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Autore: bulmasanzo    21/04/2018    1 recensioni
Alfred ha accantonato il suo sogno di diventare un musicista per aprire un negozio di ciambelle, ma fatica ancora a definirsi un fallito. Le cose si fanno particolarmente bizzarre quando crede di concludere un affare per l'ottenimento di un ingrediente segreto per rendere le sue ciambelle più dolci, che però causa un effetto completamente inaspettato.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 12
 

Suzanne pensò che Alfred ci stesse impiegando un pochino troppo tempo, per fare il 'bisognino' che si era presunto fosse andato a espletare, quando era sparito.

Erano usciti insieme dalla chiesa, dopodiché non lo aveva visto allontanarsi. Quando non lo vide tornare, chiese a tutti se lo avessero visto.

Steve si era stretto nelle spalle, Jon aveva scosso la testa, era stata Barbara a ipotizzare che fosse andato in bagno. Controllarono e non c'era. Nessuno sapeva dove fosse andato.

Lo chiamarono al cellulare, ma non rispondeva.

Suzanne non sapeva cosa pensare. Lo aveva letteralmente appena sposato e lui spariva così? Possibile che si fosse già pentito? No, non era possibile. Quando avevano deciso di organizzare le nozze erano stati entrambi molto decisi e sicuri.

D'altra parte, si chiedeva se fosse troppo presto per incominciare a preoccuparsi.

Suzanne andò a perlustrare il perimetro della chiesa e si accorse che c'era tutta una serie di siepi in giardino, a destra e a sinistra, che formavano ciò che appariva come un sentiero.

Vi si addentrò, sollevando l'abito per non sporcarne l'orlo, e chiamando Alfred.

Non si aspettava realmente di trovarlo e quando infine lo vide saltò su, spaventata.

Era sul fondo di quel labirintico giardino, per terra, con la schiena contro un albero, con le braccia abbandonate, le palme delle mani rivolte verso l'alto, la testa china. Sembrava un giocattolo rotto.

Suzanne gli corse incontro "Al! Al, cosa è successo?" urlò.

Alfred sembrò riscuotersi al suono della sua voce, sollevò la testa e la guardò. Il suo viso si illuminò per un istante, ma si ghiacciò immediatamente dopo.

"Sta' lontana!" disse, a occhi sbarrati "È pericoloso..."

Non fece in tempo a dire altro che Suzanne si sentì sollevare, come da una brezza di vento. La gonna del suo abito si aprì e si gonfiò sotto di lei. I piedi le si staccarono dal suolo.

Il velo si staccò dai suoi capelli e svolazzò via. Gridò per la sorpresa, rendendosi conto che stava fluttuando.

Alfred sollevò debolmente un braccio verso di lei e chiamò il suo nome, ma i suoi movimenti sembravano forzati. Era come se lottasse con tutte le sue forze per poter muovere anche un solo muscolo.

Dal nulla, si materializzò una catena di vero freddo metallo, la quale si chiuse attorno al suo polso. E anche sull'altro. Tentò di sollevarsi, ma fu costretto a restare in ginocchio, mentre le sue braccia venivano tirate all'indietro dalle catene.

"No, no" si mise a dire, come singhiozzando "Non può star succedendo sul serio, non..." si interruppe. Delle fiamme erano comparse, proprio di fronte a lui, era come se si fossero aperte dal sottosuolo.

Suzanne vide emergere una figura da quel fuoco.

Una persona di bassa statura e con un aspetto decisamente bizzarro. Una specie di gnomo, dagli occhi di sangue.

"Salve, Suzanne" disse il nuovo arrivato, con un sorriso larghissimo e inquietante sulla brutta faccia "Alfred ti avrà spiegato cosa ha fatto per ottenere quei meravigliosi poteri, ma aveva omesso un dettaglio..."

"Non lo ascoltare! Ti imbroglierà come ha già fatto con me!" urlò Alfred. Si sentiva il panico nella sua voce.

Lo gnomo si volse verso di lui, guardandolo malissimo. Tese una mano, come se fosse sul punto di colpirlo, ma invece strinse indice e pollice insieme.

La mandibola di Alfred si chiuse con uno scatto.

"Chi sei? Cosa vuoi da mio marito?" gridò la sposa.

"La domanda da fare qui è: cosa puoi fare tu per salvarlo?"

Alfred si mise a lottare contro le catene che lo costringevano, sembrava disperato. Suzanne non riusciva ancora a capire. Ma lui aveva capito.

"Il tuo fresco marito, qui, ha firmato un accordo con me. Non te lo ha raccontato? Mi ha venduto la sua anima" disse il nano, ghignando "Ma io sono disposto a trattare. Posso annullare questo contratto, se tu, mia cara, ne firmerai uno nuovo con me"

Alfred voleva urlare, ma la sua bocca restava serrata contro la sua volontà, sembrava che le arcate dei denti e le labbra si fossero incollate tra di loro con un potente adesivo, e la gola era chiusa. Non riusciva neppure a emettere un suono, era costretto a respirare dal naso ma lo faceva a fatica, non ce la faceva ad alzarsi, stava diventando paonazzo, le guance erano rosse, quasi viola.

Lo gnomo prese il suo mento tra le dita. A quel contatto, Alfred provò dolore, sembravano uncini acuminati che gli entravano nella pelle, e tentò di ritrarsi.

"Tu sei innamorata di quest'uomo, non è così?" disse il demone, stringendolo per fargli più male, rivolto a Suzanne "Questa volta non si potrà salvare da solo. Dipende tutto da te, ragazza."

La sposa però, sembrava innaturalmente calma.

"Vuoi sapere una cosa?" cominciò, seccatissima "Oggi dovrebbe essere il giorno più bello e magico della mia vita. L'ho sognato da sempre, come fanno tutte le stupide bambine come me. Ho trovato una persona che non si avvicina neppure minimamente al mio ideale di 'principe azzurro', eppure ho fatto la fame pur di entrare in questo abito. E ora, ho decisamente voglia di una ciambella!"

Detto ciò, la sua mano andò al corpetto. Ne tirò fuori un involto che scartò in fretta, che conteneva una strana ciambella colorata di viola, con la glassa fosforescente.

La morse. Le sue braccia si riempirono rapidamente di piume candide, divenendo delle ali.

Unite all'imponente abito da sposa, la facevano apparire maestosa, un gigantesco cigno dalle sembianze umane.

Lo gnomo la guardò con stupore, che divenne un ghigno, che si deformò quando la donna si precipitò su di lui dall'alto e lo colpì con un cazzotto ben assestato sul volto.

Sollevò poi la gonna e gli mollò un calcio che lo spedí lontano, lasciando Alfred scoperto.

Nel processo, gli lasciò un sanguinolento graffio sul mento.

Ma le labbra di Alfred si riaprirono, la magia che gliele teneva sigillate si era interrotta, e lui iniziò a respirare pesantemente dalla bocca.

"Sei anche tu superforte!" si stupì, ansimando.

"Ho fatto anche io degli esperimenti, spero che non ti dispiaccia" disse la sposa, discendendo su di lui "Avevo l'impressione che mi sarebbe potuta servire, così l'ho messa a portata di mano. Presto, prendi un morso anche tu, così puoi liberarti da quelle catene!" aggiunse, avvicinandogli la ciambella alla bocca.

Ma qualcosa si frappose tra di loro, una nube oscura da cui riapparvero gli occhi penetranti del demone, non era ancora stato sconfitto.

Suzanne venne spinta all'indietro, roteò una volta, la gonna le volò in faccia, coprendole la visuale. Battè le ali per frenarsi.

La ciambella le sfuggì dalle mani e cadde proprio di fronte ad Alfred, ma disgraziatamente era fuori dal suo raggio d'azione.

Suzanne voleva tornare da lui. Ma si sentì attaccare da tutte le parti come da delle entità invisibili, e si trovò a dover schivare i colpi e in tal modo si allontanò ancora di più.

"Mi pare di capire che la tua risposta alla mia proposta sia no" disse la voce del demone, da qualche parte attorno a lei "Benissimo, questo significa che Alfred è ancora MIO!"

Alfred venne attraversato da un dolore immane e si mise a gridare molto forte, sentiva come se il suo corpo si stesse lacerando...

Suzanne lo sentì urlare, ma non riusciva a vederlo, anzi non riusciva a vedere più nulla, continuava a sentire dei movimenti veloci intorno a sé e continuava a muoversi per evitare di essere colpita. O almeno, provarci.

A un tratto, venne presa in piena faccia. Sentì la propria testa dare una stoccata all'indietro e si trovò di nuovo a roteare, ma si frenò, battendo le ali.

Portò una mano piumata al viso e si accorse che le piume bianche le si erano macchiate di rosso. Questo la fece arrabbiare.

Il suo avversario era impossibile da vedere, Suzanne non poteva sperare di contrattaccare se prima non lo avesse localizzato. Si diede una scrollata e tentò di acuire i sensi. Non lo vedeva, ma sapeva che era lì, da qualche parte.

Ora doveva solo concentrarsi per poterlo trovare, sconfiggerlo e poi raggiungere Alfred.

"Suzanne!" lo sentì chiamare, la sua voce era rauca e lamentosa "Tesoro mio..."

"Al! Al, sto arrivando!" rispose, strizzando gli occhi. Alfred non la chiamava mai 'tesoro', c'era una cupa disperazione in quelle parole. "Tieni duro!" urlò.

"Suzanne, non farlo, vattene via, è una trappola!"

"Cosa..." esitò.

Fu investita da qualcosa che le crollò addosso come una valanga di sabbia, se la sentì rotolare addosso e anche dentro.

Menò un pugno alla cieca e si sentì afferrare l'ala da una mano dalla presa solida, che gliela stritolò come fosse una tenaglia.

Suzanne ebbe uno spasmo per il dolore. Ma l'emozione più forte di quei momenti fu la meraviglia. Pensava che chi la stava attaccando fosse quel demone dalle sembianze di gnomo.

E invece no, il suo avversario era Alfred stesso. Quello che lei stava cercando di salvare. Era diventato Fatman ed era la sua mano grassa ed enorme ad averla bloccata.

"Al, ma cosa stai..." mormorò, senza comprendere. Ma Fatman la scaraventò a terra.

La sua schiena strusciò per un paio di metri lungo il suolo. Si rialzò, era piena di graffi sanguinolenti che le dolevano molto.

"Suzanne!" gemette di nuovo la voce di Alfred.

Lei si voltò e vide l'uomo ancora attaccato all'albero, trattenuto dalle catene. Era quello suo marito! Fatman, separato da lui, fluttuava minacciosamente sopra di lei, come un avvoltoio.

"Pensavo fossero la stessa persona" disse, confusa.

Fatman aprì la bocca, sembrava una caverna oscura, non aveva denti né lingua, ma solo un vuoto. Si calò su di lei, la sua tuta arancione brillava nel riverbero del sole.

Suzanne si fece ombra, schermandosi la vista con le piume, lo guardò meglio e si accorse che i suoi occhi non erano quelli castani di Alfred, erano quelli rossi del demone.

Quello non era Alfred, aveva soltanto ricreato l'immagine di Fatman. Era come un guscio riempito. Ne fu orripilata, ma anche segretamente sollevata.

"Mi piace molto, questa forma" disse l'essere, usando la stessa voce del demone. Non c'erano più dubbi, era lui "Vedo che non capisci, ora ti spiego. Questo corpo mi è stato dato dal caro Alfred. Con tutta la sostanza che ha assunto in questi mesi, intorno a lui si è creata una massa che, pian piano, ha preso concretezza. E io l'ho usata per ricostruire questo intero fantoccio, che ora posso abitare, senza neppure dovergli chiedere il permesso, visto che sono il proprietario della sua anima. Gliel'ho praticamente strappato di dosso!"

Suzanne aggrottò la fronte. Era veramente una situazione assurda.

"Anche i tuoi poteri vengono dalla mia sostanza" disse il demone "Sono io ad averti reso quello che sei in questo momento"

"Sì, ma io non ho firmato nessun contratto con te" osservò la donna.

"Senza di me, tu e il tuo caro marito non vi sareste neppure mai incontrati" continuò lui.

Suzanne guardò Alfred. Alfred sollevò la faccia e la guardò a propria volta con una espressione atterrita, ma anche molto, molto stanca. Aveva le guance livide per lo sforzo di tirare le catene, e la separazione da Fatman sembrava avergli prosciugato anche le ultime energie. I capelli che si era fatto curare dal barbiere erano tutti madidi di sudore. Vene pulsanti spiccavano sul suo collo. Era l'immagine stessa di un uomo ormai sconfitto, ma che non si rassegna testardamente alla sua fine.

Suzanne non riusciva a sopportare la sua vista, le spezzava il cuore.

Improvvisamente, Fatman, o il mostro che lo animava, le fu accanto.

Le accarezzò il viso con quelle mani da obeso. Le stesse mani che Alfred aveva mosso gentilmente su di lei, ora la ripugnavano.

"Io posso lasciarvi in pace" le sussurrò in un orecchio "Potreste vivere felici, senza dovervi preoccupare mai più di me. Tu devi soltanto concedermi la tua anima, in cambio della sua libertà. Della vostra libertà. Vivrete in pace per lunghi anni... io verrò a riprendermi le vostre anime solo alla fine della vostra vita, quando ormai non vi serviranno più..."

"Aspetteresti così a lungo?" chiese Suzanne, dubbiosa.

"La mia esistenza trascende la vostra, mi basta sapere di avercele assicurate"

"Perché vuoi anche la mia? Hai già la sua."

"Sono un demone, le anime sono ciò di cui mi nutro."

Suzanne ebbe una sorta di visione onirica, era una di quelle immagini fugaci, che appariva insieme nitida e sfocata, era simile a ciò che si intravede in un sogno. Ombre, di cui non si afferravano precisamente i contorni, ma il cui senso era intuibile.

Erano le shilouette di due persone, una alta e una più bassa, un uomo dagli evidenti capelli voluminosi e una donna formosa con la gonna ampia. Erano di profilo e si fissavano negli occhi. Le due figure si stagliavano contro una parete luminosissima di colore rosso-aranciato. Come un tramonto. Oppure, più probabilmente, un'alba.

L'alba della loro nuova vita insieme. Si apriva di fronte a loro ed era bellissima e sembrava senza fine. Senza punti oscuri.

Una via d'avorio, formata da tanti tasti bianchi, come quelli della fisarmonica di Al, conduceva la coppia verso l'infinita vastità dell'universo. Segnava loro il cammino. Ed era una strada tranquilla, piena di amore, piena di luce.

Forse, molto, molto in fondo, li aspettava anche il buio, in agguato.

Ma cosa importava? C'era già qualcosa che stava crescendo tra di loro.

Una terza figurina, ancora in stato embrionale, di forma incerta, acerba. Ma presente.

Andava guidata e condotta anch'essa attraverso la lunghissima via d'avorio.

Voltandosi indietro, Suzanne constatò che la strada luminosa si era in realtà formata dall'unione di altre due, su ciascuna delle quali le due persone avevano camminato da sole. L'uomo veniva dalla via più oscura, più accidentata, la donna da quella a zig zag.

Suzanne comprese che quelle che stava vedendo rappresentavano le loro vite. Alfred veniva da una serie di fallimenti continui, lei da alti e bassi.

Quella che invece si apriva di fronte a loro, era quella vita che il demone stava offrendo loro. La tranquillità di una vita piena, intensa, felice... c'era soltanto un piccolo prezzo.

 

Suzanne si riscosse, digrignò i denti e scacciò la maestosa visione, come si scaccia una mosca fastidiosa.

Riapparve nella visuale il volto deforme del demonio che ghignava, certo di averla in pugno. Suzanne lo affrontò a viso aperto.

Piantò il suo sguardo azzurro dritto nei suoi occhi di sangue.

"Io non penso che non ci saremmo mai incontrati." disse, sprezzante.

Stavolta fu lui a guardarla confuso. "Cosa?" fece.

"Io e Alfred. Poco fa hai detto che non ci saremmo mai incontrati, se non fosse stato per te. Ma io non credo che sia così. Sarebbe successo comunque. Magari in un modo differente."

Lui sembrò irritarsi "Che cosa c'entra questo!" esclamò.

"Voglio dire che tu non controlli proprio niente, sei qui solo per un purissimo caso! Non puoi promettere pace, come non puoi muoverti fuori dal tuo corpo senza dover imbrogliare le tue vittime. Non voglio una vita perfetta. Sono stati i nostri errori a condurci dove siamo adesso. Ci portiamo dietro i nostri bagagli, ne traiamo esperienza per la vita futura. La vita perfetta non esiste. Non sarà mai così bella come quella che mi hai mostrato, ma sarà vera. Io non concederò mai niente a un essere patetico come te."

Il volto del demone diventò come di marmo. Poi si imporporò assumendo il colore di un mattone grezzo "Pensavo fossi una persona ragionevole, Suzanne, ma evidentemente sei soltanto una stupida donna che non capisce cosa sia meglio, per lei e per l'uomo che ama." disse, infuriandosi "Porterò immediatamente Alfred con me nelle profondità dell'inferno, la sua anima soffrirà i tormenti eterni e sarà tutta colpa tua..."

Ma mentre parlava, il suo corpo venne improvvisamente attraversato da una specie di saetta, che arrivò dall'alto e lo trapassò. Il demone cacciò un acuto urlo di dolore.

"Cosa succede? No, tu non dovresti esistere!" rantolò, pieno di rabbia.

Dal buco che aveva al posto della bocca esalò come uno sbuffo di vapore rovente, mentre la sua schiena si arcuava all'indietro. Fissava un punto poco distante da lui.

Suzanne non capiva, ma poi si accorse che non stava parlando con lei, sembrava che si rivolgesse a una entità invisibile.

Il demone cercò di raddrizzarsi, ma la luce attraversò di nuovo quel suo corpo, che resistette solo per pochi secondi, prima di incendiarsi e poi dissolversi di fronte alla donna, in una nube di fumo nero.

Suzanne era stupefatta. Agitò le mani piumate davanti alla faccia per disperderlo.

Cosa era appena successo? Sembrava che qualcosa, o qualcuno lo avesse neutralizzato. Ma come era possibile? Era stato merito suo? Resistere alla sua proposta aveva forse fatto intervenire una qualche entità superiore, che lo aveva attaccato, facendolo sparire?

Ci pensò ancora, finche non udì un lamento e si ricordò di Alfred.

Si mise a correre. Doveva andare da suo marito, c'era ancora il pericolo che la sua anima venisse portata via.

Ma lo vide accasciarsi, proprio un secondo prima di riuscire a raggiungerlo. Le catene disparvero dai suoi polsi e lui crollò a terra, rimanendo immobile.

Gli si gettò addosso, gli sollevò il viso. "Al" lo chiamò, urlava "Sono qui" disse "Amore..." singhiozzò.

Alfred emise un lieve respiro e aprì gli occhi, sorridendole per un breve momento.

"Suzanne... Sono stato così stupido." sussurrò "Volevo soltanto riuscire a fare qualcosa di buono nella mia vita. Sono stato vittima della mia ambizione... Non avevo niente da perdere, prima di incontrare te... Ma almeno, ho vissuto uno dei momenti migliori della mia vita, quando ci siamo sposati..."

Tacque. Chiuse gli occhi. La sua testa ricadde giù.

"Porca miseria, Al, non puoi svenire, non adesso!" gridò Suzanne "E... E la tua anima è buona, non può finire all'inferno! Dobbiamo difenderla..."

"Stai tranquilla, non ci finirà" disse una voce giovane, che pareva quella di un bambino di mille anni.

Suzanne si guardò intorno "Chi ha parlato?" chiese, allarmata. Non vedeva nessuno.

"L'anima non appartiene agli uomini, loro la prendono solo in prestito, quindi non la possono realmente vendere."

Suzanne si accorse che quella voce veniva dal basso. Fissò per terra e finalmente vide qualcosa.

Un criceto, che stava masticando qualcosa.

"Harvey?" disse, di nuovo parecchio confusa "Cosa stai mangiando?"

"Ho trovato questo foglio di carta e l'ho mangiato" disse l'animaletto.

Suzanne ne prese in mano un frammento che gli usciva dal musetto. Capì che quello altro non era che il contratto di Alfred, perché c'era una lettera del suo nome scritta col sangue.

Allora comprese tutto.

"Harvey, hai distrutto il contratto che Alfred ha firmato! Questo vuol dire... Che è annullato? La sua anima non appartiene più al demone!" si voltò verso di lui e si mise a scuoterlo "È per questo che se ne è andato! Al! Sei libero! Hai sentito? Al!"

"Sei tu che non hai sentito, Alfred non poteva vendere qualcosa che non era suo." ripetè Harvey.

"Ma allora... cosa è successo?" chiese, sempre perplessa.

"Niente, lui fa credere agli uomini ciò che vuole, per poi potergliela rubare, grazie alla loro disperazione."

Suzanne capì. Era stato tutto un gioco mentale contorto, il nemico li avrebbe manipolati a proprio piacimento. Avrebbe concesso loro quella vita meravigliosa lungo il sentiero d'avorio incontro al sole, alla fine del quale loro stessi, per rispettare quell'accordo, si sarebbero consegnati a lui.

Ma, eliminando il contratto, il demone era stato rispedito indietro, perché non aveva più nulla di concreto su cui avanzare pretese. Era stato un macchinamento astruso e pericoloso, eppure ci erano cascati con tutte le scarpe. L'anima di Alfred non era mai stata sua e ora non sarebbe più stato in grado di ottenerla. Adesso sembrava tutto così ovvio. Che questo lo avesse capito un criceto e non un umano era qualcosa che avrebbe potuto dare da pensare.

"AL!" disse lei ancora. Lo schiaffeggiò e le sue piume si staccarono tutte insieme dalle sue braccia, come foglie secche da un albero. La sostanza diabolica aveva esaurito i suoi effetti, stavolta per sempre.

Alfred riaprì gli occhi. Si sollevò a sedere e la guardò.

"Cos'è successo?" chiese.

"Harvey ti ha appena salvato le chiappe!" disse Suzanne, saltandogli addosso e abbracciandolo, in un turbinio di piume svolazzanti. Gli spiegò tutto, sconvolta e sollevata.

Alfred riuscì a ricambiare l'abbraccio e si strinsero forte a vicenda.

"Ma questo significa..." cominciò poi.

"Che Fatman non esisterà più." concluse lei per lui.

"E le tue piume?"

"Sono appena cadute giù tutte quante!" rise.

"E... E Harvey?"

Lo guardarono. Il criceto aveva perduto tutta la sua super intelligenza giusto nel giro di quei pochi secondi. Li guardava con gli occhi stupidi di un animale senza cervello che non sa parlare.

"Oh no..." mormorò Alfred. Qualcosa gli faceva male nella parete più esterna del petto, appena sopra il cuore. "È tornato a essere un normale criceto" disse.

Lo raccolse, davvero in quella testolina non esisteva più nulla della personalità quasi umana che si era sviluppata in quei mesi? Davvero Harvey ci aveva rinunciato? Ne era stato consapevole? Lo aveva fatto per lui? Davvero se lo meritava?

"Lo ha fatto per amore" disse Suzanne.

'Amore' pareva una parola troppo grossa nel senso reale, un concetto troppo astratto per essere concepito da un animaletto. Eppure, da sola, spiegava tutto.

"Aveva raggiunto un livello di intelligenza per cui sapeva benissimo che cosa sarebbe successo, una volta annullato il contratto. Ha rinunciato a saper parlare per salvarti."

Alfred lo accarezzò, commosso "Mi mancheranno le nostre chiacchierate, piccolo..." poi avvicinò le labbra al musetto del roditore "Ti voglio bene..." sussurrò.

Ad Harvey si rizzò visibilmente il pelo. Alfred ebbe un sussulto.

Forse, nei meandri profondissimi di quella piccola mente che regrediva, c'era ancora un briciolino di lucidità, sufficiente a Harvey per capire il significato di quelle ultime tre parole che aveva pronunciato. Era una speranza.

"Al..." lo richiamò Suzanne.

"Sì?"

"Abbiamo perso i poteri, ma... Stiamo ancora insieme?"

Lui la guardò "A meno che tu non volessi in realtà essere sposata con Fatman"

Lei fece una smorfia "No, io volevo essere sposata con Alfred"

"E allora non mi sembra che tu abbia sbagliato nulla..."

Si misero a ridere. Si abbracciarono di nuovo, si rialzarono e andarono, mano nella mano, a continuare i festeggiamenti per il loro matrimonio.









Spazio autrice:
Ringrazio tutti quelli che hanno letto la mia storia. Ringrazio ancora di più quelli (pochi) che hanno commentato. In particolare la mia piccola Hyk. Ti voglio bene ;) 
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro. I personaggi ivi presentati sono vagamente ispirati a persone realmente esistenti, ma non hanno alcuna relazione con esse. 

  
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