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Autore: _Gilestel_    21/04/2018    2 recensioni
Le ultime riprese di un telefilm tanto amato quanto odiato dai suoi fan, le ultime battute dei personaggi, gli ultimi abbracci del cast.
Gli ultimi sguardi delle protagoniste.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Jennifer Morrison, Lana Parrilla
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Regina era seduta sul letto della bambina che giaceva sotto le coperte. In grembo teneva un pesante libro dalla copertina di pelle aperto sulle ultime pagine. Lucy ascoltava con attenzione. Sua nonna Regina era la sua narratrice preferita, addirittura più apprezzata di suo padre, che alcune di quei capitoli li aveva scritti. Ma c’era qualcosa nella voce di sua nonna che la ammaliava. 

“E vissero tutti felici e contenti” disse Regina chiudendo il pesante tomo e accarezzando la scritta dorata sulla copertina. 

“Stooop!” urlò Eddy. “Bravissime, ragazze! Era perfetta” aggiunse suscitando gli applausi di tutto lo staff. 

Lana sorrise alla piccola Alison, che subito si buttò fra le sue braccia. La donna la strinse per qualche minuto, gli occhi lucidi per l’emozione. Non l’aveva vista crescere come era accaduto per Jared, ma non era riuscita a non affezionarsi a lei, a quello sguardo dolce e ancora puro, a quel broncio che le ricordava tanto il proprio, e in un certo senso, nonostante fosse passato meno di un anno, aveva assistito a una fase della sua vita che certamente implicava una crescita. 

E poi sentì i singhiozzi. 

“Tesoro, non piangere, o farai piangere anche me!” le disse sbattendo le palpebre e liberando le lacrime. 

“Mi mancherai” mormorò la bambina con il volto ancora sepolto nel suo grembo. “Mi mancheranno tutti.”

“Anche tu mi mancherai, piccola, ma ti sbagli se pensi che potrai liberarti di me! Ricordati che mi devi ancora una A+ in storia.”

Finalmente Alison si scostò ridacchiando tra le lacrime. 

“Va bene,” acconsentì, “ma promettimi che non ti arrabbierai se sarà una A.”

“Cercherò” le sorrise Lana. 

In quell’istante comparvero Andrew a Dania, che abbracciarono a turno le due attrici. 

“Non posso credere che sia finita!” disse lui.

“Mi mancherete così tanto!” disse Dania accarezzando i capelli della bambina fra le sue braccia.

“Non potrò fare la nonna bella e giovane per sempre” dichiarò Lana suscitando l’ilarità del gruppetto. 

Dal fondo del set, Jennifer sorrise alla scena: era davvero come vedere Regina con un Henry cresciuto, ormai sposato e padre di una bellissima bambina. Era una scena stranamente familiare, che le scaldava il cuore, ma in un certo senso si sentì estraniata, quasi esclusa. Anche Emma faceva parte di quella famiglia, ma chissà per quale motivo era stata esonerata, proprio come lo era stata lei. 

 

“Ti giuro che Hugo è molto più impegnativo di quanto lo sia mai stato Oliver” disse Ginnifer prendendo il bicchiere di prosecco che la cameriera le stava porgendo e ringraziandola velocemente. “A volte penso che ci abbiamo messo troppa energia nel concepirlo.”

Jennifer rise di gusto poi prese a sua volta un bicchiere e sorrise alla ragazza che le guardava con occhi sgranati. Probabilmente era la prima volta che lavorava in un party con dei vip. Vip non esattamente di serie A, pensò Jennifer, ma comunque di un certo rilievo. 

“Sono così felice di aver trovato Samantha! Josh e io vogliamo proporle di trasferirsi con noi a LA.”

“Davvero?” le chiese la bionda alzando le sopracciglia. 

“Sì, con i bambini è fantastica. E poi è ancora giovane, Los Angeles è la città ideale per una ragazza.”

“Beh, forse è un po’ troppo ricca di... distrazioni?” 

“Oddio, Jen, non è che voglia iniziarla all’uso di droghe, dovrà pur sempre badare ai miei bambini. È solo che Los Angeles ha molte opportunità da offrire a una giovane ragazza.”

“Perdonami Ginny ma non ho capito: vuoi che la ragazza faccia la baby sitter o che spicchi il volo?” chiese Jen. 

“Voglio che faccia la baby sitter ma dovrò pure convincerla ad allontanarsi da casa in qualche modo!”

Jen scosse il capo. Voleva davvero molto bene a Ginny ma a volte faceva fatica a capirla. 

In quel momento dietro la sua amica comparve Lana, che si intrufolò nella conversazione cingendo con un braccio la vita della collega. 

“Mi spiace interrompervi, ma Josh mi manda a dire di non esagerare con le bollicine” disse sorridendo. 

“Lo stesso vale per lui” rispose Ginny indirizzando lo sguardo verso il marito che la stava osservando dall’altra parte della sala e sollevando leggermente il bicchiere in segno di saluto. 

“Quindi partite già domani?” chiese Lana. 

“Sì, abbiamo l’aereo domani sera” confermò l’altra. “Giusto per precauzione ho preso un biglietto in più.”

Lana chiese la motivazione e la collega si prodigò nella spiegazione di quello che era il suo progetto per la baby sitter. Jen si estraniò per qualche secondo, l’outfit della mora era molto più interessante: indossava un abito nero dalla spalla larga che scendeva in un profondo scollo a v e che si trasformava in una minigonna blu con due strisce verticali nere sul davanti, ai piedi portava degli stivali che le arrivavano sopra il ginocchio. Jen pensò che quegli stivali le piacevano molto e che le piacevano molto su Lana. L’immagine che le invase la mente subito dopo fu quella di Lana con indosso solo della lingerie e quegli stivali. Si schiarì la gola per cercare di fare lo stesso con i pensieri, poi si portò il bicchiere alle labbra. Ginny interpretò quel gesto a modo suo e decise di lasciare le due donne da sole. 

“Vado ad assicurarmi che Josh sia ancora in grado di guidare” disse prima di allontanarsi. 

Lana le sorrise, poi si voltò verso Jen.

“Com’è il vino?” le chiese e, senza nemmeno darle il tempo di rispondere, afferrò il suo bicchiere, indugiando per qualche istante nel contatto delle loro dita. 

“Non male” rispose la bionda invidiando con tutta se stessa il bicchiere che aveva la fortuna di toccare quelle labbra. “Tu invece quando hai intenzione di partire?” 

“Fra qualche giorno. Devo finire di imballare alcune cose poi credo che prenderò un aereo per New York.”

“Ancora nulla di deciso, quindi?” domandò Jen con un tono quasi speranzoso. 

“No, non ancora.”

“Ragazze, stanno portando la torta” le informò Bex con la sua voce squillante, prima di portarsi via la sua amica. 

Jen rimase immobile, avrebbe voluto lanciare un’occhiataccia alla rossa ma il suo sguardo finì irrimediabilmente sul fondo schiena di Lana, così quasi si spaventò quando si ritrovò Bex al suo fianco. 

“Smettila di fissarle il culo e vieni a mangiare la torta” le bisbigliò all’orecchio. “La sua torta potrai mangiarla dopo.”

 

Come aveva previsto Rebecca, quella notte finirono di nuovo a letto insieme. Il vino aveva inebriato i sensi di entrambe, facendole gravitare una attorno all’altra per tutta la sera, scambiandosi sguardi e sfiorandosi continuamente, in maniera quasi spavalda per il loro standard. Alcuni componenti del cast erano nuovi e non avevano assistito ai loro primi mesi, ma le due sapevano che anche loro sapevano. Tutti sapevano. 

Non c’era stato bisogno di dirsi nulla, alla fine del party Lana era tornata a casa e cinque minuti dopo Jen aveva parcheggiato nel suo vialetto, trovandola fuori con Lola, che subito le era corsa incontro a reclamare qualche carezza. Dopo aver coccolato la cucciolona, Jen si era alzata e non aveva resistito all’impulso di baciarla, lì fuori, in mezzo alla strada, in quella fresca notte di marzo. Era stato rapido ma c’era stato. Per la prima volta Jen l’aveva baciata in uno spazio aperto, dove avrebbe potuto essere bersaglio di sguardi indiscreti. 

Erano salite in camera, chiudendosi la porta alle spalle e Jen le aveva preso il volto tra le mani, dandole un bacio appassionato e liberatorio. Avevano fatto l’amore in modo frenetico, senza fermarsi fino alle prime luci dell’alba. 

 

Jen si svegliò poco prima di mezzogiorno, e di nuovo si ritrovò in un letto vuoto. La porta della camera era chiusa quindi immaginò che Lana volesse darle un po’ di tranquillità ed evitare che fosse svegliata dalla belva feroce. 

Scostò le lenzuola e si alzò, dirigendosi verso la cassettiera, da cui estrasse una maglia e un paio di leggings. Nonostante odorassero di bucato, avevano il profumo di Lana. 

Scese in cucina e la trovò vuota. Sbirciò in soggiorno ma nemmeno lì trovò nessuno, solo qualche scatola di cartone contro le pareti e i mobili ormai vuoti.  Di sicuro, se ci fosse stato qualcuno in casa, Lola le sarebbe corsa in contro, così concluse che Lana doveva essere fuori con la bambina pelosa.  

Tornò in cucina e decise di preparare un buon tè. Cercando nei vari scomparti della credenza trovò l’infusore di marca che le aveva spedito dalla Francia un paio di anni prima. 

Sentì la porta dell’ingresso aprirsi e qualche istante dopo fece capolino la mora, addosso una giacca nera, da cui spuntava il cappuccio di una felpa, e dei jeans. 

“Buongiorno, bella addormentata!” disse Lana con un sorriso. 

“Non è colpa mia se questa mattina ero distrutta” rispose Jen con un ghigno compiaciuto. Lana non disse nulla, si avvicinò e la baciò. “Sto preparando il tè, ne vuoi un po’ prima di pranzo?”

“Sì, grazie. Scegli pure tu il gusto” disse sedendosi sullo sgabello dell’isola. 

Rimasero in silenzio per qualche istante, Jen che mescolava lo zucchero, mentre Lana stringeva la tazza con le mani. La stava guardando da qualche minuto ma la bionda, dannata dal costante bisogno di non sentirsi minacciata, continuava a fissare il liquido che vorticava tra quelle pareti di ceramica. 

“Quanto tempo ci rimane?” le chiese. 

Jen finalmente alzò lo sguardo e la fissò. Non sapeva cosa rispondere perché non ne aveva idea. Non aveva programmi nell’immediato futuro, se non quello di tornare a casa, o meglio in una delle sue case. Non aveva preso biglietti perché detestava volare e, non avendo faccende urgenti da sbrigare, era arrivata in auto, con l’intenzione di usarla per il rientro. Magari sarebbe passata a salutare i suoi a Chicago e poi?

“Vieni a casa con me” disse Jen senza pensarci. 

Lana scosse la testa, presa alla sprovvista da quella domanda. “A casa? Intendi qui a Vancouver?”

“No, a New York. Vieni con me a New York.”

“Devo ancora finire di impacchettare tutto, devo aspettare il furgone dei traslochi...”

“Quando arriva?” domandò Jen. 

“Domani sera.” 

“Allora partiamo domani sera. O il giorno dopo se preferisci” disse come se fosse la cosa più semplice del mondo. “Passiamo da Chicago e poi andiamo a New York. Un bel viaggio in auto per qualche centinaia di chilometri, noi due da sole, come Emma e Regina.”

Lana sorrise a quell’ultimo paragone. Non era un’amante dei lunghi viaggi in auto: erano scomodi e noiosi, senza contare che lungo la strada, lungo le interminabili e deserte strade degli immensi territori americani, poteva capitare qualsiasi cosa. A differenza di lei, Jen era abituata a fare quel viaggio, spesso da sola. Per un certo verso quella proposta la spaventava perché rappresentava un’incognita e al tempo stesso qualcosa di definitivo: uno strano giro di boa dopo il quale il percorso sarebbe stato completamente sconosciuto. Eppure aveva anche il sapore dell’avventura, di un ritorno agli anni in cui la sconsideratezza era sinonimo di ingenuità e innocenza. 

“Allora,” mormorò Jennifer riscuotendola dai suoi pensieri, “pensi di poter stare sola con me per tutto quel tempo?”

La sua era una domanda idiota, ma meritava comunque una risposta. 

“Aiutami con le ultime scatole,” le disse con tono malizioso, “così possiamo riposarci un po’ prima della partenza.”

  
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