Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: TotalEclipseOfTheHeart    30/03/2018    1 recensioni
Helena Montgomery non ricorda nulla del suo passato.
Semplicemente, un giorno di mezza estate, si risvegliò, sola e abbandonata, in un campo di grano presso la città di Los Angeles.
A quel tempo, lei non sapeva, non poteva sapere.
Non ricordava nulla, né della sua identità, come l'amata figlia di Regina della Foresta Incantata, né di come fosse giunta in quel mondo, messa in salvo per sfuggire alle ire di Lui.
Costretta a vivere in un mondo che non le appartiene, capisce in fretta di essere, in qualche modo, "diversa".
Abbandonata la sua famiglia adottiva, inizia a viaggiare, alla ricerca di sé stessa.
E' solo quando, anni e anni dopo, Emma Swan giunge a Storybrooke che, finalmente, i suoi ricordi tornano.
Ora, non deve far altro che ricongiungersi alla madre.
Ma gli anni sono passati, riuscirà a ricondurre la donna sulla via della luce?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Baelfire, Emma Swan, Nuovo personaggio, Regina Mills, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 22
Una nuova vita
 

Fu da quel giorno che l’esistenza della piccola Helena, fino ad allora almeno apparentemente vuota e priva di significato, assunse improvvisamente delle sfumature che mai si sarebbe sognata di avere.
Perché si … c’era qualcosa di magico, di misterioso, nella sua voce.
C’era qualcosa di diverso, nel modo in cui i suoi sussurri, lievi come carezze di polvere fatata, sfioravano le pagine dei suoi libri. Sussurri teneri e leggeri, in grado di penetrare nei sottili strati che separano i mondi, portando un po’ di quelle favole che tanto amava nella realtà di tutti i giorni.
E dall’alba al tramonto Helena leggeva, Helena leggeva sempre.
Quando non voleva essere scoperta, rinchiudeva i suoi sussurri, la sua Voce, nella propria mente permettendo a quei paesaggi esotici e a quegli eroi straordinari di prendere forma solamente nella sua immaginazione.
Con essi correva, combatteva … viveva.
Eroi e cattivi, cattivi ed eroi.
Un precario equilibrio che sentiva come suo, perché era quello il mondo che desiderava e spasimavano ogni notte, sebbene, per quanto ci avesse provato, il suo potere non le permettesse di viaggiare in quei luoghi a lei tanto cari.
Tuttavia, quello che aveva le bastava.
Nessuno poteva sapere come, nel silenzio della propria stanza, Helena potesse godere delle melodie soffuse di Aureen, l’Arpa Dorata, o ancora come potesse chiacchierare (o meglio, bisticciare) con Jago, il pappagallo del temibile mago Jafar. Poteva cavalcare una renna stranamente intelligente, di nome Sven, nei giardini dell’Orfanotrofio quando calava la sera, o ancora prendere uno dei funghi del Paese delle Maraviglie per rimpicciolirsi e vedere il mondo sotto un’altra prospettiva.
E lei era felice.
Felice, anche se quel suo costante isolarsi la distanziava sempre più dai suoi coetanei. Anche se, a dodici anni, ormai nessuno confidava più sul fatto che qualche coppia avrebbe potuto desiderare di avere con sé una bambina tanto insolita e misteriosa. Anche se, ormai, tutti la guardavano con malcelato sospetto e Mama Adele fosse deceduta da un pezzo, lasciandola apparentemente sola.
Certo, all’inizio era stato difficile.
Aveva pianto per giorni dopo l’infarto della donna, ormai anziana e avanti con gli anni. Aveva smesso di mangiare, aveva rifiutato di andare alle lezioni o di parlare con chicchessia. Ma alla fine era passato … erano stati i libri, ancora una volta, a salvarla, a farle capire che doveva andare avanti.
Per sé stessa e per la sua amatissima Mama.
E che, soprattutto, non doveva perdere mai la speranza.
Fu difficile ma, proprio quando sembrava tutto perduto, una coppia di presentò alle porte dell’Orfanotrofio Pascal.
 
Lyanna e Lucien Montgomery giunsero presso l’Orfanotrofio in cui si trovava Helena d’estate.
Per la precisione, da lì a una settimana avrebbe dovuto essere il “compleanno” della bambina, che sebbene non avesse memorie del suo passato era solita festeggiarlo nel giorno in cui (quasi due anni prima) si era risvegliata sola nella periferia della città di Los Angeles.
La coppia, che da anni, ormai, cercava invano di avere un figlio, era stata indirizzata in quel luogo da un gruppo di amici che avevano proposto loro di adottare uno dei bambini del posto.
Non potendone, comunque, avere di loro, e desiderando con tutto il cuore un figlio da amare, i due decisero di partire per l’Orfanotrofio. Essi vivevano praticamente dall’altra parte della città, in un grazioso quartiere benestante in cui potevano vantare una bella villetta patrimoniale, fornita di un giardino ben curato e di un retro con tanto di piscina. Tuttavia, per grande che fosse, la casa sembrava desolatamente vuota senza l’esuberante presenza di un bambino ad alleggiarirne l’atmosfera, altrimenti troppo calma e silenziosa per la coppia.
Vennero accolti direttamente da Padre Emerald, Direttore dell’Orfanotrofio, il quale li intrattenne a lungo nel proprio ufficio, cercando di capire quali fossero le loro esigenze e le motivazioni per cui erano li.
 
“Vede.”, esordì Lyanna, mentre lo sguardo spaziava sui bambini che, allegri, si rincorrevano per il cortile, “Io e mio marito abbiamo cercato molte volte di avere figli. Ci siamo affidati a innumerevoli specialisti, ma purtroppo senza risultato … per questo motivo abbiamo riflettuto a lungo e siamo giunti alla decisione comune di provare con un’adozione.”, la donna sorrise.
Erano entrambi decisamente giovani, sulla trentina.
Lei, dalla lucente chioma color dell’oro, possedeva gli occhi fieri di chi è nato e cresciuto in un mondo di agi e senza troppe privazioni. Sia i suoi modi, incredibilmente pacati e gentili, che l’aspetto lasciavano trasparire una personalità orgogliosa ma non superba, un’indole forse a volte severa ma comunque capace di donare calore e amore.
Lui, d’altro canto, era l’esatto opposto.
La chioma ingestibile e gli occhi allegri rimandavano a un atteggiamento decisamente più aperto, al punto che, come erano arrivati, era stato il solo dei due a iniziare subito a interagire con i bambini presenti nel cortile. Lasciando invece alla moglie il compito di parlare col direttore, sebbene non si fosse perso nemmeno una parola del loro discorso e continuasse ad annuire alle spiegazioni della moglie.
Padre Emerald annuì, comprensivo: “Avete già compilato i nostri test.”
La donna sorrise, mentre il marito si avvicinava.
“Effettivamente si.”, rispose Lyanna, osservando i documenti che avevano portato con loro, “Coloro che ci hanno indirizzati qui mi hanno detto che la vostra associazione si cura molto di assicurare un buon futuro ai bambini. E che i vostri istruttori hanno perfezionato un test d’affinità per capire quale bambino sarebbe più idoneo per ogni coppia o famiglia.”
L’altro annuì, fieramente.
Il Progetto Pascal era uno dei principali motivi dietro il successo della loro organizzazione e fino ad allora non aveva mai sbagliato. O almeno, così amava pensare Padre Emerald.
A dire il vero, le adozioni non andate del tutto a buon fine erano anche abbastanza numerose, ma sia lui che i suoi cooperatori amavano pensare che fosse più a causa di una mancanza d’impegno da parte delle famiglie che per l’inesattezza del loro affidabilissimo Progetto.
Il marito osservò silenziosamente la scena, prima di posare una mano sul braccio della moglie, dicendo: “Padre, non ho dubbio alcuno sull’efficienza dei vostri test. Tuttavia, se ce lo permetteste io e mia moglie vorremmo conoscere meglio, di persona, i vostri bambini. Teniamo moltissimo a quest’iniziativa e se possibile preferiremmo scegliere da noi il nostro futuro figlio.”
Lyanna osservò sorpresa il marito, mormorando appena: “Luce … sei sicuro che …?”
L’altro le sorrise, rassicurandola: “Tranquilla. Troveremo quello giusto. E finalmente potremmo avere una famiglia tutta per noi.”
 
Quando Lyanna e Lucien Montgomery erano giunti all’Orfanotrofio Helena si trovava, come sempre nelle ore libere del pomeriggio, sotto il grande faggio che sormontava gran parte del cortile.
Li aveva osservati, in silenzio e col proprio nuovo libro in grembo, per un lungo istante, mentre lo sguardo si spostava sull’abbigliamento elegante della coppia, per passare quindi sugli sguardi pieni d’amore e di speranza che i due continuavano a scambiarsi. Non le era sfuggito come, per quasi tutto il tempo, fossero rimasti praticamente mano nella mano, senza staccarsi mai.
In essi, la bambina aveva percepito un amore sincero, e un altrettanto sincero desiderio di trovare un figlio con cui condividerlo.
A dire il vero, di coppie Helena ne aveva viste andare e venire fin troppo spesso. E non tutte erano andate bene.
Alcuni venivano da soli, altri accompagnati. La maggior parte non era troppo interessata ad avere un figlio, eppure, essendo una Casa Famiglia, lo prendevano con sé e se ne curavano. Altre volevano realmente un figlio, ma sembravano troppi incerti e inesperti per dare l’impressione di potersene prendere realmente cura.
C’erano persino casi in cui, poco tempo dopo essere stati adottati, i bambini venivano nuovamente abbandonati o fuggivano di casa, ritornando a far parte di quel girone infinito che era l’Orfanotrofio.
Eppure, si disse, essere figlia di una coppia bella e innamorata come la loro non sarebbe certo potuto essere così male. Peccato, però, che lei fosse … beh … lei.
Era la bambina strana e solitaria che non ricordava nulla di sé e che non parlava mai con nessuno. Era quella che passava le ore a leggere e che a scuola era sempre la migliore, anche se in realtà non sembrava importarle troppo. Era quella che non giocava, ma rifletteva e parlava come un’adulta.
Insomma … era quella strana, e tutti loro lo sapevano fin troppo bene.
 
“Posso sedermi?”
Helena sussultò, alzando lo sguardo per incontrare quello chiaro e solare dell’uomo, che le sorrideva lievemente.
La bambina, inizialmente interdetta, si limitò ad annuire, spostandosi appena mentre quello si accomodava al suo fianco, allungando incuriosito lo sguardo sul suo libro e sulla pagina che stava leggendo prima di essere interrotta.
Anche Helena lo osservò, inclinando timidamente il capo e fissandolo incerta.
Solitamente, nessuno si prendeva mai la briga di avvicinarsi a lei, specialmente tra le coppie che venivano fin li apposta per adottare un bambino.
Dopotutto, la maggior parte di queste era alla ricerca di una vita giovane ed esuberante che, come tutti i ragazzini della sua età, si divertisse e giocare e a correre. Una vita in grado di alleggerire le loro esistenze e di portare gioia in casa, non certo una bambina che se ne stesse sempre sola e in disparte a leggere.
Eppure, quello non sembrava troppo a disagio di fronte a lei, e anzi osservava interessato il libro che aveva in grembo.
“Ohhh … Oliver Twist?”, chiese, sorpreso, “Una lettura abbastanza seria.”
La piccola gonfiò le guance, offesa, ribattendo: “Guarda che io ho quasi dodici anni, ormai. Sono grande.”
L’altro scoppiò a ridere, divertito, sotto lo sguardo perplesso e sempre più indignato di Helena.
“Ok … scusa. Lo ammetto, sono stato inopportuno.”, si arrese, alzando le braccia e sorridendo appena, prima di tornare serio e spostare lo sguardo sugli altri bambini. Helena lo seguì, voltando quindi il capo e arrossendo appena.
Si … lei non era come loro.
Lei era diversa.
Sospirò, aspettandosi quasi di sentirlo alzarsi, forse annoiato dalla sua compagnia silenziosa e insolita, magari per dirigersi verso di loro e cercare tra di essi qualcuno che realmente fosse in grado di chiamare “figlio”.
Eppure, l’uomo non si mosse.
Rimase a osservare in silenzio la scena, per poi spostare lo sguardo su quella bambina, così sola e sperduta.
Ovviamente, quando si erano informati sui vari bambini adottabili, aveva letto anche di lei e quindi conosceva molto bene la storia che si portava alle spalle.
E, per quanto Helena avrebbe avuto modo di scoprirlo solo molto tempo dopo, in quel momento Lucien Montgomery non pensava affatto che quella bambina fosse strana, o insolita.
Guardandola, l’uomo vide una vita che aveva perso tutto. Un fiore solo e abbandonato, privato di tutto l’affetto di cui un bambino dovrebbe godere, un fiore senza un passato e che da tempo aveva rinunciato nel sperare in un futuro. Un fiore fragile e sensibile, ma proprio per questo speciale.
Ed era proprio la sua diversità a renderla unica.
Fu allora che Lucien comprese.
Era Lei.
Lei era la persona per cui erano arrivati sin li, lei era la figlia che avevano sempre cercato, la luce che avrebbe illuminato i loro giorni: Helena.
La bambina, intanto, continuava a tenere lo sguardo basso, gli occhi incollati al suo libro, in attesa di sentirlo alzare e andare via.
Eppure, dopo qualche istante, quello parlò di nuovo, dicendo: “Io sono Lucien. Tu come ti chiami?”
Alzò sorpresa lo sguardo, mentre quello le sorrideva solare, quindi rispose: “Helena.”
Lui alzò un sopracciglio: “Solo Helena?”
La piccola sospirò, abbassando gli occhi: “Io non ho un cognome.”
“Allora … che ne diresti di chiamarti Helena Montgomery, d’ora in avanti?”
Lacrime calde imperlarono gli smeraldi di lei, mentre annuiva con forza e si gettava tra le braccia di quello che si … sarebbe stato il suo papà.
 
 
Lucien e Lyanna Montgomery lasciarono, dopo aver compilato i documenti necessari, l’Orfanotrofio solo alcune ore dopo, portando con sé la piccola Helena che, ancora incapace di credere a ciò che le era successo, era salita in macchina senza nemmeno riuscire a spicca una parola.
Dopo tutto ciò, Padre Emerald osservò in silenzio la coppia che, a dispetto di ogni consiglio professionale ricevuto dai suoi istruttori, non ascoltava ragioni e affermava che era quella bambina, senza ombra di dubbio, la figlia che cercavano. E poco importava che quei test consigliassero loro una presenza più esuberante o socievole: entrambi se ne erano totalmente innamorati, e per poco Lucien non aveva risposto per le rime alle osservazioni del prete, quando consigliò loro di riflettere attentamente sulla propria decisione.
Tuttavia, né Padre Emerald né Sorella Elia riuscirono a smuoverli dal loro proposito, e fu quindi sotto lo sguardo sorpreso della maggior parte degli istruttori e dei bambini che Helena lasciò l’Orfanotrofio Pascal.
Voltandosi indietro, con la piccola manina saldamente aggrappata ai pantaloni del suo nuovo papà, la bambina osservò per l’ultima volta quel posto che, per quasi due anni, era stato la sua casa.
Una casa indubbiamente fredda, in cui troppe volte si era sentita giudicata e biasimata. Una casa da cui aveva quasi perso la speranza di uscire e che col tempo era divenuta la sua prigione. Una casa da cui ogni bambino sognava di andarsene, e che ora lei poteva finalmente abbandonare.
Si era sempre immaginata quel giorno con gioia e speranza.
Eppure, tra quelle mura fredde, Mama Adele le aveva insegnato a leggere. Li aveva ricevuto il suo primo vestitino, aveva evocato per la prima volta la Voce e aveva sentito la prima melodia che Aureen aveva composto per lei.
Per quanto le dolesse ammetterlo, quel posto era stato comunque una tappa fondamentale della sua vita, e lasciarlo le parve quasi strano.
Eppure …
Osservò il volto sorridente di Lyanna, che l’attendeva di fronte alla loro Mercedes con la porta del passeggero aperta.
Sorrise, a sua volta.
La sua nuova vita la stava solo aspettando.




Note dell'Autrice:
Eccoci con l'ultimo capitoletto di oggi.
Qui, finalmente, vediamo un po' cosa successe alla nostra Helena dopo essere arrivata all'Orfanotrofio Pascal. Ma come mai, alla fine, decise di andarsene? E perchè non ricorda con gioiai il suo passato? Cosa successe dopo? Per saperlo dovrete attendere ancora un po'.
Comunque sia, spero che la descrizione dei suoi genitori adottivi vi sia piaciuta, sicuramente li rivedremo col proseguire della storia.
Ancora, come sempre se vi servissero delucidazioni o aveste voglia di lasciare un commetino non fatevi problemi. Io sono sempre qui ed è sempre un piacere sentire i vostri pareri e opinioni sulla storia.
Alla settimana prossima!

Teoth

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: TotalEclipseOfTheHeart