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Autore: xingchan    04/05/2018    4 recensioni
"[...] prima che potesse scivolare nel mondo dei sogni una luce improvvisa rossa come il sangue le avvampò davanti alle palpebre abbassate provocandole se non dolore, qualcosa che rassomigliava ad un fastidioso e potente fuoco che la investì in pieno."
[Post Manga; Lieve OOC]
Genere: Angst, Horror, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Jaken, Kohaku, Rin, Sesshoumaru | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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A piedi nudi



Il demone era gigantesco, più di molti altri che Rin avesse mai visto nella sua intensa vita. Le sue sembianze ricordavano un serpente, con una enorme bocca che sparava un veleno mortale, verde e vischioso.
"Rin, dritta al cuore!"
"Sì!"
In groppa al suo fedele drago a due teste Ah-Uhn, la ragazza estrasse una freccia della sua faretra e con poche e rapide mosse esperte la incoccò al suo arco, mentre la voce risoluta di Kagome saettò nella sua mente.
Prendi la mira. E scaglia.
La scagliò non appena prese bene la mira alla fronte del demone. Gli unici freni alla sua forza dirompente erano le catene dell'equipaggiamento di Kohaku e le sue lame appuntite conficcate nella testa del demone.
Si udì un grido stridulo che da assordante diventava sempre più debole, mentre la carcassa si schiantava a terra con un tonfo sordo.
Dopo molte ore di buio causato dalla pesante aura demoniaca dell'essere appena abbattuto, il cielo ritornò sereno e limpido come uno specchio.
"Bravissima!"
Kohaku e Kirara si avvicinarono a Rin e ad Ah-Uhn per complimentarsi, ma il giovane sterminatore improvvisamente fece una smorfia, guardandosi per un secondo la gamba. Mentre rimetteva a tracolla il suo arco, involontariamente Rin indirizzò gli occhi proprio dove li aveva posati il ragazzo, e solo allora si rese conto che il suo amico aveva uno squarcio sulla pelle, appena sotto il ginocchio, che perdeva copiosamente sangue.
"Kohaku!"
Una volta a terra, la giovane scese dalla sua cavalcatura stando ben attenta a non inciampare nel kimono. Afferrò una borraccia, alcune erbe e delle strisce di stoffa dalle bisacce della sella di Ah-Uhn e corse da Kohaku, mentre Kirara era intenta a leccare piano la ferita del padrone. Non appena la vide arrivare, la gatta si accucciò limitandosi a coccolare Kohaku come avrebbe fatto con un cucciolo.
Rin pulì e disinfettò la ferita di Kohaku con delicatezza, e la bendò stretta. Il sangue continuava a scorrere macchiando il tessuto, ma oramai si sarebbe fermato a breve.
"Dovresti andare a casa da Sango e Miroku" propose lei con uno sguardo preoccupato. "E riposarti come si deve."
"No, meglio di no" ribatté lui. "Sango potrebbe darsi pena per niente, e ho ancora..."
"No!" esclamò Rin con forza. "Tu ora ritorni al villaggio con me, e riposi quella dannata gamba!"
Kohaku la fissò dritta negli occhi, con una espressione sorpresa; e la rabbia di lei la abbandonò così come le era venuta, rilassando i lineamenti del suo viso e assumendo un'espressione dispiaciuta.
In tutti quegli anni passati al villaggio di Musashi, Rin non aveva mai visto Kohaku far visita a Sango e alla sua famiglia, neanche una volta.
Le uniche e sporadiche volte che la donna riusciva a vedere suo fratello minore erano quando tornava per parlare con Totosai a proposito di nuove armi sempre più efficaci, quando si fermava alla capanna di Kaede per prendere alcuni unguenti e veleni e quando i suoi nipoti gli correvano dietro per poterlo fermare con le loro manine ed avere dei resoconti sulle sue avventure. Ma Sango non aveva mai occasione di stare con lui e di parlargli per più di pochi secondi, e Rin aveva sempre confidato nel fatto che ci sarebbe stata l'occasione per metterli insieme nello stesso luogo per almeno un giorno.
Sebbene non delle migliori, quella era un'occasione perfetta per costringerlo a stare da Sango, ma sembrava che Kohaku volesse stare lontano dalla sorella maggiore il più possibile.
"Perché non vuoi mai tornare da Sango?" chiese poi, con voce incrinata. Era da tempo che voleva chiederglielo, e ora finalmente lo aveva fatto.
"Rin, è complicato per me."
Kohaku abbassò lo sguardo, determinato a non incontrare il suo; e forse, pensò Rin, determinato a chiudere lì quella conversazione tanto attesa quanto inaspettata.
"Ho la brutta sensazione che la mia presenza le faccia riaffiorare ricordi spiacevoli..."
La ragazza si rabbuiò all'istante.
"In quel momento era posseduto, ma credo che in cuor suo non si capaciti di ciò che ha fatto come se li avesse uccisi deliberatamente."
Ricordava bene la sera in cui il monaco Miroku le aveva spiegato pazientemente ciò che era successo, non omettendole assolutamente nessuno dei tantissimi dettagli che avevano costellato la loro triste storia.
Il senso di colpa per aver ucciso suo padre e i suoi compagni sterminatori non l'avrebbe mai lasciato, di questo Rin era più che sicura. Ma questo non doveva impedirgli di avere un rapporto sereno con Sango. Anche perché la donna aveva accantonato tutto l'accaduto proprio per permettergli di andare avanti.
"Ma no, che stai dicendo?" ribatté la ragazza decisa. "Sango sarà felic..."
La conversazione fu interrotta bruscamente da un urlo di una donna anziana. Rin si voltò repentinamente in direzione del grido, a pochi passi da loro, osservando con sgomento una bambina a terra prona, che non si muoveva, mentre alcune persone - probabilmente membri della sua famiglia - accorrevano sul suo corpicino.
Il demone appena ucciso inaspettatamente aveva tolto la vita a quella bambina con un getto del suo potente veleno, perché le sue gambe erano completamente ricoperte di quella sostanza ributtante.
"Oh, no!"
Come se il suo cervello rispondesse meccanicamente all'esclamazione affranta di Kohaku, Rin si portò una mano alla bocca per arginare un gemito di dolore, come se quella ragazzina appartenesse a lei. O peggio, che fosse lei stessa, anni addietro, prima che Sesshomaru la riportasse in vita.
No, no!
La ragazza andò nella più completa confusione, tentando invano di coprirsi il viso con le mani per schermarsi dall'orrore che si stava consumando davanti a lei.
Improvvisamente dalla sua posizione ancora accovacciata perse l'equilibrio per il tumulto nella sua testa, e per poter far leva sul terreno portò accidentalmente la mano su un'elsa.
Inizialmente non capì. Non portava spade con sé solo il suo arco, lo stesso che le aveva regalato Kagome dopo che lei le aveva soltanto chiesto se potesse esercitarsi un po'. Poi in un lampo comprese.
Tenseiga.
Dopo aver constatato per alcuni anni che oltre al Meido Zangetsuha Tenseiga non offriva nessuna tecnica che potesse dargli la possibilità di rivaleggiare con altri sul campo di battaglia, Sesshomaru aveva deciso che Tenseiga aveva finito il suo compito, così come aveva stabilito suo padre Inu no Taisho. Così aveva preferito concentrarsi nel perfezionamento delle tecniche della sua Bakusaiga, lasciando la spada a Kaede.
D'altronde, cosa poteva fare di male una spada guaritrice in un villaggio di umani?
E poi, aveva già provato ad abbandonarla, in passato.
Lei era l'unica che trovasse Tenseiga utile al suo scopo originario, l'unica che trovasse quella spada qualcosa di estremamente prezioso, proprio per la sua unicità.
E infine aveva deciso di portarla con sé nelle missioni con Kohaku. Non credeva di essere in grado di usarla, ma il fabbro Totosai era stato chiaro: chiunque poteva brandirla.
Afferrò tremante l'impugnatura di Tenseiga e si alzò con lentezza, come se avesse paura di lasciarla cadere. Si avvicinò piano alla piccola folla piangente che si era radunata attorno al piccolo cadavere e con voce atona, come quella di un fantasma, chiese di poter passare. Le persone formarono un piccolo varco, ed oltre quello Rin li vide, attorniati dal buio della morte, quelli che avrebbero portato la bambina nel regno dei morti. Erano piccoli quanto lo era Jaken, e con le loro armi stavano martoriando ancora di più la piccola.
Devo... tagliarli?
Senza attendere una risposta li colpì con la lama, vedendoli poi svanire nell'aria.
Davanti ai suoi occhi ritornò il giorno, e Rin si sentì come se si fosse risvegliata da un lungo sonno.
Per un attimo le sembrò di vedere il volto niveo di Sesshomaru come la prima volta, e in sottofondo le parole di Jaken che non capendo il gesto del suo padrone gli chiedeva con voce incredula cosa avesse fatto, nonostante avesse assistito all'accaduto con i suoi stessi occhi.
"Avete riportato in vita quella bambina?"
Osservò stordita la bambina che si tirava in piedi a fatica fra lo stupore dei presenti, e la donna anziana che prima aveva urlato soccorrerla, aiutandola a sedersi. Ma la bambina sembrava non ascoltarla, anzi. Tentava con tutte le sue forze di voltarsi verso di lei, a cui ora erano indirizzati dei ringraziamenti calorosi. La piccola aveva gli occhi scuri come Rin, e la guardava come lei tanto tempo prima aveva guardato il principe dei demoni: con un'espressione non facile da definire, quasi con venerazione.
Allora... è così che Sesshomaru ha fatto con me?
Mentre lei riponeva Tenseiga nel suo fodero con cura quasi maniacale, Kohaku la raggiunse alle spalle, seppure a fatica, e le posò una mano sulla spalla facendole intendere che approvava pienamente ciò che aveva fatto.
"Vi pagheremo anche per questo!" informò il capo villaggio, sorridente.
"No, non è necessario" replicò Rin imbarazzata. "Non c'è un prezzo, per questo genere di cose."
"Ah, non c'è problema" disse l'uomo, mettendole rudemente in mano un sacchetto di soldi. "Siete dei salvatori, ragazzi. Il mondo ha bisogno di gente come voi."
"Signorina?"
Rin gettò lo sguardo verso chi aveva parlato, era la bambina. Sorridente.
"Dimmi, piccola."
"Grazie mille."
Davanti a quella vocina, gli occhi di Rin si riempirono improvvisamente di lacrime. Si sentiva tremendamente felice, come se avesse finalmente fatto qualcosa per cui valesse la pena vivere.
"Forza!" disse Kohaku con entusiasmo. "Ritorniamo al nostro, di villaggio."
Rin si asciugò gli occhi, avviandosi dove aveva lasciato Ah-Uhn e abbracciò i loro lunghi colli come fosse uno solo, affondando il viso fra le due teste.
Era bello, era dannatamente bello tutto questo. Riportare in vita qualcuno aveva in sé un insieme travolgente di felicità e potenza, di poter fare qualcosa che agli altri era preclusa. L'unica cosa che stonava con quella sensazione idilliaca era che Sesshomaru non era con lei.
Ma sarebbe tornato presto, come faceva sempre. Non l'avrebbe mai dimenticata.
"Signor Sesshomaru, perché vuoi lasciarmi qui?"
Non voleva stare in quel posto, improvvisamente scoprì di odiare quel villaggio più di quello in cui aveva vissuto prima di seguirlo.
Quelle erano persone che avevano aiutato Sesshomaru a sconfiggere Naraku, era vero, ma non voleva separarsi da colui che l'aveva amata così tanto.
La guardò con i suoi grandi occhi dorati con quella che sembrava un'espressione malinconica, poi con la sua voce profonda disse una parola. O meglio, un nome.
"Ah-Uhn."
"Eh?"
"Prenditene cura, finché non farò ritorno. Puoi fare questo per me?"
La bambina comprese immediatamente cosa il demone volesse dire, e sul suo visino comparve un sorriso dopo tanti minuti di lacrime.
"Significa che tornerai?"
Il demone fece un cenno di assenso di rimando, ma per quanto fosse felice di sapere che sarebbe tornato presto da lei a Rin non bastava. Voleva stare sempre con lui, e con quel monello di Jaken, ma chissà cosa aveva detto la sacerdotessa per convincere il signor Sesshomaru a lasciarla indietro.
Era un grande punto interrogativo che la attanagliava ancora a distanza di tutto quel tempo, soprattutto quando, quasi per caso, di tanto in tanto si fermava a pensare a come sarebbe stata la sua vita fino a quel momento se fosse rimasta al fianco di Sesshomaru.
"Kaede è cattiva!"
"Non è cattiva, è solo una gran scocciatrice."
"Inuyasha! Tieni a freno quella linguaccia!"
"Beh, che c'è vecchia? Non ho forse detto la verità?"
Per quanto la reputasse la sola ed unica responsabile della sua separazione forzata da Sesshomaru, con il passare del tempo Rin si era affezionata a quella sacerdotessa sapiente e un po' burbera.
Quella notte, Inuyasha le permise di dormire aggrappata ai suoi capelli, perché entrambi sapevano che in quel momento si capivano più di chiunque altro: ad Inuyasha mancava tanto Kagome, e a lei mancava terribilmente Sesshomaru.
Prima che Kohaku potesse accorgersi del suo fermarsi e le chiedesse qualcosa di più, Rin si affrettò ad aiutarlo a salire in groppa a Kirara. E prese a canticchiare allegramente, di come una volta al villaggio di Musashi avrebbe chiuso a chiave Kohaku, e di come i figli di Miroku e Sango lo avrebbero reso oggetto dei loro giochi.
"Ah, non ci riusciranno stavolta."
"E' da vedere!" ridacchiò lei.
Sorvolarono velocemente la distanza che li separava dal loro villaggio. Anche se Rin si sentiva terribilmente stanca non osava fermarsi neanche un solo minuto: la ferita di Kohaku necessitava di cure che solo Kagome e Kaede erano in grado di darle. Per quanto le due sacerdotesse l'avessero istruita a dovere sulla vita e sulle conoscenze umane, aveva ancora molta strada da fare. Però era già in possesso di un bagaglio culturale enorme; anche perché oltre alla saggezza di Kaede si aggiungevano le conoscenze avanzate del mondo da cui Kagome proveniva. Ed erano cose che nessuno nell'era Sengoku sapeva.
Il pozzo mangiaossa si stagliò in mezzo al prato poco più di un giorno dopo, dando maggiore slancio al volo di Ah-Uhn e Kirara e sferzando con forza i suoi capelli e i lembi del suo kimono rosso scuro. L'ultimo regalo di Sesshomaru, dunque l'unico che avesse ancora addosso il suo odore. Rin non avrebbe mai eguagliato il fiuto sopraffino del principe dei demoni né quello di Inuyasha, ma poteva immaginare che, nascosto fra le pieghe dei kimono, ci fosse ancora il suo odore forte e muschiato, che non aveva niente di tutto ciò che detestava e tutto ciò che amava.
Le due cavalcature demoniache planarono verso la casetta di Kaede, e Rin balzò con agilità sul terreno dando la propria spalla a Kohaku.
"Ancora un piccolo sforzo Kohaku, siamo arrivati! Kaede!" chiamò la ragazza a gran voce "Kaede!"
La donna scostò la tenda di paglia della casa, accorrendo con quel poco di forze che le rimanevano.
"Kohaku è ferito" disse la ragazza, facendolo stendere dentro casa.
"Oh, non è niente!" disse il giovane sterminatore. "Solo un taglietto!"
"Un taglietto, eh?" replicò stizzita Rin.
"Gli hai medicato la ferita con le erbe che ti ho dato?"
"Sì, ma ha bisogno di una benda pulita."
Andarono fuori per prendere alcune piante essiccate, e mentre Rin camminava davanti a Kaede, la donna la riprese.
"Rin, dove sono i tuoi sandali?"
Non coprendendo bene cosa l'anziana donna volesse dirle, gettò subito un'occhiata ai suoi piedi, scoprendoli nudi.
Li aveva persi, un'altra volta. Trovandosi decisamente più a suo agio con i piedi scalzi, non aveva minimamente pensato di riporre i suoi sandali da qualche parte, finendo per lasciarli chissà dove.
"Ormai ho perso il conto dei sandali che ti ho fatto e che tu hai perso!" si lamentò la vecchia sacerdotessa.
Rin abbozzò un sorrisetto di scuse.
Inconsapevolmente Rin aveva conservato quell'abitudine che l'aveva accompagnata negli anni antecedenti allo stabilirsi al villaggio con Kaede e gli altri, dandole quel dettaglio dall'aria fortemente selvaggia che negli ultimi tempi stonava con il suo corpo di adulta coperto dai sontuosissimi kimono di Sesshomaru.
"E' che sono abituata ad essere scalza. Quando ero con Sesshomaru..."
"A proposito, Rin" la interruppe Kaede. "Sesshomaru è stato qui, cinque giorni fa."
Sesshomaru...
"Era qui?" chiese Rin in un sussurro.
Erano due anni che voleva vederlo, e quando finalmente aveva fatto ritorno da lei, lei non c'era, presa dalla foga di voler vedere il mondo oltre le casupole e gli orticelli tutti uguali degli abitanti. Rin era ormai grande, tuttavia Sesshomaru sembrava non decidersi mai a proporle di partire con lui.
Kaede le aveva spiegato che quei kimono significavano solo una cosa, che un giorno Sesshomaru, se lei avesse voluto, l'avrebbe portata con sé in qualità di sua compagna. Ricordava ancora che alla notizia che Sesshomaru le facesse visita e che le portasse doni degni di una principessa, una Kagome appena stabilitasi al villaggio aveva gridato dall'emozione.
La voce di Kaede però la riscosse dai suoi pensieri, trascinandola a terra.
"Inuyasha dice che il suo odore non è ancora sparito, quindi deve essere ancora nei paraggi."
"Davvero?"
Rin prese ad osservare il cielo azzurro screziato di nuvole, sperando di scorgere la figura altera di Sesshomaru che la cercava.
Ma niente. Di lui nemmeno l'ombra. E neanche Jaken si vedeva.
"Probabilmente se ne è già andato via..." disse la ragazza sconsolata. Cadde a sedere addossata allo stipite della porta di casa, pensando a quando era ancora bambina ed era in giro a raccogliere erbe medicinali con Kaede o ad aiutare qualche partoriente: talvolta Sesshomaru arrivava a portarle i suoi kimono per poi sparire subito dopo.
Quando lei tornava a casa e trovava un segno del suo passaggio, sapeva che lui era stato al villaggio, che era addirittura entrato in casa. Lasciava sempre il proprio kimono, sempre ai piedi del suo futon, come a dirle che lui era sempre lì, in attesa, a seguire la sua crescita e a rinnovarle la sua promessa di silente fedeltà con un gesto inequivocabile come quello.
Il suo cuore sussultava di gioia quando succedeva, non poteva negarlo. Ma avrebbe voluto che si fermasse a parlare con lei più spesso, dato che lo faceva di rado. Certo, lei non gli rendeva le cose facili: la prima cosa che faceva quando lui aveva la decenza di stare qualche giorno con lei era di tempestarlo di domande sui suoi ultimi viaggi senza quasi dargli il tempo di risponderle. Stare ferma in un solo posto le aveva provocato una sete inestinguibile di sapere di cosa succedesse là fuori, spenta solo almeno in parte con i viaggi di Kohaku.
La prossima volta cercherò di essere più discreta...
Intuendo che Rin era pensierosa, Ah-Uhn avvicinò i suoi musi per carezzarle la testa. Un segno di affetto e vicinanza come tanti espressi in anni e anni insieme, ma all'improvviso Ah-Uhn sbatté ritmicamente la coda a terra. Rin si riscosse: la stava invitando a salire sulla sella.
La giovane si stava ancora chiedendo per quale ragione la sua cavalcatura volesse che facesse questo, quando un'ombra macchiò il terreno antistante.
"Rin."
Una voce calda e tonante la chiamò, la stessa che avrebbe riconosciuto fra mille. Alzò gli occhi al cielo, riconoscendo la figura imponente di Sesshomaru che la guardava con un sorriso appena accennato.
Rin prese a tremare per l'eccitazione.
Sesshomaru era lì, davanti a lei, e stava sorridendo. E cosa più importante, non si era limitato ad arrivare e sparire. L'aveva aspettata.
Senza staccargli gli occhi di dosso, cercò con le mani le briglie di Ah-Uhn e salì di fretta e furia sul drago.





NDA
Sì, probabilmente è un inizio scontato. Ma anche se conosco Inuyasha dai tempi gloriosi di MTV sono approdata solo in questo paio di mesi sul fandom - praticamente quando ho ripreso in mano il manga e l'anime - e ho letto davvero poche ff in merito. Chi sa chi sono sa che per moltissimo tempo sono stata in pianta pressocché stabile nel fandom di Ranma e FullMetal Alchemist, anche se ultimamente ho scritto anche qui.
E niente, ho cominciato questa cosa. Ma è stato possibile soprattutto grazie al supporto di Napee, che è stata così gentile da rivedermi il primo capitolo e darmi un paio di dritte riguardo alla storia.
Prima di lasciarvi, ho due precisazioni da fare: la prima è che gli aggiornamenti forse non saranno puntuali. Ma i miei non lo sono mai.
La seconda riguarda la storia originale: per chi si sta chiedendo come acciderbola è possibile che Rin utilizzi Tenseiga, è Totosai stesso a dire che la può usare chiunque, sia nel manga che nell'anime. Ora chissà cosa intendeva xD
Fatto sta che sono partita proprio da questo presupposto. E ovviamente mi sono attaccata ad altro che si svelerà nel corso della ff.
A presto, credo.


   
 
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