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Autore: Signorina Granger    15/04/2018    12 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
[Prequel di “Magisterium”]
Hogwarts, 1933: prima di Harry Potter, dei Malandrini, di Tom Riddle, quando Albus Silente non era ancora Preside e il nome di Grindelwad spopolava in Europa, disseminando terrore.
Quando Charlotte Selwyn, Regan Carsen e William Cavendish invece che insegnanti erano solo tre studenti come tanti altri, alle prese con studio, amicizie e non, obblighi e soprattutto demoni da affrontare.
[Per leggere e/o partecipare non è necessario aver letto “Magisterium”]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Magisterium '
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Magisterium – 1933 


Epilogo 
 
Domenica 21 Giugno 


Regan osservò la sua spilla, dove un’elegante C argentea scritta in corsivo spiccava su uno sfondo verde scuro. L’aveva indossata ogni giorno, sopra la veste, il maglione o la camicia per tutto l’anno scolastico e ora doversene liberare era quasi strano. 
Triste, forse. 

“Beh, per coloro che hanno finito il quinto e il sesto anno buon proseguimento, per i miei compagni di corso invece… congratulazioni per essere arrivati illesi fino a qui. È stato un piacere aver “lavorato con voi”, quindi grazie a tutti.”
Evangeline, in piedi accanto a lui di fronte a tutti i Prefetti, abbozzò un sorriso e si voltò verso il “collega” quando Axel, Elena, Aurora, Sean e Jade si avvicinarono per lasciare le rispettive spille nella custodia che sarebbe ritornata nelle mani di Silente.

“Non dici niente, Regan?”
“È solo un po’ strano pensare che sia tutto finito Evie. Mi mancherà dare ordini, togliere punti… a te no?”
“Forse un po’. Stai ancora rosicando perché abbiamo vinto noi la Coppa delle Case?”
La bionda sfoggiò un sorrisetto divertito che lo fece sbuffare sommessamente scuotendo il capo prima di lasciare a sua volta la spilla nella custodia, imitato subito dopo dalla ragazza prima che Sean gli si avvicinasse con un sorriso, assestandogli una quasi dolorosa pacca sulla spalla:

“Beh Carsen, grazie per questi sette anni, ci siamo divertiti, infondo.”
“Intendi a parte quando ci trattenevamo dal soffocare Gabriel nel sonno perché a volte russava?”
“Ormai ci avevo fatto l’abitudine. Sarà strano non dover più condividere la stanza con voi, in effetti!”

“Strano?! Sarà una liberazione. Torniamo da Jack e Gabriel?”

Sean annuì e si voltò per rivolgere un cenno ad Aurora, che gli sorrise mentre lo prendeva sottobraccio e Regan li precedeva uscendo dallo scompartimento, discutendo insieme ad Evangeline su chi dei due avesse svolto il ruolo di Caposcuola nel modo migliore.

“Sei felice di tornare a casa?”
“Molto, non vedo l’ora di vedere Wellington! E anche i miei genitori, certo, ma sopratutto Wellington. E poi passerò un mese intero in America, non vedo l’ora.”

“Non ti mancherà il tuo Sean?”
“Certo, ma ci vedremo quando tornerò… o puoi passare a trovarmi quando vuoi, la famiglia di mia madre sarebbe ben felice di conoscerti, ha sentito tanto parlare dei fratelli Selwyn. Ti ho detto che Charlotte ha già pianificato di stare da me per dieci giorni?”
“No, ma lo immaginavo, pare che andrà anche a stare da Adela per un po’, e da Hector. E mi sta implorando di portarla con me sulle Dolomiti.”

“E tu portacela!”
“Lo farò, ma lei ancora non lo sa.”

Sean sfoggiò un sorrisetto divertito – ben lieto di poter essere lui, per una volta, a prendersi gioco della sorellina – che fece ridacchiare Aurora:

“Povera Charlie, l’hai lasciata in agonia per tutto questo tempo, crogiolandosi nell’incertezza di non sapere?”
“Forse. Ma con tutte le volte in cui lascio correre le sue malefatte, direi che è il minimo.”


*


Charlotte Selwyn sorrideva mentre faceva ritorno al suo scompartimento, occupato come sempre insieme ad Adela e ad Hector, dopo essere andata a salutare Katherine e Beatrix. Certo, non moriva dalla voglia di tornare a stare a stretto contatto con i suoi genitori, ma almeno non avrebbe dovuto sopportare il fastidioso peso dei compiti, delle lezioni, dello stress e della sveglia ogni mattina.
E poi le mancava molto sia Daisy che andare a cavallo. 
Certo, lasciare la scuola significava non poter fare magie fino al suo compleanno, un mese e mezzo più tardi… e significava anche non vedere i suoi amici tutti i giorni, ma erano solo poco più di due mesi.

“Selwyn!”

Quando si sentì chiamare Charlotte si fermò quasi senza pensarci, esitando prima di voltarsi: tirò un profondo respiro prima di farlo, ripetendosi di non dare in escandescenza. 
Ecco, se c’era qualcosa che non le sarebbe mancato, oltre alle moine di Lumacorno, era quella voce.

E anche l’espressione di sufficienza che faceva capolino sul volto di Will Cavendish mentre le s8 avvicinava a passo di aria, osservandola con aria torva:

“Ciao Cavendish, sei venuto a salutarmi e a dirmi che ti mancherò?”

Charlotte piegò le labbra in un sorriso, inarcando un sopracciglio e parlando con un tono divertito e zuccheroso che se possibile fece solo irritare ulteriormente il ragazzo, che le si parò davanti e serrò la mascella, guardandola con evidente irritazione:

“Mi mancherai come agli europei mancò la peste nera dopo il 1352, Selwyn.”
“Come sei sgarbato, in collegio non ti hanno insegnato le buone maniere da usare con una signorina?”
“Naturalmente, ma non posso darne prova quando è di te che si parla, Selwyn. Sai quanto ci ha messo quella roba ad andarsene?!”

“Secondo me ti donava, faceva esaltare il colore dei tuoi occhi.”
Charlotte non smise di sorridere, osservandolo con sincero divertimento. William invece esitò per un istante prima di parlare nuovamente, stringendo le mani a pugno:

“Certo, e sono sicuri che tu non ne sai niente.”
“Io?! Come potevo entrare nel Bagno dei Prefetti?!”
“Tuo fratello, ovviamente, o la tua amica Burke. Casualmente, è successo proprio dopo la strigliata della Hopkins.”

“Sarà stato il destino per punirti della tua sfacciataggine. Sai come si dice, chi pensa per sè campa cent’anni.”
“So benissimo che sei stata tu Selwyn, e quella sera mi hai anche fatto perdere punti perché non avrei dovuto andarmene in giro a quell’ora!”
“Davvero? Sono desolata.”

“Ridi meno Selwyn, l’anno prossimo non avrai più il tuo caro fratello dietro cui nasconderti e dovrai cavartela da sola.”
Charlotte smise di sorridere, stringendo leggermente gli occhi e guardando il ragazzo con irritazione, il divertimento improvvisamente sparito dal suo volto e, quando sibilò qualcosa con tono piatto, anche dalla sua voce:
“Almeno io non mi nascondo dietro il mio cognome. E so cavarmela benissimo da sola, Cavendish.”


“Io non… non mi nascondo dietro il mio cognome, non parlare di cose che non conosci. Non sai proprio niente di me, Selwyn.”
“Bene, nemmeno tu, quindi taci, se ci riesci, e lasciami in pace.”

Charlotte girò sui tacchi e si allontanò a passo svelto, lo sguardo fisso davanti a sè e imponendo di non voltarsi e scusi tarlo quando la sua voce fastidiosamente soddisfatta giunse alle sue orecchie, forse consapevole di aver toccato uno dei pochi nervi scoperti della ragazza:

“Ne riparliamo l’anno prossimo, Selwyn. Voglio proprio vederti senza tuo fratello, a settembre.”


*


21 Giugno 1944

“Sei cambiata. Sei mesi fa non eri certo così bendisposta... probabilmente Hogwarts ti ha fatto bene. Perché non mi racconti brevemente com’è andata?” 

“Immagino di dover fare una bella sintesi allora, altrimenti potrebbe volerci un bel po’.” 

Charlotte sorrise e Luisa le rivolse un cenno del capo, invitandola ad iniziare: era passato un po’ dalla loro ultima chiacchierata... ed era curiosa di sentire cosa avrebbe detto, e sopratutto in che modo l'avrebbe fatto. 




Sean stava camminando lungo il corridoio osservando attentamente l’interno di tutti gli scompartimenti, cercando la sorella. Aveva incrociato Adela ed Hector, ma avevano dichiarato di non averla vista dopo che la ragazza se andata a salutare Katherine e Beatrix. 

Dove si era cacciata?!
Sean, sperando che non si fosse intrufolata nel vagone del capotreno – sosteneva da anni di essere curiosa di vedere come funzionasse la locomotiva – si sporse per sbirciare l’interno dell’ultimo scompartimento del vagone e sorrise nel trovarvi dentro la sorella, seduta vicino al finestrino abbracciandosi le gambe e osservando la campagna inglese sfrecciarle davanti agli occhi.

Il ragazzo fece scivolare la porta di vetro e bussò leggermente, attirando così la sua attenzione, prima di sorriderle, inclinando leggermente il capo:

“Ciao. Come mai qui tutta sola?”
“Avevo voglia di pensare un po’… e poi di tanto in tanto sento il bisogno di stare da sola, lo sai.”

Charlotte si strinse nelle spalle prima di abbassare lo sguardo, distogliendolo dal fratello che inarcò un sopracciglio, guardandola attentamente:

“Allora è meglio che me ne vada?”
“No, resta pure.”

Sean obbedì e, entrato nello scompartimento, si chiuse la porta alle spalle prima di raggiungerla e sedersi di fronte a lei, osservandola con la fronte aggrottata:

“Che cosa c’è? La scuola è finita, dovresti fare i salti di gioia. So che magari non muori dalla voglia di tornare a casa, ma…”
“Non è per questo, per quanto mi riguarda non sarò molto a casa quest’estate. Sto solo pensando ad una cosa che mi ha detto Cavendish poco fa.”

“Oh, ti prego, non dargli retta, è ovvio che ti dica cose poco gentili.”
“Non mi ha insultata Seannie, e se anche l’avesse fatto, sai quanto me ne importa… no. Tu pensi che me la caverò bene senza di te, l’anno prossimo?”

“Charlie, sai cavartela egregiamente da sola, lo sai anche tu. Basta pensare a come lo hai ridotto, non sei venuta da me per chiedermi di prenderlo a calci, ci hai pensato da sola, avevi solo bisogno della parola d’ordine – e non provare più a raggirarmi simulando le lacrime –, ma non sei una che chiede aiuto, a te piace pensarci da sola, sei troppo orgogliosa per farlo.”
“Non è per il tuo aiuto, Sean… è che mi mancherai. E poi siamo sempre stati molto uniti, fin da piccoli, dove andavi tu c’ero anche io e viceversa. L’anno passato a casa senza di te è stato il peggiore della mia vita.”

“Beh, questa volta sarai a scuola, non a casa con mamma e papà. Non sarai sola Charlie, dopo i primi giorni non ti accorgerai nemmeno della mia assenza, te l’assicuro.”

Sean sorrise ma la sorella non lo imitò, evitando di guardarlo e continuando a tenere gli occhi verdi fissi su un punto della moquette scura mentre il fratello allungava le mani per stringere le sue. 

“… o magari non è proprio questo il punto?”
“Tu ti sei diplomato Sean, e con i risultati che hai ottenuto puoi benissimo entrare all’Accademia, a settembre. Sono felice per te, è quello che volevi, ma all’improvviso è come se… non andrai avanti con la tua vita e mi lascerai indietro, vero?”

Sean esitò per un istante di fronte alle parole della sorella e all’occhiata malinconica che gli rivolse, ma poi sorrise e si alzò per sedersi accanto a lei e abbracciarla, appoggiando il mento sul suo capo:

“Certo che no. Se tutto andrà bene diventerò un Auror e pensaci bene nei prossimi mesi, perché puoi riuscirci anche tu. E se andrà così sarò ben felice di averti tra i piedi anche al lavoro, piccola Charlie. Se invece tu dovessi cambiare idea, ma spero davvero che tu non ti faccia influenza da ciò che ti senti ripetere, non importa, sei mia sorella e la mia migliore amica, ci sarà sempre spazio per te, te lo prometto. Hai capito?”

Charlotte non rispose, limitandosi ad annuire contro la sua spalla, prima di udire il fratello maggiore parlare dopo una breve pausa, con un tono appena più allegro:

“… anche quest’estate.”
“Come?!”
“Ho praticamente tormentato nostro padre con decine di lettere, e ha dato il consenso. Puoi venire con me, Charlie.”
Charlotte si mosse, allontanandosi improvvisamente dal fratello per poterlo guardare in faccia e assicurarsi che non la stesse prendendo in giro. Ma quando lo vide sorriderle lo imitò, abbracciandolo con slancio di nuovo:
 
“Davvero?! Grazie Seannie.”  


*


“Sei felice di aver accettato?”
“La proposta di Dippet? Sì, senza dubbio. Nessun rimpianto su questo… anche se forse sul momento l’ho fatto per motivi sbagliati.”

“Ossia?”

“Io credo… ho accettato perché ho visto nella proposta del Professor Dippet un’opportunità per andarmene, per lasciarmi momentaneamente la mia vita alle spalle. E mi è servito, avevo bisogno di stare lontana da Londra, dalla mia famiglia e dal Dipartimento, anche se mi è mancato e sono felice di essere tornata, ora. Però ne avevo bisogno.”
“Quindi, alla fine, pensi che tuo padre non abbia sbagliato a darti il congedo di sei mesi?”

“Penso che non sia stata una scelta, alla base, sconsiderata, ma per quanto riguarda mio padre… credo abbia sperato che una volta lasciato non avrei mai ripreso. Non è mai stato felice di sapere sua figlia un’Auror, lui e mia madre avevano progetti diversi per me, lei alla mia età era già sposata e aveva avuto sia Sean che me.”

Charlotte si strinse nelle spalle, tormentandosi distrattamente la mano mentre faceva oscillare lo sguardo dalla finestra appannata dalla pioggia e dalle sue dita. Luisa annuì e sorrise debolmente, sapendo che non mentiva, prima di parlare di nuovo, osservandola con attenzione:

“E dimmi… adesso che è tutto finito, sia il congedo, sia la tua esperienza nella tua vecchia scuola... E oggi sono sei mesi esatti da quando Sean è morto, giusto?”
Charlotte non disse nulla, non potendo far altro che annuire e aspettare che la donna continuasse mentre faceva tremare leggermente la gamba sinistra, tamburellando distrattamente il piede sul pavimento.

“… bene. Ora, guardando a tutti questi mesi… Pensi di essere cambiata o sei la stessa che è entrata qui per la prima volta sei mesi fa?”
“Non dovresti dirlo tu, questo?”
“Noi non dobbiamo dare giudizi mentre ascoltiamo le persone parlare, Charlotte, lo sai.”

“Allora fai proprio un lavoro idiota, Luisa, anche se mi sei simpatica.”
“Lo so, grazie. Ma davvero, Charlotte… rispondi.”


*


Elena era seduta tra Gabriel e Stephanie nel a dir poco affollato scompartimento, occupato da lei, l’amica, il fidanzato, Regan, Jack, Evangeline e Aurora. Sean se n’era andato poco prima per cercare Charlotte e la rossa, dopo aver scoccato un bacio sulla guancia di Gabriel lo imitò alzandosi in piedi, destando la sua curiosità:

“Dove vai?”
“Vado a salutare una persona anche io, siamo quasi arrivati e dopo sarà un disastro come sempre, quindi preferisco farlo ora. Torno subito.”

Elena sorrise prima di uscire attraverso la porta di vetro sotto lo sguardo della sua migliore amica, affatto confusa a differenza di Gabriel, e incamminarsi con un sorriso sulle labbra lungo il corridoio, cercando Axel.

Quando lo trovò, in compagnia di Jade, Andrew ed Iphigenia, aprì la porta con un sorriso dopo aver bussato leggermente, rivolgendo un cenno all’amico:

“Scusate, posso rubarvi Axel?”

“Certo… che cosa c’è?”
Il ragazzo si alzò e la raggiunse nel corridoio con la fronte aggrottata, guardando l’amica con leggera confusione. Che aumentò quando lei, per tutta risposta, lo abbracciò:

“Niente, ti volevo solo salutare. E ringraziare, in realtà.”
“Ringraziare? Per cosa?”
“Come per cosa, per essermi stato vicino tutto l’anno! Ho detto a Gabriel che senza di lui sarebbe stato tutto molto più difficile, ma vale anche per te, se non di più: tu mi sei stato accanto dall’inizio, sei stato il primo a cui l’ho confidato e mi hai spinto a stare vicino a mia madre ma anche a reagire come lei non è riuscita a fare. Credo che senza di te sarebbe stato tutto diverso, quindi grazie Axel.”


Elena sciolse l’abbraccio e sorrise all’amico, che la imitò dopo un attimo di esitazione arrossendo leggermente e stringendosi nelle spalle, quasi a disagio:

“Non mi devi ringraziare Elly, non ho fatto niente.”
“Non dire così, sei un amico meraviglioso. E mi mancherai moltissimo.”
“Anche tu a me… ora chi dovrò cercare di tenere a bada?!”
“Posso sempre passare a casa tua e mettere Elisabeth sulla mia stessa strada…”
“Sei sempre la benvenuta, ma ti prego, non farlo, ho già dato come baby-sister, credo.”


*


“Io credo… credo di aver capito che la mia vita non è finita quella sera, insieme a quella di mio fratello. Anche se sembrava così, all’inizio. Non ti ho mai parlato come si deve di lui.”
“Immagino che all’inizio fosse troppo presto… ma meglio tardi che mai, no?”


“Sean e io… avevamo un rapporto particolare. Non credo che il nostro sia – fosse – un legame che tutti i fratelli condividono… lui era la mia famiglia, in tutto e per tutto, c’è sempre stato per me e sapevo che qualunque cosa facessi avrei sempre potuto contare su di lui. Sean non era solo mio fratello, era il mio migliore amico e quando pensavo alla mia famiglia pensavo a lui, sempre. C’è stato per me più dei miei genitori, penso. Ma mia madre non è cattiva, solo un po’ fredda. Lei non mostra quello che prova davvero, mai, tutto deve essere perfetto e non importa che cosa provi, ti devi comportare esattamente come le persone si aspettano. 
Forse se fosse stata diversa io sarei riuscita ad affrontare la perdita di Sean diversamente, credo di aver imparato da lei a non mostrare mai niente. Abbiamo caratteri difficili e non siamo mai riuscite a conciliarli, e mio padre si è sempre concentrato su mio fratello, più che altro… Così, credo di essermi totalmente affidata a Sean, mi ci sono gettata a peso morto e l’ho usato come ancora di salvezza per tutta la vita. A volte penso che se avessi avuto un rapporto diverso con i miei genitori la sua morte mi avrebbe toccata diversamente. Ho capito che posso vivere la mia vita anche senza di lui, per quanto mi manchi. Posso essere Charlotte anche senza Sean, anche se sono certamente una persona diversa…”
“È normale.”

“Credo che sia impossibile non essere toccati da una perdita di questo tipo. Comunque, sono sicura che lui vorrebbe vedermi godermi la vita, lui era così.”


*


“E adesso che si fa?” 
“Beh, io penso che mi dedicherò finalmente allo studio di quello che mi piace davvero… mio padre ne è felice, credo, anche se non mi capisce. Essere un mago è sempre stato il suo sogno e sua figlia invece, che è una strega, vorrebbe studiare Fisica.”

“Sappiamo che sei strana Iphe, e lo sa anche lui.”
Iphigenia assestò una leggera gomitata ad Andrew che, seduto accanto a lei, rise debolmente mentre Jade si era accomodata sui sedili di fronte, approfittando della momentanea assenza di Axel per stendersi su di essi.

“A me piacerebbe approfondire lo studio di Antiche Rune, credo. Quindi dovremo continuare a sentirti blaterare di Fisica ancora a lungo, Iphe?”
“Temo proprio di sì.”

Andrew e Jade si scambiarono un’occhiata quasi schifata ma nessuno dei due disse nulla, anche se il ragazzo pensò a tutti i libri pieni di parole e simboli strani che avrebbe sicuramente visto la ragazza leggere e studiare negli anni successivi. Forse era anche per quel motivo che Electra si era presentata da lui per fargli le condoglianze dopo le vacanze di Pasqua?


“Bene, ma in cambio tu verrai alle mie partite di rugby.”
“Quel gioco barbaro e violento?! Non mi piace per niente, non potresti giocare a qualcosa di meno potenzialmente mortale?!”
“All’improvviso parli come mia madre, Iphe.”

“E potrà solo peggiorare, rosso…”
“Jade, hai finito di commentare?!”
“Con tutte le camicie che ho sudato per vedervi insieme ora mi vuoi togliere il divertimento?”


*


“Mio fratello diceva sempre una cosa: strofina il pavimento e pulirai il cielo. Voleva fare ogni cosa, vedere ogni cosa che valesse la pena di essere vista, voleva vedere i punti più alti e più bassi del mondo perché pensava che ci si senta più vivi agli estremi dell’esperienza umana… e mi dispiace che non ne abbia avuto il tempo, lo meritava. 
Era più incline di me ad assecondare i nostri genitori ma faceva comunque quello che desiderava, diceva che la vita è troppo breve per restare nelle costrizioni: nasciamo costretti in delle fasce e ce ne andiamo inchiodati dentro una bara, tanto vale quindi cercare di vivere come si deve, così diceva.”

“Doveva essere straordinario.” Luisa abbozzò un sorriso e Charlotte annuì, alzando finalmente lo sguardo per posarlo sulla donna, gli occhi chiari lucidi mentre parlava:
“Lo era. Dicono che i migliori se ne vadano troppo presto.”



*


Beatrix scese sulla banchina ferroviaria tenendo il manico della gabbia della su gatta Ecathe con una mano, guardandosi intorno per cercare qualche traccia della madre.
Non si pose nemmeno il problema di cercare suo padre con lo sguardo, era raro che venisse alla stazione e di solito, quando succedeva, si preoccupava più che altro dei figli legittimi. Non le interessava vederlo, in realtà, e probabilmente lo stesso si poteva dire dei suoi fratelli, eccetto forse per Edward.

“Stai cercando tua madre?”
Katherine comparve accanto a lei tenendo Darcy in braccio e le sorrise, guardandola annuire con espressione neutra:

“Sì. L’hai vista?”
“No, mi dispiace… Mark?”
“Sì sta rendendo utile recuperando il mio baule.”
“Ma sei maggiorenne, potresti portarlo con la magia!”
“Sì, ma è bello fargli fare qualcosa.”
“Ma allora la mia influenza è servita a qualcosa, sono contenta. Ti capisco, io aspetto Maxi per prendere il mio, ha promesso che sarebbe tornato in Inghilterra per il nostro ritorno a casa. Nate! Vieni qui, altrimenti ti perdo.”

La Grifondoro fece cenno al fratellino di avvicinarsi, che obbedì tenendo la gabbia del suo gufo tra le braccia prima di sgranare gli occhi e sorridere con gioia, correndo verso un ragazzo dai capelli scuri fermo accanto alla colonna magica.

“E ora dove sta andando?!”
“Credo che abbia visto tuo fratello.”

“Maxi! Tienimi Darcy.”
“Ma…”

Senza dare il tempo alla cugina di dire qualcosa Katherine lasciò il gatto tra le braccia della bionda prima di affrettarsi a seguire il fratello minore di raggiungere il maggiore per stringerlo in un abbraccio. Beatrix invece sospirò, restando ferma sulla banchina con il gatto della cugina tra le braccia e la gabbia di Ecathe stretta in mano prima di sentire la voce del fratello maggiore alle sue spalle:

“Ciao gattara, eccoti qui.”
“Non chiamarmi così.”
“E dire che ti ho anche portato il baule!”
“Hai ragione, scusa, sei il miglior facchino del mondo.”
Beatrix si voltò verso il Grifondoro e sfoggiò un sorrisetto divertito che venne ricambiato dal ragazzo, che la guardò inarcando un sopracciglio:
“Me la dà la mancia, Signorina?”
“Scordatelo, dovresti aiutarmi per affetto, non per un tornaconto!”

Markus fece per replicare, ma la voce di Davina, che si era sporta da un finestrino, lo precedette:
“Ehy, Mark! Vieni ad aiutarmi!”
“Anche tu?!”
“È troppo pesante, non ce la faccio da sola! Per favore!”
“Va bene, arrivo. Ma perché non ho avuto solo fratelli maschi…”


Markus roteò gli occhi ma giro sui tacchi e torno sul treno per andare in soccorso anche della seconda sorella, che si scambiò un sorrisetto soddisfatto con la maggiore:

“Non dire così, se non ci fossimo ti mancheremmo!”
“Certo, sicuramente.”


*


“Signora Bennet?”

Quando Luisa, che aveva appena messo piede fuori dal suo studio, si voltò abbozzò un sorriso in direzione dell’uomo che aveva davanti, osservandolo con scarsa curiosità: sapeva perfettamente perché era lì.

“Salve, Signor Selwyn. Desidera?”
“Sa benissimo cosa voglio. Mia figlia è stata qui oggi, no?”
“Sì, la nostra ultima seduta, il patto era questo. Sei mesi di congedo e di terapia. In realtà credo che Hogwarts le abbia fatto anche meglio. L’ha vista?”

“Di sfuggita. Stamattina è venuta al Dipartimento per informarmi che domani tornerà al lavoro, ma non ha detto altro. A lei cosa ha raccontato?”
“Signor Selwyn, sa che non posso dirglielo.”

Luisa abbozzò un sorriso mentre, dopo essersi infilata la giacca, si allontanava con calma lungo il corridoio. Edgar però la seguì, osservandola con insistenza prima di parlare nuovamente:

“Le ha detto cosa è successo? Voglio sapere come è morto mio figlio, Signora Bennet.”
“Può sempre chiederglielo di persona.”
“Se ha parlato con mia figlia saprà che charlotte praticamente non parla con me, e nemmeno con sua madre. A Dicembre, quando l’ha conosciuta, mi ha detto che Charlotte non lo ricordava.”

“Non è così insolito Signor Selwyn, non stava mentendo, aveva rimosso alcuni momenti di quella sera… è normale, quando si subisce un trauma.”
“E ora lo ricorda?”
“I ricordi tornano, di solito, con il tempo. Sì, ricorda tutto. Non glie l’ho chiesto, ma l’ho visto.”

“E allora me lo dica lei, com’è morto mio figlio.”
“Non spetta a me. Parli con sua figlia, forse vi farà bene. Capisco che voglia sapere come è morto Sean, Signor Selwyn, ma forse dovrebbe ricordarsi che ha anche una figlia e che lei è ancora viva.”


*


Quando scorse i suoi genitori e i suoi fratelli Hector sospirò sommessamente, perfettamente consapevole dei loro sguardi su di lui ma sopratutto sulla ragazza che teneva per mano in quel momento, che intuì il motivo del suo cambiamento d’espressione gli sorrise, divertita:

“Beh? Non me li presenti?”
“Se proprio devo…”
“Hai paura che possa metterti in imbarazzo, Thor?”

“Oh, ti prego, sai benissimo che non è così… Semmai temo proprio il contrario.“ 
“Non dire così, per quanto possa essere diversa da te e pure sempre la tua famiglia. E se ti hanno cresciuto loro sono sicura che sono meravigliosi.“ 

Il ragazzo la guardò e abbozzò un sorriso, annuendo debolmente prima di alzare nuovamente lo sguardo sulla sua famiglia, intuendo che stessero parlottando proprio a proposito di Adela.
Oh, beh, cosa mai poteva succedere? Mal che andasse lo avrebbero messo in forte imbarazzo...

“D’accordo, se ne sei sicura… Ma io ti ho avvertita, Adela, ricordatelo. Bene, andiamo a conoscere i Grayfall, allora, penso che non dimenticherai questo giorno troppo facilmente.”
“Lo spero tanto.”

Adela gli sorrise e si lasciò condurre verso la famiglia del ragazzo, stampandosi il suo sorriso migliore sulle labbra prima di lasciarsi presentare da Hector e arrossendo leggermente quando MiraJane asserì che era “davvero deliziosa” prima di abbracciarla.

Anche solo dai racconti del ragazzo Adela era certa che si trattasse di una famiglia piuttosto diversa dalla sua… e per quanto potesse amare i suoi genitori era sicura che l’avrebbe adorata proprio per questo motivo.
Contrariamente a quanto, lo sapeva, Hector pensava era certa che non l’avrebbero fatta scappare  a gambe levate. 


*



5 Gennaio 1944

“… Allora, che cosa ne pensa? Accetta?”

Charlotte esitò, gli occhi chiari fissi sull’uomo dai tratti familiari, anche se era invecchiato dall’ultima volta in cui lo aveva visto, che aveva davanti: era certa che sapesse, per questo le aveva chiesto di incontrarlo… ma una parte di lei ne era felice, o almeno così credette, faticava a distinguere chiaramente le emozioni da quando Sean non c’era più. 

Però, si disse l’Auror, infondo peggio di così non poteva andare. Non avrebbe comunque potuto lavorare in quei mesi, e piuttosto che stare a casa senza fare niente, dovendo subire i suoi genitori, sarebbe andata anche a lavorare in miniera.
Che cosa mai sarebbe potuto succedere da lì a fine Maggio?

“… Sì. Accetto, Professor Dippet.”
“Meraviglioso, Signorina Selwyn.”


Il Preside annuì e Charlotte ricambiò appena, non potendo assolutamente immaginare di come sarebbe uscita, settimane dopo, da quel castello e di chi avrebbe rincontrato al suo interno.

Nei giorni precedenti, talvolta Charlotte si era chiesta se Sean sarebbe morto se lei non fosse diventata Auror, o se non fosse stata assegnata alla sua squadra, o se gli avesse dato retta e non si fosse presentata. 
L’aveva confidato a Luisa solo il giorno prima e lei le aveva detto che tutto accadeva per un motivo, ma non l’aveva convinta, Charlotte era sempre stata fin troppo pragmatica per credere nelle coincidenze o nel destino, non per niente aveva sempre snobbato Divinazione.

Eppure, qualche settimana più tardi, forse per una volta sarebbe stata costretta a ricredersi.










……………………………………………………………………………
Angolo Autrice:

Ed eccoci giunte all’Epilogo anche di questa storia, che spero davvero abbiate apprezzato quanto io mi sono divertita a scriverla. 
Grazie, come sempre, a tutte per aver partecipato, specie considerando che c’è stata una sola eliminazione, ossia grazie a Phebe, Bea, Em, Fede, Sesy, Mary, Nene, Amilcara, Carolina, Chauve Souris, Carme e Michelena per aver seguito la storia fino alla fine; e poi ovviamente grazie a tutte le persone che l’hanno messa tra le Preferite, Seguite e Ricordate.

Un sentito grazie anche per aver apprezzato Sean e CeCe: questa storia, così come Magisterium, e loro due sono davvero molto importanti per me.
Ci sentiamo presto con le OS, e visto che i personaggi e le coppie sono parecchie e non so decidermi ho un’ultima domanda per voi… a chi vorreste che fosse dedicata? Ovviamente non potete votare il vostro personaggio.
Piccola nota finale: non voletemene (e scusa amilcara) ma non credo che ci sarà una OS per Charlotte e per i Reganie, la prima perché senza Will non avrebbe molto senso e i secondi perché credo di aver già scritto in abbondanza su di loro.

A presto, 
Signorina Granger 

Ps per chi partecipa anche ad Half-Blood: non sono morta, mi farò viva anche lì, giuro




   
 
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