Serie TV > The Walking Dead
Segui la storia  |       
Autore: Heihei    12/04/2018    3 recensioni
Bethyl-AU
Quegli stupidi degli amici di Beth sono determinati a rendere il suo diciottesimo compleanno memorabile, peccato che le loro buffonate la faranno restare bloccata in un brutto quartiere di una città sconosciuta, attualmente pattugliato dall'Agente Shane Walsh. Minacciata sia dagli agenti che dai criminali, dovrà rassegnarsi alla compagnia di un gruppo di zotici, tra cui un certo redneck particolarmente scontroso.
**Questa storia NON mi appartiene, mi sono limitata a tradurla col consenso dell'autrice**
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Daryl Dixon, Maggie Greeneunn, Merle Dixon
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

XXIII. Ricatto / XXIV. Come piace a Gesù

 

Ho parlato con abbastanza ragazze del posto da farmi un’idea.”
Non era riuscito a farla piangere.
“...Sarai annoiata a morte, dolcezza, lo immagino, ma io potrei insegnarti qualcosa… potremmo divertirci un po’ insieme, io e te, che ne dici?”
Era rimasta lì ad ascoltarlo perché i suoi piedi erano praticamente impiantati nel terreno. Aveva provato a scappare un paio di volte, ma le ginocchia avevano minacciato di cederle.
“Tutti noi abbiamo bisogno di divertirci un po’ dopo il lavoro...”
Aveva allungato la mano per stringerle un fianco ed era stato in quel momento, quando l’aveva toccata per davvero, che aveva immaginato cosa sarebbe potuto succedere da lì a poco, ed era scappata via.
Quella sgradevole proposta l’aveva tormentata per tutta la notte e il mattino seguente. Non era neanche riuscita a fargli capire che si era sentita oltraggiata, né a rispondergli come avrebbe voluto. Non aveva saputo come reagire. Varie volte, nella sua mente, aveva costruito un’immagine di se stessa che girava i tacchi e se ne andava a testa alta, ma era sicura che, di norma, sarebbe scappata a gambe levate e con le lacrime agli occhi verso casa sua.
In ogni caso, sembrava che Dave non temesse minimamente la possibilità che lei potesse dire a qualcuno quello che le aveva proposto. Era certo di averla in pugno.
Una ragazza carina come te non dovrebbe essere così trattenuta verso il divertimento… Dovresti decisamente condividere quello che hai...”
Non aveva idea di cosa sarebbe successo se l’avesse raccontato a Daryl. Probabilmente avrebbe fatto qualcosa di brutto, ma non riusciva a contemplare l’idea di non dirglielo. Si erano avvicinati molto nelle ultime settimane e gli sarebbe bastata un’occhiata per capire che qualcosa non andava. Gliel’avrebbe detto non appena l’avesse visto, lontano da casa sua. Daryl, almeno, avrebbe mantenuto il segreto. Se l’avesse detto a qualcun altro nel tentativo di mettere Dave nei guai, non avrebbe solo scosso la barca, ma l’avrebbe portata direttamente alla deriva. Era quel genere di situazioni che creavano più scompiglio di quanto ognuno di loro avesse voluto. Tutto sarebbe ruotato intorno a quello che lui e lei avevano detto, spiegarlo sarebbe stato troppo complicato e imbarazzante, e i suoi genitori avrebbero scoperto inevitabilmente la sua storia con Daryl. Dave lo sapeva, così come era a conoscenza che lei sapeva che lui sapeva. Aveva tutte le ragioni per tenere la bocca chiusa.
Entrambi avevano qualcosa dalla loro parte per mettere l’altro nei casini, se avessero detto qualcosa.
Fu durante la lezione del signor Blake che rifletté a mente lucida e si rese conto che Dave contava proprio su quella situazione di stallo, per trarne tutti i vantaggi. Sentì il suo stomaco capovolgersi, anche se era vuoto.
“Stai bene?”, le sussurrò Minnie, approfittando della distrazione del signor Blake per una domanda lunga e sconclusionata proveniente da qualcuno alle prime file.
“Sì, perché?”, mentì Beth sottovoce.
“Sei scandalosamente pallida.” Le sopracciglia di Minnie scomparvero sotto la sua nuova frangetta; la sua bocca rosea e brillante di lucidalabbra si curvò in una smorfia. “Ai livelli che se dovessi alzarti dalla sedia e buttarti a terra penserei che fossi morta.”
Nonostante tutto, sì lasciò scappare una risata cristallina, ignorando il tono serio dell’amica. Il signor Blake inarcò un sopracciglio nella loro direzione e tutta la classe tacque.
“Ci scusi”, dissero all’unisono per giustificare i loro mormorii.
Minnie non parlò per il resto della lezione, ma quando uscirono in corridoio la mise letteralmente alle strette.
“Ok, c’è sicuramente qualcosa che non va, e suppongo che c’entri un ragazzo. Oh, ma certo che c’entra un ragazzo. Chi è?”
Dal momento che aveva praticamente neutralizzato le sue difese ed era stanca di continuare a negare, Beth si limitò a roteare gli occhi per l’esasperazione, cosa che comunque non sembrò provarla minimamente. Quando la guardò nuovamente, infatti, la trovò con gli occhi spalancati e la mascella così spalancata che quasi le raggiungeva il petto.
“Cristo santo! È davvero un ragazzo?”
“Non è lui il problema”, cedette Beth, parlando tra i denti. Il sollievo che stava provando la prese alla sprovvista. Non era certamente una vera e propria ventata di aria fresca, ma anche solo accennare qualcosa a qualcuno la fece sentire meglio. Non si era ancora resa conto di quanto tutta quella storia le pesasse. Forse si era fatta trascinare così tanto da non pensarci più.
Chi è?”, insistette Minnie.
“Non serve parlarne… Te l’ho detto, non è lui il problema.”
“Va bene, ma chi è?!”, Minnie scrutò il corridoio, come si aspettasse che un riflettore illuminasse da un momento all’altro la risposta corretta. “Lui lo sa?”
Beth avvertì un po’ di tensione nell’osservare quegli occhi spalancati. Le venne spontaneo pensare a tutti i loro momenti più intimi. “Sì, sono abbastanza sicura che lui lo sappia.”
Minnie fece un verso a malapena udibile, simile a un gridolino strozzato.
“Comunque, non posso parlarne ora. Non mi sento molto bene, penso che salterò la prossima lezione e andrò a stendermi da qualche parte. Ci vediamo dopo?”
“Non è giusto!” Minnie, con occhi imploranti, scosse la testa. “Devo fare una verifica di inglese e non posso saltarla. Non puoi farlo l’unica volta che non posso!”, le disse sbattendo i piedi a terra.
“E allora parleremo dopo.”
“Già, puoi giurarci che parleremo!”, le gridò mentre se ne stava andando, ma quella momentanea leggerezza che Minnie le aveva trasmesso sembrò sfumare passo dopo passo, finché non si trovò di nuovo immersa nelle sue preoccupazioni, ormai raddoppiate e ancora più esigenti di prima. Trascorse l’ora successiva in biblioteca, nascosta in un angolino e con un braccio sollevato sugli occhi per ripararli dalla luce, ma non riuscì ad addormentarsi. Per di più, sapeva che non avrebbe potuto saltare tutte le altre lezioni senza poi doverne pagare il prezzo. Così, con lo stomaco ancora in subbuglio, riprese la sua routine, pur continuando a mordicchiarsi l’interno della guancia mentre pensava a quello che avrebbe dovuto fare per risolvere tutta quella situazione.
Terminate le lezioni, schizzò fuori per evitare di incontrare di nuovo Minnie o anche qualsiasi altro conoscente che avrebbe potuto trattenerla. Aveva preso una decisione e, sebbene non fosse sicura che fosse la scelta più saggia da fare, le sembrava l’unica vera opzione plausibile.

Quando arrivò a casa, la fattoria era distratta e indaffarata. Infatti, riuscì a posare la borsa a tracolla in camera sua e dirigersi di soppiatto nel fienile senza che nessuno la fermasse, se non per un breve saluto.
Quando salì sul soppalco, era praticamente vuoto. C’erano già una coperta e un mazzo di carte, reduci dei suoi altri incontri con Daryl. Ne approfittò per avvolgersi nella coperta e sdraiarsi, abituata all’idea di doverlo aspettare. La notte insonne che aveva trascorso cominciò a far sentire i suoi effetti, trascinandola in un sonno comunque troppo rigido e forzato. Infatti, restò anche fin troppo cosciente di ciò che la circondava, ma evidentemente non abbastanza da accorgersi che qualcun altro era entrato nel fienile. Fu solo quando sentì il pesante rumore di un paio di stivali contro il pavimento fermarsi proprio accanto alla sua testa, accompagnato da un fischiettio stridente, che si svegliò di soprassalto.
Per qualche strano motivo, anche prima di aprire gli occhi, seppe subito che non si trattava di Daryl.
“Beh, forse la mia è un’ipotesi azzardata...”, cominciò Dave, gironzolandole intorno mentre cominciava ad alzarsi. Mentre camminava, calciava i ciuffi di fieno via dalla sua strada. “Credo che dovrei essere premiato se indovinassi. Che ne dici, dolcezza?”, continuò con un ghigno. “Ma uhm… credo proprio che Daryl avrebbe dovuto incontrarti quassù, non è vero?”
Ancora intontita come se avesse dormito indisturbata in quel fienile per un paio di giorni, Beth lo osservò per qualche secondo, con le nocche bianche che stringevano con forza la coperta che le era caduta di dosso quando si era messa a sedere.
“Hershel aveva bisogno di una mano con una vacca, quindi il tuo uomo non arriverà. Ma, come puoi vedere, c’è un sostituto”, disse, allungando le braccia per indicare se stesso.
“Già, è bello che tu sia qui”, gli rispose alzandosi in piedi. “Volevo parlarti.”
Dave doveva aver capito dal suo tono che non aveva certo intenzione di dirgli cose carine, perché la sua risposta fu sarcastica: “Beh, non mi sono mai sentito così speciale.”
“Dirò a mio padre di me e Daryl. E poi gli riporterò anche quello che mi hai detto.” Mentre parlava, cominciò a dirigersi verso la scala.
“Che?”, Dave scoppiò a ridere. “Aspetta un secondo, dolcezza, se pensi davvero che io me la beva...”
“Vuoi davvero scoprire se sto scherzando?” Beth si accese come una miccia e si voltò a guardarlo dalle scale. Aveva le braccia incrociate e le sopracciglia aggrottate, le punte degli stivali da lavoro spuntavano dal bordo del soppalco. “Diventerebbe uno scherzo solo se tu sparissi dalla fattoria in questo istante. In quel caso, non direi niente.” Lasciò le sue parole sospese a un filo, mentre finiva di percorrere la rampa di scale per raggiungere il piano inferiore e uscire finalmente dal fienile.
“Credi davvero che io accetti questa stronzata del prendere o lasciare, ragazzina? Mi sembra una reazione piuttosto eccessiva, la tua, non trovi?” Ancora perfettamente abile a nascondere il suo nervosismo, Dave rise di nuovo. Non era ancora riuscita a spaventarlo.
“No, non è una reazione eccessiva. È solo quello che succederà.” Si fermò e si voltò per affrontarlo di nuovo, picchiettando le mani contro le cosce delle mani mentre scendeva. “Questa storia finirà comunque con qualcosa che non voglio che succeda, ma tra le cose che non voglio, preferisco di gran lunga dire tutto a mio padre io stessa al posto di aspettare che te lo faccia uscire tu… E, beh, farmi toccare da te… questo è decisamente qualcosa che non succederà mai.”
Davanti alla sua rabbia, il viso di Dave si spaccò nell’ennesimo ghigno. Cercò di soffocarlo, ma non ci riuscì. “E va bene, ho capito, ti ho fatta incazzare. Servirebbe a qualcosa chiedere scusa?”
“Non ho ancora sentito niente.”
“Scusami, ok?” Alzò ancora le braccia, ma stavolta in segno di sottomissione. “Considera che sono un po’ arrugginito con questo genere di cose.”
“Arrugginito?!”, balbettò Beth, “Con cosa? Con i ricatti?!”
Lui roteò gli occhi. “Sul serio, non ti piaccio neanche un po’? Tu a me piacevi e ho cercato di fare qualcosa per avvicinarti. Una donna dovrebbe apprezzare questo genere di… attenzioni. E non è neanche lontanamente un ricatto, dolcezza. Stai esagerando, ancora.”
“Beh, io sono una principiante nel ricattare la gente, quindi, visto che non sembra che tu mi abbia capito la prima volta, te lo dirò di nuovo: lascia la fattoria ora, oppure dirò a mio padre tutto quello che mi hai detto. Accettalo, perché tanto sarai sbattuto fuori in ogni caso.”
Gli occhi scuri di Dave cominciarono ad abbandonare ogni sfumatura di umorismo. Si avvicinò di qualche passo, con le braccia ancora rigidamente incrociate ad altezza petto. Il collo scattò impercettibilmente quando cominciò a parlare: “Bene. È tutto qui? Dovrai scusarmi, perché non mi ero accorto che fossi solo una puttanella arrogante.” Sbuffò, e per un momento le sembrò che dopo quelle parole si sarebbe definitivamente congedato.
Beth era più che disposta a lasciargli l’ultima parola. Il cuore le stava letteralmente scoppiando in petto mentre lo osservava andare via. Probabilmente sarebbe andato da suo padre prima di lei e gli avrebbe parlato di Daryl, ma tanto avrebbero comunque dovuto affrontarlo, prima o poi. Sarebbe successo in ogni caso, anche se sperava ancora che potessero farlo alle loro condizioni. Aveva davvero pensato che avrebbero potuto creare un’atmosfera in cui tutti avrebbero potuto accettare la loro relazione, ma non era ancora possibile… sarebbe stato troppo complicato.
Prima di uscire dal fienile, Dave si voltò per l’ultima volta. “Un’ultima cosa, prima che io mene vada: non guardarmi come se fossi sporco, perché sono esattamente come lui. I ragazzi come Daryl, i ragazzi come me… siamo fatti tutti della stessa pasta, e se non lo vedi ti stai solo prendendo per il culo da sola. Per un tipo come quello, tu sei solo una gran bella scopata. Stai sprecando la tua lealtà.”
Accecata dalla rabbia, si dimenticò di volergli lasciare l’ultima parola. Non poteva parlare così di Daryl. “Tu non lo conosci affatto.”
“Certo che lo conosco”, continuò a mettere il dito nella piaga. “Conosco lui e conosco anche te. Ci saremmo divertiti per qualche minuto e sarebbe finita là, e ti garantisco che lo stesso vale per lui.”
Alla fine, uscì dal fienile.
Beth restò in piedi per qualche secondo, perché voleva che fosse il più lontano possibile da lei quando sarebbe uscita a sua volta. Stava tremando e aveva le vertigini. Quando aprì la bocca per respirare profondamente, quello che ne uscì fu più simile a una sorta di ghigno gutturale. Deglutì e sbatté le palpebre, che nel frattempo erano diventate leggermente più umide.
Non sarebbe riuscito a farla piangere, soprattutto non con le sue menzogne, ma anche se le negava a se stessa, quelle parole continuavano a riecheggiarle nella testa.
Daryl non è quel tipo di persona.
Non lo è.

Quando aprì le porte del fienile, Otis era a una ventina di metri di distanza. Lo vide sollevare le sopracciglia in un’espressione piuttosto sorpresa. Aveva dimenticato di controllare che non ci fosse nessuno, cosa a cui aveva sempre cercato di abituarsi in quelle ultime settimane. Si voltò a guardarla un paio di volte, per poi spostare lo sguardo in lontananza, al campo dove Dave era in procinto di unirsi a un altro gruppo di aiutanti.
“Beth, che ci facevi là dentro?”
Con un aiutante, non aggiunse.
Tanto non era quello giusto.
“Leggevo e mi sono addormentata.” Cercò di mantenere un tono di voce lineare, ma si sentiva come se stesse ancora tremando; un chiaro segno che non aveva ancora superato del tutto l’impulso di piangere.
“Stai bene?” Otis le sembrò più preoccupato che mai.
“Dov’è mio padre?”, riuscì a stento a chiedere, sforzandosi di sorridere.
“Sta concludendo la stagione dei parti con una mucca”, le indicò, con la fronte ancora solcata dal dubbio. “Beth… sei sicura di non dover andare a casa?”
“No, devo parlare con mio padre.”
Cercò di simulare quella leggerezza che di solito aveva nella voce per nascondere le sue emozioni, ma alla fine fu più efficace voltarsi e avanzare rapidamente verso il granaio dove la mucca stava partorendo.
La prima persona che vide, mentre si avvicinava, fu proprio Daryl. Vederlo per la prima volta da quando Dave aveva deciso di fare a pezzi la sua calma fu molto più intenso di quanto immaginasse. E se l’avessero costretto a lasciarla? E se lui l’avesse permesso?
Si stava lavando le mani nel pozzo; chiaro segno che il lavoro con la vacca era finito. Quando alzò la testa e la vide arrivare, si guardò intorno nervosamente, asciugandosi le mani sui pantaloni.
“Hey.” La incontrò a metà strada, senza mai smettere di scansionare l’area circostante. “Ho appena finito. Tuo padre se n’è appena andato a casa… stavo giusto per venire a cercarti. Immaginavo che non fossi più nel fienile...”
Più si avvicinava, più le studiava il volto con attenzione. Il suo si fece serio. Restò in silenzio per qualche secondo; gli occhi blu si oscurarono per la preoccupazione.
“Stai bene?” Assicuratosi che non ci fosse più nessuno nei paraggi, allungò un braccio e chiuse la mano grande e ruvida sul suo viso.
A guardarlo negli occhi, Beth si sentì travolta da un’ondata di sicurezza. Sarebbero andati avanti. Non avrebbe lasciato che sparisse, anche se sarebbe stato costretto a lasciare la fattoria. Gli afferrò la mano e la portò di fronte a sé, baciandogli il palmo. Poi scosse la testa.
“Devo dirlo a mio padre.”
Daryl non aveva bisogno di chiedere cosa voleva dirgli nello specifico e, anche se avesse voluto protestare, si limitò a guardarla e ad annuire lentamente. “Allora mi preparo a scappare per salvarmi la pelle”, mormorò, ma senza mai spostare la mano dalla sua guancia. Rimase esattamente lì dov’era, calda e sicura contro la sua pelle. Le dita si fecero strada lungo una ciocca di capelli, fino ad arrivare ad accarezzarle la fronte.
“No”, scosse ancora la testa. “Non lo faccio perché penso sia il momento, ma perché Dave ieri ci ha visti.” Si morse con forza il labbro inferiore. Avrebbe voluto dirglielo subito, ma le sue buone intenzioni non servirono a farla stare in pace con il pensiero che lui stava ascoltando una decisione che era già stata presa.
Quando sentì quelle parole, la sua espressione si congelò. “Beh, adesso quei commenti da coglione di stamattina hanno un senso”, brontolò.
“Ha detto che non avrebbe detto nulla a mio padre, ma in cambio avrei dovuto… fare qualcosa con lui”, continuò lei a bassa voce, incapace di guardarlo in faccia. Da sopra alla sua spalla, però, vide Otis venire nella loro direzione. Cercò di non concentrarsi sul fatto che avrebbe potuto vederli insieme, perché tanto l’avrebbe saputo comunque. Si lasciò andare contro di lui. Sentì il suo braccio irrigidirsi a quel contatto, per poi sciogliersi subito dopo e stringerla in un abbraccio. I loro battiti rimbombarono all’unisono per qualche secondo, ma poi realizzò che mentre lei aveva i polmoni pieni d’aria e il petto stretto contro il suo corpo, lui stava trattenendo il respiro. Le sue labbra le lasciarono un bacio deciso sulla fronte, per poi lasciarla andare.
“Hey, Beth!” Otis si stava precipitando nella loro direzione, affaticato per la sua piccola corsetta. “Subito dopo aver parlato con te, ho visto tuo padre entrare in casa!”, gridò.
“Assicurati che lo raggiunga!”, gli rispose Daryl.
Quando lo guardò di nuovo, si ritrovò i suoi acuti occhi celesti puntati nella sua direzione; il volto già contorto in un ringhio mentre si allontanava e cominciava a respirare di nuovo.
“Devo andare.”
Cominciò a piccoli passi, per poi scattare.
“Daryl, aspetta! Che vuoi fare?”, gridò nel tentativo di seguirlo, ma lo sguardo che le rivolse la bloccò sul posto. Era abbastanza sicura di conoscere già la risposta.
“Non puoi fermarmi.”

 

●●●

 

Lo trovò nelle stalle, circondato da altri aiutanti, tra cui Tony, che a stento si mosse per dire qualcosa. Se ci fosse stato qualcos’altro nella sua mente, al di là di quel canto feroce che inneggiava al sangue e di quel battito così forte da superare qualsiasi sbornia che si sia mai preso, magari avrebbe considerato che quelle circostanze potevano non essere le più favorevoli per lui.
Dave l’aveva visto arrivare e non sembrava per nulla sorpreso. La sua espressione spavalda si piegò solo leggermente, attraverso un ghigno contrariato. Era consapevole del motivo per cui Daryl si stava schiantando contro di lui come un treno merci, ma con un singolo gesto intimò agli altri di stare indietro.
E fu un grave errore.
“Sei qui perché la tua piccola...” Dave riuscì solo a fare un accenno di quello che aveva pianificato di dire, prima di rendersi conto che lui non aveva nessuna intenzione di lasciarlo parlare.
Sferrò il primo gancio e lui non riuscì a reagire in tempo, se non per indietreggiare leggermente e attutire il colpo, ma le sue nocche gli avevano già solcato la pelle. La testa scattò di lato, mentre un piccolo taglio si aprì proprio sopra allo zigomo. Ma ancora una volta, Dave esitò. Forse era stordito, o forse si stava solo aggrappando alla stupida convinzione che potesse esistere una qualche sorta di regolamento in quello “scontro”. Forse pensava che gli avrebbe dato qualche secondo per respirare e per prepararsi a rispondergli con un altro pugno, ma Daryl non voleva combattere.
Quella non era una rissa. Era un pestaggio.
Sferrò un altro pugno in direzione dello stomaco e lo fece cadere a terra con un calcio sul ginocchio. Dopo il terzo o il quarto calcio alle costole, gli altri aiutanti sembrarono risvegliarsi dal loro torpore.
“Hey! HEY!”
Con un altro colpo, più carico, lo fece rotolare in avanti per qualche centimetro. Aveva smesso di provare a rimettersi in piedi.
Lou gli gridò nell’orecchio e in un secondo tre paia di braccia erano avvolte intorno a lui nel tentativo di allontanarlo da Dave. Mentre lo spingevano via, con tutto quel peso contro il suo corpo, non poté far altro che permetterglielo.
Un irritante colpo di tosse li mise a conoscenza del fatto che Dave era cosciente. Continuava a rotolarsi a terra, nel vano tentativo di mettersi a quattro zampe. Nel frattempo, Tony lo aveva lasciato andare per correre verso il suo amico e aiutarlo a rimettersi in piedi, confidando che Len e Lou riuscissero a tenerlo fermo.
“Lo devi portare via da qui, hai capito?!”, tuonò Daryl. “Se ti vedo di nuovo da queste parti...”
Dave alzò la testa. Dopo il primo pugno, Daryl non ricordava di averlo colpito in faccia, ma a giudicare dal suo labbro spaccato, doveva averlo fatto eccome. Il sangue, mischiato alla saliva, gli scorreva sul mento.
“...Ti ammazzo.”
Si allontanò da Len e Lou e si girò di scatto, attento a non dare le spalle a nessuno di loro nel caso decidessero di ricambiarlo, anche se lo dubitava fortemente, eccezion fatta per Dave che, dal modo in cui ansimava, doveva avere qualche costola rotta, forse al punto da avergli forato un polmone. Aveva già sperimentato quella ferita, una volta. Bruciava come l’inferno e rendeva decisamente improbabile l’idea di controbattere.
Mentre se ne andava, non riusciva a calmarsi. Mettere Dave fuori combattimento non lo aveva aiutato a scaricare del tutto la tensione. Certo, era stata una soddisfazione e doveva accadere, ma la tensione non si era neanche attenuata, anzi: era terrorizzato.
L’aveva fatta grossa. Avrebbero fatto due più due, avrebbero capito senza mezzi termini che genere di uomo era davvero. L’avrebbero costretto ad andarsene, l’avrebbero cacciato per aver prima messo le mani addosso a Beth e poi per aver preso a pugni Dave.
L’avrebbero condannato e ne avevano tutto il diritto.
L’unica pace che poteva trovare in quel momento risiedeva in un unico, stridente pensiero.
Per la contadinella ne vale la pena.

 

●●●

 

Nessuno lo sapeva ancora, quello che stava davvero succedendo. Beth poteva leggere la confusione sui loro volti, poteva praticamente sentire i loro pensieri, mentre cominciavano ad esporre le loro teorie. Doveva mettere fine ai loro dubbi e alle loro preoccupazioni, e doveva farlo in quel momento.
Dovrei solo vuotare il sacco e raccontare tutto, pensava, ma poi continuava a stare zitta.
Dopo averla lasciata sul portico insieme a sua madre e a Patricia, Otis aveva insistito per parlare prima con suo padre, da solo.
Le due donne sedevano accanto a lei, e i loro volti erano visibilmente turbati e cupi. Evidentemente, stavano prendendo il suo silenzio come un cattivo auspicio. Non era da lei starsene zitta quando sapeva qualcosa di cui anche loro avrebbero voluto essere messe al corrente. Se non stava dicendo nulla, doveva esserci una ragione. Non si risparmiarono di farle qualche domanda, ma non riusciva ancora ad aprire la bocca.
La sua mente era altrove, mentre cercava di immaginare che cosa stessero combinando con Daryl in quel preciso istante.
Sputa il rospo, ragazza, si ripeteva, ma il suo nervosismo ebbe la meglio. La sua famiglia non era ancora pronta. Anche se si stavano muovendo nella direzione giusta, non avevano ancora centrato il punto.
Non sapeva neanche se lei e Daryl, fossero pronti.
Magari sarebbero riusciti a guadagnare un altro po’ di tempo. Magari Dave non sarebbe riuscito neanche a parlare, perché Daryl gli avrebbe spaccato la mascella o qualcosa del genere.
Nello stesso istante in cui Otis e suo padre ricomparvero sul portico, tutti gli aiutanti, meno che Daryl, uscirono dalle stalle. Erano tutti intorno a Dave, il cui volto- e probabilmente no solo quello- era rovinato. Camminava in modo instabile, stringendosi un fianco.
Annette si portò una mano alla bocca. “Che cosa gli è successo?”
“Oh!” Anche Patricia lo vide. “Sta bene?”, gridò, facendo qualche passo verso i gradini.
“È solo ciò che merita”, disse Otis alzando la voce, in modo che tutti gli aiutanti potessero sentirlo. Posò una mano sulla spalla di sua moglie mentre la superava sugli scalini, facendosi largo tra tutti loro. “Dov’è Daryl?”
“È andato dritto verso la postazione di guardia”, disse uno dei nuovi. A Beth pareva che si chiamasse Len, ma non ci aveva mai parlato. Tutti gli altri stavano aiutando Dave a raggiungere la sua buik bianca.
Otis s’incamminò in direzione del punto dove erano soliti svolgere i turni di guardia notturna, senza voltarsi indietro.
“È stato Daryl a ridurlo in quello stato?!”, gridò Annette, facendo oscillare lo sguardo tra le ferite di Dave e il viso della figlia.
Nessuno le diede una risposta, ma sentirono Lou dire a Tony: “Portalo al pronto soccorso. Il suo polmone non è messo bene.”
Annuendo, l’uomo caricò Dave in auto e partirono.
“Vorrei solo chiarire che quello che è appena successo non riguarda nessuno di noi.” Len si tosse il cappello e se lo passò tra le mani. Si era avvicinato al portico insieme a Lou, ma non avevano superato i tre metri di distanza. “Non ne sapevamo niente di niente. Nessuno di noi, neanche Tony.” Fece un cenno a Beth, ma sembrava piuttosto spaventato nel guardarla in faccia più del dovuto.
Sia Annette che Patricia presero a fissarla, mentre Lou e Len cominciavano ad allontanarsi dalla casa. Non riusciva a sopportare il peso di quegli sguardi. Se prima non avevano la più pallida idea di quello che stava succedendo, adesso non sarebbe passato molto tempo prima che lo intuissero.
E se Daryl fosse andato al suo accampamento per raccattare la sua roba e andarsene?
Al solo pensiero, Beth scattò in avanti, ma suo padre la fermò.
“Beth, vieni qui”, disse, facendole cenno di seguirlo in soggiorno.
Affrontare le conseguenze delle sue azioni per quelle che erano, quella volta, non fu tanto semplice. Non era mai stata una bambina violenta e, una volta cresciuta, non aveva mia dovuto utilizzare quei muscoli. Avrebbe solo voluto che le circostanze fossero state diverse, e che ci fosse Daryl accanto a lei a tenerle la mano. Alzò lo sguardo sul viso gentile e comprensivo di suo padre, diventato improvvisamente duro e severo come il ghiaccio.
“Penso di esserci arrivato da solo, Bethy, ma se sbaglio mi correggerai, va bene?” Aveva la voce bassa, gentile, anche se il suo volto trasudava un mare di rabbia repressa.
Continuando a lottare con il nodo che le stringeva la gola, Beth poté solo annuire.
“Ho parlato con Otis e mi ha detto che ha visto Dave uscire dal fienile, e che poco dopo sei uscita anche tu e sembravi arrabbiata. Non ti sto chiedendo di dirmi cosa ti ha fatto o ti ha detto, ma se te la senti, ti ascolto.”
Si fermò per qualche secondo, dandole il tempo per rispondere. Era chiaro come il sole che volesse sentire qualcosa da lei, ma continuò ad osservare il pavimento tra di loro, in attesa che riprendesse a parlare.
“Hai detto ad Otis che avevi bisogno di parlare con me e lui ti ha indicato il granaio dove stavamo aiutando quella mucca con il parto, ma io me n’ero già andato. C’era solo Daryl. Così, sei crollata e gli hai raccontato quello che è successo, qualsiasi cosa sia. Quando Otis ti ha raggiunta, l’ha visto mentre ti consolava.” Suo padre usò le punte delle dita per sollevarle il mento e riuscire a guardarla negli occhi. “Poi Daryl se n’è andato, lasciandoti con Otis e, stando a quello che hanno detto gli altri aiutanti e quello che sono riuscito a vedere con i miei stessi occhi, ha pestato Dave in un modo piuttosto impressionante.”
“Stava solo cercando di proteggermi”, riuscì a dire, con la gola ancora bloccata. Con un respiro profondo, sentì parte della tensione scivolare via dal suo petto. La rabbia di suo padre era chiaramente riservata a Dave, anche se non conosceva ancora tutti i dettagli della faccenda.
Sospirando, Hershel le diede una pacca sulla spalla e si voltò a guardare fuori dalla finestra, mettendosi le mani in tasca. “Tutto questo potrebbe mettermi in seria difficoltà, Bethy. Pensi che Dave andrà dalla polizia?”
Beth scosse prontamente la testa. Una risata senza umorismo sfuggì alle sue corde vocali. “No.”
Dave sapeva fin troppo bene che un eventuale colloquio tra Beth e la polizia l’avrebbe messo nei casini anche di più di quanto aveva già fatto Daryl.
“E noi? Dobbiamo andare dalla polizia?” Hershel la osservò attentamente mentre continuava a scuotere la testa.
“Non è un problema così grande”, disse con fermezza.
Suo padre mantenne uno sguardo severo. “Ne sei sicura?”
“Dave è solo uno sbruffone, non c’è bisogno che venga rinchiuso. Magari, in futuro ci penserà due volte prima di agire.”
Tirando un respiro di sollievo, Hershel si rilassò leggermente. “La situazione è ancora difficile, ma penso che dopo una piccola chiacchierata con Daryl, riusciremo a chiuderla qui.”
“Una… chiacchierata?” Beth sbatté ripetutamente le palpebre. Non aveva lo stesso intuito di sua madre, ma era ugualmente acuto, anche se fino ad allora non aveva mai manifestato nessun sospetto che potesse esserci qualcosa tra lei e Daryl. Forse avrebbero avuto più tempo, forse sarebbero riusciti ad andare oltre i termini prestabiliti.
“Sono combattuto, perché come qualsiasi uomo d’affari non dovrei tollerare che i miei dipendenti usino la violenza, ma in questo caso...”, rise brevemente, “...non so se punirlo o dargli un aumento, Bethy. Otis dice che lui avrebbe fatto esattamente lo stesso, se ti fossi rivolta a lui.”
Con un sospiro cauto, Beth si sentì come se avesse riacquistato la capacità di pensare lucidamente. Se suo padre credeva davvero che ci fosse qualcosa in più dietro le azioni di Daryl, oltre alla semplice fedeltà alla fattoria dei Greene e al testosterone, le stava dando il beneficio del dubbio… oppure, l’opportunità di dirgli la verità senza che fosse lui a chiedergliela.
Aveva solo pochi secondi per decidere che cosa fare, altrimenti il suo silenzio sarebbe cominciato a sembrare sospetto.
Non era il momento giusto. Non erano ancora pronti.
“Ha sicuramente un carattere difficile… ma è leale, verso la fattoria e verso di noi. Proprio come Otis.”
Hershel annuì, continuando ad esaminarla con lo sguardo.
“Ero così preoccupata che l’avresti cacciato, se non avessi tenuto la bocca chiusa...”, ansimò, ma stava andando decisamente in un’altra direzione. Ora che aveva la consapevolezza che stava andando tutto bene, le lacrime erano ormai lontane.
L’espressione di suo padre si addolcì, illuminata da una nuova consapevolezza: credeva che la ragione per cui era stata così silenziosa e impaurita fosse il fatto che si sentisse responsabile. Lui non lo sapeva, non aveva idea del reale senso di colpa che le stringeva il petto come una morsa. E non aveva nessuna intenzione di mandarlo via.
Daryl, d’altra parte, doveva già essersi allontanato e, quando se ne ricordò, ebbe un piccolo tuffo al cuore.
“Devo...”, cominciò a dire, girandosi di scatto. Era pronta a correre per andare a cercarlo e impedirgli di rimettere dei paletti tra loro, ma quando giunse alla porta d’ingresso e guardò fuori, lo vide insieme ad Otis. Stavano camminando in direzione del portico.
Patricia e sua madre li avevano già notati e stavano correndo verso di loro. Erano ancora abbastanza distanti, quando Beth cominciò ad osservare l’atteggiamento guardingo di Daryl. La sua solita camminata era più esitante, le spalle rigide e la testa china. Quasi sicuramente, si stava mangiucchiando le labbra. Otis teneva una mano sulla sua spalla, forse nel tentativo di rassicurarlo, ma sembrava ancora che si aspettasse che qualcuno potesse colpirlo da un momento all’altro.
Avvicinatasi abbastanza, Annette rallentò, come se si stesse presentando a un animale selvaggio pronto a fuggire. Quando fu neanche a un braccio di distanza, lo strinse in un abbraccio rapido e vincolante. La rigidità che gli opprimeva le spalle e la schiena si allentò visibilmente. Quando sua madre lo lasciò andare, Beth notò che stava cominciando a rilassarsi, muscolo dopo muscolo. Doveva aver capito che nessuno sembrava avere ancora l’intenzione di lapidarlo.
Quando lei e suo padre li raggiunsero, Otis stava raccontando più nel dettaglio a sua madre e a Patricia quello che era successo, mentre Daryl se ne stava a qualche metro di distanza senza incontrare gli occhi di nessuno, inclusi i suoi.
Appena si accorsero dell’arrivo di Hershel, smisero di parlare. Beth riuscì a catturare solo le ultime parole del loro discorso: “Onestamente, so che le cose non funzionano più così, ma certe volte scontrarsi faccia a faccia come i vecchi tempi non è poi così male...”, aveva detto Otis. Patricia rise nervosamente; il volto di sua madre era ancora dispiaciuto, ma si sforzò di fare un sorriso.
Uno ad uno, si voltarono a guardare il padrone di casa. Tutti tranne Daryl, che invece stava finalmente guardando Beth con un’insicurezza nuda e cruda.
“Daryl, vieni. Andiamo a farci un giro.”
Nonostante quello che avesse detto a Beth poco prima sull’aumento, suo padre aveva utilizzato un tono piuttosto autoritario. Di certo, la sua non era stata una domanda. In quel momento stava interpretando due ruoli diversi, e Beth non lo invidiava per la scelta che avrebbe dovuto compiere. Era come se si sentisse grato e indignato nello stesso tempo.
Cominciarono ad allontanarsi insieme, ma lei non voleva lasciarlo andare via così, non dopo quello che aveva fatto e quello che aveva dovuto passare. Tra l’altro, se mai la sua famiglia li avesse scoperti e avesse accettato il fatto che stessero insieme, era giunto il momento di dar loro una vaga idea.
“Daryl, aspetta!”
Corse verso di lui e gli circondò il petto con le braccia, attenta a non far sembrare quel gesto troppo intimo, provando a dimenticare che l’aveva fatto almeno un’altra dozzina di volte. Cercò di renderlo un abbraccio abbastanza goffo, per il bene dei presenti, e Daryl era un esperto di abbracci goffi. Non ebbe neanche bisogno di fingersi imbarazzato mentre lei lo abbracciava davanti ai suoi genitori, a Otis e a Patricia. All’inizio fu come avvolgere una roccia, tranne per il fatto che quella roccia aveva un battito cardiaco che cominciò a spezzare il silenzio non appena ci posò l’orecchio sopra. Lentamente, lasciò scivolare le mani sulla sua schiena. Subito dopo, lo lasciò andare e gli rivolse un sorriso smagliante, senza dire una parola. Era stato egregiamente bravo nel recitare la sua parte, continuando a mangiucchiarsi nervosamente il labbro inferiore e ad annuire, prima di tornare da suo padre.
Con una difficoltà senza precedenti, Beth si sforzò di non rivolgere lo sguardo ai suoi genitori per scoprire le loro reazioni. L’avrebbe reso solo ancora più sospetto. Allora si limitò a fare un passo indietro per rimettersi tra Patricia e Annette e a fare del suo meglio per fingere che abbracciare Daryl dopo che aveva letteralmente fatto il culo a un idiota fosse la cosa più naturale del mondo.
Quando cominciarono a rientrare a casa, si arrese e spostò lo sguardo sul viso di sua madre. L’espressione di Annette non era cambiata molto rispetto a prima; indossava ancora quella stessa maschera preoccupata e riflessiva. Ricambiò lo sguardo della figlia e incontrò i suoi occhi. Beth era decisamente in ansia per la miriade di domande che galleggiavano al loro interno, ma sua madre aspettò che fossero sole in cucina per cominciare a chiederle qualcosa.
“Che ti ha detto Dave?” Annette piazzò un bicchiere d’acqua davanti a lei, che stava seduta di fronte alla tavola con le gambe strette al petto e le braccia avvolte intorno alle ginocchia.
“Non ho nessuna voglia di ripeterlo”, fece una smorfia.
“Ma l’hai ripetuto a Daryl.” Sua madre inarcò un sopracciglio.
Beth si strinse nelle spalle e fece un sorso. “Ero arrabbiata.”
“Ora stai bene?” Il suo tono materno era dolce e naturalmente preoccupato, ma riuscì comunque a cogliere quella vena indagatrice alla Sherlock con cui la stava fissando. Era un gioco pericoloso, provare a convincerla di qualcosa che non corrispondeva al vero.
“Beh”, Beth arrossì e non si sforzò più di tanto per combattere un sorriso. “Devo ammettere che è stato soddisfacente vedere Dave conciato così. So che è sbagliato, ma mi ha fatto sentire meglio”, ridacchiò nervosamente.
Sua madre sembrava ancora dubbiosa, ma allo stesso tempo era chiaro che non volesse pressarla più di tanto per estrapolare la verità. Per un momento, Beth pensò a quello che avrebbe dovuto dirle se avesse deciso di essere completamente onesta: “La verità è che avevo paura che voi scopriste che io e Daryl ci siamo visti di nascosto per tutto questo tempo e che l’avreste cacciato dalla fattoria. Ora sto meglio, perché non è successo. In ogni caso, Daryl è fantastico e questa storia mi sta trascinando come una valanga.”
Se sua madre avesse potuto leggerle nella mende, le sopracciglia le sarebbero sparite sotto la frangia, i suoi occhi si sarebbero spalancati e la sua lingua ben praticata avrebbe cominciato a sparare ipotesi a raffica finché non sarebbe crollata.
“Beh, adesso non dovremmo gioire delle sofferenze di Dave”, disse solo, limitandosi a far trasparire un lieve disappunto.
“Già, a Gesù non piacerebbe.” Beth dovette combattere una risata.
Annette le fece l’occhiolino. “No, decisamente no.”

 

●●●

 

Cosa diavolo ha questa gente che non va?
Da quando aveva cominciato a lavorare alla fattoria dei Greene, quelle parole gli erano frullate nella mente più di una volta.
Erano così felici, dannazione.
Non erano perfetti, né si preoccupavano di fingere di esserlo, come molte altre famiglie invece facevano. Sapeva perfettamente che anche loro avevano i loro problemi, e le loro liti, così come riusciva ad accorgersi quando Hershel era stressato per qualcosa di personale. Aveva sentito quella nota atona persino nella voce di Otis, quando magari avrebbe voluto passare più tempo con sua moglie. Anche Beth aveva i suoi momenti di irascibilità quando le cose non andavano come avrebbe voluto, ma nonostante ciò non si permettevano mai di uscire fuori pista. Non avevano mai lasciato che i loro problemi li rendessero cattivi. Erano pur sempre una famiglia e, anche nei loro momenti più egoistici, non lo dimenticavano mai, neanche per un secondo. Daryl era ancora molto distante da tutto quello, quindi si limitava ad osservarli con un pizzico di invidia.
Erano passate due settimane dall’incidente di Dave e, sfortunatamente, per tutto quel tempo non era riuscito a vedere Beth più di tanto. Durante la settimana, era sempre più difficile riuscire a ritagliarsi degli spazi per stare insieme, ma allo stesso tempo, per Daryl, era giunto il momento di prestare il doppio dell’attenzione. Non voleva abbandonarla, ma sarebbero stati due folli se avessero ignorato i rischi che correvano ogni volta che sgattaiolavano via insieme. Erano sotto gli sguardi degli altri aiutanti; erano sotto gli sguardi della sua famiglia. L’intera faccenda di Dave non sarebbe mai successa se lui non avesse lasciato che le cose diventassero così ovvie.
L’unico momento significativo che erano riusciti ad avere insieme, in quelle due settimane, fu la domenica precedente, dopo un’altra ora di messa trascorsa ad ascoltare il parroco blaterare qualcosa su Adamo ed Eva nell’Eden, ad osservare i capelli di Beth che brillavano come se fosse avvolta in una sorta di cerchio di luce, e ad aspettare che cantasse. Dopo, si erano finalmente incontrati nel fienile, ma nessuno dei due aveva avuto una gran voglia di parlare. L’aveva semplicemente stretta a sé, e Beth non aveva detto nulla su Dave o su quello che era successo. Daryl aveva detto solo tre parole: “Che gran coglione.”
Era stata una brutta storia ed era finita.
Quando anche la settimana seguente giunse al termine, però, aveva cominciato ad aver bisogno di trascorrere del tempo con lei nel senso proprio del termine, e l’opportunità di farlo gli era stata piazzata davanti sottoforma di un piccolo problema organizzativo: era venuto fuori che la grande asta di beneficenza sarebbe capitata lo stesso finesettimana del matrimonio di un amico di Hershel. Daryl non si sarebbe mai sognato di considerare nessuno dei due eventi come qualcosa di realmente problematico, così come non riusciva a capire perché per loro fosse così difficile scegliere tra una delle due noiosissime alternative. Alla fine, avevano deciso che Hershel e Annette sarebbero andati al matrimonio, mentre Otis e Patricia avrebbero rappresentato la fattoria all’asta, per poi raggiungerli con una piccola evasione. La diretta conseguenza di quella decisione fu l’affidamento delle redini della fattoria a Beth per l’intero finesettimana, cosa a cui Daryl non aveva mai assistito fino a quel momento.
“Forse potrei chiedere a Shawn di venire qui… solo per questo finesettimana.”
Hershel teneva la voce bassa e si guardava intorno, come se sospettasse che Beth fosse abbastanza vicina da poterlo sentire e scoprire che aveva seri dubbi a lasciarle il comando tutta da sola, anche solo per due giorni. Stava discutendo con Otis alla ricerca della soluzione perfetta, a pochi metri dal suo stesso furgone, sotto il quale Daryl stava armeggiando per risolvere un problema con l’olio motore.
“Io e Patricia potremmo restare in città...”, iniziò Otis.
“Lei non vede l’ora di farlo. Non vorrai mica affrontare la sua ira al posto mio...”, disse Hershel lentamente.
“È solo che sarà una grande responsabilità, per Beth, dirigere la fattoria, anche se solo per un paio di giorni. È ancora… una ragazzina, giusto?” Otis ebbe il buonsenso di non esserne poi così tanto sicuro. “Anche se facessi venire Shawn… sai meglio di me che lui è anche peggio quando si tratta di queste cose”, aggiunse ridacchiando.
Ancora sotto il veicolo, Daryl cercò di origliare il più possibile, il che significava impegnarsi nel vano tentativo di svitare il tappo in silenzio, o almeno fermarsi ogni tanto per cogliere le parti più significative del discorso. Tuttavia, dopo alcuni secondi di buio e suoni ovattati, si arrese e decise di andare avanti con il suo compito. Distogliendo l’attenzione da loto, cercò con la massima cura di rimettere quel tappo al suo posto per non peggiorare lo sgocciolamento di benzina che si stava riversando sul terreno, e uscì da sotto la vettura, cercando di battere via dai suoi pantaloni e dalle mani gran parte della polvere.
“Perché non ci dai il tuo parere, Dixon? Tu sei l’unico che rimarrà qui, in un modo o nell’altro”, gli suggerì Otis, indicandolo ad Hershel con una mano esausta, dalla cui presa stava per sfuggire anche lo stesso guanto da lavoro.
Preso alla sprovvista, Daryl scrollò le spalle e si schiarì la voce. Voleva solo ascoltare, mica intervenire con la sua opinione.
“Chi c’è di guardia questo finesettimana?” Hershel gli pose una domanda migliore, avendo percepito il suo imbarazzo.
“Staserca ci sono Len e Javier, domani io e Lou”, esitò un momento, perfettamente cosciente del fatto che la sua opinione riguardo l’affidamento della fattoria a Beth fosse decisamente prevenuta. Ad ogni modo, sapeva solo che lei voleva che se ne andassero e che la lasciassero da sola, ma lei non era lì e quindi non poteva parlare per sé. Così, cercò di pensare a quello che avrebbe potuto dirgli per convincerli a non preoccuparsene.
“Questo finesettimana è… il solito. La tempesta potrebbe dare fastidio, ma niente che lei non possa gestire. La cosa in più è la guardia notturna, ma il branco ancora non si è fatto vivo. Se avete mai voluto metterla alla prova per un paio di giorni e lasciarla da sola, questo potrebbe essere un buon momento per farlo.” Terminò il suo piccolo discorso con un’altra scrollata di spalle disinteressata, senza incontrare i loro sguardi.
Non aveva detto quelle cose per passare un po’ di tempo da solo con lei.
No, non l’aveva fatto per quello.
Ok, forse solo un po’.
Già, sono proprio una cattiva persona.
“È una brava ragazza e forse è in grado di gestire la fattoria da sola...”, disse Otis con diplomazia, ma i suoi occhi erano ancora socchiusi, e si lasciò sfuggire un sospiro che lasciava solo intendere che ci fosse un grande ma in arrivo. “...Ma lo è anche senza protezione? Non ho nessun problema col fatto che ci sia lei al comando, ma col fatto che debba starci da sola, soprattutto se non l’ha mai fatto prima d’ora.”
“Beh, non sarà completamente da sola”, disse Hershel indicando Daryl.
“Se tutti i nostri aiutanti si chiamassero Daryl potremmo stare tranquilli”, rispose Otis con una smorfia, “ma dopo quello che è successo con Dave...”, tagliò corto, lasciando la frase in sospeso, tanto erano perfettamente in grado di completarla da soli.
Nessuno aveva più menzionato la storia di Dave in quelle due settimane, da quando era finita. Daryl non riusciva ancora a ricordare tutte le parole severe che Hershel gli aveva rivolto dopo che l’aveva picchiato, quando aveva pensato di licenziarlo, ma ne aveva colto il senso: non aveva voluto farlo perché aveva apprezzato la sua rabbia e il suo slancio per difendere la figlia, ma non era così che si risolvevano le cose alla fattoria Greene. E se Daryl voleva restare lì ancora a lungo, doveva rendersene conto. Si sentiva ancora colpevole, iper-teso e pronto a difendersi da qualsiasi attacco, ma si aspettava anche che, prima o poi, il fattore si sarebbe accorto del legame che c’era tra il suo aiutante e sua figlia. Avrebbe notato il suo atteggiamento protettivo e il fatto che, come aveva fatto anche Maggie, la guardava in modo diverso. Se se ne fosse accorto, Hershel non si sarebbe scomposto più di tanto, ma se avesse scoperto il modo in cui Beth si faceva toccare, stringere e baciare da lui, le cose sarebbero state diverse. Lei lo desiderava allo stesso modo in cui lui la desiderava, e se Hershel l’avesse scoperto, questo avrebbe cambiato tutto.
“Già, l’incidente di Dave.” Hershel sospirò, l’angolo della bocca si curvò in una linea sbilenca e gli occhi blu si assottigliarono. “Non riesco a pensare a una dimostrazione migliore della mia incapacità nel proteggere i miei figli”, disse con tono grave, ma allo stesso tempo con una superficialità tale che lo aiutò subito a scacciare via quel brutto pensiero. “Se anche gli altri avessero anche solo pensato di provarci- e voglio dar loro il beneficio del dubbio-, quello che è successo è ancora impresso nella memoria della fattoria. Non credo che avremo ancora problemi.”
Piuttosto convinto, almeno su quell’argomento, Otis rise di nuovo e diede una pacca sul braccio di Daryl, mentre lo superava per tornarsene a casa. “Sono sicuro che farai la scelta giusta, Hershel. Lo hai sempre fatto.”
Il fattore sembrava pensare di non meritare quell’elogio. Infatti, si accigliò e riprese a guardare Daryl, gettando gli occhi al cielo.
Daryl non l’aveva mai visto compiere un gesto così irriverente, e sentì gli angoli della sua bocca sussultare spontaneamente.
Tuttavia, il suo viso si fece di nuovo serio, il cipiglio più profondo mentre emetteva un lento sospiro.
“So che tu e Beth avete infranto le regole della casa.”
Daryl si stava pulendo le dita dal grasso con uno straccio, nel momento in cui Hershel sganciò quella bomba. Sapeva che non si stava riferendo a quei pochi secondi in cui gli aveva parlato di Dave, prima che arrivasse Otis. Si bloccò, lasciando cadere entrambe le braccia e controllando istintivamente se il vecchio non avesse con sé qualche arma a portata di mano.
“Prima di andarsene, Shawn mi ha parlato di quella sera in cui era di guardia e ti ha sparato per sbaglio.”
Rilassandosi leggermente, Daryl si toccò il petto. Il livido era sparito già da qualche settimana.
“Ha detto che Beth ha insistito per darti dei linimenti equini”, ridacchiò e Daryl capì che non sospettava nulla. Ma allora dove voleva arrivare?
“Quando lui ha provato a ricordarle delle regole della casa, Beth gli ha detto «È solo Daryl!», come se questo cambiasse tutto. Più passano i giorni, più è difficile mettere in dubbio il suo giudizio.”
Cominciò ad andarsene, lasciando che quella conversazione finisse là, ma dopo un paio di passi, sospirò e si voltò ancora. “Il fatto è che, Daryl, lei è mia figlia. Potrei anche lasciarla con Otis, Patricia, sua madre, suo fratello, Maggie, te e tutto l’esercito di Gengis Khan a proteggerla, ma io continuerei a preoccuparmi finché non ci sia io a controllare che vada effettivamente tutto bene. Al di là di questo, è sempre più difficile capire cosa le stia succedendo ultimamente. Più crescono e vanno avanti da soli, più è difficile lasciarli andare. Mi preoccupo ogni giorno per Shawn e Maggie, e non so se sono pronto a iniziare a farlo anche con la mia ultima figlia.”
Osservandolo mentre tornava a casa, Daryl si chiese di nuovo…
Cosa diavolo ha questa gente che non va?
Non sapeva in quale altro modo sarebbe potuto crescere se non così com’era, affinato dalla negligenza voluta e dalle innumerevoli percosse. Come era possibile che un ragazzo come lui sia diventato Hershel Greene? Non aveva mai dimenticato quello che Beth gli aveva raccontato su suo padre, la notte in cui si erano conosciuti. Aveva messo insieme altri pezzi della sua storia semplicemente osservandolo nei suoi gesti quotidiani, o attraverso le sue chiacchierate. Quando aveva l’età di Daryl, la sua vita non era poi così diversa dalla sua, ma era un tipo completamente diverso di uomo. Un uomo migliore, sotto molti punti di vista. Non sapeva neanche come avrebbe potuto emularlo, né se volesse farlo davvero.
L’unica cosa che sapeva era che voleva cambiare, e non si era mai sentito così prima d’ora. Tutto il tempo che aveva trascorso con Beth, l’aveva fatto sentire diverso, come se fosse un altro. Prima di incontrarla, non aveva neanche realizzato quanto si fosse davvero stufato di tutta quella merda, di essere Daryl Dixon, nient’altro che un fallito, un signor nessuno allo sbando. Un redneck bastardo con un fratello ancora più bastardo di lui.
Più di ogni altra cosa, aveva paura che quando avrebbe lasciato la fattoria- perché sapeva che prima o poi avrebbe dovuto farlo- si sarebbe ritrovato ad essere di nuovo quel tipo di uomo, e che lo sarebbe stato per sempre.
Finì il lavoro con il furgone e pulì l’olio che era rimasto attaccato. Mentre chiudeva il cofano, guardò il taxi in cui Hershel e Annette avevano già depositato le loro valigie. Con Beth alla direzione della fattoria e quell’ordine implicito di proteggerla, non c’era più modo di tenerli lontani. Non voleva appesantire quell’occasione con le sue paranoie. Voleva solo godersi quel tempo con lei, finché avrebbe potuto farlo.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Walking Dead / Vai alla pagina dell'autore: Heihei