah il Traditore o Jorah il Voltagabbana, ma solamente l’uomo che l’aveva aiutata a sopravvivere tra i Dothraki, che l’aveva lasciata libera di gettarsi tra le fiamme e che le era sempre rimasto vicino nei momenti più bui. Ma lei aveva battuto le mani lo stesso.

Una raffica più forte delle altre costrinse Daenerys ad aggrapparsi al parapetto. La figura della Roccia del Drago andava delineandosi ed ormai dovevano mancare un paio d’ore allo sbarco. Daenerys inspirò profondamente, riempiendo i polmoni con aria salmastra.

Decise di scendere sottocoperta a riposarsi e si avviò verso le scale scivolose. Nella sua cabina l’attendeva come di consueto Missandei, che le sciolse i capelli aiutandola a cambiarsi.

“Devo avvertirti quando siamo arrivati, mia regina?” le chiese la giovane scriba spegnendo la lucerna. Dany annuì, nascondendo dietro la mano un enorme sbadiglio. Missandei uscì accostando con delicatezza la porta e Daenerys si addormentò nel momento stesso in cui posò il capo sul soffice cuscino di piume.

Sognò di sedere sul Trono di Spade con Tyrion al suo fianco. Barristan era vivo e le sorrideva, Daario le faceva l’occhiolino e Jorah non aveva tracce di Morbo Grigio sulla pelle. “Khaleesi” le stava dicendo con affetto. E Daenerys si ritrovò ad abbracciarlo piangendo.

“Perdonami, ti prego perdonami, Jorah” gli sussurrava tra i singhiozzi stringendolo spasmodicamente, “perdonami per tutto quello che ti ho fatto. Io…” Jorah perse consistenza dissolvendosi nell’aria. Daenerys si voltò sconvolta, il viso rigato ancora dalle lacrime, e si ritrovò sola nella sala del Trono.

“Vai a Nord” le disse una voce alle sue spalle.

Daenerys si girò sobbalzando e vide una donna alta e magra avanzare verso di lei. Aveva i capelli scuri e portava una maschera d’oro sul viso.

“Chi sei?”

La donna scosse il capo. “Chi sono non ha importanza: devi portare i tuoi draghi a Nord, Daenerys Distruttrice di Catene, presto avranno bisogno di te.”

Daenerys non capiva. “Chi avrà bisogno di me?” chiese confusa “E quando?”

La donna rimase un istante in silenzio. “Quando la vera guerra inizierà.”

Fece per andarsene, ma all’ultimo si voltò nuovamente, parlando ora con voce grave.

“Ma sbrigati, Daenerys Madre dei Draghi, oppure, quando l’oscurità ed il tradimento ti avranno circondata, il Nero cadrà. E sarà morte dal Ghiaccio, così come è morte dal Fuoco.”

La donna misteriosa scomparve e Dany aprì gli occhi. La luce accecante la colpì come un pugno, mentre Missandei continuava a scuoterla con delicatezza.

“Maestà, è ora.”

Daenerys si mise a sedere, realizzando che il movimento della nave era cessato. Nella sua mente rimbombavano ancora le parole della donna dal viso celato. Il Nero cadrà… ripeteva incerta tra sé e sé. Che vorrà dire? Sempre che voglia dire qualcosa, in fondo era solo un sogno.

Si alzò barcollando, appoggiandosi al braccio di Missandei. La ragazza era probabilmente turbata dall’aspetto disorientato della sua regina, e Daenerys le fu grata per non aver posto domande. Scelse una tunica verde smeraldo con ricami grigio-perla che si intrecciavano formando due draghi che sputavano fuoco e dei gioielli d’argento che armonizzassero le calzature dello stesso colore.

Quando finalmente uscì sul ponte la vista la lasciò a bocca aperta. Davanti a lei si apriva una spiaggia meravigliosa, dalla sabbia fine e nera come il catrame, punteggiata da conchiglie e delimitata da alti alberi frondosi. Le loro radici nodose uscivano a tal punto dal terreno da creare complicati intrecci di legno e foglie. In lontananza, sulle colline si distinguevano delle abitazioni, mentre le montagne si stagliavano sullo sfondo.

Ma l’elemento che maggiormente catturò l’attenzione di Daenerys fu il palazzo. Maestoso, possente e massiccio, il castello sembrava essere muto guardiano del paesaggio, con le sue alte torri in decadenza e le mura ricoperte di rampicanti. Appariva egli stesso parte della natura. Una natura selvaggia ed incolta, in cui l’intervento dell’uomo era quasi invisibile. Quella era l’isola in cui, secoli addietro, i primi Targaryen si erano stanziati dopo essere sfuggiti al Disastro di Valyria, il luogo da cui Aegon e le sue sorelle erano partiti per la conquista dei Sette Regni. Daenerys si stupì di trovarsi commossa.

Poi il cielo fu attraversato da un suono stridulo e Rhaegal atterrò goffamente sulla spiaggia. Daenerys rise, vedendo il drago alle prese con quella cosa strana che era la sabbia. Poco dopo arrivò anche Viserion, che invece preferì appendersi a un leccio che cresceva poco lontano. Come al solito di Drogon non vi era traccia. Con il tempo Daenerys aveva imparato a non preoccuparsi, così non cedette all’ansia nemmeno in quel momento, occupandosi invece di trovare una sistemazione per l’esercito. Fu solo grazie ai saggi consigli e alla pazienza di Varys che l’operazione di sbarco non provocò scontri.

“Fai scendere prima i Dothraki, vostra grazia” le aveva suggerito l’eunuco, “così si eviteranno risse e si sistemeranno meglio i cavalli. Dopo di loro sarà il turno dei Greyjoy e di metà degli Immacolati, che ti aiuteranno a mantenere l’ordine, mentre l’altra metà scenderà per ultima così da provvedere alla manutenzione delle navi, se necessaria ovviamente.” Daenerys aveva accolto ogni consiglio e lo sbarco era proceduto senza incidenti.

Tyrion e la sua diplomazia erano destinati alla ricerca di una collocazione per i Dothraki, con l’aiuto di Missandei che faceva da interprete.

“Quasi tutte le case della Roccia del Drago sono abbandonate” aveva spiegato Tyrion, “ai Dothraki possiamo riservare quelle con le stalle, così da potersi occupare dei cavalli, mentre gli eserciti alleati possono occupare le altre.”

“Non ho alcuna intenzione di occupare una fattoria maleodorante” intervenne lady Olenna facendosi nervosamente aria con un ventaglio, “credo proprio che ad una signora di una certa età non vada nemmeno proposto.” Tyrion si era affrettato a scusarsi tra le risate generali.

“Voi potrete soggiornare nel palazzo” intervenne Daenerys rivolta ai nobili alleati, “così sarete vicini al luogo delle riunioni.” Yara aveva riso.

“Francamente vostra altezza, io ed il mio adorato fratellino preferiremmo una bella casetta sul mare, magari un po’ isolata dal nostro rumoroso seguito. Non è così Theon?” Theon non rispose, continuando a fissarsi le punte dei piedi.

Yara sbuffò. “E va bene” borbottò, “vada per una stanza nel castello…”

Alla fine Ellaria Sand scelse l’opzione di un’abitazione divisa con Tyene, mentre Nymeria ed Obara avrebbero alloggiato al castello.

Daenerys aveva sorriso a tutti, mostrandosi cortese e disposta ad esaudire i loro desideri.

Non ho mai visto tante persone così diverse tutte insieme, pensò osservandole. E ora sono qui perché hanno un unico obbiettivo. In realtà la maggior parte del suo esercito era composta da guerrieri assetati di vendetta, se si escludevano gli Immacolati, che almeno teoricamente non provavano desideri.

Terminata l’estenuante discussione circa le sistemazioni, Tyrion le sorrise incoraggiante.

“Ti sei comportata splendidamente, maestà” la lodò il nano. “Non è facile tenere insieme un gruppo così eterogeneo. Soprattutto se ad avere le palle sono le donne e non gli uomini. Quella lady Olenna è un’arpia ed ho visto Nymeria Sand mettere in fuga un Dothraki grosso almeno il quadruplo di me solamente schioccando la frusta.” Daenerys scoppiò a ridere, mentre cercava con lo sguardo Verme Grigio. Lo trovò all’angolo della sala, immerso in una fitta conversazione con Missandei.

“Guarda quei due!” esclamò Tyrion “Fino a poche settimane fa non sapevano nemmeno cos’era una conversazione ed ora chiacchierano come due ragazzine. Modestamente, è stato tutto merito mio…”

Daenerys diede disposizione agli Immacolati di controllare le strade, mentre lasciò alcuni ammiragli Greyjoy a sorvegliare le navi ancorate in una baia naturale. Concluse le cerimonie rituali ed onorata l’etichetta, congedò esausta gli ospiti, ordinando ai servi di correre immediatamente da lei qualora Drogon fosse avvistato.

Lasciando Tyrion e Varys alle loro discussioni politiche di cui lei poco capiva, Dany si ritirò nella stanza che era stata di sua madre.

Il letto a baldacchino era rivestito con velluto rosso chiaro, legato sulle sbarre con cordini d’oro. I libri della libreria erano coperti da uno spesso strato di polvere e tra le penne della scrivania erano state tessute delle ragnatele.

Daenerys spalancò le finestre uscendo in balcone. Il vento le accarezzò il viso mentre chiudeva gli occhi e lei lasciò vagare la mente in luoghi irraggiungibili: Approdo del Re, la Fortezza Rossa, il Trono di Spade. Poi sentì di nuovo la voce del sogno che le sussurrava all’orecchio.

Sbrigati, Daenerys Madre dei Draghi, oppure, quando l’oscurità ed il tradimento ti avranno circondata, il Nero cadrà. E sarà morte dal Ghiaccio, così com’è morte dal Fuoco.

E Daenerys Targaryen ebbe paura.

 

Bran

 

La neve aveva finalmente smesso di cadere. Si era accumulata sui rami al punto da spezzarli ed aveva ricoperto qualunque pianta che non raggiungesse un’altezza sufficiente. La Barriera si stagliava sul cielo azzurro-ghiaccio maestosa e terribile come al solito, la sommità così lontana da perdersi nelle nuvole.

Il freddo era così intenso da congelare i nasi ed arrossare le guance ed al mattino Bran si svegliava con i capelli coperti di cristalli di ghiaccio. Da quando erano arrivati alla Barriera lui e Meera avevano preferito rimanere nascosti, anche perché, perduta la slitta, non vi era più nulla che potesse essere usato per trasportare Bran. Meera aveva tentato di costruire un rudimentale carretto intrecciando rami secchi, ma il risultato non era stato in grado di soddisfare nemmeno le loro più basse aspettative.

Bran trascorreva le giornate nella grotta che avevano eletto come dimora, rifiutandosi di uscire. Da quando aveva avuto l’ultima visione, si era chiuso in un doloroso silenzio, troppo preoccupato dai suoi pensieri per prestare attenzione al mondo che viveva intorno a lui. Meera aveva tentato di coinvolgerlo in qualche attività, ma Bran aveva sempre rifiutato, sforzandosi di essere gentile.

La verità era che si sentiva tremendamente in colpa. Se non fosse stato così sciocco da tentare quella visione proibita, il Re della Notte non l’avrebbe marchiato ed il Corvo con Tre Occhi, Foglia, Estate ed Hodor sarebbero stati ancora vivi.

Il pensiero di Hodor lo devastava. La consapevolezza di aver distrutto la vita di quel ragazzo senza nemmeno saperlo, lasciava Bran senza fiato. Hodor che era sempre stato gentile, Hodor che lo portava sulla schiena a Grande Inverno, Hodor che aveva ripetuto per tutta la vita la parola della sua condanna. Ed alla fine era morto, per salvare la vita a colui che aveva causato la sua fine, morto bloccando quella maledetta porta. Hold the Door, gli aveva gridato Meera. E lui aveva ubbidito.

Ed è stata tutta colpa mia, continuava a ripetersi disperato Bran. Come faccio ad essere il Corvo con Tre Occhi se nemmeno riesco a proteggere i miei amici? Bran non era mai stato bravo come lord, non era mai riuscito a mettere in pratica i consigli di suo padre. Aveva consegnato Grande Inverno a Theon credendo di salvare i suoi abitanti, ma aveva ottenuto solamente macerie fumanti e la testa mozzata di Rodrik Cassel. Poi aveva tentato di essere un bravo fratello maggiore prendendosi cura di Rickon, ma era stato costretto ad abbandonarlo chissà dove per andare oltre la Barriera. Infine aveva provato ad essere all’altezza del suo ruolo come Corvo con Tre Occhi, ed aveva avuto la visione più sconvolgente della sua vita.

Ricordava ogni cosa, ogni dettaglio. La Torre, le scale, il letto insanguinato, suo padre che si girava cercando qualcuno, sua zia Lyanna che sussurrava qualcosa, tutto era impresso a fuoco nella sua mente. E poi quel bambino. Così familiare, così conosciuto. Bran aveva impiegato parecchi minuti per realizzare ciò che aveva appena visto e, quando la verità l’aveva folgorato, era tornato al presente gridando.

“Era mio fratello!” aveva urlato fissando con occhi folli una Meera sconvolta “Ho visto mio fratello… Jon… sì sì, era proprio lui ne sono certo.” Aveva iniziato a parlare velocemente, scosso da brividi e con le guance in fiamme. “Non ci posso credere, mio padre per tutti questi anni ha… No, no è impossibile… Ma allora Jon sarebbe mio cugino, e...” Aveva fissato Meera negli occhi.

“Chi è suo padre?”

Un oceano di emozioni l’aveva travolto. Mio padre lo sapeva. Prima di morire Lyanna aveva mormorato qualcosa a Ned, ma Bran non aveva avuto i riflessi abbastanza pronti per avvicinarsi, così non aveva afferrato nulla della breve conversazione. Ora le domande lo divoravano.

Bran si era rifiutato di passare la Barriera, preferendo restare accanto all’Albero-diga per avere la possibilità di tornare nel passato. Da qualche giorno si stava preparando per una nuova visione, desideroso di apprendere finalmente la verità. Tutta la verità. Stavolta starò attento, continuava a ripetersi per farsi coraggio. Devo solo fare attenzione a non interferire con il passato.

Il passato è già scritto, l’inchiostro è asciutto, così diceva il Corvo con Tre Occhi, ma Bran aveva comunicato con suo padre ed Hodor e non intendeva ripetere lo stesso errore una terza volta. Sarebbe tornato nel passato ed avrebbe finalmente sciolto il mistero che circondava Lyanna Stark e colui che fino a pochi giorni prima aveva considerato suo fratello.

Così quella gelida mattina, dopo essersi accertato che Meera stesse ancora dormendo profondamente, arrancò puntellandosi sui gomiti fino a raggiungere l’albero-diga. Fu un’impresa faticosa, ed anche piuttosto pericolosa poiché qualunque Guardiano della Notte di ronda avrebbe potuto vederlo, ma a Bran non interessava.

Magari sarà proprio Jon a trovarmi.

L’ultima volta che aveva visto suo cugino, Jon stava combattendo al castello di Craster e Bran era stato costretto ad andare avanti senza la possibilità di riabbracciarlo. Era stata una delle decisioni più difficili della sua vita e Bran era stato perseguitato dai rimpianti durante tutto il viaggio, specialmente in seguito alla sua tragica conclusione.

Alzò il viso, incontrando il muto sguardo del volto scolpito nel legno e sentì un brivido scendergli lungo la schiena. Quando appoggiò la mano sudata sul tronco centenario, pregò tutti gli dei esistenti di aiutarlo a non commettere errori. Roteò gli occhi e fu inghiottito dalle tenebre.

Galleggiò nel buio qualche secondo prima di ritrovarsi in piedi in una radura brulla battuta dal vento. Si guardò disorientato intorno, alla ricerca di qualche punto di riferimento, e la sua attenzione fu catturata dall’imponente castello nero che si ergeva poco lontano. Le sue mura sembravano essere state incendiate e le torri davano l’idea di poter crollare da un momento all’altro. Bran tentò di riportare alla mente lezioni di storia di secoli prima, quando ancora Grande Inverno esisteva e lui aveva le gambe.

“C’è un castello nelle Terre dei Fiumi” diceva maestro Luwin, “che è chiamato Fortezza Maledetta a causa del fantasma che da sempre si dice che lo infesti. Si tratta di Harrenhal, il castello distrutto dall’attacco dei draghi di Aegon il Conquistatore e da allora ritenuto portatore di sventura per i lord che si ritrovano ad abitarci. Ma sono solo storie, Bran.” Bran sospirò.

“Allora mi trovo ad Harrenhal... Ma quando? E soprattutto, perché?”

Non fece in tempo a completare i suoi pensieri che dalla fortezza si levarono urla estasiate. Bran si precipitò stupito al ponte levatoio, attraversandolo senza problemi. Ciò che vide lo lasciò senza fiato.

L’enorme arena era circondata da spalti di legno gremiti di gente. Vicino agli scranni sventolavano i vessilli dei lord e Bran sentì un tuffo al cuore quando scorse il meta-lupo degli Stark. Aguzzando la vista riconobbe suo padre, lo zio Benjen e quelli che dovevano essere suo nonno Rickard e suo zio Brandon. Sembravano tutti concentrati ad osservare la scena al centro dell’arena.

Destreggiandosi fra il popolo che assisteva agli scontri in piedi, Bran raggiunse la prima fila e tentò di individuare le figure che stavano combattendo, nonostante il sole lo accecasse. Uno dei due guerrieri era di corporatura massiccia e tratteneva l’enorme cavallo scalpitante con briglie dorate. L’altro invece era incredibilmente magro e sembrava scomparire nell’armatura ammaccata e tutt’altro che splendente. Bran notò uno strano disegno sul pettorale del secondo cavaliere, che non assomigliava a nessuno stemma che avesse mai visto.

Sembra un albero sorridente.

Dalle voci eccitate della folla che lo circondava, Bran intuì che si trattava di un cavaliere misterioso che aveva già vinto numerosi avversari durante il torneo. Lo chiamavano il cavaliere dell’Albero che Ride, un nome che a Bran non suggeriva nulla.

I due sfidanti si misero in posizione, partendo subito dopo al galoppo. Bran rimase esterrefatto davanti all’abilità con cui lo strano cavaliere dell’albero guidava il cavallo e dovette trattenere un grido quando le lance vennero in contatto. Il guerriero massiccio fu sbalzato giù di sella con straordinaria forza e colpì il suolo con un tonfo sordo. Un unico grido di gioia mescolata ad acclamazione si levò dal pubblico, mentre il vincitore cavalcava in cerchio agitando le braccia. Quando si allontanò dall’arena, Bran decise di seguirlo, nel tentativo di scoprire la sua vera identità.

Il cavaliere dell’albero di diresse verso le stanze private dei partecipanti al torneo e Bran si intrufolò nella camera poco prima che il giovane chiudesse la porta a chiave. L’arredamento, piuttosto rustico, consisteva solamente in una panca ed un manichino su cui riporre l’armatura. Alla finestra spesse tende verdi lunghe fino a terra riparavano dagli sguardi indiscreti. Il cavaliere sospirò e portò le mani all’elmo dipinto. Quando lo tolse, una cascata di capelli castani gli ricadde sulla schiena, fin quasi alla vita.

Bran soffocò un’esclamazione. Si trattava di una fanciulla non più che sedicenne con folte sopracciglia scure e penetranti occhi grigi. La naturalezza con cui armeggiò con i lacci dell’armatura ed il modo in cui incurvava le labbra in un sorriso lasciarono Bran senza fiato.

“Allora siete voi, lady Lyanna!” esclamò una voce alle loro spalle e Bran si voltò di scatto.

Le tende si scostarono bruscamente, rivelando un ragazzo che osservava divertito la scena appoggiato alla finestra. Era straordinariamente attraente, con lunghi capelli che sembravano argento liquido e gli occhi di un viola intenso. Bran non aveva mai visto un uomo simile in vita sua. Lyanna, superato lo stupore iniziale, si lasciò andare ad una risata genuina che riempì la stanzetta angusta.

“Oh povera me, mi avete scoperto, mio principe” disse fingendosi disperata, “ora cosa farete? Mi consegnerete a vostro padre perché possa punirmi? Cosa diranno tutti quei cavalieri scoprendo di essere stati battuti da una donna?” Quello che Bran aveva intuito essere il principe avanzò di qualche passo sorridendo.

“Non credo sia necessario arrivare a tanto” disse con voce profonda, “ma dovete ritirarvi dalla competizione, lady Lyanna.”

Lyanna sbuffò. “Quando la smetterete di chiamarmi lady?”

“Quando voi la smetterete di chiamarmi principe.

Lyanna sembrò apprezzare la risposta. “Dunque, Rhaegar,” disse in tono canzonatorio “possiamo darci del tu?” Rhaegar annuì.

“Bene” continuò Lyanna, “cosa intendi fare con me? E ti pare questo il modo di incontrare una fanciulla indifesa? Nella sua stanza mentre si sta cambiando?” Rhaegar arrossì. “In realtà non avrei mai immaginato che dietro a quell’armatura ci potesse essere una donna…” spiegò imbarazzato.

Lyanna fece una faccia offesa. “Quindi credi che le donne non siano in grado di fare nient’altro che starsene sedute a cucire qualche stupido vestito? Mi dispiace dirti che ti sbagli.”

“Non avevo mai incontrato una donna che avesse la tua grinta” ammise Rhaegar abbassando lo sguardo. Calò il silenzio.

Bran era confuso: Rhaegar appariva gentile e comprensivo, così distante dalle terribili storie che si raccontavano su di lui a Nord.

In quel momento Lyanna si avvicinò al principe. “Quindi cosa farai?” gli chiese guardandolo negli occhi con aria di sfida “Mi denuncerai? Coprirai di disonore la mia famiglia? Il mio promesso forse potrebbe non prendere molto bene un’accusa alla sua signora, specialmente se mossa senza alcuna prova.” Rhaegar sorrise.

“Non ti denuncerò, Lyanna, credo che sia giusto che le donne scelgano da sole la propria vocazione, che sia il cucito o la spada. Ma questo torneo è pericoloso e, se dovesse capitarti qualcosa, tutti scoprirebbero la tua identità in ogni caso. Devi ritirarti.”

Lyanna parve pensarci un po’ su. “Alla fine avevo deciso di partecipare solo per riscattare l’onore di Howland Reed” osservò, “ed ho sconfitto tutti quegli idioti che l’avevano maltrattato. E’ ora che il Cavaliere dell’Albero che Ride si faccia da parte.” Si avviò verso la porta, per poi voltarsi un’ultima volta.

“Grazie” borbottò guardando a terra, “per avermi lasciata libera. Spero che sarai tu il vincitore di questo stupido torneo.”

Bran non ebbe il tempo di ragionare sulla scena a cui aveva appena assistito, che il buio l’avvolse ancora una volta. Si ritrovò nella luce del sole, in piedi in mezzo alla confusione. Realizzò di essere nuovamente tra il pubblico dell’arena, sugli spalti questa volta. Sopra la sua testa sventolava il vessillo degli Stark.

Bran si avvicinò agli scranni e vide Lyanna sorridente che seguiva con lo sguardo il cavaliere che galoppava nell’arena.

“Non mi sarei mai aspettato che il principe Rhaegar potesse sconfiggere Barristan Semly” stava dicendo Ned a sua sorella, “anzi, non avrei mai immaginato che avrebbe vinto il torneo.”

“Io sì” intervenne Lyanna. Benjen e Ned la fissarono stupiti. “Voglio dire, se lo merita” si affrettò ad aggiungere lei.

Benjen sbuffò. “Io avevo puntato su ser Arthur Dayne” si lamentò e tutti risero. Bran sentì gli occhi inumidirsi vedendoli così felici, così ignari della guerra che stava per scoppiare e che avrebbe distrutto la loro famiglia. Anche noi eravamo così felici.

In quel momento il cavaliere vincitore sfilò l’elmo decorato con tre teste di drago e le ragazze di tutto il pubblico sospirarono alla vista dei suoi capelli scintillanti. Tutte tranne Lyanna.

“Ora incoronerà la donna più bella dei Sette Regni” disse eccitata una ragazza “Come vorrei che scegliesse me…” L’amica che le sedeva accanto rise. “Quanto sei sciocca” le disse alzando gli occhi al cielo, “è ovvio che incoronerà sua moglie.”

“Elia Martell è così fortunata” sospirò la ragazza che aveva parlato per prima. Così fortunata da essere barbaramente uccisa insieme ai suoi figli, pensò Bran scuotendo la testa.

Nel frattempo Rhaegar, con la corona di rose blu tra le mani, stava rallentando l’andatura del cavallo via via che si avvicinava al palco reale. Ma Rhaegar non si fermò e quando tutti i bisbigli si estinsero in uno sconcertato silenzio Bran intuì cosa stava per accadere. Così il principe lasciò cadere la corona in grembo a Lyanna, che sorrise impercettibilmente. Si udì un rumore secco provenire dal palco dei Baratheon e Bran vide un giovanissimo Robert rovesciare con rabbia la sedia ed allontanarsi ignorando le suppliche del suo fratellino Renly, che doveva avere massimo sei anni.

Questa parte della storia non me l’hanno mai raccontata, pensò Bran seguendo con lo sguardo Rhaegar che si allontanava. Come può essere che un uomo così delicato come Rhaegar abbia rapito ed ucciso mia zia?

Tornò con la mente alla Torre della Gioia, cercando di far riemergere le emozioni di Lyanna. Non vi era stata rabbia nei suoi occhi, né odio o rancore, solo paura, paura per il suo bambino. Se Robert lo scopre lo ucciderà, questo aveva sussurrato Lyanna morendo. E all’improvviso Bran capì.

Rhaegar, Jon è figlio di Rhaegar.

Ma se Lyanna aveva avuto così a cuore la sorte di quel bambino voleva dire che…

“Si amavano” sussurrò Bran stringendo i pugni, “Rhaegar non ha rapito Lyanna, sono fuggiti insieme!”

Prima che avesse tempo e modo di giungere ad altre conclusioni, il buio lo avvolse, catapultandolo ancora nel suo doloroso presente.

 

Brienne

 

Le stelle andavano finalmente spegnendosi ed il cielo si tingeva di una calda tonalità rosa pastello così in antitesi con il gelo che imprigionava la terra. I primi raggi del sole facevano capolino da dietro le colline innevate e le nuvole si preparavano già ad intercettarli senza pietà. Minacciose nubi grigie dilagavano ad oriente e Brienne si ritrovò a scrutare con apprensione il cielo ogni qual volta l’andatura non proprio regolare del cavallo lo permetteva.

Se continuiamo con questa velocità non arriveremo mai a Grande Inverno prima del temporale, pensò facendo dei rapidi calcoli a mente. Si girò quindi verso Podrick, che le arrancava dietro.

“Se non ti dai una mossa ci beccheremo la pioggia” gli urlò per sovrastare lo stormire del vento.

Il ragazzo sobbalzò sulla sella, lasciando le redini. Il cavallo nitrì infastidito, fermandosi di soprassalto. Brienne alzò gli occhi al cielo e tornò sui suoi passi. Podrick stava cercando disperatamente di convincere la bestia a proseguire, ma il cavallo sembrava sordo a suppliche e minacce.

“Mi dispiace, mia signora” farfugliò imbarazzato Podrick, “ma questo qui non vuole collaborare.”

“Sente la tua paura” gli spiegò pazientemente Brienne afferrando le redini, “sa che sei inesperto e vuole prendersi gioco di te. Dimmi, Podrick, ti piace farti prendere in giro da un cavallo?”

Podrick scosse la testa deciso. “N-no, mia signora.”

“Bene” continuò Brienne, “allora tieniti stretto alle redini e velocizza la tua andatura: lady Sansa vuole che torniamo a Nord il più presto possibile.” Podrick annuì e Brienne dovette ammettere che per le miglia successive il ragazzo si sforzò davvero di imporsi sul cavallo selvaggio.

Goffo, insicuro ed incapace, pensò Brienne osservandolo con la coda dell’occhio. Però ha un gran cuore, non c’è che dire. D’altronde non è che quei due cavalli acquistati da un allevatore di dubbia affidabilità presso Moat Cailin fossero le bestie più docili del Continente Occidentale. Perfino Brienne aveva dovuto riconoscere di aver incontrato una certa difficoltà ad ammaestrare il proprio, era normale che Podrick non ci fosse riuscito.

La notizia della vittoria che Jon e Sansa avevano riportato su Ramsay Bolton aveva rapidamente raggiunto ogni angolo del Nord, fino al villaggio sperduto nelle paludi dell’Incollatura dove Brienne e Podrick avevano soggiornato qualche giorno prima. Brienne aveva provato un moto d’orgoglio misto a sollievo apprendendo la lieta novità. Dopo il rifiuto del Pesce Nero e la caduta di Delta delle Acque in mano ai Frey, Brienne aveva temuto che la campagna militare di Sansa si sarebbe conclusa tragicamente. Aveva giurato di proteggerla, ma credeva che non avrebbe potuto impedire a Ramsay di metterle di nuovo le mani addosso.

Ma la Battaglia dei Bastardi, così la chiamavano ora, era stata vinta dagli Stark e Ramsay era morto in circostanze imprecisate e già avvolte nella leggenda. Brienne si era scoperta incredula più che felice e non riusciva a smettere di domandarsi come Sansa fosse riuscita ad ottenere più uomini. Poi la risposta le era apparsa nitida davanti agli occhi. Ditocorto aveva pensato con amarezza. Chissà cosa mai avrà preteso quell’essere in cambio di un aiuto così decisivo. Non poteva fare a meno di immaginare cosa Sansa avrebbe potuto concedergli per sdebitarsi.

Brienne strinse la mano intorno all’elsa tempestata di rubini di Giuramento. Con un uomo del genere Sansa non era al sicuro. Brienne ricordava bene come Baelish l’avesse usata nei suoi giochi di potere con i Bolton, come l’avesse abbandonata a Ramsay per poi ricomparire alla Barriera fingendo che nulla fosse successo. Sansa era dovuta fuggire da sola e Brienne continuava a maledirsi per quel suo stupido errore.

Se non fossi stata così accecata dalla voglia di uccidere Stannis, Sansa non avrebbe mai rischiato la vita, continuava a ripetersi Brienne senza darsi pace. Avrebbe volentieri affrontato tutte le guardie di Grande Inverno, Ramsay Bolton ed i suoi mastini se necessario pur di portare Sansa via da quell’inferno.

E invece era stato quel ragazzetto terrorizzato, quel Theon Greyjoy, ad aiutarla a saltare dalle mura, ad attraversare il fiume gelido e a nascondersi nella foresta. Quando si erano separati, Sansa l’aveva abbracciato come un fratello, nonostante, da quanto Brienne aveva potuto capire, quel ragazzo era il responsabile della conquista di Grande Inverno e della presunta uccisione di Bran e Rickon. Alla Barriera Brienne era stata costretta ad abbandonare nuovamente Sansa, ma stavolta si era allontanata meno angosciata, sapendola in compagnia del fratello. Jon Snow, con quella sua aria malinconica ed ingenua, le ispirava fiducia e ciò accadeva di rado.

Durante la propria vita Brienne aveva imparato a proprie spese a diffidare degli uomini. Credono che le donne siano inferiori solo perché sembrano più fragili, era solita pensare quando era ancora bambina. Ma si sbagliano.

Così era andata in giro per il mondo a dimostrare quanto si sbagliassero ed ogni volta aveva visto confermate le proprie convinzioni. Poi c’era stato Renly Baratheon. Brienne non aveva mai incontrato una persona tanto gentile e generosa. Mentre i cavalieri la schermivano e la deridevano, Renly la proteggeva permettendole di restargli vicina. Sarebbe stato un ottimo re, se solo suo fratello non l’avesse fatto uccidere da quella Donna Rossa. L’ombra che silente scivolava fuori dalle tende pugnalando Renly alle spalle turbava ancora i sogni di Brienne.

A lungo era vissuta nella convinzione che non avrebbe mai trovato un uomo come Renly, almeno finché Jaime Lannister non le aveva aperto l’anima in quel bagno saturo di vapori ad Harrenhal.

“Siamo arrivati, mia signora!” L’urlo di Podrick la riportò prepotentemente alla realtà.

Le ultime ore di viaggio erano volate e le possenti mura di Grande Inverno si stagliavano sul cielo perlaceo. Brienne sorrise fiera notando i vessilli del meta-lupo sventolare su tutte le torri. Quando giunsero al portone, scoprirono che questo era crollato. Buttato giù da un gigante, dicevano le voci.

“Chi siete voi?” chiese un cavaliere dai lunghi capelli scuri che faceva da guardia.

Brienne lo fissò torvo: il suo tono ostile l’aveva innervosita. “Sono Brienne di Tarth” disse cercando di mascherare la rabbia, “e questo è il mio scudiero Podrick Payne. Siamo tornati da una missione affidataci da lady Sansa, quindi se tu…”

“Tu non dai ordini qua, donna” ribatté l’uomo sputando per terra, “io non ti ho mai visto, ma lord Baelish ci ha raccomandato la massima prudenza. Ha detto che una donna vestita da uomo con un ragazzino al suo seguito sarebbe presto arrivata e noi avremmo dovuto proibirle l’accesso.”

Brienne sentiva il sangue ribollirle nelle vene. “E perché mai, se posso chiedere?”

L’uomo la fissò con disprezzo. “Sei accusata di aver cospirato con Jaime Lannister per uccidere Brynden Tully e di aver aiutato lo Sterminatore di Re a prendere Delta delle Acque.”

Brienne fece un passo avanti. “Esigo di vedere lady Sansa” disse con la voce più calma che riuscì a tirar fuori. La sentinella non batté ciglio. “Ti avverto lady Brienne” disse con voce secca sguainando la spada, “vattene subito o nulla ci tratterrà dall’usare la violenza.”

Brienne sfoderò Giuramento e si preparò ad attaccare. Le altre guardie restarono indecise alle loro postazioni per un attimo, poi intervennero in aiuto della sentinella arrogante dai capelli scuri. Brienne ne respinse facilmente due o tre, incontrando maggiori difficoltà quando iniziarono ad attaccarla tutti insieme. Podrick era rimasto paralizzato sul suo cavallo, troppo intento a controllare la bestia per potersi occupare del combattimento. Brienne schivò con abilità alcuni fendenti, cercando contemporaneamente il punto debole dell’avversario.

“BASTA COSI’!”

Sul portone era appena apparso Jon Snow. Sembrava furioso ed avanzò verso di loro scuro in volto.

“Perché la stai attaccando?” chiese con voce tagliente alla sentinella che aveva ancora la spada stretta in pugno “Mi sembra di ricordare che mia sorella avesse dato precise istruzioni riguardo a Brienne. Lei è un’ospite di lady Sansa.”

La sentinella sembrava spaesata. “L-lord Baelish aveva detto di non farla passare v-vostra grazia.”

Jon non disse nulla, ma Brienne notò il furore divampare dentro di lui. “La prossima volta che lord Baelish ti dà degli ordini” disse freddamente “tu verrai a riferirmeli prima di metterli in pratica. Sono stato chiaro?” La guardia annuì spaventata. Jon fece un cenno con la testa e sorrise a Brienne.

“Perdona l’accoglienza, lady Brienne” le disse con gentilezza, “Sansa aspetta il tuo ritorno con ansia. Vieni pure con me, stiamo discutendo di questioni importanti che credo ti riguardino di persona.” Brienne annuì cercando di ritrovare il contegno, e seguì il giovane Re del Nord all’interno delle mura, non prima di aver lanciato una breve occhiata trionfante alla guardia immobile davanti all’entrata. Podrick trotterellò dietro agli stallieri per occuparsi dei cavalli.

Jon la guidò attraverso i cortili e Brienne non poté far altro che seguirlo, tentando di non superarlo con la sua andatura veloce. Quando raggiunsero il corridoio, quasi si scontrarono con Ditocorto. Brienne era certa che lo sguardo che quell’uomo le rivolse fosse di irritazione e sdegno, ma il volto di Baelish non tradì alcuna emozione.

“Lady Brienne” disse con squisita cortesia, “vedo che siete tornata a Grande Inverno.”

Jon gli lanciò un’occhiata di puro veleno. “E la cosa non ti sorprende, lord Baelish?” chiese con voce atona.

Ditocorto sorrise. “Perché mai dovrebbe?” chiese allargando le braccia “Sansa mi aveva avvertito del suo arrivo.”

Jon incurvò appena gli angoli della bocca. “Perché si dà il caso che una guardia abbia accusato Brienne di tradimento, e tu hai tanto insistito stamattina per porre solo Cavalieri della Valle a guardia del portone, lord Baelish. Ecco, vorrei sapere il motivo di questi tuoi sospetti nei confronti di Brienne.” Brienne sperò che Baelish cadesse in contraddizione trovandosi così esposto, ma Ditocorto scosse la testa affabilmente.

“Oh, è stato tutto un terribile equivoco” disse assumendo un’aria dispiaciuta. “Mi erano giunte voci contrastanti dal Sud, voci che sostenevano che Brienne avesse stretto un’alleanza con lo Sterminatore di Re. Il corvo con la versione completa dei fatti mi è arrivato pochi minuti fa e stavo giusto andando ad annullare il mio ordine. Sono davvero desolato, lady Brienne, per la mia scortesia, ma da qualche giorno le notizie dalle Terre dei Fiumi sono sempre più rare.” Brienne tentò di contenere la rabbia. Mi vuole lontana da Sansa per poter continuare indisturbato i suoi complotti.

Per fortuna Jon sembrava del suo stesso parere, nonostante il cortese congedo nei confronti di Ditocorto.

Rimasti soli, il Re del Nord si voltò a guardarla. “Sansa ha bisogno di te” disse a bassa voce, “non è al sicuro con Baelish a ronzarle intorno. Devi stare attenta, di sicuro tenterà altre mosse. Per ora non diremo nulla dell’accaduto a mia sorella, non vorrei che agisse senza pensare.”

Brienne annuì ed insieme entrarono nella Sala Grande, da dove proveniva un vociare confuso. Intorno al lungo tavolo di mogano vi erano alcuni lord intenti a parlottare indicando una cartina stesa davanti a loro. Brienne riconobbe Davos e il rozzo bruto con la barba rossa, che appena la vide sgranò gli occhi. Lei non ebbe tempo per l’imbarazzo perché Sansa le corse incontro.

Brienne non l’aveva mai vista così serena e radiosa, così libera da angosce e preoccupazioni. Assomiglia così tanto a lady Catelyn.

“Sono così felice di rivederti, Brienne” esclamò Sansa abbracciandola, “mi chiedevo quando saresti arrivata.”

Brienne si liberò dalla stretta con delicatezza. “Mia signora, io devo ammettere di aver fallito a…” iniziò gravemente, ma Sansa scoppiò a ridere. “Brienne, ti proibisco di parlare in questo modo” disse con tono fintamente serio, “tutto è finito per il meglio ed è inutile continuare a rivivere il passato.” Brienne sospirò confortata e si sedette al tavolo.

Il bruto spostò rumorosamente la sedia per sedersi accanto a lei. Gli altri lord sghignazzarono e perfino Jon si concesse un pallido sorriso. “Tormund, credo che Brienne abbia bisogno di spazio” disse prendendo posto sul trono di legno. Tormund esitò qualche istante prima di allontanarsi nuovamente con espressione delusa.

Jon si schiarì la voce. “Prima che arrivassi stavamo discutendo riguardo al viaggio di ser Davos” spiegò rivolgendosi a Brienne, “che tra due giorni partirà per la Roccia del Drago.” Notando l’espressione disorientata di Brienne, Jon proseguì. “A raccogliere tutto il Vetro di Drago che riuscirà a trovare” concluse appoggiando le mani sul tavolo. Brienne annuì convinta: ricordava di aver udito qualcosa a proposito di quel Vetro, che si diceva potesse uccidere gli Estranei.

“Per quanto riguarda la scorta, dobbiamo decidere quali…”

“Se permetti, Jon” lo interruppe Davos, “preferirei viaggiare da solo. Un esercito attirerebbe l’attenzione dei Lannister e presto tu avrai bisogno di tutti gli uomini che riuscirai a trovare qui, al Nord. Conosco bene Roccia del Drago, non avrò problemi.” Jon sembrò soppesare la proposta. “D’accordo” decise infine “mi sembra un’idea ragionevole.”

“Ma come farà ad arrivare alla Roccia del Drago senza nave?” chiese un lord che a giudicare dalla spilla a forma di tritone doveva essere un Manderly.

“Noi abbiamo delle navi” spiegò Jon, “le navi che Stannis mi aveva lasciato per mettere in salvo i bruti ad Aspra Dimora. Ho scritto a Edd al Castello Nero e le navi sono state portate dal Forte Orientale fino a Porto Bianco. Ed è da lì che partirai Davos.” Davos annuì pensieroso.

Brienne non poteva che essere felice del suo allontanamento. Non mi piace il suo comportamento, si disse stringendo le labbra. Dov’era quando ho giustiziato Stannis? Perché non ha servito fino alla morte il suo re? In quel momento si accorse dell’assenza di Melisandre.

Dove sarà finita quella strega?

“C’è un problema” stava dicendo in quel momento Tormund, “da quel che ricordo Davos non è mai stato bravo a combattere, sbaglio?” Davos fece una smorfia. “Affatto” rispose, “è stato un miracolo se sono uscito vivo dalla Battaglia dei Bastardi. Diciamo che me la cavo meglio con le parole piuttosto che con la spada.”

“E se venisse attaccato?” chiese una ragazzina che per Brienne poteva avere massimo undici anni “Cosa farà se non è in grado di difendersi?”

“Per questo Brienne andrà con lui” si intromise a sorpresa Sansa.

Tutti si voltarono a fissarla e Brienne rimase a bocca aperta. In viaggio insieme a quell’uomo?

“Sansa” iniziò indeciso Jon, “credo che Brienne sia più utile al tuo fianco per proteggerti e…”

“Mi basta Spettro” tagliò corto lei. “Brienne è perfetta per questa missione. Non darà troppo nell’occhio, ma in caso di pericolo saprà battersi e vincere. Mi fido ciecamente di lei e vi dico che è la persona giusta.” Qualcuno borbottò mezze frasi in cui si distinse solamente la parola donna, ma nessuno obbiettò. Sansa sembrava soddisfatta, ma Brienne notò che evitava di guardare dalla sua parte. Chissà cos’avrà in mente, pensò confusa. Sono appena tornata e già mi manda via.

Davos appariva serio e determinato, mentre Tormund aveva chinato il capo rassegnato. Almeno sarò lontana da lui.

Poi Jon prese la parola. “E sia” disse fissando sua sorella e Brienne intuì che nemmeno lui aveva capito il gioco di Sansa. “Brienne, accetti questa missione?”

Brienne cercò lo sguardo di Sansa, che tuttavia continuò ad ignorarla. Se almeno mi spiegasse, pensò affranta. Prese un bel respiro. “Accetto questo incarico e mi impegno a portarlo a termine in nome di lady Sansa e re Jon della casa Stark.” Pronunciò queste parole con voce solenne, cercando di mascherare la malinconia, ma evitò di estrarre la spada. Non è il caso.

Jon si alzò. “Ti ringrazio, Brienne” disse gentilmente, “il Nord ti è debitore. L’incontro è concluso, siete liberi di andare. Tormund, vieni con me che ti devo parlare.”

Il piccolo gruppo si riversò nel cortile. Brienne cercò di intercettare Sansa, ma si era già allontanata. Ma cos’è successo? si chiese Prima mi abbraccia e poi mi ignora? Cos’ho detto o fatto di sbagliato?

Abbassò lo sguardo pensando a questo viaggio fuori programma. All’improvviso un pensiero la colpì ed il cuore accelerò suo malgrado. Scosse la testa irritata dai suoi stessi pensieri. Per un attimo, uno solo, aveva sperato di poter incontrare nuovamente Jaime a Sud. Anche se ciò avesse significato affrontare un intero esercito Lannister.

 

Jon

 

La fiaccola continuava ad ardere. La galleria si snodava nelle viscere della terra ed il buio avvolgeva quel luogo umido e freddo. I suoni erano ovattati e sembravano arrivare da qualche altro cunicolo oltre la spessa parete di roccia.

Jon avanzava tentando inutilmente di abituare gli occhi all’oscurità. Le statue lo osservavano silenti. Giunto al termine dell’angusto corridoio, si accorse di essersi spinto così in profondità per cercare qualcosa. Ma la statua era sparita. Al suo posto due oggetti brillavano sul pavimento e Jon piegò un ginocchio per raccogliere la strana corona. Consisteva in un semplice anello d’oro con incastonati una dozzina di piccoli rubini scintillanti come stelle. Sulla parte destinata ad ornare la fronte erano scolpiti a rilievo tre draghi.

Jon la rigirò curioso tra le mani prima che la sua attenzione fosse attratta dall’altro oggetto. Si trattava di un’arpa d’argento di medie dimensioni e, aguzzando la vista, si potevano scorgere incisioni che richiamavano il fuoco e di nuovo i draghi.

Titubante, Jon sfiorò le corde lisce come seta e la melodia che si propagò per la galleria era così dolce ed armoniosa da scaldare il cuore e tingere l’anima. Jon si ritrovò a muovere le labbra intorno a parole che non ricordava, ma che sentiva essere sempre state parte di lui. La canzone sembrava riconoscerlo, accettarlo, e si levava alta intrecciandosi con la melodia.

Jon sentì le lacrime pizzicargli gli occhi e portò le dita a sfiorarsi il viso. Ma la mano aveva preso fuoco.

 


Jon si svegliò di soprassalto con le sue stesse urla che gli perforavano le orecchie.

Sollevò tremante la mano come per assicurarsi di trovarla intatta e flesse due o tre volte le falangi per essere certo di poterlo ancora fare. La coperta gli si era incollata al petto madido di sudore ed il cuore non accennava a rallentare. Qualcuno picchiava forte alla porta.

“V-vostra grazia” stava dicendo una voce, “mi dispiace svegliarti, m-ma mi avevi raccomandato di venirti a chiamare all’ora degli allenamenti.”

Jon spalancò la bocca realizzando solo in quel momento la situazione. “Sì, sì” si affrettò a rispondere, “scendo subito. Di' a Tormund di preparare le armi.”

“Certo, vostra grazia” assicurò quello che Jon aveva intuito essere Podrick.

Appena l’eco dei passi si perse nel corridoio Jon provò ad alzarsi. Il mondo gli danzava intorno e rischiò di perdere l’equilibrio più volte. Dovette aggrapparsi alla spalliera del letto per non cadere, le schegge di legno che gli si conficcavano nella carne. Soffocando un gemito di dolore, Jon raggiunse a tentoni la sedia su cui aveva preparato gli abiti che avrebbe indossato. Da quando aveva lasciato i Guardiani della Notte aveva anche abbandonato l’abitudine di vestire sempre di nero e quella mattina lo attendevano delle braghe marroni ed un farsetto rosso scuro. Indossare colori diversi da quello che lo aveva accompagnato nella morte lo metteva a disagio, gli suscitava una sensazione di inadeguatezza.

In quel momento però, mentre le sue mani armeggiavano con il fermaglio a forma di lupo del mantello, i suoi pensieri erano altrove.

Quel canto, io l’avevo già ascoltato… Ma dove? Perché sento di conoscerlo?

Sforzò la memoria tentando di afferrare qualche ricordo lontano. I banchetti a Grande Inverno, i cantastorie che facevano tappa al castello, chiunque avrebbe potuto cantare quella canzone, ma Jon era certo di non averla udita in quelle circostanze. Inconsciamente la collegava ad un momento felice, ad un luogo caldo e a un abbraccio sicuro.

“Come una ninnananna” mormorò Jon passandosi una mano tra i capelli e legandoli all’indietro. Ma mai nessuno gliene aveva cantata una, di questo Jon era dolorosamente certo. Scosse la testa, tentando di tornare al presente. Finì di allacciarsi le scarpe ed uscì. Ci penserò più tardi, promise a sé stesso.

Raggiunse la Sala Grande e la trovò stranamente semivuota. Aveva dato il permesso ai lord che giungevano a Grande Inverno da ogni angolo del Nord di vagare tranquillamente per il castello e d’allora le stanze erano state piuttosto affollate. Quella mattina però al lungo tavolo di legno avevano preso posto solo Sansa, lord Cerwyn e qualche bruto. Di Tormund non vi era traccia. Davos e Brienne erano partiti la sera prima e Jon aveva urgente bisogno di parlare con Sansa.

Cercando per quanto possibile di non farsi notare, le fece cenno di raggiungerlo nel corridoio. Sansa si alzò di malavoglia, probabilmente intuendo il discorso che Jon avrebbe affrontato. Il Re del Nord attese che sua sorella gli fosse accanto e chiuse a chiave la porta che dava sulla Sala Grande.

“Jon, i lord si innervosiranno presto” lo avvertì Sansa con voce annoiata, “li hai appena chiusi dentro.”

“Dovranno attendere, è con te che voglio parlare.”

Sansa alzò gli occhi fissandolo con sufficienza. “E chi ti dice che io voglia ascoltarti?” chiese in tono di sfida.

“Nessuno” ribatté Jon, “ma io lo farei se fossi in te. Che cosa ti sta succedendo, Sansa? Ti ho visto chiedere ogni santo giorno notizie su Brienne, controllare i corvi alla ricerca di qualche messaggio, recarti sulle mura a fissare gli orizzonti.” Fece una pausa. “L’hai abbracciata ed eri felice di rivederla. Ma allora perché l’hai cacciata? Perché l’hai costretta a questa missione con un uomo che disprezza? Brienne mi aveva giurato che ti avrebbe protetto, ha quasi pianto quando ieri non sei venuta a salutarla.” L’armatura di cortesia di Sansa sembrò creparsi e Jon seppe di aver fatto breccia.

“Jon, io… io non volevo” balbettò lei torcendosi le mani, “non pensavo… io… Oh déi, com’è difficile spiegare… Ho dovuto allontanarla, Jon! Avevo sentito Ditocorto parlare a lord Royce di come indebolire il Nord. Quando Brienne è entrata nella Sala poco dopo l’uscita di Baelish, avevo capito che aveva tentato di non farla entrare a Grande Inverno, e che tu ringraziando gli déi l’avevi intercettato. Ma non c’erano prove, anche questo ho capito, non si hanno mai prove contro Ditocorto. Baelish vuole che io resti sola in modo da credere di poter manipolarmi. Avrebbe colpito Brienne, Jon. Un giorno ci sarebbe stato un tragico incidente e Brienne sarebbe rimasta uccisa. Ho dovuto allontanarla.”

Jon era rimasto a bocca aperta, stupito dalla capacità di reazione di Sansa, dal suo ingegno. “Hai fatto bene” ammise infine, “ma perché non l’hai più degnata di uno sguardo? Perché non l’hai salutata?” Gli occhi di Sansa si riempirono di lacrime. “Per questo motivo, Jon” spiegò asciugandosi gli occhi, “se l’avessi guardata, se l’avessi abbracciata, non avrei più avuto la forza di fare quello che andava fatto. Non volevo metterla in pericolo, ma non volevo neppure che lei fosse ossessionata dall’idea che io avessi paura. Non giudicarmi male, ti prego.”

Jon sorrise protendendosi in avanti per abbracciarla. “Non potrei mai giudicarti male, Sansa” mormorò accarezzandole i capelli fiammanti.

Sansa ricambiò la stretta prima di allontanarsi. “Credo proprio che tu ora debba riaprire quella porta” gli consigliò accennando un sorriso, “non senti come bussano?”

Jon rise e girò la chiave nella toppa mentre sua sorella scompariva su per le scale. E’ cambiata, pensò cercando al tempo stesso di biascicare scuse davanti all’orda di signori e bruti infuriati. E' forte ed intelligente. A volte mi fa paura.

Si accorse di non essere affatto affamato e si diresse direttamente verso l’armeria. Represse a stento una risata quando vide Tormund alle prese con lo stile di combattimento occidentale.

“Quindi tu mi stai dicendo che non posso colpire il mio avversario alle palle?” stava chiedendo esterrefatto il bruto ad un giovanissimo Cavaliere della Valle.

“Non è onorevole…”

“Al diavolo l’onore!” ruggì Tormund roteando l’ascia “Credi forse che agli Estranei importi? Credi forse che quando ci attaccheranno chiederanno il permesso? Giocano sporco ed è proprio quello che dobbiamo fare noi. Anche voi onorevoli uomini del Sud non perdete l’occasione di ingannare i nemici, o non è forse vero ragazzino?”

“Adesso basta, Tormund” intervenne Jon. I due combattenti si voltarono a fissarlo. “C’è differenza tra le imboscate ed il gioco sporco. L’onore è ciò che ci distingue da loro, è un valore importante.”

Tormund grugnì. “A me sembra che l’onore ti abbia portato dritto nella tomba, Jon Snow.”

“Sai bene che non è così” sussurrò Jon avvicinandosi. “Se avessi seguito ciò che il codice dell’onore suggerisce ora io sarei ancora l’amato lord Comandante dei Guardiani della Notte, tu saresti stato giustiziato ed il tuo popolo vagherebbe chissà dove in balìa degli Estranei.” Tormund era ammutolito.

Jon sorrise. “Come ti chiami?” chiese al Cavaliere della Valle rimasto silenzioso.

“Willys, vostra grazia.” 

“Bene, Willys” disse Jon raccogliendo una spada da allenamento, “che ne dici di far vedere a Tormund come si battono i cavalieri di Westeros?” Il ragazzo arrossì violentemente. “S-se lo dici tu, maestà” balbettò a disagio.

Iniziarono a muoversi in cerchio sotto lo sguardo curioso di Tormund. Il ragazzo sembrava incerto e piuttosto goffo e Jon riusciva a prevedere ogni sua mossa.

“Allenta la presa” gli suggerì colpendolo delicatamente al fianco, “non devi stringere troppo la spada, altrimenti sprecherai energia. Ora prova un affondo.” Willys si lanciò in un rozzo attacco, che Jon deviò con la spada. “Non ci siamo” spiegò, “sei troppo lento. Se la mia spada fosse stata d’acciaio ti avrei colpito già una quindicina di volte.”

Infilzali con la punta.

Il ricordo di Arya lo folgorò e Jon abbassò il braccio, improvvisamente privo di forze. Willys, concentrato com’era, non si accorse che il suo re era in difficoltà e tentò un secondo attacco imprimendo alla lama tutta la sua forza. Jon accusò il colpo, riuscendo comunque a disarmare l’avversario. Il petto gli bruciava: Willys aveva colpito proprio una delle ferite della morte.

“Jon, stai bene?” chiese Tormund avvicinandosi preoccupato. Willys era terrorizzato. “I-io non volevo colpirlo” si scusò subito.

“E’ tutto a posto” intervenne rassicurante Jon. Si sforzò di sorridere. “Sei stato molto bravo, mi hai quasi fatto cadere.” Il viso del ragazzo fu illuminato da un sorriso.

Jon si accorse che il cortile era stato lentamente circondato da una folla di curiosi. Vecchi e giovani, nobili e poveri, tutti guardavo esterrefatti il loro re allenarsi nella polvere.

“Volete unirvi a noi?” chiese Jon fissando i visi curiosi che l’osservavano “Venite, qui c’è spazio per tutti. Tormund, procura una spada ed uno scudo a tutti coloro che vorranno partecipare.” Tormund gli lanciò un’occhiata assassina, ma Jon non se ne curò.

All’inizio solo pochi ragazzi coraggiosi si fecero avanti, ma in breve il cortile fu pervaso dalle urla emozionate dei combattenti. Era così strano vedere persone così diverse andare d’accordo. Nemmeno lord Eddard aveva mai aperto in tal modo le porte di Grande Inverno se non per scopi difensivi. Jon sentiva il peso delle occhiate di tutti, ma si sforzò di comportarsi con naturalezza. Rideva con i bambini, dava consigli ai ragazzi, sfidava gli adulti. E tutti lo cercavano, lo chiamavano, volevano vederlo.

Era una situazione paradossale, questo Jon lo sapeva. Non aveva mai augurato alcun male alla sua famiglia, ma il male l’aveva colpita ugualmente. E solo adesso lui poteva dire di sentirsi veramente felice. Forse era un pensiero egoista, ma Jon non se ne curava più.

Mentre correggeva la postura di un ragazzo, vide un gruppetto di bambine che fissavano desiderose il cortile. Andò loro incontro.

“Volete partecipare per caso?” Le bambine lo guardarono con gli occhi traboccanti di meraviglia.

“E tu chi sei?” chiese una ragazzina imbronciata. “Idiota, è il re!” la redarguì la vicina.

La bambina non cambiò minimante atteggiamento. “Piacere, io sono Maryanne” disse incrociando le braccia. Le amiche sembravano scandalizzate, ma Jon scoppiò a ridere. “D’accordo, Maryanne” disse strizzandole l’occhio, “che ne dici di venirti ad allenare con me?” La ragazzina finalmente sorrise, mentre le amichette la guardavano invidiose.

Jon la condusse al centro del cortile e le diede una spada di legno. “Bene” la incoraggiò, “fammi vedere di cosa sei capace.” Neanche il tempo di terminare la frase che Maryanne gli si era già scagliata contro colpendo alla cieca. Jon, divertito da tanta irruenza, si limitò a schivare i fendenti. Ancora una volta si ritrovò a pensare ad Arya. Come sarebbe grande adesso, si disse con amarezza. Non potrei più chiamarla sorellina.

Sansa aveva raccontato di come Brienne avesse incontrato Arya uccidendo il Mastino per salvarla, ma d’allora erano passati mesi e di Arya si erano perse le tracce. “E’ morta, Jon” gli aveva detto Sansa piangendo. “L’ultima volta che l’ho vista stavamo litigando ad Approdo del Re, sono stata una pessima sorella.” E Jon aveva dovuto consolarla, mentre Spettro le leccava via le lacrime dal viso. Anche di Bran non si avevano notizie. Era andato oltre la Barriera e poi più nulla. Jon aveva sperato di trovarlo al Castello di Craster, ma così non era stato. E’ morto, aveva pensato Jon, evitando tuttavia di dar voce alle sue angosce.

Maryanne continuava a colpirlo furiosamente, quando arrivò una sentinella.

“Vostra grazia, mi duole interromperti, ma è appena giunta una persona che vorrebbe conversare con te e lady Sansa.”

Jon rimase un secondo fermo per la sorpresa, più che sufficiente per essere colpito in pieno da Maryanne. “Torno subito” disse scompigliando i capelli alla bambina, “tu allenati con le tue amiche.”

Jon seguì la guardia lungo i corridoi del castello. “Di chi si tratta?” chiese curioso “Chi vuole parlare con noi?”

“Alys Karstark, vostra grazia.”

Jon sgranò gli occhi, sforzandosi di rammentare dove avesse udito quel nome. La guardia aprì la porta della Sala Grande e Jon si precipitò all’interno. Sansa era già dentro con lord Cerwyn e lady Mormont.

In piedi davanti a loro, con aria smarrita, vi era una fanciulla che doveva avere pressappoco l’età di Sansa. Aveva il viso a forma di cuore e l’incarnato pallido, con folte sopracciglia e labbra color ciliegia. Gli occhi erano grandi e ambrati, ma a colpire Jon furono i suoi capelli. Lunghi fino alla vita, erano di un colore luminoso che variava dall’oro al miele. Trecce sottili le incorniciavano il volto, trattenute sulla nuca da una reticella scintillante. La fanciulla, di corporatura esile, indossava un lungo vestito verde muschio sul quale era buttato con disinvoltura un mantello grigio che fungeva anche da strascico. Nessun gioiello le ornava il lungo collo o le dita affusolate. Appena vide Jon, la ragazza si esibì in un aggraziato inchino, i suoi occhi fissi in quelli del sovrano.

“Maestà” disse con voce melodiosa. “Io sono Alys Karstark, legittima lady di Karhold. E’ un piacere fare la tua conoscenza.” Parlava in tono pacato e l’iniziale incertezza sembrava essersi dileguata.

“Una Karstark?” chiese perplessa Sansa “Sapevo che vi eravate schierati con i Bolton…” Alys le lanciò una strana occhiata. “Mio zio Arnolf ha appoggiato Ramsay Bolton, mia lady” spiegò tornando a guardare Jon, “ma mi aveva sottratto il titolo che mi spetta dalla nascita. Ora è morto e io sono venuta a Grande Inverno per giurare fedeltà al Re del Nord.”

“E perché mai dovresti farlo?” chiese bruscamente Sansa “Mio fratello Robb ha giustiziato tuo padre e voi lo avete abbandonato, perché dovremmo fidarci di te?” Jon era stupito dall’atteggiamento di Sansa: come mai attaccava quella ragazza in quel modo?

Ma Alys non era per nulla scossa. “Sono dolente per la vostra perdita” disse fissando Sansa freddamente, “ma mio padre ha solo vendicato Torrhen ed Eddard e…”

“Ha ucciso due ragazzini indifesi” la interruppe Sansa, “ha fatto bene mio fratello a mozzargli il capo.”

“Con questo ragionamento potrei dire la stessa cosa di vostro padre” ribatté Alys, “anche lui era accusato di tradimento dopotutto.” Prima che Sansa potesse parlare, intervenne Jon.

“Adesso basta, questo litigio non porta a nulla. Lord Rickard ha sbagliato ad uccidere due innocenti e Robb ha esagerato con la punizione. E vorrei chiarire una cosa, lady Alys: mio padre non ha mai tradito il re e non tollererò che si manchi di rispetto alla sua memoria.”

Alys abbassò il capo. “Io non ho mai sostenuto il contrario, vostra grazia” mormorò con i capelli negli occhi, “le mie erano solo supposizioni.” Sansa sembrava sul punto di prendere fuoco per combustione spontanea. Per qualche secondo fu solo silenzio.

“Quindi ci appoggerete?” chiese alla fine Lyanna Mormont preferendo andare al punto.

Alys sorrise. “Certamente, lady…?”

“Mormont” rispose la piccola. “I conti non tornano” intervenne Cley Cerwyn, “Rickard aveva un altro figlio maschio oltre ai due morti, dov’è ora?”

Alys si fece improvvisamente triste. “Harrion aveva voluto seguire nostro padre in battaglia. Fu preso prigioniero a Maidenpool da quanto ne so. Adesso è morto.”

Cerwyn la fissò poco convinto. “Ne sei certa?”

“Purtroppo sì” annuì Alys chiudendo gli occhi.

Jon capì che era il momento di prendere una decisione. Sbirciò Sansa, che sedeva rigida. Era evidente che l’ospite la mettesse a disagio.

Jon sospirò profondamente. “Lady Alys Karstark” annunciò in tono solenne incontrando i suoi meravigliosi occhi dorati, “accetterò il tuo giuramento e ti permetterò di mantenere il controllo su Karhold. Mi auguro che resterai sempre fedele a casa Stark e alla causa del Nord.” Fece una pausa. “Beh, più di tuo padre” si sentì in dovere di specificare. Alys scoppiò a ridere, mettendo in mostra una fila di denti candidi come la neve.

“Hai la mia parola” disse chinando il capo con reverenza.

Quando lo rialzò, Jon fu assalito dai dubbi. Una parte di lui voleva credere di aver fatto la cosa giusta, un’altra urlava all’errore e al disastro. Ma Jon, d’altronde, non aveva mai saputo nulla.

 
                                                                                                                                                                                   
                                                                                                                                       "Hai il sonno, che è immagine della morte."




N.D.A.

Ben tornati! Eccomi qui con il secondo capitolo, dove fa la sua comparsa Daenerys. Che ne pensate di lei? E' tra i vostri personaggi preferiti o la odiate terribilmente? Brienne è appena tornata e già si vede costretta a ripartire XD, come pensate andrà il suo viaggio con Davos? Riusciranno a superare certe divergenze? E qual è il ruolo di questi sogni?

Vorrei specificare un paio di cose... All'inizio di questa storia Bran non sa ancora bene controllare i suoi poteri, quindi naturalmente non è in grado di capire immediatamente ogni cosa, né sa come andare a ricercare nel passato le informazioni che gli servono. Lo vedrete crescere e migliorare, ma all'inizio sarà piuttosto impacciato e non ancora pronto a rivestire il ruolo di Corvo con Tre Occhi. Quindi è normale impieghi più tempo per arrivare a conclusioni che ci sembrano ovvie :-)
Poi Alys Karstark... Avrà un ruolo importante nella storia, ma dimenticate qualunque cosa sapete di lei. Il mio personaggio ha solamente il nome e la storia di quello di Martin, per il resto l'ho completamente cambiato, come avrete già notato. Mi sono presa questa libertà perchè avevo bisogno di un personaggio che si opponesse moralmente a Sansa (anche se ciò non vuol dire assolutamente che Alys sia cattiva) e mi sembrava un'ottima soluzione. Scoprirete altro di lei piano piano, per ora posso solo dirvi che è molto furba e ambiziosa, ma che nasconde la parte più sensibile di sé.

Ringrazio tutti coloro che hanno lasciato una recensione al primo capitolo: ragazzi vi adoro tutti, non sapete quanto mi rendete felice! In ordine: NigthLion, giona, Fandoms_are_life, Azaliv87 (di cui vi invito a leggere Tales se amate Rhaegar e Lyanna), Red_Heart96, Iside13, leila91, GiuLy93 e Nirvana_04.... Un grosso bacio a tutte voi e spero di risentirvi presto!
Un ringraziamento speciale anche a tutti quelli che hanno inserito la storia tra le preferite, le seguite o le ricordate: spero avrete voglia di uscire allo scoperto e far sentire il vostro parere, non desidero altro!

Spero davvero anche questo capitolo vi piaccia e mi raccomando recensite: è sempre bello confrontare le idee!
A presto!

NB: stavolta la citazione è del grande Cicerone XD, un piccolo rimando a questi sogni tormentati e di cattivi presagi :-)





   
 
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones / Vai alla pagina dell'autore: QueenInTheNorth