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Autore: Nahash    29/04/2018    2 recensioni
Dietro il suono delle bombe, lo scoppio dei ricordi: un bambino troppo piccolo per responsabilità troppo grandi, il dolore della guerra, l'amicizia ferita, l'amore disilluso, il corpo vuoto e solo accanto all'affetto più puro del mondo.
[Slice of life|spin-off da "la ballata dei petali caduti"| Character: Ludwig Dubois]
Genere: Angst, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Disclaimer: La storia che vi apprestate a leggere è di proprietà della rispettiva autrice, così come i personaggi in essa contenuti, fatta eccezione per quelli citati che fanno parte della trascorso storico e della cultura popolare.Ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale, non voluto e senza alcuno scopo di lucro.I personaggi presenti nella narrazione sono fittizi e per lo più maggiorenni. Ciò che li riguarda nella trama non violerà il contenuto del regolamento di EFP.

Note: Ciao a tutti! Mi sono lanciata in questa nuova avventura grazie al suggerimento e all'incoraggiamento di una scrittrice presente anche qui su EFP e sto parlando di Ita rb.
Lei che ha letto: "La ballata dei petali caduti" mi ha detto: "Perché non scrivi una piccola storia dove racconti alcuni momenti fondamentali della vita di Ludwig?"
Ecco, io l'ho presa in parola! Ho tanto da dire suoi miei personaggi, semplicemente perché creo menti e caratterizzazioni complesse (eh le cose facili non mi piacciono haha) e quindi mi sembrava l'occasione giusta!
Chiarisco subito che questa storia può essere letta anche separatamente, non dovete aver letto per forza la "ballata", in caso questa mini long vi incuriosisca e vi porterà a leggere anche la storia principale, non potra che rendermi felice!
Detto tuuuutto questo, vi lascio alla lettura, sperando che possiate lasciami un commento che vi piaccia la storia oppure no =)
Ps: la storia è già stata tutta scritta, l'aggiornamento sarà costante. Una volta a settimana (salvo complicanza e imprevisti della nostra cara e amata vita xD) il capitolo dovrebbe arrivare di domenica!

 

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«Allora, Natthasol, che storia vuoi che ti legga?» Ludwig aveva appena avvicinato la poltrona al letto di suo fratello. Quasi tutte le sere, con la scusa di non addormentarsi, Natthasol lo pregava di leggergli qualcosa e, senza neanche dover faticare molto, Ludwig accettava.

«Non lo so, sono indeciso!»

«Tra cosa?»

Natthasol si era salito sul letto, aveva tirato a sé le coperte e si era messo sotto di esse. Dopo essersi posizionato bene con la testolina sul cuscino disse: «Non lo so... sono tutte così belle, non so se voglio leggere "Biancaneve" o "Il brutto anatroccolo"»

«Decidi bene e in fretta che devo andare a dormire anche io... Cosa ci vuole a scegliere una fiaba? E poi non puoi fartela leggere dalla tata?»

Nel sentire nominare la tata, Natthasol si spinse in avanti e afferrò il braccio di Ludwig «Non puoi dirmi una cosa del genere! Si vede chiaramente che lei non ha la minima voglia di leggermi queste storie. E poi, Ludwig, non ha intonazioni! Invece, tu sei bravo!»

«E tu sei un ruffiano! Avanti, scegli una storia!»

«Scelgo "Il brutto anatroccolo" perché ho paura che fai fare la fine della matrigna a papà! Sia mai che a forza di sentirla ti convinci!»

«Hai davvero una linguaccia, Natthasol! E poi non sarebbe male come idea...»  Ludwig sembrò fermarsi un attimo nel pensare davvero a quella possibilità, ma sapeva di non esserne in grado in fondo.

«Ludwig! Non lo dire neanche per scherzo!»

«Avanti! Sdraiati una volta per tutte e preparati ad ascoltare questa storia, sennò me ne vado e basta!»

«Va bene, va bene faccio, il bravo! Sono tutto orecchie!» Natthasol si accucciò sotto le coperte, nascosto fino al mento, tutto intento ad ascoltare suo fratello, il suo adorato fratello, leggergli quella tanto attesa storia.

Non ci volle molto affinché Natthasol si addormentasse; Ludwig non era arrivato neanche a metà storia, ma era meglio così, per Ludwig che aveva altri piani e progetti per la propria serata ─ sarebbe uscito a divertirsi, almeno era quello che sperava.

Chiuse piano il libro,  fece attenzione ad alzarsi e a sistemare la poltrona per non far rumore. Non avrebbe voluto svegliarlo. Uscì dalla camera, chiuse la porta dietro di sé accostandola lentamente, e quasi non trasalì nel sentire suo padre che, con tono perentorio, lo chiamò: «Sei ancora sveglio?»

«Scusami, Natthasol mi ha chiesto di leggergli una storia... Per questo mi sono trattenuto.»

«Oh, Ludwig, le tue giustificazioni non mi interessano... Per tuo fratello Natthasol, come per Lancelot, ci sono le tate apposta. Tu devi stare a letto perché domani mattina ti devi svegliare presto, come sempre.»

«Sì, lo so, mi devo svegliare all'alba perché dormire è per chi non eredita niente, devo essere fresco perché devo prima dedicarmi all'attività fisica e poi allo studio.»

«Ecco, visto che sei così preparato, che hai anche il coraggio di rispondere, ti inviterei ad andare a dormire, invece di sfidare ancora la mia pazienza.»

«Con permesso...» disse, prima di congedarsi e recarsi al piano di sopra nella sua stanza.

 

Aveva un appuntamento con il suo amico Elger verso mezzanotte. Per quell'ora tutti dovevano essere a letto, eccetto suo padre che, spesso e volentieri, usciva. Il che, a dirla tutta, sarebbe stato ancora meglio per Ludwig

Non vedeva l'ora di uscire da quella camera, da quella casa, svagare un po' la mente, divertirsi un po'.

Guardava insistentemente l'orologio, si era messo perfino a leggere, così da trovarsi avvantaggiato per il giorno dopo, finché non sentì il segnale fatidico: dei sassolini che battevano contro la finestra.

Si alzò di scatto, tirando piano la sedia.

«Elger, adesso scendo! Prendi la scala» gli disse dopo aver aperto la finestra.

Elger aveva annuito e si era prodigato a portare sotto la sua finastra la scala che avevano  accuratamente nascosto.

«Sei riuscito a scappare anche oggi!» Elger rise e gli diede una pacca sulla spalla.

«Non vedevo l'ora di scappare e c'è un mancato un pelo che saltasse tutto, mi ha beccato alle dieci che ero ancora sveglio. Sacrilegio, secondo lui!» Ludwig scosse la testa: quando mai si sarebbe potuto addormentare alle dieci della sera? La notte era l'ultimo momento dell'intero giorno dove poteva trovare un po' di pace, quasi non si sentì affine al povero Foscolo. Scacciò quel triste pensiero in un istante.

«Sta parlando dell'esercito, ultimamente l'ho sentito parlare con qualcuno per farmi arruolare da qualche parte. Non so cosa voglia fare, cosa abbia in mente. So solo che sogna un futuro glorioso per il nostro casato e io ne devo pagare le conseguenze.»

«Ovviamente, amico mio, ovviamente» gli disse Elger come se volesse schernire tutta quella situazione, non di certo Ludwig.

Ludwig si arrestò improvvisamente in mezzo alla strada e si mise una mano sul petto pronto a fare la più grande e magistrale imitazione di suo padre: «Ludwig che cosa pensi che io ti abbia cresciuto per farti fare il nullafacente? Sei un nobile, non voglio che tu sia un fannullone! Tu sei l'erede, e pertanto devi sapere tutto, tutto ho detto! E mi raccomando non devi mai piangere, palesare emozioni in pubblico ─ se non a qualche evento di beneficenza dove noi siamo obbligati a mostrarci clementi ─, non devi avere un atteggiamento promiscuo, non devi bere, avere vizi, fumare; ma devi sapere amare, o meglio, saperti tenere una donna, perché un giorno avrai una moglie ed erediterai tutto!»

«Respira, amico mio, mentre lo deridi così apertamente!» Ludwig ed Elger scoppiarono a ridere.

«Non credo che lui respiri mentre dice tutte queste stupidaggini!»

«No, neanche secondo me. Ma adesso non ci pensare, faremo tutto quello che non ti ha detto di fare!»

 

Ludwig tremò quando vide sorgere il sole, sapeva di aver fatto troppo tardi e che a quell'ora sarebbe già dovuto essere dentro una tinozza a farsi il bagno, pronto ad affrontare un'intensa nuova giornata.

«Ludwig, vorrei sapere dove diavolo sei stato tutta la notte!»

Nel vederlo tardare di due minuti ─ due soli minuti ─ Achill si era messo ad aspettarlo sull'uscio della porta con tutta l'aria di qualcuno che era davvero furibondo.

Non sapeva proprio cosa rispondergli, non aveva scusanti, perciò tacque.

«Sei stato ancora in giro con quel miserabile?»

«Non è un miserabile, è un mio amico!»

«Non puoi familiarizzare con la gente che non fa parte del tuo stesso rango! Te l'ho sempre detto! Vuoi forse male odorare dopo essere stato affianco a lui! »

«Sono sciocchezze queste! Non lavora in una miniera, è solo figlio di modesti cittadini!»

«Per l'appunto, modesto non fa parte del nostro rango. Non voglio sentire più scuse, né altre parole dopo queste! Più tardi verrai punito.» Si spostò facendolo entrare in casa.

«Ci risiamo: una storia che si ripete.»

«Ti farò punire dalla servitù, vista la tua insolenza. Mi chiedo dove tu abbia appreso certi modi! Forse, a furia di stare con gente zotica e modesta.»

Ludwig cercò di non sentirlo, era stato già condannato da una punizione esemplare.

«Adesso fila a lavarti, per l'amor del cielo!»

Lo aveva fatto punire dai servi; Ludwig, c'era ormai abituato. Se c'era qualcuno della servitù che lo guardava con fare apprensivo, altri quasi ci godevano nel picchiarlo. Persone che odiavano i padroni, che odiavano le classi più elevate, nonostante Ludwig, a loro, non avesse mai fatto nulla di male.

Era dolorante, a malapena riusciva a stare seduto sulla sedia. La testa gli girava, chiudeva gli occhi, si sarebbe voluto lasciare andare, abbandonarsi sulla sedia e lasciarsi svenire. Ma solo l'idea di venir punto di nuovo gli faceva riaprire gli occhi di scatto e fissare lo sguardo sul libro che teneva aperto sotto di lui.

Non capiva molto di quello che stava leggendo, chiudeva gli occhi tra una riga e un'altra, si chiedeva come avrebbe fatto a tirare di scherma, eppure era certo che suo padre lo avrebbe preteso.

Secondo Achill questo lo avrebbe forgiato nella forza, lo avrebbe reso un vero uomo, ma non riusciva a spiegarsi il perché di tanta apprensione quasi ossessiva verso di lui. Sì, era l'erede, ma suo fratello Natthasol veniva si e no considerato. Se non ci fosse stata la tata o lui stesso avrebbe sofferto la solitudine prima ancora che la vita lo permettesse, mentre suo fratello Lancelot, lasciato totalmente allo sbando, accudito a quattro anni dalla tata, a malapena vedeva suo padre, nonostante vivessero tutti nella stessa, seppur immensa, casa.

Scattata l'ora fatidica si alzò dalla sedia, facendosi leva con le mani che aveva poggiato sulla scrivania.

Respirò a fondo e si fece coraggio. Si incamminò con fare incerto e barcollante verso la palestra. Il suo maestro di scherma lo attendeva ─ sia mai che suo padre si fermasse a insegnargli qualcosa. Lui, però, era sempre presente, sempre pronto a osservarlo e a dirgli quanto non fosse bravo abbastanza, quanto fosse impreciso nei movimenti, quanta resistenza fisica dovesse ancora dimostrare.

«Ludwig, coraggio! Un po' di grinta figliolo, sembra che tu voglia abbandonarti al nemico.»

«No, è solo che...» disse dolorante, mentre parava un fendente del suo maestro.

«Non dire che sei stanco, non lo voglio neanche sentire e non provare a svenire, Ludwig, non ci provare minimamente.»

«Sì, signore!»

«Ecco, bravo ragazzo...»

«Va bene così, Ludwig, per oggi può andare.» Il suo maestro di scherma, intuì perfettamente la situazione e, prima che Ludwig gli collassasse davanti, decise di interrompere la lezione. Erano già da due ore che tiravano di scherma, meno delle solite quattro ore giornaliere.

«Ma come, oggi solo due ore?» s'ì intromise Achill.

«Signore, vostro figlio sta nettamente migliorando. Quasi ha superato il maestro, è un ottimo spadaccino. Deve essere fiero di lui.»

«Ma lo sono, quando si comporta bene lo sono.» Achill batté i palmi delle mani sulle proprie gambe e poi si alzò dalla sua postazione.

«Bene, se il maestro ha detto che basta, va bene.»

Ludwig stava cercando di riprendere fiato. Le percosse lo avevano indebolito parecchio e quelle due ore di allenamento gli erano sembrate interminabili. Così, mentre lui se ne stava con le mani poggiate sulle ginocchia e la testa curva in avanti cercando di immagazzinare più aria possibile, suo padre gli si avvicinò, gli poggiò una mano sulla spalla e gli disse: «Così vediamo se questa sera o avrai la forza di uscire. Pensavo di averti insegnato le cose più importanti e invece scopro sempre di più, con mio rammarico, che mio figlio non è in grado neanche di scegliersi le compagnie.»

Avrebbe voluto urlare, piangere, non ce la faceva più. Era poco più che un adolescente e sopportava tutta quella pressione dalla nascita.

Si limitò ad annuire, certo del fatto che, presto o tardi avrebbe disobbedito ancora una volta.

 

 

 

 

 

 

   
 
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