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Autore: Nirvana_04    20/04/2018    16 recensioni
Guardi l’orizzonte accendersi di luci soffuse e sprazzi di limpido mare. Hai le mani in tasca, per nascondere i sassolini che ti stacchi dal cuore e che lanci all’occorrenza, e il viso imperturbabile perché – diciamolo – mostrare un sentimento è come mostrare un bersaglio a cui puntare e fare fuoco. Il tramonto abbaglia, ti costringe a schermarti gli occhi: fa male vedere qualcosa di così bello.
Nessuno si conosce davvero fino a quando non si è visto riflesso negli occhi della persona che ama. Durante una gita a mare, Sana e Heric imparano questa terribile, meravigliosa verità.
Un momento fuori dal canone per chi ama questa coppia alla follia come me.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Sana/Akito
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Mi basta vederti sorridere
 
 
 
 
Si conobbero.
Lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non si era mai saputo.
[...]

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Correvo… senza notare lo sciame di lucciole che c’era intorno a me… Proprio io che desideravo vederle…
Socchiudi gli occhi e le lanci un’occhiata. La vedi rovistare tra i rovi, incurante di conficcarsi le spine. Sana non ha mai paura di ferirsi, attacca tutto e tutti con la sua esuberanza. A volte è davvero fastidiosa!
«Che stai facendo?» borbotti esasperato.
«Devono essere qui da qualche parte!» ti risponde, ancora intenta a cercare.
Guardi l’orizzonte accendersi di luci soffuse e sprazzi di limpido mare. Hai le mani in tasca, per nascondere i sassolini che ti stacchi dal cuore e che lanci all’occorrenza, e il viso imperturbabile perché – diciamolo – mostrare un sentimento è come mostrare un bersaglio a cui puntare e fare fuoco. Il tramonto abbaglia, ti costringe a schermarti gli occhi: fa male vedere qualcosa di così bello. Se non lo vedi, non te ne innamori; e se non ti innamori, non soffri.
Lanci un altro sguardo verso di lei e sospiri. «Adesso basta. La vuoi smettere?» L’afferri per un braccio e la tiri via. Si era praticamente buttata sopra al roveto. «Ecco, hai le mani tutte graffiate!» Perché ti arrabbi? È così facile sbuffarle in faccia, ti piace davvero non deludere le basse aspettative degli altri? Lei, al contrario, ti spinge a svelarti, a lottare – combatte le tue battaglie.
«Sei stato tu tirandomi via» ti rimbecca con una smorfia ironica. Senza farti scoprire, stringi i denti e le lasci andare il braccio, perché lei non lo sa ma è riuscita a centrare il bersaglio, quel frammento incrinato che nel tuo petto non si è ancora deciso a indurirsi. Si lamenta a labbra chiuse per alcuni istanti, sostenendo i tuoi occhi. Non distoglierli!, vorresti supplicarla. «Volevo trovare la loro casa.»
Fastidiosamente esuberante, per l’appunto. «Tieni» le porgi un fazzoletto. A dirla tutta, glielo premi sul dorso della mano, senza lasciarle via di fuga.
«Ahi!» Si libera e ti pianta uno scappellotto nella nuca. Ecco perché mi arrabbio!, sembri rispondere a un vento che ti solletica la faccia: lei lo rende facile. «Com’è che non hai ancora imparato a trattare una fanciulla, eh?»
«Mh?» La fai sobbalzare passandole una mano dietro la schiena, per provocarla. Tutto ciò che riesci a tirare fuori è un ghigno diabolico. «Quale fanciulla?» Lei scalpita – siamo alle solite! – ma tu ti fai di nuovo serio, perché quel ghigno sulle tue stesse labbra ti fa indietreggiare – e se anche lei alla fine scapperà dal figlio di Satana? «Andiamo, forza. Ci staranno aspettando.» Le volti le spalle e cominci a camminare a grandi falcate, così che a lei non resta che seguirti.
 
 
La stanza è affollata e il ronzio delle voci è un sottofondo che ignori facilmente. Fingi di staccarti da tutto e tutti: finisci la ciotola di riso e allunghi la mano per averne una seconda; gusti la trota affumicata e ignori il resto. Terence chiacchiera spensierato con gli altri, ride e ti dà di gomito; e tu che fai se non regalargli un’occhiata truce?
Ah, piccolo Heric, quando ancora racimolavi le voci come fossero caramelle era il gusto della liquirizia quello che mandavi giù. «Levati dai piedi, mostriciattolo!»… la risenti la voce di tua sorella, vero? Forse è la stessa che ti accompagna di sottofondo a ogni passo che fai, a ogni scambio di battuta che ti concedi, a ogni sguardo rubato quando lei non ti guarda – e prontamente lo distogli non appena ti scopre, sorpresa.
Non capisce niente, pensi frustrato.
È vero, Heric, non ti capisce, o forse non vuole farlo? «Figlio del demonio!», non è questo che Nelly ti ha sempre detto? Chi meglio di lei, che ti ha visto crescere, può definirti? Lei conosce la tua anima, sa quello che hai fatto. E se Sana guardasse nei tuoi occhi e lo scoprisse? Allora è meglio pensarla come una fata ignorante: bellissima e all'oscuro di tutto.
Finisci di mangiare tra le risa degli altri, mentre la tua anima ammutolisce nella consapevolezza dei tuoi peccati.
Quanto chiasso che fanno gli altri nella tua camera! Dovresti esserci abituato, con Nelly che non perde occasione di urlarti contro, ma questi suoni sono diversi. George sta massacrando a forza di cuscinate Terence, gli altri ragazzi sghignazzanti gli danno manforte. Senti come ridono, Heric? Si stanno divertendo… senza di te. È più facile con te ai margini, lontano da tutti, in silenzio… Tu puoi solo guardare e soffrire, o puoi girarti dall’altra parte. Non potrai rovinare qualcosa se non la tocchi.
Ma non c’è mai silenzio nella tua vita.
«Ehi, Heric.»
Apri un occhio e tiri via il braccio dalla fronte per metterlo sotto la nuca. «Uhm?»
Terence è strisciato fuori dalla mischia. Per un attimo lanci uno sguardo verso la tua banda e vedi che quegli idioti si sono completamente dimenticati del loro obiettivo, ingaggiando una lotta senza quartiere.
«Guarda» dice tutto eccitato. Recupera una scatola dalla sua borsa e te la mostra. «Alyssa me li ha dati prima di salire sul bus, stamattina. Cioccolatini!» Che idiota, ha gli occhi che luccicano e il sorriso da ebete che devi sopportare di continuo. «Te ne do uno se vuoi.»
Ne vuoi uno, Heric? No è la risposta, ma gli strappi comunque la confezione dalle mani e inizi a mandare giù il primo cuoricino. Dopotutto, è questo quello che sai fare meglio: dare credito alle parole di tua sorella, non deludere le peggiori aspettative dei tuoi amici.
«Oh» si lamenta agitato, «non mangiarli tutti.»
Mandi giù il secondo, perché devi essere convincente nel tuo ruolo di bullo, anche se ti trovi in mezzo ai tuoi compagni. Se è così semplice essere arrogante e prepotente, allora forse lo sei davvero. Prendi il terzo, lo lanci in aria e ti prepari a riceverlo a labbra dischiuse.
«Sai, Alyssa ha detto che lei e le ragazze sarebbero andate a caccia di lucciole questa notte. Nel giardino di fronte la loro stanza» specifica.
La tua bocca si chiude e il cioccolatino cade tra le tue gambe incrociate, un altro cuore che affonda. Terence è fatto così: il minuto prima si lamenta e piange – si farebbe calpestare, quel ragazzo! – e il minuto dopo inizia a parlare. Semplicemente, parlare. E la cosa sorprendente è che parla a te, lo fa da quando andavate all’asilo, senza sosta, senza paura. Distogli gli occhi, ma non puoi fare a meno di ascoltarlo parlare. Anche lui è fastidioso, a volte.
«Marine ha chiesto dei barattoli di vetro e un retino. Sana si è messa in testa l’idea di catturarle. Quella ragazza…»
Si è completamente scordato dei cioccolatini. È un treno in corsa che nessuno può più fermare. Parla della sua Alyssa, dei piani folli delle ragazze, della loro strana idea di divertirsi, della tua Sana…
«… pensa che l’ho vista indossare un kimono propiziatorio pochi minuti fa. A detta sua, serviva per attirare le lucciole…» ride, e parla, e ride ancora, in quel modo borbottante che riesce sempre a impensierirti. «Dove stai andando?»
Scappi via da quel pensiero che ti ha per un attimo assalito. «A vedere se Alyssa vuole un po’ di compagnia.»
Non ne puoi fare a meno, il ruolo del diavolo è perfetto per te. Muovi la mano prima ancora che lui possa eruttare come un vulcano e gliela pianti in testa. «Uhm, non è il mio tipo» ricontratti e gli lanci la scatoletta mezza vuota. «Vedete di calmarvi, voi!» Schiocchi la lingua e la nuvola di piume plana sul pavimento, le fodere dei cuscini ormai flosce. Non li trovi buffi, George e gli altri che ti guardano sorpresi e sull’attenti? Forse, ma te ne esci comunque con la tua solita espressione impenetrabile.
E adesso cosa farai, Heric? Il corridoio è vuoto, le luci accese nelle stanze ti tengono fuori, lontano dalle confidenze che si scambiano i tuoi compagni di scuola. Anche nella solitudine c’è tanto rumore, lo sai bene: è la distanza che ti separa dagli altri, che vibra e si trasforma in un’eco assordante. Vuota, rumorosa.
«… e dicono che domani ci porteranno in spiaggia.»
«Faremo un falò? Oh, quanto mi piacerebbe!»
Marine ha la voce delicata di chi teme di essere ascoltata. Sana dice che è timida, ma ogni volta che la incontri vedi solo paura nei suoi occhi. Odi incontrarla, perché lei riflette la parte peggiore di te, un ricordo tatuato sulla pelle che ti rinfaccia tutte le volte che scappa via. Cerchi di cambiare strada ma è troppo tardi. Lei ti vede, sgrana gli occhi, soffoca – sei capace di uccidere con uno sguardo, lo sapevi, mostriciattolo? – e lascia cadere ciò che ha in mano. La sua amica la porta via, lontano da te; e a niente serve che tu abbia recuperato i bastoncini di stelline scintillanti per restituirglieli. Lei non c’è più. Adesso sono tuoi, ladro di vite.
Sai, un mostro come te dovrebbe gioire della paura che incute. Allora perché sei spezzato dentro, perché vaghi come un condannato per quei corridoi blu?
Ma certo: vuoi una nuova preda!
È ancora in giardino, immersa per metà nei cespugli. È perfettamente da sola e indifesa.
La osservi: è infantile, testarda, luminosa.
La ascolti: parla al vento, alle piante, alle falene, a persone che non sono lì con lei.
Sana ha la delicatezza di un dinosauro e la vitalità di un tornado: fastidiosamente letale. Ma tu l’hai vista piangere e sai che potresti ferirla facilmente. Che aspetti?
Sì, ecco, bravo. Avvicinati, fa piano! Non deve sentirti arrivare!
«… e quando ne prenderò una, vedrai, Heric…»
Sussulti, ti ha sorpreso ancora una volta. Parla con un te che non è lì, ma nei suoi pensieri, un te premuroso e protettivo che lei pensa di aver visto da qualche parte. Quant’è sciocca, non è vero?
«Ehi.»
Urla, urla come solo lei sa fare. Salta fuori dal cespuglio e comincia a correre, per poi tirare il freno e fare marcia indietro. «Sei ammattito? Mi hai fatto prendere un colpo. Senti come mi batte il cuore…» Allunghi una mano verso il suo petto. «Ah, tieni le mani apposto!»
«Sei stata tu a ordinarmelo.»
«Era un modo di dire, idiota.»
«Scusa» sbadigli in un borbottio strascicato, uno di quei suoni molesti e sarcastici che sostituiscono una gioia che non riesci mai a provare, «non lo avevi specificato.»
«E se ti dicessi di buttarti da un ponte, eh?»
«Se vuoi…» Ti volti e… cosa, Heric? Ti lanci davvero? E se non ti ferma, se non le importa…
«Ah, allora sei proprio ammattito!»
Le sue mani intorno al tuo braccio sono un’ancora che ti graffia la pelle e affonda in profondità, trova un appiglio. E tu sei saldo, ancora in balia della corrente, è vero, ma non puoi più scappare, non puoi più lasciarti trascinare dal rumore delle onde. Voltati e affrontala: feriscila, mordila, torturala, uccidila!
«Tieni.» Hai allungato la mano verso di lei, le dita serrate intorno ai bastoncini.
«Cosa?»
Hai un accendino in tasca, lo usi per accenderne uno. La scintilla è timida solo per il primo istante, poi rifulge come impazzita tra di voi. Il fuoco illumina i suoi occhi, quelle venature di luce ti bruciano dentro. Sana è come il sale, come il vento, e non sa che può far male.
«Lucciole» sussurri. È un suono roco, zoppicante, quasi te lo avesse strappato dalle labbra. Vorresti aggiungere qualcos’altro ma la lingua inciampa.
Ti senti vuoto, confuso, incosciente, disorientato. Ma dentro e fuori la tua testa c’è silenzio, un terribile bozzolo vuoto di sconcerto e meraviglia. Il fuoco consuma il bastoncino in fretta, ma nessuno di voi due osa muoversi. Siete fermi, gli occhi aperti che si incontrano, si calamitano. E allora capisci, capisci cos’è che lei è in grado di fare: porta il silenzio. Non ci sono le urla di Nelly né il viso spaventato di Marine. Ci sono le emozioni che hai soffocato contro la felpa grigia, c’è l’immagine di ciò che hai costruito a forza di sassi che si sfracella contro quello che sei – i suoi occhi te lo stanno rivelando: la paura che ti mangia lo stomaco, la perdita di chi non hai conosciuto, il pianto che non hai urlato fuori, i sorrisi che vorresti regalarle.
Sana è una lucciola: t’illumina all’improvviso e si spegne con un soffio. Sana è il tuo segreto: sta chiusa nel tuo cuore e lo fa palpitare. Sana è…
«Sana…» Io non ti farò del male, non permetterò che nessuno te ne faccia, ti scopri a pensare.
E la sua mano si muove finalmente, e si allunga verso di te, e si scontra con la tua intorno alla punta del bastoncino che ancora scoppietta. E la senti vivere, respirare, muoversi. Ti brucia la pelle.
«È bellissimo.» La sua voce riempie lo spazio tra voi.
Cosa fai, Heric, perché non trovi una risposta salace?
La guardi sorridere, sorridere a te! Labbra schiuse e occhi che si tingono d’oro. E ciò che vedi riflesso è solo tutto l’amore che non vedi l’ora di darle. Perché c’è qualcosa di sbagliato in te, Heric, è vero, ma non è il carisma con cui ti fai seguire dai tuoi amici né il coraggio che non riesci a trovare per chiedere il perdono di Marine: è l’incapacità di rinunciare a quel pezzo di felicità che stringi tra le mani.
«Cosa fai, mostriciattolo?»… ma l’eco non trova più risposta.
Continua a sorridere, Sana, sarò degno di te.
Il bastoncino è ormai tutto consumato, lo lasci cadere a terra mentre stringi le sue dita. Adesso sai che sei forte abbastanza per non lasciarla andare via.




 
N.d.A.

Non mi dilungo troppo qui, perché se non pubblico subito non lo farò più.
Come avrete capito da questo mezzo disastro, è stata la follia di un attimo che mi ha perseguitato a spingermi a scrivere questa storia.
Se siete arrivati fin qui, allora siete più coraggiosi di me.
La storia sarà composta da soli due capitoli, quindi non dovrete sopportarmi a lungo.
Se vorrete lasciare un segno del vostro passaggio, mi rendereste felice.

P.S.
La citazione iniziale è tratta dal libro "Il barone rampante" di Italo Calvino.
"Se non lo vedi, non te ne innamori; e se non ti innamori, non soffri". Questa frase di dubbia origine>.< Direi che è mia, ma potrebbe essersi ispirata a qualcos'altro che ho letto e che al momento non mi viene in mente. Cercando su internet, non viene fuori niente, quindi...
"Sana è come il sale, come il vento; e non sa che può far male" è ripresa dalla canzone "Margherita" di Cocciante.
   
 
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