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Autore: 9Pepe4    20/04/2018    5 recensioni
«Non è una notizia poi così brutta» protestò Han. «D’accordo, arriveremo con meno anticipo del previsto, ma non mi sembra una tragedia».
Luke si riscosse. «Han, no, si tratta di Leia».
«Ho capito, sarà furiosa, ma non è che io…»
«È il bambino! Penso stia per nascere!»
In un istante, Han sentì tutto il sangue defluire dal proprio volto. «Che cosa?!»
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Han Solo, Luke Skywalker, Principessa Leia Organa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tempesta solare

Han aveva appena finito di impostare la rotta, quando uno strattone improvviso li aveva attirati verso il sole che stavano sorvolando.
Dalla cabina di pilotaggio del Falcon, adesso, non si vedeva più il nero dello spazio, bensì una miriade di scintille dorate e rossastre.
«Tempesta solare» borbottò Han, mentre Chewbacca attivava i motori ausiliari per impedire che il Falcon sfuggisse del tutto al loro controllo.
Era una fortuna che non avessero fretta, visto e considerato che tempeste del genere tendevano a tenere intrappolata una nave per ore intere.
Non era certo di come Leia avrebbe preso la notizia, però. Quella sera stessa, infatti, su Chandrila, si sarebbe tenuta una cerimonia per la firma della Concordanza Galattica, un documento che stabiliva i termini della sconfitta definitiva dell’Impero, e lei aveva tutte le intenzioni di partecipare.
Han scosse impercettibilmente la testa. Be’, erano molto in anticipo. Considerato anche lo scarto orario tra il pianeta da cui erano partiti e la capitale di Chandrila, sarebbero dovuti arrivare comunque solo qualche ora dopo mezzogiorno.
In quel momento, udì dei passi rapidi alle proprie spalle, e Luke che esclamava: «Han, dobbiamo…»
Con la coda dell’occhio, l’uomo lo vide bloccarsi e fissare con un certo sgomento lo spettacolo di lingue di fuoco al di là del vetro.
«Sì» tagliò corto Han, «siamo finiti in una tempesta solare».
Non è colpa mia, avrebbe voluto puntualizzare, ma si trattenne. Suonava molto petulante persino nella sua testa, e tra meno di quattro settimane lui sarebbe diventato padre. Era il caso di tentare di comportarsi in modo più maturo.
Da parte sua, Luke non rispose, l’orrore dipinto chiaramente sul volto.
«Non è una notizia poi così brutta» protestò Han. «D’accordo, arriveremo con meno anticipo del previsto, ma non mi sembra una tragedia».
Luke si riscosse. «Han, no, si tratta di Leia».
«Ho capito, sarà furiosa, ma non è che io…»
«È il bambino! Penso stia per nascere!»
In un istante, Han sentì tutto il sangue defluire dal proprio volto. «Che cosa?!»
Completamente dimentico dei comandi della nave, si girò del tutto verso Luke, e Chewbacca gli abbaiò contro un rimprovero.
«Sì, scusa» disse Han automaticamente, mentre il Falcon sussultava e scricchiolava. «Prendi tu i comandi?»
Scivolò via dal sedile senza attendere una risposta, e Chewbacca si insediò subito al suo posto. Han barcollò appena, quindi si diresse verso l’uscita della cabina.
«È negli alloggi dell’equipaggio» lo informò Luke, tallonandolo.
Han annuì, allargando le proprie falcate. «Cosa significa che il bambino sta per nascere?»
«Quante cose credi che possa significare?» ribatté Luke.
L’uomo continuò a camminare, tendendo una mano verso la parete del corridoio quando la nave ondeggiò pericolosamente. «Ma mancano ancora tre settimane!»
Stavolta, Luke non lo degnò nemmeno di una risposta, e finalmente svoltarono negli alloggi dell’equipaggio. Era una stanza triangolare, ampia quasi il doppio della cabina di pilotaggio. Contro ognuno dei suoi tre muri si trovava allineata una cuccetta.
Leia stava camminando avanti e indietro da una branda all’altra, seppur con qualche difficoltà dovuta alla gravidanza avanzata e all’instabilità della nave.
I suoi capelli scuri erano sistemati nell’acconciatura che negli ultimi mesi aveva sfoggiato sempre più spesso: intrecciati ad incorniciarle il viso e raccolti in una crocchia morbida dietro la testa. A quel che pareva, quella pettinatura – con tanto di nastri e boccioli di stoffa azzurra tra le sue ciocche scure – era portata su Alderaan dalle donne in dolce attesa.
Non che ci fosse bisogno di un’acconciatura tradizionale per segnalare la sua condizione, ormai; la curva del pancione era facilmente distinguibile anche sotto il vestito confortevole che indossava al momento.
«Leia!»
All’esclamazione di Han, lei si girò a guardarlo. «Che cosa ci fai qui? Luke, non gli hai detto di fare quel dannato salto nell’iperspazio?»
«Volevo dirglielo» le rispose suo fratello, «ma sembra che abbiamo un problema».
Leia li fissò entrambi con la fronte corrugata. «Vale a dire?»
«Siamo nel mezzo di una tempesta solare. Non possiamo fare nessun salto».
La donna imprecò con molto sentimento, per poi girare il viso di lato con una smorfia. Teneva una mano posata sul ventre, l’altra sul proprio fianco come per supportarsi la schiena.
«Cos’è questa storia della nascita?» domandò Han.
Leia incontrò il suo sguardo. «Credo che ci siamo».
«Ma c’è ancora tempo, giusto? Voglio dire, quando sono iniziate le contrazioni?»
Sua moglie riprese il proprio andirivieni. «Ieri sera, se proprio vuoi saperlo».
«Ieri sera?!» Han non credeva alle proprie orecchie.
Leia emise uno sbuffo d’aria. «Avevo contattato la guaritrice, e lei mi ha detto che non era necessario andare subito al centro medico».
«E quindi hai pensato bene di trascorrere questa mattina a quelle stupide conferenze?»
Leia lo fulminò con lo sguardo. «Ottimo, mi fa piacere che degli incontri per rassicurare la gente che l’Impero è finito per sempre ti sembrino stupidi…»
«Non è questo che intendevo!» sbottò Han. «Perché non mi hai detto niente?»
«Perché poi figuriamoci se saremmo andati a quegli stupidi incontri!»
«Col senno di poi…»
«Han» s’intromise Luke. «Hai dei medicinali a bordo? Panni puliti?»
Han si girò a fissarlo – si era quasi scordato della sua presenza. «Dovrebbe esserci qualcosa nella mia cabina» rispose infine. Poi si accigliò, lanciando uno sguardo verso Leia. «Aspetta. Non avrai mica intenzione di farla partorire qui sopra?»
Sua moglie aveva smesso di camminare. Aveva entrambe le mani sul ventre, ora, intrecciate tra di loro.
«Potrebbe non essercene bisogno» replicò Luke, in tono ragionevole. «Forse usciremo in tempo da questa tempesta».
Han rimase immobile, mentre una sensazione di gelo si insinuava nelle sue ossa.
«Forse?» chiese Leia. «Scusate, ma di solito quanto durano queste tempeste?»
Han deglutì. «Circa cinque ore. A volte si è fortunati e si incappa in una più breve, ma questa… non credo che questa la sia».
«Oh» disse soltanto Leia.
«Potrei sbagliarmi» le fece presente Han, debolmente.
Lei lo fissò, serrando le mani tra loro. «Ma non pensi sia così, giusto?»
«No, non lo penso».
Leia distolse lo sguardo e trasse un respiro profondo. «C’è la possibilità di chiamare dei soccorsi?»
Han scosse la testa. «Il… La tempesta blocca le comunicazioni».
Sua moglie lo fissò, e parve impiegare qualche istante per assorbire le sue parole. «D’accordo… d’accordo».
Il suo viso si contrasse, e lei si morse le labbra con forza. Dopo un momento, riprese a camminare.
Han si voltò verso Luke in cerca di aiuto, solo per scoprire che l’altro si era dileguato, probabilmente per andare a frugare nella cabina del capitano.
«È bene che tu faccia avanti e indietro in questo modo?» Han si avvicinò ansiosamente a sua moglie. «Non dovresti sdraiarti?»
Leia lo fissò come se le stesse spacciando un serpente velenoso per una sciarpa. «Prima ci ho provato e lo odio. Non riesco a respirare».
«Va bene, ma a stare in piedi non ti fa male la schiena? O le caviglie?»
«Han, se non la smetti subito con queste domande giuro che ti uccido».
L’uomo quasi si ritrasse. «Ricevuto» mormorò, prima di offrirle il proprio braccio. «Per fare avanti e indietro più comodamente».
Leia accettò con una certa gratitudine, rivolgendogli un sorriso pallido. Mossero qualche passo, poi lei gli disse: «Pensavo avremmo fatto in tempo».
Han sbatté le palpebre e la guardò, ma non riuscì ad incontrare i suoi occhi.
«Ho anche controllato» proseguì Leia, con disperazione malcelata. «Per arrivare da qui a Chandrila sono sufficienti venti minuti di iperspazio».
«È così».
Leia trasse un respiro brusco. «Non avevo pensato alla possibilità che… non mi era passato nemmeno per la testa che qualcosa potesse impedirci…»
«Ehi, ehi, ehi». Han la baciò sulla linea di un sopracciglio. «Andrà tutto bene, dolcezza. Vedrai».
Lei non rispose, facendosi visibilmente forza e riprendendo a camminare.
In quel momento, Luke fu di ritorno. A quanto pareva, aveva trovato almeno parte di quel cercava: del bacta e qualche panno pulito. Andò a sedersi su una delle cuccette, iniziando a preparare alcuni impacchi con dita svelte.
Han lo occhieggiò cautamente. «Spero che tu non stia improvvisando».
«Zia Beru aiutava con le nascite, a volte» affermò Luke, senza alzare lo sguardo. «Mi ha insegnato un paio di cose».
Han si inumidì le labbra, mentre Leia si appoggiava contro di lui. Passò un secondo, e lei sibilò tra i denti.
«Sono molto vicine» borbottò poi.
«Come?»
Leia lo guardò. «Le contrazioni. Sono sempre più vicine».
«Va bene» disse Luke, mettendo da parte i suoi impacchi di bacta. «Se te la senti potresti provare a sdraiarti – o a sederti – su una delle cuccette».
Han si aspettava quasi che Leia lo aggredisse a male parole, ma la giovane si limitò ad annuire a labbra strette.
Dal canto suo, lui iniziava ad avere la sensazione che stesse succedendo tutto troppo in fretta. La possibilità che il bambino nascesse lì sul Falcon si stava facendo spaventosamente concreta. Il suo cervello stava ancora cercando di elaborare il fatto che potesse essere un’eventualità, come poteva…
«D’accordo» disse Leia, in tono deciso.
Si staccò da lui ed andò a sedersi su una cuccetta, sistemando uno dei panni sotto di sé, e Luke le passò tutti i cuscini per sistemarli tra la sua schiena e il muro, così da avere le gambe che sporgevano oltre l’orlo.
Han passeggiò nervosamente davanti a loro – Luke aiutava sua sorella senza fiatare, come se sapesse esattamente quello di cui lei aveva bisogno.
Poi Leia raccolse la gonna attorno ai propri fianchi, traendo un respiro profondo, e improvvisamente Han notò la tensione nella sua mascella, lo sguardo nei suoi occhi scuri. Capì che, per quanto stesse cercando di affrontare la cosa con praticità, era spaventata. Molto spaventata.
D’impulso, le si avvicinò e si sedette accanto a lei sulla cuccetta, offrendole una mano da stringere. Leia lo guardò ed intrecciò le dita alle sue.
Luke fece un altro paio di giri per il Falcon, recuperando una borraccia d’acqua, delle pezze di stoffa e poi uno sgabello su cui far appoggiare i piedi a Leia. Le smorfie della donna si stavano facendo sempre più frequenti, talvolta accompagnate da un’invettiva molto colorita.
Di punto in bianco, Han ricordò che era stato sul Falcon – durante una serata particolarmente piacevole – che avevano concepito loro figlio, ma data la situazione si guardò bene dal farlo presente a sua moglie. Aveva la netta impressione che in tal caso lei lo avrebbe ucciso sul serio.
«Va bene» disse Luke, le mani strette attorno alle caviglie di Leia. «Adesso credo che tu possa spingere».
Lei non se lo fece ripetere due volte, stringendo la mano di Han come se volesse staccargliela.
Le luci sopra di loro ebbero un guizzo, ed Han alzò la testa, allarmato. Inizialmente, pensò che si trattasse degli effetti della tempesta. Di lì a poco, però, notò che i lampeggi si ripetevano ogni volta che Leia sembrava al culmine dei propri sforzi.
Doveva c’entrare la Forza, realizzò. Non sapeva come sentirsi al riguardo, ma non fu difficile evitare di soffermarsi su quel pensiero: il viso di Leia si stava imperlando di sudore, e lui prese a tamponarle la fronte con le pezze bagnate.
Da parte sua, Luke mormorava incoraggiamenti incessanti, dicendole che andava alla grande, che stava procedendo tutto al meglio… A lungo andare, Han cominciò a chiedersi se fosse vero.
Non sapeva quanto tempo fosse trascorso dalla prima spinta, ma gli sembrava un’eternità. Leia era di un pallore poco rassicurante, e le sue pause si facevano sempre più lunghe e frequenti.
Ad un certo punto, si avvicinò alla bocca la mano di Han che stringeva nella propria e vi affondò i denti, serrando gli occhi.
L’uomo trasalì ma non si mosse. Se morderlo poteva esserle d’aiuto…
Leia schiuse la mascella ed emise un grido contro la sua mano, per poi lasciarsi sprofondare indietro, tra i cuscini, l’aria completamente esausta.
Da Luke provenne un «ah!» colmo di una meraviglia quasi reverenziale. Han spostò lo sguardo su di lui… e smise di respirare.
Suo cognato si stava alzando, reggendo con cautela un neonato minuscolo. Gli sosteneva la testolina con la coppa di una mano, e il corpicino appallottolato con l’altra.
Per un lungo istante, mentre Luke procedeva in maniera poco ortodossa al taglio del cordone ombelicale, Han non provò altro che il più completo stordimento… almeno finché non notò la peluria scura e folta che ricopriva la testolina del bambino.
“Ha preso dalla mamma” pensò a quel punto, con chiarezza assurda, e l’emozione lo travolse.
Vagamente consapevole di star piangendo come una vite tagliata, si rese conto di un’altra cosa: la cabina era immersa nel silenzio, rotto soltanto dai cigolii del Falcon e dal respiro affannoso di Leia.
Il bambino non stava piangendo.
Con una paura improvvisa, Han si raddrizzò per guardarlo meglio. Sembrava anche molto immobile, lì nelle mani di Luke.
Era normale? O era un brutto segno? Era andato storto qualcosa?
«Sta…» iniziò, ma in quel momento Leia gli tirò debolmente la mano.
Han riportò lo sguardo su di lei, allarmato, ma sua moglie sembrava star bene – insomma, per quanto bene potesse stare una donna che aveva appena partorito su un mercantile. Numerose ciocche scure sfuggivano alle sue trecce, e il suo viso era pallido e stravolto.
Gli fece un debole cenno col capo, e lì per lì Han non capì.
«Aiutala a sdraiarsi» intervenne Luke.
Han gettò un’altra occhiata verso il neonato che ancora non aveva pianto – nessuno dei due gemelli dei miracoli stava dando di matto, però, quindi probabilmente non era niente di grave – e si alzò dalla cuccetta per aiutare Leia, spostando i cuscini per metterli dov’era normale che stessero e dandole una mano a sdraiarsi per il lungo.
A quel punto, lei abbozzò un sorriso, poi guardò verso Luke con un tale bisogno nello sguardo che Han si sentì chiudere la gola.
Luke si fece subito avanti, depositando il neonato tra le braccia di Leia. Il piccolo era ancora sporco di grasso e sangue, ma lei non se ne curò minimamente. Lo trasse contro il proprio petto, reclinando il capo su di lui come se volesse non solo contemplarlo con la massima attenzione, ma anche stargli il più vicino possibile.
Il bambino aprì appena una manina – ad Han era sembrato che tenesse le palpebre serrate, ma adesso vedeva che i suoi occhi erano socchiusi, simili a piccole mezzelune scure.
Leia sorrise tra le lacrime, accarezzando lievemente il lattante. Quest’ultimo aprì la boccuccia ed emise una specie di suono, che non era esattamente un accenno di pianto ma ci assomigliava molto.
«Lo so, lo so, scusami» gli sussurrò Leia, «va tutto bene, sei qui, va tutto bene, stai bene…»
Continuò a mormorare frasi simili anche mentre Luke si occupava di sistemarle gli impacchi di bacta tra le gambe.
Da parte sua, Han era accovacciato accanto alla cuccetta, le dita che sfioravano il braccio di Leia, e non riusciva a distogliere lo sguardo dal bambino.
Poi Leia alzò gli occhi ad incontrare i suoi. «Sta bene» disse soltanto, con una felicità quieta e dirompente, ed Han si tirò su per andare a baciarla su una tempia, e sul naso, e sulla guancia.
Sì. Il bambino stava bene, e anche Leia stava bene. Era andato tutto bene.
Per un istante, credette di essere sul punto di rimettersi a piangere per il sollievo, poi posò la fronte contro quella di sua moglie, ed insieme abbassarono lo sguardo su loro figlio.
Luke si schiarì discretamente la gola. «Faccio un salto a vedere se Chewie ha bisogno di una mano. Torno più tardi».
Con la coda dell’occhio, Han lo vide chinarsi a raccogliere qualcosa – era il panno su cui si era seduta Leia durante il parto, sporco di sangue e chissà cos’altro. Una parte della testa di Han gli disse che probabilmente ci sarebbe stato bisogno di ripulire anche la cuccetta, ma non gli importava più di tanto.
Luke sorrideva come se non riuscisse a smettere, e continuò a farlo anche quando uscì dalla stanza. In silenzio, mentre i suoi passi si allontanavano, Han circondò le spalle di Leia con un braccio e la tenne stretta.
Allo stesso tempo, iniziò a sentire un certo dolore alla mano ed abbassò gli occhi, scoprendo i segni pulsanti ed arrossati dei denti di Leia. Si guardò un momento attorno, ma pareva proprio che Luke avesse usato tutto il bacta per sua sorella.
Accattonando subito la faccenda – poteva sopportare quel minimo dolore, specie alla luce di quanto era appena successo – Han riportò l’attenzione su suo figlio.
Il bambino stava guardando placidamente verso i suoi genitori, gli occhi un po’ più aperti, anche se era improbabile che il suo sguardo liquido li mettesse a fuoco come si deve.
«Per il nome» mormorò Leia, «hai qualche idea?»
Han sbatté le palpebre. Si era quasi dimenticato che non avevano ancora preso una decisione definitiva al riguardo. Effettivamente, però, non potevano chiamarlo per sempre “bambino”, “tesoro” o “piccolo mascalzone”.
«Millennium Falcon è escluso del tutto, giusto?»
Leia gli rivolse uno sguardo più che eloquente.
«Scherzavo» si affrettò a dire Han. «Anche se, date le circostanze…»
Sua moglie roteò gli occhi, aggiustando la propria presa sul bambino. «Puoi scordartelo».
Per un istante, rimasero entrambi in silenzio. Il neonato, grinzoso e ricoperto di un certo viscidume, mezzo avvolto nelle falde del vestito di sua madre, sembrava sul punto di addormentarsi. Nascere doveva essere proprio un lavoraccio.
Han rifletté. Sapeva che Leia non se la sentiva di dargli il nome di suo padre, perché la perdita dei suoi genitori, del suo mondo, era ancora troppo viva. E per quanto il diretto interessato ci sarebbe rimasto male, avevano già escluso anche il nome di Lando.
«Mi piaceva l’idea di battezzarlo in onore di Obi-Wan Kenobi» biascicò Leia, che sembrava vicina a sprofondare in un certo torpore.
Han se ne ricordava. «Obi-Wan» ripeté, pensoso, testando quel nome sulla propria lingua.
«In fondo» proseguì Leia, la voce impastata, «è stato per merito suo che noi tre ci siamo incontrati».
«Vero» concesse Han.
Per quanto il vecchio Jedi fosse stato una compagnia abbastanza esasperante, non era un’idea così malvagia.
«E Luke ne sarebbe senz’altro felice» aggiunse Leia, suonando leggermente più sveglia.
Han giocherellò appena coi suoi capelli, abbassando lo sguardo sul bambino al sicuro tra le sue braccia. Era così piccolo… Gli sembrava ancora incredibile averlo davanti per davvero.
Di certo avrebbe dato una bella scossa alla sua vita… come avevano già fatto un ragazzo di Tatooine, una principessa, ed un vecchio pazzo…
Sperava solo che, dopo questa nascita a sorpresa nel bel mezzo di una tempesta solare, non gli facesse più prendere degli spaventi simili.
«Lo sai? Hai ragione, è una bella idea».
Leia gli rivolse un sorriso. «Allora siamo d’accordo?»
«Siamo d’accordo».
Il sorriso di lei si fece ancora più brillante. «Obi-Wan?»
«Ben» precisò Han, tornando a guardare il bambino. «Ben Organa. Ben Solo?»
Leia si appoggiò contro di lui. «Mi piace come suonano».
L’uomo le massaggiò la spalla. Gli scappò da ridere sommessamente, mentre gli veniva in mente un’altra cosa.
«E io che pensavo che l’evento più memorabile di questa giornata sarebbe stato la firma della Concordanza!»




















Note:
Credo che questa sia la storia più stressante che abbia mai scritto XD
A parte l’ansia dei personaggi, è stata una vera impresa decidere cosa dovevo esplicitare e cosa mi potevo permettere di lasciare sottinteso (non esagero quando dico di aver trascorso settimane a chiedermi se dovevo menzionare
l’espulsione della placenta)… Spero soltanto che il risultato sia buono!
  
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