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Autore: Flos Ignis    03/04/2018    4 recensioni
Terza classificata al contest "Il chiosco dei fiori" indetto da meryl watase sul forum di EFP.
Chi di voi non ha pianto alla morte di Artù?
Chi di voi non ha esultato per la fine di Morgana?
Eppure, qui la storia va un po' diversamente...
Il giovane mago che tutti noi amiamo si ritrova ad assistere alla morte di entrambi i Pendragon, ed in questa storia ho tentato di immaginare - e un bel po' ci ho ricamato nella seconda parte, lo confesso - i pensieri di Merlino davanti a queste morti.
Tratto dal testo:
"Se lui era l'amore e Morgana l'odio, se avessero potuto mettere su una bilancia quei sentimenti, Merlino era certo che a vincere sarebbe stato sempre l'amore. Ma lui da solo non ce l'avrebbe mai potuta fare, era necessaria una base comune ai due sentimenti. Un perno intorno a cui ruotavano, un'origine a cui dovevano la loro nascita.
E il perno delle loro vite, la struttura portante di entrambi, era sempre stato Artù."
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merlino, Morgana, Parsifal, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
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C'erano molti soldati nel bosco quella notte. L'area di ricerca si era estesa moltissimo negli ultimi giorni, per ordine della regina Ginevra ogni cavaliere di Camelot si era messo alla ricerca del loro sovrano, disperso dalla battaglia di Camlaan.

Merlino poteva distinguere molte delle voci che il vento trasportava fino alle sue - a detta del suo re - enormi orecchie. Non si preoccupò di essere trovato, nessun essere mortale avrebbe potuto superare la barriera naturale che la Magia aveva intessuto intorno al lago di Avalon con sottili ma impenetrabili arbusti. Non si preoccupò di cancellare i segni delle lacrime, nè di usare con cautela il suo Dono - lo stesso che era nato con lui al solo scopo di proteggere Artù, l'altra faccia della sua medaglia, il suo migliore amico.

Quel giorno, Albion era morta insieme al suo re.

Quel giorno, una parte fondamentale di Merlino lo aveva accompagnato oltre i confini sottili che definiscono il regno dei viventi, per sprofondare per l'eternità nell'oblio della morte.

Si sentì solo e sperduto come non mai quando dovette spingere quella maledetta barca oltre la riva, completando il rito funebre incendiandola con la sua magia. Il funerale degli uomini più valorosi, dei più grandi cavalieri e di sovrani tanto magnificenti da essersi guadagnati il rispetto degli dei.

Ad accompagnare Artù Pendragon, il Re Una Volta e Re in Futuro, nel suo ultimo viaggio non c'era stato nessuno a parte lui, il suo Stregone e Amico.

Per consentire che la profezia che gli aveva svelato Kilgarrah si avverasse, per preparare il mondo alla venuta del Re di Albion nel momento di maggior pericolo delle loro terre, non aveva avuto altra scelta: l'anima di Artù sarebbe stata ospitata ad Avalon, in attesa che tempi migliori giungessero.

Merlino iniziò di nuovo a piangere, continuando per tutta la notte. Non era giusto ciò che era successo, non lo era per nulla, aveva perso il suo sovrano, il suo migliore amico, l'uomo che aveva dato uno scopo alla sua esistenza. Per quale diavolo di motivo il Destino non aveva scelto lui, se proprio necessitava di un pegno per la salvazza del regno?

La sua magia non aveva protetto l'unica persona che desiderasse realmente difendere a qualunque costo, dunque che senso avevano avuto tutti quegli anni di segreti e sensi di colpa?

Artù era morto tra le sue braccia, era stato lui a udire le sue ultime parole e a sentire il suo battito che si faceva sempre più debole. Non era così che sarebbe dovuta andare.

Il corpo del re avrebbe dovuto essere vegliato da sua moglie, Ginevra, per tutta una notte, in modo che i due consorti potessero dirsi addio. Il popolo avrebbe acceso una candela nelle proprie case, affinchè quella flebile fiammella portasse il loro ultimo saluto fino all'anima del loro signore, riunendosi poi a centinaia, forse migliaia intorno alle mura del castello. Alle prime luci dell'alba i suoi cavalieri gli avrebbero fatto indossare l'armatura e la corona, coprendo la spada, compagna di infinite battaglie, con un panno rosso scarlatto, affinchè potesse accompagnarlo anche nel suo ultimo viaggio. La pira funebre a cui avrebbero assistito avrebbe continuato a bruciare per molte, lunghe ore, fino a far disperdere la folla, ma non il dolore per il lutto.

Ma Merlino si era ritrovato lì, da solo, unico spettatore di quell'evento che strideva enormemente con la vita che avevano costruito fianco a fianco per tutti quegli anni, uniti da un'amicizia unica nel suo genere, irripetibile, indispensabile e insostituibile. 

Ma, sopra ogni altra cosa, anche se nessuno dei due lo aveva mai nemmeno intuito fino a quando la Morte non era sopraggiunta a dividerli, quel tipo di legame non poteva essere altro che eterno.

Il giovane stregone ora lo sapeva: avrebbe vagato per il mondo, sospeso in un attimo immobile che sarebbe stato infinito e straziante per la sua natura immortale .

Ma, alla fine dei tempi, lo avrebbe rivisto.

Non si mosse dalla sua posizione accovacciata sulle rive del lago fino al tramonto successivo alla morte di Artù, indeciso su cosa provasse realmente e su come comportarsi. Si sentiva come quando, da bambino, si avventurava nel bosco che circondava il villaggio di Ealdor, alla ricerca di un luogo in cui avrebbe potuto lasciar uscire indisturbata la sua magia che scalpitava, ma finiva inevitabilmente per perdersi.

Sì, era proprio quella la sensazione. 

Quella di aver perso la strada di casa.





Cosa avrebbe fatto da quel momento in poi? Se ne fosse stato in grado, avrebbe cercato di raggiungere il suo signore oltre quella vita terrena, ma sapeva di non poterlo fare per così tanti e svariati motivi da non mettersi neppure a contarli.

Il più importante però, era che se avesse abbandonato Camelot in quel momento di fragilità, lasciando che i loro nemici approfittassero del vuoto sul trono e della mancanza di discendenza di Artù, egli lo avrebbe come minimo ucciso con le sue stesse mani, o ci avrebbe seriamente provato, il giorno ancora molto lontano in cui si sarebber nuovamente rivisti.

Senza più il suo Re a governarla e proteggerla con giustizia e coraggio sul campo di battaglia, Camelot sarebbe potuta sopravvivere solo se lo Stregone che aveva agito nell'ombra per tutti quei lunghi anni al solo scopo di difendere la sua casa e il regno dell'amico avesse fatto ritorno.

Merlino lo sapeva bene, ed era per questo che, nonostante lo strazio a cui era sottoposto il suo cuore, aveva deciso di tornare... per un po', per lo meno. Voleva assicurarsi che Gaius non si preoccupasse eccessivamente per lui, che Ginevra potesse avvalersi del suo tempo per piangere suo marito, prima di doversi occupare di sostenere il peso del regno.

In fondo, aveva mentito a tutti quelli che amava sulla sua vera natura per tutta la vita, poteva benissimo continuare a farlo: lo scopo era pur sempre proteggerli.

Di tempo per elaborare il lutto, in fondo, Merlino ne avrebbe avuto quanto il mondo. Una volta certo della sicurezza del regno che lui e l'altra faccia della sua medaglia avevano creato e custodito, si sarebbe ritirato in qualche angolo sperduto di mondo, in attesa del ritorno della metà della sua anima.

Prima di fare ritorno tuttavia, c'era qualcun altro a cui doveva dire addio.





Il suo cammino si era incrociato con Sir Parsifal a poche leghe dalle bianche porte di Camelot, ancora protetti grazie alla fitta boscaglia da occhiate indiscrete. 

Le domande del cavaliere erano state poche, appena sussurrate, ma il suo animo nobile, ancora più grande del suo possente corpo tanto da esservi a stento trattenuto, aveva compreso la verità prima ancora che Merlino parlasse.

Non sapeva cosa del suo aspetto rivelasse quella nefasta verità, ma era felice, per una volta, di non doversi più nascondere. Ora che il suo re non c'era più, non aveva alcuna intenzione di tornare a nascondersi. A cosa era servito, alla fine? Gli mancava persino la paura di mostrarsi al mondo, essa era sprofondata in quelle gelide acque insieme a colui grazie al quale aveva saputo controllarla, ma in quell'istante si chiese se mai più si sarebbe sentito di nuovo integro.

Ma come poteva una medaglia essere completa, senza la sua metà più splendente?

Aveva scritto un resoconto dettagliato, condito da una profusione di scuse quasi più lunga delle spiegazioni stesse degli avvenimenti, da consegnare alla regina da parte sua. Parsifal aveva cercato a lungo di convincerlo a spiegarsi di persona, ma si vedeva che era più per il dolore dei recenti lutti che per reale convinzione di riuscire nel suo intento. Lo sguardo blu di Merlino era abbastanza esplicativo, il cavaliere lo conosceva abbastanza bene da saper riconoscere il rifiuto adamantino che si trovava davanti.

Si separarono con la promessa di tornare, ma alla domanda che il cavaliere gli aveva rivolto il giovane mago sorrise e basta, senza che la luce di quel piccolo stiramento di labbra raggiungesse gli occhi.


"Cosa doveva fare, Merlino, di tanto urgente e importante da affidare la notizia della morte di Artù a una pergamena?"



*****



Il cavaliere lo seguì finchè gli fu possibile con lo sguardo, incerto su quello che avrebbe potuto fare. Sentirsi impotente era una sensazione che non provava più da molto tempo, ma la risoluzione del suo mingherlino amico non era qualcosa che avrebbe potuto vincere con la potenza dei suoi muscoli.

Del resto, anche un uomo fatto e finito come lui sentiva il cuore spezzarsi un po' di più ogni volta che vedeva la sagoma di Merlino senza quella del re a cui entrambi avevano giurato fedeltà, come se uno senza l'altro si mostrassero, pur inconsapevolmente, solo come esseri a metà.
Per un lungo secondo, Parsifal sperò davvero che la morte decidesse di cambiare i suoi piani, poichè separare quelle due anime pareva un atto talmente contro natura che alcun volere umano o divino avrebbe mai osato compiere.

Eppure, il Fato non tornò sui suoi passi.



*****



Gli ci vollero tre giorni per raggiungere a piedi il luogo in cui desiderava a tutti i costi arrivare, dove giaceva il centro gravitazionale che lo stava attirando a sè.

Non seppe per quale motivo, ma quando lei era morta aveva sentito la necessità di vedere per l'ultima volta il suo viso. Troppo preoccupato per il suo re, non aveva perso tempo a ragionare sull'assurdità di quel pensiero e istintivamente aveva fatto in modo di proteggere il corpo della strega con un incantesimo: non sarebbe durato per sempre, ma la sua magia aveva agito al suo posto e ora voleva constatare con i suoi occhi dove quel suo desiderio lo avrebbe guidato.

Dopo la marcia silenziosa che lo aveva condotto da l'uno all'altra degli ultimi discendenti della stirpe Pendragon, estinta anch'essa insieme a loro, finalmente la ritrovò. Merlino si sentì strano, quasi sbagliato per ciò che provò verso quella donna che tanta devastazione aveva portato, nel regno come nella sua vita.

Morgana...

Per quale ragione tutto ciò che provava, davanti a quella nemica tanto temuta, era infinito rammarico? Per ciò che aveva contribuito a creare, per le morti che aveva causato di sua stessa mano o per interposta persona, per tutto ciò che rappresentava avrebbe dovuto solo essere crudelmente felice per la giusta fine che la strega aveva trovato. Eppure, nell'attimo in cui aveva posto fine alla sua breve vita, non aveva potuto evitare di stringerla tra le braccia per la prima e ultima volta. 

Poi, un pensiero l'aveva attraversato veloce come un fulmine.

Per lei i cancelli di Avalon non si sarebbero aperti.

Il suo corpo terreno sarebbe divenuto terra, la sua anima avrebbe volato con i venti e il suo Dono, tornato al mondo che glielo aveva concesso alla nascita, avrebbe illuminato altre albe, rifiorendo nel cuore di altre persone.

Sarebbe tornata a far parte del mondo come se non fosse mai esistita.

Merlino riuscì a trovare la forza di sorridere per la prima volta da moltissimi giorni mentre ricomponeva il corpo di quella che un tempo era stata una sua cara amica, ed in seguito la sua nemica più terribile. Lui sarebbe sopravvissuto per sempre, per cui ciò che aveva appena pensato non era del tutto esatto.

Il ricordo di lei avrebbe vissuto nel giovane mago che ella aveva amato per l'eternità. Merlino le scostò i capelli corvini dal viso, ammirando la pace che aveva rilassato i suoi tratti solo ora che i dolori terreni avevano lasciato il suo corpo.

Per quell'ultimo saluto, il mago poteva rivedere finalmente la ragazza sfrontata e civettuola che aveva conosciuto appena giunto a Camelot, quella principessa un po' viziata ma dal carattere indomito e il coraggio di affrontare qualunque cosa a testa alta. 

Mentre la guardava, ora che la morte aveva quietato la sua anima disperata e pregna di follia, poteva benissimo rivedere la guerriera che l'aveva aiutato a salvare Ealdor dai banditi, l'amica che aveva sfidato l'ingiustizia del suo tutore - genitore, alla fine dei conti - solo per salvare un bambino innocente, reo di essere nato tra i druidi.

Le carezzò con dolcezza un boccolo scuro, sospirando. Come aveva fatto a cambiare così tanto?

Se l'era chiesto infinite volte e le risposte che si era dato riconducevano tutte a un'unica verità: Morgana non aveva scelto di essere malvagia, non in principio per lo meno. 

Aveva creduto, sperato, amato a tal punto che quando tutto ciò che la sostenava nella sua lotta contro la natura nefasta della sua stessa natura era andato perduto - la consapevolezza che la sua famiglia l'aveva amata, la speranza che un giorno potesse venire accettata anche se possedeva la magia, la fede in un domani migliore per tutti - lei aveva semplicemente smesso di combattere.

Si era lasciata andare, troppo stanca dopo un'intera vita sotto gli occhi di tutti e nonostante questo costretta a nascondersi. A un certo punto, nel suo momento di maggior fragilità, quando Merlino avrebbe avuto il dovere morale di rivelarsi a lei per aiutarla a vedere la luce che lei ormai non scorgeva più, si era tirato indietro e l'aveva lasciata in balia di Morgause, che al posto di aiutarla l'aveva traviata, immergendola ancora di più in quella notte oscura che l'aveva inghiottita.

E dalla quale ne sarebbe uscita solo con la morte.

Merlino però non poteva perdonarle troppe cose, di cui era certo fosse stata lei e solo lei la responsabile, pienamente consapevole delle sue azioni. Gli innumerevoli attentati alla vita di Artù, il suo stesso fratello, erano in cima alla lista.

Per cui, sì, Merlino credeva che lui avrebbe potuto cambiare la storia se quel lontano giorno avesse scelto altrimenti nei confronti di Morgana, ma in seguito aveva fatto tutto ciò che era in suo potere per rimediare e arginare i danni, mentre lei si era semplicemente arresa.

Non aveva scelto di diventare in quel modo, e per questo Merlino non poteva odiarla.

Ma una volta che il cambiamento era avvenuto non aveva combattuto per abbandonare l'odio che le aveva infettato l'anima, e per questo Merlino non poteva perdonarla.

Si sciolse il fazzoletto rosso che portava sempre al collo, facendolo indossare a lei. Risaltava in modo spiccato sulla sua pelle pallida, resa quasi nivea dalla mancanza del soffio vitale, e in mezzo al nero dei suoi capelli scomposti e delle vesti mezze stracciate.

Nonostante tutto ciò, a Merlino si mozzò il fiato mentre la guardava.

Morgana era simile ad una stella cadente: bellissima, la pelle luminosa come una stella, circondata dall'oscurità che aveva tinto la sua chioma, che tanto aveva desiderato accarezzare in passato, e in seguito il suo stesso cuore. Forte dei doni che le erano stati concessi e fragile nella sua psiche corruttibile, aveva brillato alla corte di quel padre che non l'aveva riconosciuta facendola inevitabilmente cadere.

Come poteva, Merlino, non amare quella donna?

Era stata così simile a lui, così dannatamente spaventata da se stessa, così forte e ignara del Destino che avrebbe ben presto bussato alla sua porta.

Come poteva, Merlino, non odiarla?

Aveva scelto la strada opposta alla sua, era diventata l'odio del suo amore, l'esatto negativo della sua anima.

Ma soprattutto, lei stata l'artefice della caduta di Artù, il suo migliore amico, l'altra faccia della medaglia, il suo Re, il suo Desino.

La odiava nella stessa misura in cui l'aveva amata.

E ora per quell'amore aveva fatto crescere intorno al suo corpo un campo di fiori, mentre per quell'odio aveva tinto quei cespugli di rose del colore della notte allungando le loro spine crudeli, che crescevano sotto i suoi occhi resi luminosi dall'oro più puro.

Con un ultima, magica parola, quelle spine la ghermirono, lacerando ancora di più l'abito nero che la strega aveva indosso. Le disse mentalmente addio, seppellendola definitivamente sotto il prato di rose nere che aveva fatto crescere per lei. Diede loro quel pizzico di magia necessario a proteggere quel luogo, affinchè l'oscurità di Morgana morisse insieme a lei.

E quando non rimase altro che buio intorno a lui, si lasciò andare nuovamente alle lacrime, lieto della coperta di velluto che la notte aveva posato intorno al mago affinchè potesse lasciar correre sulle gote il prodotto del suo immenso dolore senza che esso venisse mostrato a causa della crudele luce del sole.

In fondo, l'oscurità non era sinonimo solo di aggressività e ferocia, ma anche di silenzio e conforto.

Ed ora, grazie a Morgana, Merlino aveva appreso una grande verità sull'equilibrio del mondo. Era piuttosto ironico, considerando quanto ella stessa avesse cercato di spezzare quell'equilibrio...





Molte ore dopo, quando finalmente Merlino sentì di aver racimolato coraggio sufficiente a fare ritorno, pose una benedizione su quel luogo affinchè le troppe energie negative che si erano sparse per quelle terre si tramutassero in un monito a farsi guidare dalla luce che ognuno porta nel cuore.

Poi si voltò e, anche se non poteva saperlo, non vi avrebbe fatto ritorno per diverse decadi su quella bizzarra tomba. Non per mancanza di voglia, quanto piuttosto per il dolore che tale bisogno comportava.

Lei era stata talmente fondamentale per lui e per Artù che combatterla li aveva irrimedibilmente spezzati. Merlino aveva sempre creduto alla definizione che il Grande Drago aveva dato a lui e Artù, le due facce della stessa medaglia, ma per la prima volta si chiese se tale nomea non fosse per lo meno incompleta.

In fondo, era tutto questione di equilibrio, no?

Il Drago glielo aveva spiegato più volte, aveva detto cosa rappresentavano Artù e Morgana per lui - la sua metà e il suo opposto rispettivamente -, ma sempre come se fossero due cose scollegate tra loro.

Se, invece, facessero tutti parte dello stesso insieme?

Se lui era l'amore e Morgana l'odio, se avessero potuto mettere su una bilancia quei sentimenti, Merlino era certo che a vincere sarebbe stato sempre l'amore. Ma lui da solo non ce l'avrebbe mai potuta fare, era necessaria una base comune ai due sentimenti. Un perno intorno a cui ruotavano, un'origine a cui dovevano la loro nascita.

E il perno delle loro vite, la struttura portante di entrambi, era sempre stato Artù.

Mentre queste riflessioni gli attraversavano la mente, i suoi piedi avevano macinato la strada che da tanti anni aveva per lui il sapore di casa, portandolo nel luogo in cui per la prima volta aveva incontrato le due persone più importanti della sua vita.

Ritornarvi senza parti tanto fondamentali di lui non era difficile come aveva creduto, era semplicemente impensabile. Mentre il respiro lo abbandonava in preda all'ansia, Merlino pensò di non potercela fare, in quel momento o mai.

Girò le spalle alla sua casa, correndo a perdifiato nel bosco, scomparendo dalla vita di tuti coloro che aveva conosciuto, alla ricerca di un rifugio in cui avrebbe potuto proteggere il regno - perchè quella era la missione che gli aveva affidato il suo Re -, ma dall'ombra, come aveva sempre fatto.

In fondo, erano Artù e Morgana quelli delle azioni in grande e spettacolari... la stirpe Pendragon si era fatta riconoscere anche in questi dettagli.

Lui era solo Merlino, e come tale avrebbe guardato le spalle a tutti, celato nell'ombra della notte che la caduta della stella di Morgana aveva reso ancora più buia, in attesa che il giorno tornasse a splendere con il calore che solo il sole può trasmettere.

"Artù, un giorno sorgerete di nuovo. Ho fede in questo."




 
  
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