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Autore: Signorina Granger    19/03/2018    3 recensioni
[Altair Black x Lizzy Abbott]
“Credo che mi tradisca.”
“COSA?! No, non è possibile, non ci credo. Perché lo pensi?”
Lyra sgranò gli occhi, stentando a credere alle parole dell’ex Tassorosso: le riusciva molto più semplice immaginare suo marito destreggiarsi nella danza classica piuttosto di Altair con un’altra.
*
“Tesoro, perché piangi?”
“Perché voi volete disertare e tu andrai a vivere da un’altra parte!”
“In che senso disertare, Elly?”
“Che non volete più vivere insieme!”
“… forse vuoi dire divorziare?”
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Malandrini/I guerra magica
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Ti amo: tre secondi per dirlo, tre ore per spiegarlo e una vita intera per provarlo



“Se c’è una cosa che odio, sono queste dannate cartine! Ma come si fa a capirci qualcosa?!”

Altair non disse nulla, restando in religioso silenzio mentre se ne stava appoggiato di spalle alla fredda e ruvida ringhiera di pietra del ponte, le braccia conserte e gli occhi azzurri fissi davanti a sè, osservando distrattamente la Moldava.

“E quale accidenti è il nord? Dove sono le montagne?!”

Lizzy sbuffò, ruotando la cartina per cercare di capirci qualcosa mentre il neo-marito continuava a non proferire parola. In attesa.

“Basta, mi arrendo. Altair, tieni.”

La Tassorosso sbuffò e porse la cartina al ragazzo, che la prese senza dire nulla prima di darci una fugace occhiata:

“Di qua.”
Prese Lizzy per mano e poi iniziò a trascinarsela appresso verso la fine del lunghissimo ponte, scatenando la curiosità della moglie:

“Di già? Ma come hai fatto?”
“Perché, a differenza tua, riesco a leggere una cartina, Lizzy.”
“Non è colpa mia, sembra tutto uguale! Ah… ma quindi questo è il fiume! No, aspetta… ma noi da quale sponda veniamo?”

“Lizzy, te lo spiego strada facendo, ora zitta e non ti allontanare, altrimenti ti perdo.”
“Cosa sono, una bambina?”
“No, una bambina saprebbe leggere la cartina meglio di te.”


*


“Io proprio non comprendo l’utilità dei punti cardinali, tanto nessuno li sa distinguere! Ala sud? Quale diamine è il sud?!”

Lizzy, sbuffando come una ciminiera, svoltò l’angolo per ritrovarsi nell’ennesimo corridoio, guadagnandosi persino le prese in giro di un quadro, che l’accusò di parlare da sola.

“Senti, cocco, non sono in vena, dimmi dov’è l’ala sud o ti tagliuzzo!”
“Perché dovrei, non sei una Black.”
“No, sono una Abbott, e fiera di esserlo… in ogni caso, adesso vivo qui, quindi parla.”

“Non credo proprio.”
“Ah, ma davvero? Benissimo.”

Lizzy sorrise e si avvicinò alla parete, scatenando le proteste da parte dell’uomo ritratto:

“Che cosa fai? Aspetta, ferma, non ti permettere!”
Ma la ragazza aveva già staccato il quadro dal muro, stampandosi un sorriso sulle labbra prima di girare sui tacchi e tornare indietro:

“Amore? Ho trovato qualcos’altro per la vendita di beneficienza!”


*


Electra Black sorrideva mentre, seduta sul seggiolino, aspettava con impazienza che la madre le servisse la “pappa”. 
Altair si era seduto accanto accanto a lei e la stava osservando con attenzione, guardandola scalpitare e guardarsi intorno con un sorriso sdentato ad illuminarle il visino pallido. 

“Tu sì che hai una bella vita, vero principessa? Dormi, mangi, giochi, ti fanno le coccole… beata te.”

Il sorriso di Elly si allargò, come a volersi fare beffe di lui mentre Altair roteava gli occhi chiari prima di sporgersi leggermente in avanti, avvicinandosi alla figlia:

“Senti, non pensi che sarebbe carino se dicessi qualche parola come tuo fratello?”
“Altair, smettila di assillarla, parlerà quando ne avrà voglia, non è in ritardo.”

“Non prendendo una proposizione completa, Liz, ma visto che il cocco di mamma di là dice solo “mamma”, sarebbe carino se lei chiamasse me.”

Elizabeth alzò gli occhi al cielo al sentire quelle parole, ma non replicò e rimase in silenzio mentre, nella stanza accanto, Altair continuava a rivolgersi alla bambina di poco meno di un anno:

“Insomma, non sarebbe carino dire “papà”, Elly? No?”
Electra smise di scalpitare e lo guardò, confusa, come se si stesse chiedendo cosa mai volesse da lei quell’individuo, la bocca socchiusa e la fronte leggermente aggrottata. 

“Altair, non prendertela, ma ti vede poco, cosa pretendi?!”
“Beh, sono suo padre lo stesso. Su Elly, dì papà.”

Altair sfoggiò il suo sorriso più accattivante e la bambina lo imitò, ma invece di parlare si sporse verso di lui e, allungata una mano, andò a toccargli il naso.

“Sì, so che sono io il tuo papà, grazie per la conferma, ma sarebbe meglio se lo dicessi.”

“Elly, questo bambino capriccioso ti sta importunando? Spostati, la devo imboccare.”
“Non serve, lo faccio io.”
“Sai come si fa?”
“Cosa serve, un Diploma?!”

Altair rivolse un’occhiata torva alla moglie di fronte al suo commento, ma Lizzy decise semplicemente di lasciar perdere e si limitò ad alzare gli occhi al cielo, sollevando le mani in segno di resa e allontanandosi per controllare che Elnath stesse ancora dormendo. 


Ben presto però Altair si rese conto che non era facile come sembrava. Strano, i bambini prima scalpitavano per mangiare e poi facevano storie?

“Non hai tutti i torti però, che ti ha dato la mamma!? Liz, penso che abbia preso da me la repulsione per le cose sane!”
“Naturale, non sai che i bambini prendono sempre esempio dai loro coetanei?”

Lizzy ridacchiò mentre faceva ritorno nella sala da pranzo, guadagnandosi un’occhiata seccata dal marito: 

“Come sei simpatica, Lizzy.”
“Sì, me lo dicono tutti… falle l’aereoplanino.”
“Il che?!”
“L’aereoplanino! Guarda.”

Lizzy agitò pigramente la bacchetta e il piccolo cucchiaio scivolò dalle mani dell’Auror, librandosi a mezz’aria e disegnando strani arabeschi prima di planare verso il viso di Electra, che rise e aprì subito la bocca per ingoiare la minestrina. 

“Come hai fatto?!”  Altair strabuzzò gli occhi, sconcertato, guardando la moglie con gli occhi fuori dalle orbite mentre Electra batteva le manine, muovendosi sul seggiolino di legno.
“Ti dirò un segreto Black, sono magica.”



La discussione su quale parola avrebbe detto per prima la figlia continuò per l’ora successiva. Con Lizzy che sosteneva che avrebbe detto prima “mamma” essendo più facile e Altair che avrebbe detto prima “papà”. 

Il mistero, comunque, si risolse poco dopo, quando un’ospite li raggiunse nel soggiorno con un gran sorriso sulle labbra:

“Salve famiglia! Come stanno i miei batuffolini?”
“Ciao Cassy… Nath dorme, ma tra poco sveglialo o non dormirà affatto stanotte.”

Altair accolse la sorella tenendo la figlia in braccio, che sorrise alla zia mentre Cassiopea annuiva, avvicinandosi al fratello per solleticare leggermente i piccoli piedi della bimba:

“D’accordo. Ciao amorino di zia… vieni con me adesso?”

Electra allungò le braccine verso di lei, sorridendo mentre zia la prendeva in braccio e toccandole i capelli castani con aria divertita.

“Ciao Cassy!”
“Ciao Lizzy.”

Elizabeth sorrise mentre faceva capolino nella stanza, avvicinandosi alla cognata per salutarla… ma si bloccò quando una vocina la interruppe: 

“Tia!”
Altair e Lizzy si voltarono con orrore verso la bambina, che sorrideva felice alla zia mentre la diretta interessata annuiva, stampandole un bacio su una guancia e cingendola tra le braccia:

“Che tenera!”
“Traditrice! Come ti sei permessa?!”
“Eh? Non guardarmi così, non le ho fatto il lavaggio del cervello.”

“Basta, ho capito che qui non servo a niente, mi ritiro in Burkina Faso, sono indesiderato!”

Altair sbuffò e fece per superare moglie, figlia e sorella con stizza in una vera e propria uscita di scena teatrale che però gli venne rovinata dalla moglie, che lo afferrò per un braccio, strattonandolo e fulminandolo con lo sguardo:

“Ascoltami bene, First Lady, tu ti ritirerai in Burkina Faso solo quando io ti ci avrò esiliato, se pensi di lasciarmi sola con questi due più il terzo in arrivo ti sbagli di grosso.”
“Che bello, un altro batuffolino!”
“Cassy, non mettere il dito nella piaga, grazie.”


*


Da quando la sua migliore amica e compagna di giochi, Jasmine Rowle, le aveva detto, in lacrime, che i suoi genitori stavano “divorziando”, Electra Black non pensava ad altro che al significato di quella strana parola, che non aveva mai sentito prima d’ora. 
Da quello che aveva capito dell’amica, però, non sembrava una cosa bella, così aveva deciso di non chiedere ai genitori, per evitare che potessero decidere di farlo a loro volta… ma quel pomeriggio non era a casa sua, sua madre l’aveva portata da sua zia e ora era seduta di fronte a lei, impegnata a disegnare mentre i fratelli dormivano nella stanza accanto.

“Zia?”
“Sì?”
“Tu sai cosa vuol dire divorziare?”

Cassiopea tossì, rischiando di farsi andare il caffè di traverso alla domanda della figlioccia, che la guardava con aria grave, gli occhi azzurri tristi e le labbra piegate all’ingiù. 

“Come… dove hai sentito questa parola?”
“Jasmine mi ha detto che i suoi genitori vogliono divorziare! Ma non so cosa vuol dire, è una cosa brutta?”

“Beh… non sempre.”  Cassiopea si schiarì la voce, mentre la bambina di quattro anni la guardava con sincera preoccupazione: 

“Succede che a volte due persone, sposate, decidano di non vivere più insieme perché non si sentono più felici… ma a volte è meglio così, piuttosto che vivere male, non credi?”
“E succede quando si litiga tanto?”
“A volte. Ma non ti devi preoccupare, tesoro, è una cosa che succede molto di rado, ok?”

Cassiopea sorrise teneramente alla nipotina, allungando una mano per accarezzarle una guancia mentre Electra annuiva, leggermente rincuorata. 


Eppure, tornò a preoccuparsi un paio di giorni dopo, quando vide i genitori litigare nel tardo pomeriggio, quando il padre tornò a casa dal lavoro. Li aveva sentiti discutere anche il giorno prima e quando, a cena, li sentì battibeccare di nuovo la bambina ripensò a quello che le aveva detto la zia paterna, ovvero che le persone “divorziavano” quando litigavano spesso. 

La bambina spostò lo sguardo da un genitore all’altro, sempre più nel panico, mentre la madre era seduta accanto al seggiolino di Eltanin, impegnata ad imboccare la figlia minore.
“Elly? Cosa c’è?”

Elnath guardò la sorella gemella, seduta di fronte a lui, con sincera curiosità, ma invece di rispondere la bambina si limitò, pochi istanti dopo, a scoppiare in lacrime, scivolando dalla sedia per correre fuori dalla stanza sotto gli sguardi attoniti dei genitori:

“Elly?! Cosa c’è?”

Lizzy e Altair si alzarono simultaneamente, uscendo dalla sala da pranzo in fretta e furia per raggiungere la camera della bambina, trovandola rannicchiata sotto le coperte del suo letto.

“Elly?”

Elizabeth si avvicinò al letto, sedendo sul materasso e spostando il copriletto per poter guardare la figlia, sorridendole dolcemente mentre Altair sedeva dall’altro lato del materasso, allungando una mano per accarezzarle il viso:

“Tesoro, perché piangi?”
“Perché voi volete disertare e tu andrai a vivere da un’altra parte!”

Electra singhiozzò, stringendo a sè il suo peluche preferito mentre i genitori si scambiavano un’occhiata perplessa:

“In che senso disertare, Elly?”
“Che non volete più vivere insieme!”

“… forse vuoi dire divorziare?”

Lizzy inarcò un sopracciglio e la bambina annuì, singhiozzando più forte di prima e nascondendo il viso contro il cuscino mentre Altair la guardava con gli occhi sgranati, allungando una mano per sfiorarle una spalla:

“Come ti viene in mente?! E chi ti ha detto questa parola?”
“La zia! Ha detto che le persone divorziano quando litigano!”

“Tesoro, non piangere, io e tuo padre non vogliamo divorziare, non ho ancora deciso di buttarlo fuori di casa…”
“Tecnicamente questa casa sarebbe più mia che tu- ahia!
Cucciola, la mamma ha ragione, non vogliamo divorziare, e io non vado da nessun’altra parte.”

Altair sorrise alla figlia, chinandosi per darle un bacio sulla fronte mentre Electra si asciugava gli occhi, guardandolo con gli occhi azzurri spalancati:

“Me lo prometti?”
“Certo.”


*
 


“Zia! Buon Natale!”

Eltanin sorrise mentre si avvicinava a Lyra, inginocchiata sul pavimento dell’ampio ingresso e impegnata a togliere a Berenike berretto e sciarpa, mentre Libra era già corsa via insieme ad Electra per giocare.

“Ciao tesoro.”
Lyra sorrise alla figlioccia, che si fermò accanto a loro, mentre Berenike sorrideva alla cugina, rivolgendole un cenno con la mano ancora guantata:

“Cerchi la mamma?”
“Sì, mi ha chiesto di passare prima per aiutarla con gli ultimi ritocchi… sai dov’è?”
“Sì, vieni. Ma è un po’ triste oggi.”

Eltanin prese la zia per mano, conducendola verso le scale mentre Lyra invece aggrottava la fronte, confusa:

“Triste? Nessuno può essere triste oggi, è Natale! Che cos’ha la mamma?”
“Non lo so.”


L’ex Corvonero si chiese se non fosse semplicemente la bambina ad esagerare mentre la nipote la conduceva verso un salottino del primo piano, bussando con delicatezza prima di aprire la porta:

“Mamy? C’è la zia!”
“Grazie tesoro… Ciao Lyra, Buon Natale.”

Lyra aprì completamente la porta per avere una migliore visuale della padrona di casa, osservandola mentre era seduta su una poltroncina. 
E guardandola, intuì dalla sua espressione cupa che Eltanin non aveva poi esagerato realmente.

“Anche a te. Va tutto bene?”
“Sì, scusa se non sono venuta ad accoglierti, ho… altro per la testa. El, tra un’ora arrivano tutti, non puoi pranzare con quello addosso!”
“Ma è il mio cerchietto!”
“Fa’ come vuoi, non mi va di discutere… vieni, siediti.”

Lyra si avvicinò a Lizzy, prendendo posto accanto a lei prima di lanciare un’occhiata scettica alle due bambine, che ovviamente morivano dalla voglia di ascoltare la conversazione delle madri:

“El, Berenike, andate a giocare.”
“Ma vogliamo stare con voi, mamma!”
“Dopo. Ora andate, su.”

Le due sbuffarono ma poi obbedirono, uscendo dalla stanza e chiudendosi la porta alle spalle per poi correre verso la camera di Eltanin e discutere dei regali che avevano aperto poche ore prima mentre Lyra tornò a rivolgersi alla cognata, abbozzando un sorriso gentile:

“Ok, ora siamo sole e puoi parlare liberamente… c’è qualcosa che non va? È Natale Liz, dov’è il tuo sorriso? Anzi, dov’è Altair?”
“L’ho spedito a prendere qualcosa con Nath, non volevo averlo intorno.”

“Quindi ha a che fare con Altair? Avete litigato?”

Lyra aggrottò la fronte, osservando Elizabeth sospirare e scuotere il capo con crescente perplessità: no, non avevano litigato, si vedeva… quando litigavano Lizzy era più incline a sputare fuoco e fiamme piuttosto che sfoggiare quell’espressione cupa e piuttosto malinconica, fin troppo calma e silenziosa rispetto al solito.

“No, non abbiamo litigato, ma non volevo sorbirmi un’infinità di domande insistenti a causa del mio malumore.”
“Se non avete litigato che cosa c’è? Niente di grave, spero.”

Lyra sorrise, pronta a sentire la cognata insultare il marito a ruota libera per qualcosa che aveva combinato, ma di fronte al funereo silenzio di Lizzy la Corvonero sgranò gli occhi castani, dicendosi che era arrivato il momento di allarmarsi:

“Liz, così mi preoccupi… Sul serio, che cosa c’è?”
“Preferisco non parlarne.”
“Non mi farai passare il pranzo di Natale in agonia, Liz. Coraggio… sono sicura che non è tremendo come sembra e parlandone ti sembrerà…”

“Credo che mi tradisca.”
“COSA?! No, non è possibile, non ci credo. Perché lo pensi?”

Lyra sgranò gli occhi, stentando a credere alle parole dell’ex Tassorosso: le riusciva molto più semplice immaginare suo marito destreggiarsi nella danza classica piuttosto di Altair con un’altra. 

Lizzy sospirò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli scuri e scuotendo debolmente il capo, continuando a tenere gli occhi scuri fissi sul parquet tirato a lucido dagli elfi, senza guardare la cognata. Forse per evitare che si accorgesse dei suoi occhi arrossati, dopo non aver chiuso occhio per tutta la notte. 


“Lizzy? Magari è un… malinteso. Che cosa te lo fa credere?” 
Lyra si sforzò di sorridere, allungando una mano per metterla su quella della cognata, invitandola gentilmente a parlare. La Tassorosso esitò ma poi annuì, parlando con un tono tetro che di rado l’aveva sentita usare:

“Una settimana fa ho accidentalmente trovato un astuccio di velluto nel suo cassetto.”
“E dentro c’era?”
“Una… collana. Pensavo fosse il mio regalo di Natale e l’ho rimessa a posto. Non fare quella faccia, non potevo non sbirciare, sai che sono curiosa!”
“Va bene, del resto l’avrebbe fatto chiunque… e?”
“Beh, il problema è che ieri sera ci siamo scambiati i regali e NON mi ha regalato nessuna collana!”

“Beh, magari… ha cambiato idea e l’ha portata indietro!”
“È quello che mi sono detta ieri mentre cercavo di convincermi a non soffocarlo nel sonno, MA ho controllato e l’astuccio è ancora lì! Certo, perché non è per me! Merlino, ma come ho fatto a non accorgermi di nulla…”

“Certo che te ne saresti accorta, lo conosci! Sono sicura che ti sbagli, Lizzy, non ti farebbe mai una cosa simile.”
“Sì, lo pensavo anche io…”
“Credo che dovresti parlargli e chiarire.”
“Non voglio rovinare il Natale a tutti, i bambini si insospettirebbero, starò zitta fino a quando l’ultimo parente non avrà varcato la soglia, a quel punto il Dipartimento degli Auror farà bene a trovare un sostituto per Altair Black vista la sua futura lunga permanenza al San Mungo.”

Elizabeth sbuffò, asciugandosi distrattamente una lacrima mentre Lyra sorrideva, accarezzandole il braccio con fare rassicurante. Entrambe quasi sussultarono quando sentirono la porta aprirsi e Altair comparve sulla soglia insieme ad Elnath, che salutò vivacemente madre e zia:

“Ah, eccovi qui. Buon Natale, Lyra… se avete finito di spettegolare su di me, credo sia ora di scendere, se volete sistemare tutto in orario.”
“Certo, arriviamo subito. Ciao, tesoro… Libra ed Elly sono di sotto.”

Lyra sorrise al bambino, che ricambiò e le fece gli auguri mentre si sfilava il berretto, affrettandosi a superare il padre per raggiungere sorella e cugina mentre Lizzy si alzava, restando in religioso silenzio mentre usciva dalla stanza con Lyra al seguito, scostandosi ed evitando il bacio che Altair fece per darle.

“Liz? Che cos’ha? Adora il Natale, ma è di pessimo umore da ieri sera.”
“Beh… credo le manchi sua madre. Sai, dev’essere difficile passare le feste con una simile mancanza.”

Lyra sorrise, sforzandosi di apparire il più naturale possibile. Ma non era mai stata una grande attrice e Altair le rivolse un’occhiata sospettosa, anche se per fortuna la Corvonero ebbe l’accortezza di seguire la cognata e allontanarsi, sfuggendo all’imminente interrogatorio dell’Auror a cui non era passato inosservato il repentino cambiamento d’umore della moglie, che lo evitava dalla sera prima. 


*


Lizzy si sfilò le scarpe, lasciandole con uno sbuffo accanto alla porta prima di avvicinarsi alla toeletta, sedendo sulla poltroncina e togliendosi orecchini e collana con un paio di movimenti bruschi prima di appoggiare i gomiti sul ripiano di legno e prendersi la testa tra le mani, ripetendosi di non piangere. 

Poco dopo sentì la porta chiudersi ma non si mosse, sollevando il capo solo quando sentì la voce del marito:

“I bambini sono in pigiama, ma di dormire non ne vogliono sapere senza la storia.”
“Come al solito.”

Lizzy annuì distrattamente, sollevando il capo e iniziando a sfilarsi le forcine dai capelli scuri, sciogliendoli e continuando a non guardare lo specchio per evitare di intercettare lo sguardo di Altair alle sue spalle.

“Liz, che cos’hai? È da ieri che ti comporti in modo strano.”
“Sono solo stanca, le feste sanno essere un po’ snervanti.”

Lizzy si strinse nelle spalle, parlando con il tono più neutro che le riuscì mentre sistemava i gioielli nelle relative custodie, trattandosi dal prendere una collana e usarla come cappio. 
Eppure, nonostante avesse una gran voglia di ucciderlo, dall’altra non le andava nemmeno di affrontare l’argomento, forse perché dirlo a voce alta l’avrebbe reso più reale. 

“Papà! Abbiamo scelto la storia, vogliamo La Fonte della buona sorte.”

Electra fece capolino nella stanza con la sorella per mano, Le Fiabe di Beda il Bardo nell’altra, ed Elnath al seguito, che sorrise alla madre prima di avvicinarlesi mentre le sorelle si incollavano al padre, reclamando la loro storia.

“Cos’hai mamma? Sei triste perché il Natale è finito?”
“Già… passa sempre troppo in fretta, non pensi?”

Lizzy si sforzò di sorridere, accarezzando i capelli biondi del bambino, che annuì:

“Sì… ma non ti preoccupare, torna l’anno prossimo!”

Il figlio le sorrise e Lizzy annuì, ricambiando prima che la voce di Altair lo chiamasse:


“Nath? Prima della storia non devi fare qualcosa?”
Il bambino di sei anni si voltò verso il padre, mentre le due sorelle avevano già provveduto a sistemarsi comodamente sul letto, sotto le coperte, prima di annuire, illuminandosi:

“Sì! Aspetta, mamma.”

Lizzy inarcò un sopracciglio nel vedere il figlio allontanarsi di corsa, superando il padre per prendere qualcosa dal suo comodino, destando la curiosità di Electra ed Eltanin. 

“Che cos’è?!”
“Adesso lo vedrete.”

Altair sorrise alla figlia maggiore, sfiorandole i capelli lisci con le dita prima di riportare lo sguardo sulla moglie, che guardò Elnath fermarlesi davanti con qualcosa in mano. 
Un astuccio di velluto con un fiocco sopra.

“Papà ha detto che Babbo Natale ha portato qualcosa anche per te, mamma.”
“Non che se lo meritasse…”

Lizzy sbattè le palpebre, troppo impegnata a realizzare cosa stesse succedendo per fare caso alle parole del marito. Prese l’astuccio che Elnath le porgeva e lo aprì con mano tremante, trattenendo a stento un grido di gioia quando vide ciò che conteneva per poi alzarsi, lasciare l’astuccio sulla toeletta e raggiungere Altair di corsa, abbracciandolo di slancio.

“Però, che entusiasmo… ti piace? Vedo che ti ha fatto tornare il buonumore.”
“Grazie.”

Lizzy annuì, non accennando a voler sciogliere l’abbraccio mentre sistemava il viso nell’incavo del suo collo tremando leggermente, scaricando finalmente tutta la tensione accumulata nell’arco della giornata.

“Wow, che bella! Possiamo provarla?”
“Neanche per idea...  Voi due, alla larga. Lizzy? Stai piangendo? Insomma, so che rendersi conto di quanto tu sia fortunata può essere destabilizzante, ma…”

“Sì, sto piangendo, motivi miei… ma ora muoviti, voglio sentirla anche io la storia. E comunque, ti amo tanto.”


*


Altair era seduto di fronte ad Antares, ma i due smisero di parlare quando una figurina si avvicinò loro di corsa, in lacrime:

“Papà!”
“Tesoro, cosa c’è?”
“Stiamo giocando a nascondino, e ho visto… ci sono delle teste di sopra! Di elfi! Anche noi appenderemo la testa di Jilly?!”

Eltanin si avvicinò al padre, che scambiò un’occhiata tetra con il cugino prima di sorridere alla figlia, scuotendo il capo e sistemandosi la bambina sulle ginocchia, asciugandole le guance umide:

“Certo che no tesoro, so che vuoi bene a Jilly… ma non ti devi preoccupare, quelle teste sono… finte. Vero Zio Ant?”
“Certo, finte, alla Zia Walburga e allo zio Orion piace scherzare…”

Antares aggrottò la fronte, chiedendosi se i due cugini avessero seriamente intenzione di crescere eventuali futuri bambini in quella casa, decisamente poco consona, mentre Eltanin annuiva, tirando su col naso. 

“Ok.”
“Papà! Di sopra c’è un baule che si è mosso! Pensavo che dentro ci fosse Nath per farmi uno scherzo…”

Libra si aggiunse al terzetto, avvicinandosi di corsa a padre e zio e parlando con gli occhi scuri sgranati, mai però quanto quelli del padre, che le rivolse un’occhiata allarmata:

“Non l’hai aperto, vero?”
“Non ci riesco, è troppo pesante!”
“Beh, non ci pensare e NON toccarlo, ok?”
“Ok.”
“Libra, papà ha detto che le teste sono finte!”
“Davvero? Meno male! Vieni, andiamo a cercare Nath, chissà dove si è nascosto.”

Eltanin annuì e scivolò dalle gambe del padre per prendere la cugina per mano, ma le due bambine non si erano ancora allontanate quando i rispettivi padri, dopo essersi scambiati un’occhiata carica d’orrore, si alzarono:

“Vi aiutami anche noi, è meglio. Ant, vai a vedere SUBITO nell’armadio di sopra.”
“Quello con il Lethifold dent- in questa casa non dovete giocare a nascondino bambine, ok?”
“Ok. Mamy, ciao! Papà ha detto che probabilmente Nath si è nascosto dentro un armadio dove c’è un Lethifold. Cos’è un Lethifold?”

Eltanin si rivolse alla madre, che era appena comparsa nella stanza insieme a Cassiopea, che teneva una pila di piatti in mano. Piatti che finirono col rompersi un attimo dopo, cadendo sul pavimento, mentre Lizzy sbiancava alla velocità della luce:

“Lizzy, non ti preoccupare, ora vado a vedere…”
“Ant, levati, vado a vedere io!”

Elizabeth fece per precipitarsi verso le scale quando una voce giunse alle orecchie di tutti e sei, facendoli voltare sincronicamente verso la soglia della stanza, dove videro un bambino biondo con le braccia conserte:

“Ma insomma, mi sono nascosto due ore fa, quanto ci mettete?”
“Nath! Amore, stai bene?”
“Sì zia… mamma, smettila, basta baci, che cos’hai?”


*


Electra Black entrò nel salotto dello chalet in montagna dove stava passando le vacanze di Pasqua insieme alla famiglia trovando il fratello comodamente seduto sul divano, le gambe distese sul poggiapiedi e due ciotole davanti: una piena di salsa rossastra, l’altra di patatine.

“La mamma non vuole che si mangi sul divano, Nath… specie quello!”
“Allora è una vera fortuna che sia andata a trovare Jane con zia Aerin, vero?”
“In effetti… ne voglio un po’ anche io! È salsa piccante?”

“Sì, ma scordatelo, è il mio spuntino, preparati qualcos’altro!”
“Non fare l’egoista, ce n’è un sacco!”

Electra sbuffò, avvicinandosi al gemello per prendere un po’ di patatine a sua volta, incontrando ovviamente l’opposizione del ragazzino, che finì con l’urtare la ciotola di salsa, che si rovesciò sul divano grigio-ghiaccio.

Per un attimo nessuno dei due si mosse o disse nulla, impegnati a guardare con orrore la macchia cremisi dilaniare sul tessuto. Molto simile al sangue che di certo sarebbe stato versato quando la madre sarebbe tornata a casa.

“Porca Morgana. Che hai fatto, ci ucciderà!”
“È stata tutta colpa tua Elly! E pensare che basterebbe un semplice Gratta e Netta…”

“Certo, genio, ma NOI non possiamo usare la Magia, te lo sei scordato? Ok, calma, riflettiamo, potremo uscirne vivi se restiamo uniti. Siamo soli in casa, El è andata a trovare Berenike e papà è al lavoro… papà! Chiamiamo papà!”
“E come, non sappiamo dove sia!”

“E allora che cosa facciamo? Dobbiamo chiedere aiuto a qualcuno che capirà, che conosca la mamma e che ci dirà come uscirne illesi. Chi la conosce bene come papà?”

Alle parole di Electra calò il silenzio nel salotto per un paio di istanti, finché Elnath non sorrise, schioccando le dita:

“Lo zio! Chiamiamo lo zio!”
“Presto, accendi il camino!”
“E con cosa, è Primavera!”

“Scegli, o questo o la mamma molto contrariata. Sbrighiamoci!”


*


Quando era stato informato di “avere una chiamata apparentemente urgente” aveva raggiunto il suo ufficio con una nota di perplessità negli occhi verdi, chiedendosi cosa potesse essere successo. 
Quando l’Indicibile entrò nella stanza e vide il volto di suo nipote fare capolino nel camino Stephen Abbott aggrottò la fronte, dicendosi che forse si sarebbe aspettato chiunque, tranne il figlioccio:

“Nath? È successo qualcosa di grave?”
“Sì, devi aiutarci!”
“State bene, vero? Vostra madre c’è?”
“No, grazie al cielo! Senti, noi… potremmo aver accidentalmente macchiato brutalmente il suo amato divano nuovo. Con della salsa.”
“Voi avete… macchiato il divano di salsa quando mia sorella riprende da anni sia me che vostro padre con la storia di non mangiare sul divano?”

Stephen sgranò gli occhi, immaginandosi la scena con orrore mentre il nipote annuiva, disperato:

“Che possiamo fare?!”
“Ascoltatemi attentamente… dovete scappare, subito.”
“Ma non possiamo, abbiamo quindici anni e non possiamo usare la magia! Non puoi venire ad aiutarci, papà non risponde!”

“Mi spiace ragazzi, non posso proprio adesso… beh, lo zio vi ama molto, vi faccio i miei migliori auguri. Salutatemi vostra madre!”

Elnath fece per protestare e chiedergli qualche consiglio, e poté giurare di aver visto lo zio sorridere prima che si allontanasse, sparendo dalla sua visuale mormorando qualcosa che suonò come “poveretti”, per poi sbuffare e ritrarsi, trovandosi inginocchiato davanti al camino acceso con la sorella, impaziente e visibilmente nervosa, accanto:

“Allora?”
“Ci ha consigliato di scappare, come se avessimo scampo… la mamma ha ragione, non ci si può fidare dei Serpeverde! Quando lo saprà ci ucciderà, odia quando non si rispettano le sue regole!”

Elnath scosse il capo con aria grave mentre invece Electra puntò gli occhi azzurri sul divano, scuotendo il capo per poi avvicinarsi al mobile:

“Forse non lo scoprirà tanto in fretta… giriamo i cuscini! Se ne accorgerà tra secoli e allora darà la colpa a papà, come al solito!”


*


“Ragazzi? Vi ho preparato la merenda.”

Al richiamo della madre i gemelli scesero al piano terra dello chalet, ed Electra assestò una gomitata al fratello, intimandogli di non cedere per nessun motivo, prima di raggiungere l’ex Tassorosso in cucina, prendendo posto uno accanto all’altro.

“Com’è andata la tua visita, mamma? Zia Aerin e zia Jane stanno bene?”
“Benissimo, e ovviamente vi salutano. Ho preparato le quesadillas… servitevi pure, vanno mangiate calde.”

Lizzy piegò le labbra carnose in un sorriso mentre sistemava il vassoio davanti ai figli, che si affrettarono ad annuire prima di servirsi, restando in religioso silenzio. 
A romperlo fu la madre, un attimo dopo, parlando nuovamente e sfoggiando lo stesso sorriso di poco prima:

“E naturalmente sono ottime accompagnate con della salsa. Ne gradite una in particolare?”
“P-panna acida?”
“Mostarda?”

I gemelli, sentendo quella parola uscire dalle labbra della madre, drizzarono le orecchie, facendosi ancor più nervosi di poco prima… in particolare, Electra sembrò desiderare di sprofondare nella sedia quando la madre schioccò le dita, come se si fosse ricordata di qualcosa:

“La salsa piccante, ma certo… la prendo subito.”
“Perfetto. È da parecchio che non la mangiamo, dopotutto…”

Elnath annuì, sorridendo e assestando un calcio alla sorella, suggerendole di ricomporsi mentre Lizzy faceva ritorno con la salsa incriminata, sistemando il vasetto davanti ai figli. 

“Ecco, buon appetito. Spero non abbiate mangiato nulla mentre non c’ero…”
“N-no, figurati.”

Elnath scosse il capo, evitando accuratamente di guardare la madre negli occhi e quasi sussultando quando sentì di nuovo la sua voce, che continuava a risuonare troppo calma e con un che di mellifluo alle sue orecchie:

“Cielo, che sbadata, ho dimenticato i tovaglioli. Quando ti abitui agli elfi dimentichi un sacco di cose… servono nel caso ci si sporchi con la salsa.”

Elizabeth girò nuovamente sui tacchi per raggiungere il cassetto e prendere anche i tovaglioli per sé e i ragazzi, dando il tempo ad Electra di rivolgersi al fratello in un sussurro concitato:

“Sa tutto, non parla mai così tanto di salse!”
“Sta’ calma!”


“Ecco qui… non trovate che siano assolutamente deliziose con la salsa piccante?”
“Certo.”
“Assolutamente. E complimenti alla cuoca, ovviamente.”
“In realtà ho sporcato parecchio in giro… pazienza, l’importante è pulire. E finché è la cucina, non è certo grave. Buon appetito, tesori.”




Lizzy era seduta sul divano, impegnata a leggere, quando sentì dei passi nel salotto: non alzò lo sguardo, lasciando che i gemelli le si avvicinassero, parlando con evidente esasperazione:

“Ok, mamma, ti prego, puniscici normalmente ma smettila, ci stai torturando! Va bene, ci dispiace, sappiamo che sai tutto!”
“Già, due ore fa te ne sei persino uscita con una stramba musica Babbana di nome salsa, è troppo!”

“Non vi punisco in modo normale perché non si raccolgono gli stessi risultati… Ditemi, mi nasconderete ancora qualcosa?”

Lizzy sollevò lo sguardo, puntandolo sui figli e parlando con un tono neutro e quasi vago, osservandoli pigramente:

“No.”
“Mangerete sul divano?”
“No.”
“Mi amate da morire?”
“Sì.”
“Bene, spero abbiate imparato la lezione dopo queste ore di agonia… dove state andando? Non ho finito.”

Lizzy inarcò leggermente un sopracciglio, chiudendo il suo libro mentre i gemelli si sentirono raggelare prima di voltarsi lentamente verso la donna, che sfoggiò un amorevole e allo stesso tempo minaccioso sorriso, allargando le braccia:

“La mamma vuole un abbraccio.”


*


“Sapete chi ho incontrato ieri, al Ministero?”
“Chi?”
“La nostra amatissima insegnante di Incantesimi.”

“La Hopkins? Quando è andata in pensione volevamo organizzare una festa, grazie al cielo è arrivato Vitius.”
Electra sfoggiò una smorfia nel ricordare la severissima ex insegnante mentre, seduta al lungo tavolo rettangolare nella sala da pranzo, faceva colazione insieme a tutta la famiglia. 

Elnath, seduto accanto a lei, annuì, rivolgendo un’occhiata perplessa alla madre:

“Già… e ti ha riconosciuta? Non ti vedeva da anni.”
“Non sono così vecchia, ragazzino, ho quarant’anni.”

Lizzy scoccò un’occhiata torva al figlio mentre spalmava della marmellata su una fetta di pane e, a capo tavola, Altair sfoggiava un sorrisetto mentre faceva lo stesso con una quantità industriale di crema al cioccolato:

“E come potrebbe averla riconosciuta, dopo 17 anni di matrimonio stento a riconoscerla persino io di prima mattina!”
Eltanin si lasciò sfuggire una risatina, ma la tredicenne tacque immediatamente di fronte all’occhiata che le lanciò la madre, prima di rivolgersi al marito con la fronte corrugata:

“Inutile prendermi in giro, dal momento che la settimana scorsa mi hai detto che sono bellissima proprio di prima mattina… ah no, scusa…”
Lizzy stese le labbra in un sorriso prima di completare la frase, alzandosi in piedi:

“…non eri tu, sarà stato un altro.”

Questa volta risero anche i gemelli mentre la madre si allontanava con aria soddisfatta e il padre sbuffava leggermente, intimando ai figli di finirla:

“Mamma 1, papà 0.”
“Nath, pensa a mangiare.”


*


“Lizzy, sei pronta? Tra poco dobbiamo andare!”

Altair era in piedi davanti allo specchio, impegnato ad annodarsi la cravatta mentre la moglie non faceva altro che procedere avanti e indietro alle sue spalle per finire di prepararsi, sbuffando come una ciminiera e borbottando frasi sconnesse. 

“So che non ne hai molta voglia, ma fai uno sforzo.”
“Oh, andiamo, è una maledetta messa in scena! E poi sai che lo disprezzo.”
“Certo, ma è il mio capo, non posso non andare! È il suo compleanno, sii gentile.”

“So che è il tuo capo, ma non riesco a fare a meno di disprezzarlo. E non fare quella faccia, scusami tanto se sono contro la poliginia!”  

Altair si voltò, dando le spalle allo specchio mentre la moglie gli si fermava davanti, sistemando la cravatta al suo posto con fare sbrigativo. 
“NON si parla di questo, e lo sai bene, non ha certo più di una moglie!”

“È come se ce l’avesse.” Lizzy gli rivolse un’occhia torva, sistemandogli il nodo prima di girare sui tacchi e allontanarsi mentre Altair la seguiva con lo sguardo, riflettendo sulle sue parole con la fronte aggrottata:

“Liz? Hai detto che sei contraria alla poliginia?”
“Ovviamente!”
“… e non alla poliandria?”

L’Auror inarcò un sopracciglio, parlando con tono vagamente sospettoso mentre Elizabeth si voltava verso di lui, sfoggiando un sorrisetto che ormai aveva imparato a conoscere fin troppo bene:

“Non saprei, dipende…”
“Come scusa?! Liz, sono serio, torna qui!”


*


Lizzy sbuffò mentre sfogliava il ricettario, arrovellandosi su quale torta preparare per il compleanno del marito, un paio di giorni dopo. 

“Mamma, di che ti preoccupi, a papà piace praticamente tutto!”
“È questo il problema, non so quale sia la sua preferita! Tu cosa mi consigli?”

Electra, seduta sul divano accanto a lei, sorrise e indicò ha torta con tre strati di tre tipi di cioccolato diversi, mentre Elnath faceva capolino a sua volta nel salotto:

“Sì, potrebbe andare… Nath, hai chiesto a tuo padre che torta vuole?”
“Sì, e riferisco testualmente: sostiene che non faccia differenza, basta che ci sia il cioccolato e che tu gliela porti con solo la biancheria addosso.”

“Il solito cretino.”
“Secondo me era serio!”
“Oh, certo, il signore ha anche espresso una qualche preferenza sul tipo di biancheria?”
“Sì, quella ross-“
“Nath, sto scherzando!”


“Ciao! Di che parlate?”
Eltanin spuntò sulla soglia accanto al fratello, sorridendo mentre Elnath si voltava verso di lei:

“Del tipo di biancheria che papà vuole vedere addosso alla mamma il giorno del suo compleanno.”

Un attimo dopo il sorriso di Eltanin si tramutò in una smorfia quasi disgustata, uscendo dalla stanza rapidamente com’era entrata borbottando qualcosa: 

“Questo avrei preferito non saperlo…”
“Sì, anche io.”


*


Il cielo era screziato da fulmini, come succedeva quasi ogni giorno, ormai, da mesi. 
Non aveva mai amato i temporali, fin da piccola, ma aveva finito col farci l’abitudine, limitandosi ad osservare il cielo buio illuminarsi di tanto in tanto a causa di un forte lampo. 

Era sicura che i Babbani si stessero interrogando strenuamente su quell’inusuale fenomeno, anche se era estate non si era mai visto un simile concentrato di temporali, prima d’ora… quanto ai maghi, il problema non rientrava più nei loro pensieri, avevano finito con farci l’abitudine e avevano molto altro di cui preoccuparsi, in quelle settimane. 

Due anni. 
Vivevano così da due anni, ormai, ma aveva la spiacevole sensazione che non si sarebbe risolto tutto in breve tempo. Aveva passato l’adolescenza con l’ombra di Grindelwald ad incombere su di lei, ma quello era molto peggio, più vicino. Più spaventoso. 

Lizzy spostò lo sguardo sull’orologio, chiedendosi a che ora sarebbe tornato quella sera. 
Non le era mai piaciuto aspettarlo, ma era pur sempre meglio continuare a farlo, anche quando si faceva molto tardi, rispetto ad arrendersi e dirsi che forse non l’avrebbe fatto. 

Elizabeth si passò una mano tra i capelli, seduta accanto alla finestra nel salotto buio, rimpiangendo quando di preoccupava per il marito ma a distrarla c’era la compagnia dei figli… figli che avevano ormai intrapreso la propria strada, tutti e tre sposati, ma per cui, ormai, si preoccupava altrettanto, visto che ben due sue tre facevano lo stesso lavoro del padre. Maledisse per l’ennesima volta il giorno in cui i gemelli si erano iscritti all’Accademia, con gran orgoglio del padre e altrettanto rammarico da parte sua.

Stava quasi iniziando a prendere in considerazione l’idea di provare ad andare a dormire quando sentì la porta d’ingresso aprirsi e poi chiudersi, irrigidendosi e tendendo l’udito.
Non sentì alcuna voce, solo dei passi che si avvicinavano, e la donna si rilassò nel riconoscere la cadenza tipica del marito, leggermente trascinata a causa della stanchezza, prima di scorgerne l’alta figura sulla soglia del salotto:

“Ancora sveglia?”
“Come sempre.”
“Non so quanto ti faccia bene dormire così poco per aspettarmi.”

Altair raggiunse il divano e ci si lasciò cadere sopra con un sospiro, facendo per togliersi le scarpe mentre la moglie si alzava per avvicinarglisi, sedendo accanto a lui e intralciando il suo gesto con un abbraccio che l’Auror non disdegnò, abbozzando un sorriso mentre le cingeva la schiena con un braccio. 
E anche se le ripeteva da sempre di non aspettarlo alzata, era sicuro che il giorno in cui non l’avrebbe trovata a vagare per la grande casa come un’anima in pena ne sarebbe stato parecchio deluso.

“È andato tutto bene?”

Lizzy si allontanò leggermente per poterlo guardare in faccia, passandogli una mano tra i capelli lisci ormai brizzolati e cogliendo, nonostante il parziale buio, l’espressione tesa del marito:

“Nessun morto. Ma Adam è al San Mungo.”
“Si riprenderà?”
“Sì.”
“Bene.”

“Ho visto Bellatrix. Avrei potuto ucciderla, forse avrei dovuto, ma non l’ho fatto.”

Altair serrò la mascella, fissando il pavimento con aria torva mentre accanto a lui Lizzy abbozzava un sorriso, annuendo e mettendogli una mano sul viso per costringerlo a guardarla:

“Certo che non l’hai fatto. È tua nipote.”
“È una criminale, ormai incontrollabile, oserei dire.”
“È un tratto comune in questa famiglia, direi, dal momento che un’altra delle nostre nipoti ne ha sposato uno, e credo che Regulus sia ormai sulla stessa strada. D’altra parte, abbiamo due figli Auror, una delle nostre nipoti ne ha sposato uno, tuo cugino è un giudice e tu gli porti i Mangiamorte perché vengano processati… la nostra famiglia è spaccata a metà, direi.”
“Non ci stiamo facendo una bella nomea, no.”

“Oh, tesoro, non l’avete mai avuta.”

Lizzy sorrise candidamente e il marito la imitò prima di ridere brevemente, abbracciandola di nuovo e affondando il viso tra i suoi capelli, respirando con sollievo il suo profumo mentre lei gli accarezzava la schiena. 

“Grazie. È tutto molto più facile, con te accanto.”
“Lo so… anche per me.”





 


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Angolo Autrice: 

Si dice che alla fine si ritorni sempre “a casa”, e io inevitabilmente torno sempre da questi zucconi… sembra che quando si parla di loro io abbia sempre fin troppa ispirazione, quindi eccomi con una OS dedicata solo ed esclusivamente ai Lizzair. 
Piccolo appunto nel caso qualcuno non lo sapesse: poliginia e poliandria sono pratiche che rientrano nella poligamia, ma nello specifico si parla della prima quando un uomo ha più di una moglie e della seconda, al contrario, quando è la donna ad avere più mariti. Capirete quindi la preoccupazione del nostro amatissimo Auror. 


 

   
 
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