⇔
New meetings
(
and memories
of a past life
),
moments of gratitude
and sweet hopes
⇔
«Yōkai, eh?», sussurrò, lasciando sfociare dalle
sue labbra quell'odio che tanto la logorava, senza
mai abbandonarla, senza mai donarle quella
serenità che bramava e desiderava — da tempi
che non ricordava neanche più.
Assottigliò lo sguardo, compiendo il primo passo
verso quella giovane donna che non aveva mai
separato il loro contatto visivo, nemmeno per una
volta. Se era davvero uno di quei mostri, uno di quei
abomini, perché le ispirava così tanta fiducia? Perché
le sembrava tanto famigliare?
I passi che seguirono al primo furono rapidi, decisi,
senza il minimo accenno d'indugio o la minima
macchia di timore.
Allungò la mano, afferrando quella scura stoffa sottile,
tirandola con forza verso di sé. No, non sarebbe stata
generosa, né misericordiosa, e non avrebbe mostrato
la minima forma di compassione se quella giovane si
sarebbe rivelata un demone. L'avrebbe uccisa con le
sue mani. Avrebbe ricambiato con la stessa moneta,
anche se il tempo, da quel giorno tanto lontano, era
passato con la rapidità di un fiume in piena. Prese un
lungo sospiro, mentre il suo sguardo si tramutò nella
forma d'odio più pura che provava. «Tu–» esclamò,
senza preoccuparsi della tonalità che aveva assunto la
sua voce, «sei un demone?».
«N-no. Si sbagliano. Non lo sono.» Rispose lei,
continuando a osservarla senza battere ciglio.
E ogni muro che aveva eretto per proteggersi, dinanzi
alla sua risposta crollarono, sgretolati dalla forza delle
sue parole; tanto semplici quanto incisive. Voleva fidarsi.
Voleva tornare a riporre la sua fiducia in qualcuno, e,
cosa più importante, voleva proteggere quella ragazza che
le sembrava tanto famigliare (anche se era certa di non averla
vista altre volte; né al suo villaggio natale, che tanto le mancava,
né nella sua nuova ‘casa’).
In fin dei conti, non vi era alcun male.
Lei era un'umana.
sue labbra quell'odio che tanto la logorava, senza
mai abbandonarla, senza mai donarle quella
serenità che bramava e desiderava — da tempi
che non ricordava neanche più.
Assottigliò lo sguardo, compiendo il primo passo
verso quella giovane donna che non aveva mai
separato il loro contatto visivo, nemmeno per una
volta. Se era davvero uno di quei mostri, uno di quei
abomini, perché le ispirava così tanta fiducia? Perché
le sembrava tanto famigliare?
I passi che seguirono al primo furono rapidi, decisi,
senza il minimo accenno d'indugio o la minima
macchia di timore.
Allungò la mano, afferrando quella scura stoffa sottile,
tirandola con forza verso di sé. No, non sarebbe stata
generosa, né misericordiosa, e non avrebbe mostrato
la minima forma di compassione se quella giovane si
sarebbe rivelata un demone. L'avrebbe uccisa con le
sue mani. Avrebbe ricambiato con la stessa moneta,
anche se il tempo, da quel giorno tanto lontano, era
passato con la rapidità di un fiume in piena. Prese un
lungo sospiro, mentre il suo sguardo si tramutò nella
forma d'odio più pura che provava. «Tu–» esclamò,
senza preoccuparsi della tonalità che aveva assunto la
sua voce, «sei un demone?».
«N-no. Si sbagliano. Non lo sono.» Rispose lei,
continuando a osservarla senza battere ciglio.
E ogni muro che aveva eretto per proteggersi, dinanzi
alla sua risposta crollarono, sgretolati dalla forza delle
sue parole; tanto semplici quanto incisive. Voleva fidarsi.
Voleva tornare a riporre la sua fiducia in qualcuno, e,
cosa più importante, voleva proteggere quella ragazza che
le sembrava tanto famigliare (anche se era certa di non averla
vista altre volte; né al suo villaggio natale, che tanto le mancava,
né nella sua nuova ‘casa’).
In fin dei conti, non vi era alcun male.
Lei era un'umana.