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Autore: Yutsu Tsuki    29/04/2018    2 recensioni
Dal primo capitolo:
“Osservando il suo volto, si accorse di una cosa. Tutti quegli anni passati dietro a due spesse lenti rotonde gli avevano fatto dimenticare di quanto belli fossero i suoi occhi. Erano di un verdeacqua chiaro, ma intenso, quasi luminoso. Si avvicinò ancora allo specchio e allungò la mano, come per poter afferrare quel colore che era un misto fra il cielo azzurro senza una nuvola ed un prato fresco d'estate.
Voleva toccarli, sfiorare quella luce e immergersi in essa, ma venne bruscamente interrotto dalle urla di sua sorella: — Keeeen! Vieni a cena, è prontooo!
Si allontanò in fretta dalla sua immagine riflessa. Per un attimo restò senza parole. Era rimasto affascinato dal suo stesso volto. Poi scoppiò a ridere, rendendosi conto dell'assurdità della cosa.
Aprì la porta della stanza gridando: — Mi chiamo Kentin!! — e corse in cucina.”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dolcetta, Kentin, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 27


Notte







Fu come risvegliarsi da uno di quei sogni piacevoli che capitano quando meno te lo aspetti. Quelli che intuisci essere solo fantasia, ma che cerchi di goderti più che puoi finché durano. Quelli che ti lasciano una gradevole sensazione addosso, un senso di felicità che perdura anche dopo esserti svegliato. Con la differenza, però, che questa volta il sogno era realtà.
Non appena riaprì gli occhi, la prima cosa che Kentin provò fu una gioia incalcolabile. Aveva aspettato da una vita quel momento, l’aveva sognato ogni giorno, si era anche preparato per quando sarebbe arrivato, e ora finalmente ce l’aveva fatta. Dopo anni e anni di sottomissione, di lotta e di dolore, finalmente Candy aveva accettato!
Per tutto il tempo in cui i loro corpi si erano trovati nel più stretto contatto mai avuto, si era sentito pervaso da una scarica travolgente che gli aveva conferito un calore nuovo. Una sensazione di sollievo che, era certo, gli sarebbe bastata per il resto dei suoi giorni.
Ma fu proprio la fine di quel calore ad accrescere ancora di più il gelo che seguì.
— Hai freddo — disse a Candy, mentre, guardandola con dolcezza, le accarezzava la guancia congelata. — È meglio che rientriamo.
La ragazza riuscì solo ad annuire, ancora intontita per ciò che era accaduto.
Sorreggendola con entrambe le braccia, Kentin si rialzò insieme a lei e, in silenzio, attraversarono il prato del liceo. La pioggia continuava a battere quasi più forte di prima, ma nulla poteva scalfire il suo cuore ormai appagato.
Arrivati al portone d’ingresso, tentarono, prima di entrare, di rimuovere un po’ d’acqua dai loro vestiti e Kentin aiutò Candy a strizzare i capelli imbevuti di pioggia. Non appena furono dentro notarono che la quantità di persone rimaste nella hall si era notevolmente ridotta dall’ultima volta che vi erano stati. Solo alcuni studenti e professori erano ancora seduti sui divanetti a chiacchierare.
Cercando di non dare nell’occhio - più per la vistosa scia d’acqua che si portavano dietro, che per altro - si incamminarono a testa bassa in direzione degli ascensori, quando all’improvviso una potente voce maschile li fece sobbalzare entrambi.
— Eccoli! — Il grido del prof. Stikonski sovrastò il leggero brusio presente in sala. Di fronte a loro, proprio davanti alla mensa, erano riuniti i tre professori del Dolce Amoris e gli altri compagni di classe. I volti di tutti non lasciavano trasparire altro che panico e preoccupazione.
Dal crocchio di persone emerse minacciosa la figura della professoressa Moreau, che, fuori di sé, si avventò rapidamente su Kentin e Candy.
— Voi due! — insorse — Siete spariti per oltre mezz’ora! Vi rendete conto che vi abbiamo cercati OVUNQUE? Dove siete stati per tutto questo tempo?! — Il suo sguardo glaciale si spostò dai loro volti ai loro indumenti, che, zuppi com’erano, lasciavano ben poco all’immaginazione.
Afferrata da sola la risposta, continuò, ancora più infuriata di prima: — Come vi è saltato in mente di uscire fuori dal liceo a quest’ora e con questo temporale?
I due erano talmente mortificati che non riuscirono a spiccicare parola. Kentin fece cadere furtivamente lo sguardo sul suo orologio, che, sopravvissuto per miracolo all’acquazzone, segnava già le undici. Possibile che fossero stati via per tutto quel tempo? Era chiaro che i professori si fossero preoccupati per loro, non trovandoli da nessuna parte. E probabilmente pure i loro compagni, che ora erano tutti in piedi che li fissavano, si erano dati da fare nella ricerca. In effetti non era stata una mossa geniale scappare fuori sotto la pioggia senza dire niente a nessuno: avrebbe potuto almeno avvisare Alexy. Ma la fuga di Candy era stata troppo improvvisa per lasciar tempo a delle spiegazioni.
A pochi metri di distanza dalla folla notò il professor Faraize seduto in modo scomposto su una poltrona. Il viso pallido e sconvolto, fisso su un punto indefinito, la mano sinistra appoggiata alla fronte e la destra che reggeva quello che sembrava un bicchiere di Brandy.
— Allora? Ditemi qualcosa! — esclamò la Moreau, che giustamente pretendeva di sapere la verità.
— È stata colpa mia — risposero entrambi all’unisono. Con stupore si girarono a guardarsi, sorpresi per aver detto la stessa cosa senza essersi messi d’accordo.
La professoressa fissò con occhi stralunati le facce dei ragazzi, come a voler leggere ciò che stava passando per i loro cervelli; ma resasi conto che era del tutto inutile insistere, li richiuse lentamente e se li coprì con le due dita della mano in segno di rassegnazione.
— E va bene — dichiarò dopo aver tirato un lungo sospiro di comprensione. — Non voglio minimamente sapere che cosa stavate facendo là fuori. Ma che non si ripenta MAI più. E ora filate immediatamente nelle vostre camere a farvi una doccia.
Non se lo fecero ripetere altre volte. Con gli sguardi chini sorpassarono velocemente lei e gli altri due professori, che erano rimasti in silenzio e imbarazzati per tutto quel tempo. Dopo averli visti, il volto di Faraize aveva riacquistato il suo colorito roseo. Continuando a camminare, incrociarono, poco più avanti, i loro compagni di classe. Candy proseguì senza fermarsi verso gli ascensori, mentre Kentin rallentò appena il passo per rivolgere un leggero sorriso - prontamente ricambiato - ad Alexy, come a dire “È finita. È tutto a posto”.
Quando fu sul punto di entrare nell’ascensore insieme a Candy, qualcuno alle sue spalle fermò la ragazza, chiamandola timidamente per nome. Si voltarono contemporaneamente, ritrovandosi di fronte un Dake dall’espressione confusa e curiosamente impaurita - a causa, forse, della precedente sfuriata della Moreau che era rimbombata per tutta la hall.
— Tutto a posto? — domandò a Candy, prendendola per un braccio. A quel gesto Kentin scattò verso di lui senza rifletterci.
— Non osare toccarla — gli ringhiò contro, frapponendosi fra loro e costringendolo così a lasciarla andare. — Tra voi è finita — scandì a denti stretti.
Continuando a fissarlo con sguardo truce, trascinò Candy dentro l’ascensore insieme a lui e schiacciò il bottone del sesto piano. Notando che Dake era rimasto ancora più inebetito di prima, si rivolse infine a lui esclamando — Capish? — e lasciò che le porte si richiudessero davanti alla sua bocca aperta.
Mentre l’ascensore saliva, Kentin respirò a fondo più volte per placare l’ira che lo aveva invaso e che gli aveva fatto salire il sangue al cervello. Dalla sua sinistra Candy non poté trattenere una piccola risata e, dopo qualche secondo, dire in tono divertito: — Comunque non era mai cominciata.
Si girò verso di lei sorridendo, col cuore che traboccava di gioia dopo quella breve ma appagante frase. Leggendo negli occhi dell’altro lo stesso stato d’animo, insieme scoppiarono a ridere con fragore.
— Hai visto la faccia di Faraize?! Era... — proruppe Candy con le lacrime agli occhi.
— ...impagabile! — concluse lui fra un singhiozzo e l’altro.
L’euforia era così difficile da contenere, che ad un improvviso sbalzo dell’ascensore Candy perse l’equilibrio, e fu solo grazie alla presa di Kentin, se non finì giù per terra.
Senza smettere di ridere lo attirò a sé seppellendo la sua faccia nella spalla di lui, il quale ricambiò contento l’abbraccio. Si sentiva felice. Era la sensazione più bella del mondo stare tra le braccia della persona amata: finalmente, dopo tanto tempo, aveva ritrovato quella pace troppo a lungo dimenticata.
Non appena l’ascensore giunse all’ultimo piano, stando attenti a non venire scorti da altri studenti, attraversarono il corridoio e arrivarono fino alla loro camera. Dopo essere entrati ed aver richiuso la porta, su di loro scese il silenzio.
Candy era davanti a lui, a pochi centimetri dal letto. Fradicia dalla testa ai piedi ma con un sorriso che si stava formando sulle labbra. Kentin si avvicinò lentamente, senza toglierle gli occhi di dosso e gettando la chiave elettronica sul tavolino alla sua destra.
Finalmente erano soli. Nessun compagno, professore o agente atmosferico che li avrebbe distratti. Solo lui e lei.
La tentazione era troppo forte e Kentin si avvicinò al suo volto, ma Candy lo fermò in tempo.
— Aspetta, prima la doccia — disse prendendogli le mani.
Kentin rimase un po’ dispiaciuto, ma in effetti la ragazza aveva ragione. Erano ancora pieni di fango dalle ginocchia ai piedi, e impantanare tutta la camera di melma non era certo una mossa intelligente.
— Vai prima te — continuò lei.
— Sei sicura?
Candy annuì sorridente.
— Faccio veloce — concluse Kentin, prima di dirigersi in bagno.
Strizzò gli indumenti intrisi d’acqua e li appese ad uno stenditoio attaccato al muro, dopodiché entrò nella doccia.
Mentre si lavava non poté fare a meno di pensare a Candy e a quello che di lì a poco li avrebbe aspettati. La nuova vita che aveva davanti rappresentava una novità per lui; tuttavia era come se sapesse perfettamente come comportarsi. Come se si fosse preparato per anni a quel momento.
Uscito dalla doccia, fece per indossare l’accappatoio, ma poi, senza sapere perché, ci ripensò e si limitò a legarsi solo un asciugamano in vita.
Quando rientrò in camera, Candy era china per terra che stava cercando di asciugare con il fon le scarpe imbevute d’acqua. Non appena lo vide, si irrigidì e distolse subito lo sguardo rialzandosi in piedi. Posato il fon sul tavolo, si diresse verso il bagno. Per un attimo fu tentata di avvicinarsi a Kentin, ma si ricordò appena in tempo di essere ancora bagnata di pioggia e di non poterlo sporcare di nuovo. Senza dire una parola, si morse un labbro e corse nell’altra stanza.
Kentin ridacchiò compiaciuto per la reazione che Candy aveva avuto. Forse era stato un po’ crudele a presentarsi con tutta quella carne all’aria, ma dopotutto era il caso che cominciassero a non vergognarsi, ora che erano diventati più... intimi.
Fece un lungo respiro e si avvicinò alla finestra. Per la prima volta si rese conto di quanto la città fosse semplicemente affascinante di notte.
In un istante si sentì più potente e vivo che mai. Sarebbe stato in grado di uscire fuori e saltare da un’edificio all’altro. In mezzo ai tetti bagnati delle case, che brillavano colpiti dai raggi lunari, il suo riflesso lo osservava con un’espressione del tutto diversa da quella che aveva avuto poche ore prima. Ne avevano passate tante assieme, ma finalmente ora era finita.
Un quarto d’ora più tardi, la porta del bagno si riaprì e Candy tornò in camera con un asciugamano avvolto attorno al corpo e una faccia serissima.
— Volevo dirti una cosa — annunciò con tono solenne a Kentin, guardandolo dritto negli occhi e aspettando che l’ascoltasse. — Il patto di amicizia è rotto.
In un attimo tutto l’entusiasmo di poco prima si dissolse. Non capì subito cosa volesse dire, né perché. Avvertì solo una crescente agitazione dentro di lui.
Fece per aprir bocca, ma la ragazza lo precedette. — Adesso stiamo insieme, no? — e inaspettatamente gli rivolse un sorriso a trentadue denti.
Una volta afferrata la verità, Kentin tirò un sospiro di sollievo e allo stesso tempo ebbe l’impulso di prenderla e riempirla di pizzicotti per averlo fatto preoccupare inutilmente.
Ma d’altronde, perché reprimere quell’impulso del tutto lecito?
Balzò verso di lei e dopo averla afferrata, la buttò sul letto, seguendola per riempirla di solletico. — Sei terribile, lo sai? — esclamò, mentre Candy si dimenava fra singhiozzi incessanti.
Continuò a torturarla per diversi minuti, prima di soffocare ogni sua risata in un bacio improvviso.
La ragazza sussultò per l’emozione, ma ancora di più quando sentì le forti braccia di Kentin scivolarle sotto la schiena per cingerla in un caloroso abbraccio che la fece completamente sciogliere. Prima di perdere l’ultimo barlume di lucidità, però, riuscì a ricambiarlo, spostando le mani tremanti sulla schiena nuda di lui e toccando, per la prima volta, la sua pelle ora rovente. C’era una gran confusione all’interno della sua pancia. Quelle che dovevano essere farfalle, parevano piuttosto vespe, che volando andavano a sbattere ovunque, mandando in subbuglio lo stomaco e tutte le interiora.
Non avrebbe rinunciato a quella sensazione per nulla al mondo.


Coperti da un fine strato d’acqua, i marciapiedi di Londra rilucevano ai bagliori dei lampioni e delle stelle. Il diluvio di quella sera era ormai un lontano ricordo.
La mano di Kentin si spostava lenta dalla nuca alla schiena di Candy, accarezzando con delicatezza ogni angolo che incontrava. Una volta scesi sotto le coperte, senza bisogno di dirsi niente, si erano stretti in un forte abbraccio e non si erano più lasciati. Nessuno dei due, però, era capace di addormentarsi in quella posizione.
A Kentin vennero in mente tutte le tre notti che avevano passato in quella camera dall’inizio della gita. La prima notte, così inaspettata e con Candy così vicina a lui, l’aveva passata all’insegna dell’imbarazzo. La seconda la ricordava come una notte tenera, con le loro due mani ancora unite la mattina dopo. Mentre la terza era stata quella terribile notte dopo il litigio con Candy a causa di Dake. In quest’ultima notte, invece, non sapeva ancora cosa sarebbe successo. L’avrebbero deciso insieme di lì a poco.
Ma la cosa certa era che questa sarebbe stata la più speciale.
La loro notte.
Dopo un po’ di tempo il ragazzo si scostò appena, per poter vedere meglio il viso di Candy. Gli occhi scuri e profondi di lei erano stanchi, ma grandi e pieni di appagamento. Quel viso era la cosa più preziosa che ci fosse ora.
Poggiò la mano sulla sua guancia, vagando con i polpastrelli dallo zigomo alla linea della mandibola, premendo appena per sentire di più il contatto con la morbida pelle.
Poteva avvertire sul proprio petto il battito del cuore di Candy farsi sempre più incalzante, mentre lo guardava carica di amore.
— Non sai per quanto tempo le abbia desiderate — pronunciò lui portando il pollice sulle sue soffici labbra.
— Ora potrai averle tutte le volte che vuoi — rispose Candy in un sussurro.
Non se lo fece ripetere due volte e le impresse un lungo e tenero bacio, il terzo dall’inizio di quella notte.
Poi qualcosa si intrufolò fra i loro volti. Una mano di Candy si era spostata sul suo viso e stava stropicciando gli occhi. Sentendo tirar su col naso, Kentin si agitò. — Che succede? — domandò notando due lacrime luccicare alla luce lunare.
— Niente — disse Candy stringendo la sua maglietta per tirarlo verso di sé. — Sono solo felice. Tu sei semplicemente perfetto, e io sono così fortunata che il mio primo bacio sia stato con te.
Il cuore di Kentin si riempì di gratitudine. Anche per lui era tutto perfetto, non poteva desiderare ragazza migliore, tuttavia il suo sorriso si affievolì quando gli venne in mente che per lui non era lo stesso, che il bacio di quella notte con Candy non era stato il primo “serio” che aveva avuto. Il ricordo di quel vecchio episodio con Ambra lo destabilizzò e lo fece sentire in un certo senso colpevole di aver macchiato quella loro personale perfezione.
Mentre era immerso nei suoi pensieri, avvertì di nuovo le labbra di Candy sulle sue, e si dimenticò in fretta di ogni tormento. Improvvisamente la ragazza di staccò da lui e rivolse l’attenzione sulla sua guancia sinistra. Senza smettere di guardarla, si avvicinò quasi a rallentatore le depositò sopra un altro lungo e tenero bacio.
— E questo perché? — chiese Kentin, dopo che Candy si fu riappoggiata sul cuscino.
— Scusa per lo schiaffo che ti ho dato — rispose mogia, mordendosi un labbro.
Kentin sbuffò. — Che ti avevo detto riguardo al passato?
— Di dimenticarlo... — sorrise Candy — ma questo non fa parte del passato!
— Sì, invece! — ribatté tirandosi leggermente in su e andandosi ad appoggiare su un gomito. Le rivolse uno sguardo dolce e cominciò ad accarezzarle i capelli. — Da questo momento per noi comincerà nuova vita. Di tutto quello che è avvenuto prima voglio... che ricordiamo solo le cose belle e i momenti felici. Tutto il resto è servito solo per arrivare a quello che siamo ora.
— E cosa siamo ora?
— Uhm... “fidanzati” è troppo antico?
— No, va benissimo — esclamò Candy, prima di imprimergli un altro bacio sulle labbra. — Oh, no! — esclamò poi, emettendo un soffocato gemito d'angoscia.
— Cosa c’è?
— Oggi era il tuo compleanno! E non ti ho neanche fatto gli auguri come si deve.
— Ma che dici, hai organizzato la festa per me, te ne sei dimenticata? Io semmai non ti ho ringraziato come si deve. E comunque — aggiunse Kentin cercando di leggere l’ora sul suo orologio, — mancano ancora cinque minuti a mezzanotte.
— Esprimi un desiderio — sussurrò Candy.
Lui chiuse gli occhi. — Fatto.
— Che cos’era?
Ma Kentin sorrise senza rispondere.
— Dai, che cos’era!?
Kentin non le disse mai quale desiderio aveva espresso, ma non aveva alcun dubbio. Ciò che più desiderava in quel momento, era di poter passare il resto della sua esistenza assieme a lei.


***



Quel giorno la chiesa sembrava un castello delle fiabe. Le enormi vetrate lasciavano entrare più luce del solito ed ogni panca, sedia e colonnato era decorato con profumatissime peonie dalle mille tonalità di rosa.
La cerimonia era da poco finita, ma l’atmosfera febbricitante che per tutto il tempo aveva aleggiato all’interno della basilica aveva invaso pure il sagrato, dove tutti gli ospiti si stavano riunendo per accogliere gli sposi che di lì a poco sarebbero usciti.
Senza preoccuparsi di dare nell’occhio, Alexy si mise ad improvvisare un piccolo balletto di gioia.
— Per quanti anni ancora continuerai con questa storia? — lo squadrò Melody con profonda indignazione.
— Di che si tratta? — Domandarono Kim ed Iris avvicinandosi a loro.
— Alexy e la sua solita mania di protagonismo — sbuffò ancora Melody.
— Lo sapevo! Ero certo che si sarebbero sposati — esclamò il gemello dai capelli azzurri.
— Dai, fratello, non era difficile immaginarlo — intervenne Armin, che non smetteva un secondo di tormentarsi la cravatta.
— Tu avrai anche predetto il loro matrimonio, ma io ho indovinato con impeccabile precisione quale abito da sposa avrebbe indossato lei, il che era molto più difficile — squillò fiera Rosalya, mentre cercava di farsi spazio per ottenere un posto in prima fila.
Dietro di lei Violet ridacchiava divertita, mentre Peggy sembrava distratta da qualcun altro poco più lontano. — Guardate, non mi ero accorta che ci fosse anche Ambra.
La bionda, a braccetto con suo fratello Nathaniel - che pareva non poterne più di lei - aveva un’espressione così forzatamente annoiata, che sembrava le fosse stata cucita in faccia con ago e filo.
— Ma quanto ci mettono ad arrivare? — riprese Alexy. Poi, guardando in un punto distante, dove erano riuniti altri invitati, urlò: — Ehi, piccioncini, volete unirvi a noi o vi facciamo troppo schifo? Sono peggio del Super Attak, quei due.
E poi c’erano loro.
Kentin e Candy udirono la voce del loro amico, ma indugiarono ancora, prima di raggiungere il resto dei compagni di classe.
Da quando erano tornati da quella gita a Londra, come era prevedibile l’annuncio della loro relazione aveva fatto in pochi secondi il giro della scuola, ma dopotutto andava bene così. Cercare di nascondere la cosa sarebbe stato pressoché impossibile: come aveva detto Alexy, non riuscivano a stare un attimo lontani l’uno dall’altra.
— Dico sul serio. Nei matrimoni è proibito essere più belle della sposa e tu stai commettendo un reato.
— Senti chi parla! Con questa giacca così attillata stai quasi meglio che senza niente addosso.
Risero insieme, poi ad un tratto Candy divenne seria. — A che pensi? — le chiese con dolcezza Kentin.
— Stavo ripensando a quando eravamo sul London Eye — rispose lei guardandolo con profonda intensità — Tu mi hai insegnato a non giudicare gli altri dall'aspetto fisico. Perché quello che conta davvero sta qui. — E poggiò una mano sul petto di Kentin. — Ti ringrazio per questo.
Il ragazzo la prese portandola all’altezza della bocca e accarezzandone il dorso con le labbra.
— L’insegnamento più grande me l’hai dato tu — sussurrò.
— Ovvero?
— Di non smettere mai di combattere per la persona che amiamo — pronunciò lentamente, lo sguardo carico d’affetto.
Candy sorrise, e con gli occhi che brillavano rispose: — Così mi fai commuovere. E rischio di sciogliermi tutto il trucco.
— Allora sarà meglio che raggiungiamo gli altri — rise Kentin. — Alexy sembra non poter resistere due minuti senza di noi.
— Senza di te, magari — scherzò Candy dandogli una leggera gomitata.
— Piantala! — esclamò cercando di farle il solletico.
Si decisero a riunirsi agli altri e qualche minuto più tardi tra le grida, gli applausi e, naturalmente, i lanci di riso, comparvero Mr. Faraize e Mrs. Moreau - ora Mrs. Faraize. Mentre li guardava, Kentin non poteva che immaginare lui e Candy al loro posto ed era certo che anche per lei fosse lo stesso. Tuttavia accelerare il tempo non era fra i suoi desideri. Avevano ancora molta strada da percorrere insieme, e per adesso non vedeva l’ora di assaporare ogni singolo attimo che la vita avrebbe riservato loro. Ogni cosa sarebbe arrivata a tempo debito.
— Lo so a cosa pensi — gli disse sereno Alexy. — Tranquillo, il mio sesto senso da Cupido mi dice che i prossimi sarete voi.
Kentin preferì non ribattere e si limitò a sorridere.
Nel frattempo attorno agli sposi si era creata una gran confusione. Alcune amiche della sposa avevano insistito per anticipare il fantomatico lancio del bouquet, così diverse donne si radunarono l’una accanto all’altra per contendersi il preziosissimo premio. Tra queste vi era anche Rosalya, che sgomitava per farsi spazio, pronta a saltare.
Tra le risate generali Mrs. Faraize prese posizione dando loro le spalle. Il tiro fu più energico del previsto, così tanto che il bouquet finì per superare il gruppetto di nubili, e per cadere dritto dritto fra le braccia di...
— Kentin! — urlarono tutti i suoi compagni di scuola, stupiti.
Divenuto istantaneamente rosso dalla vergogna, non seppe cosa dire; il suo primo gesto fu quello di voltarsi verso Candy. Lei scoppiò semplicemente a ridere, mentre Alexy, sghignazzando, gli mise una mano sulla spalla.
— Ora non hai più scuse, amico.






✤✤✤




Beeeene.
Se mai qualcuno dovesse leggere questo capitolo, di certo ce l'avrà a morte con me per averci messo così tanto tempo (tre anni *coff*) a scriverlo, ma finalmente eccolo qui concluso!
Ho passato un lungo periodo caratterizzato da zero ispirazione, per questo non ho avuto la capacità mentale per andare avanti. In ogni caso ringrazio ognuno di voi che avete seguito con costanza questa fanfic, sopportando le lunghe attese fra un capitolo e l’altro. È durata anni quest’agonia, ma finalmente posso metterci un punto e dedicarmi ad altro. Posso dirvi che ho già in lavorazione un’ultima storia su questo fandom, dopo la quale credo che non ce ne saranno altre x)
Arrivederci a tuttiiii<33
   
 
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