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Autore: Smeralda Elesar    04/05/2018    3 recensioni
Loki, il dio degli inganni, usurpatore del trono di Asgard e quasi conquistatore di Midgard, ha qualcosa da ridire sulle sceneggiature che lo coinvolgono da "The dark world" in poi.
E chi poteva scegliere come destinatario del suo regale messaggio se non lui: Mr. Thomas William Hiddleston?
Possibile spoiler per "Infinity War"
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Incontri casuali ma non troppo'
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Che tu sia la mia voce

***


C'erano giornate della sua vita in cui Tom Hiddleston si riteneva una persona fortunata.

In particolare quell'otto aprile, quando la premiere di "Avengers – Infinity War parte 1" si era svolta nella sua Londra ed avrebbe permesso a lui di tornare subito a casa sua subito dopo la serata.

Guardò la città che scorreva dietro i vetri polarizzati della macchina a noleggio.

Le luci lo affascinavano, ed ancora di più lo affascinava il poter guardare fuori senza essere visto.

Persino il vetro che lo separava dall'autista era oscurato.

Gli ci era voluto un po' per abituarsi a quel tipo di spostamenti, ma adesso, quando la sua popolarità a volte si rivelava pesante, si trovava ad apprezzarli.

Era come creare un limbo sicuro in cui esistesse solo lui, che osservava ciò che succedeva all'esterno mentre il resto del mondo era ignaro persino della sua esistenza.

Con un sospiro si abbandonò con la testa reclinata indietro e la schiena del tutto rilassata contro il sedile morbido.

Ad essere sincero non vedeva l'ora di arrivare nel suo appartamento e di buttarsi sul letto, perché per quanto amasse il contatto con i fan, i suoi colleghi di lavoro, l'adorazione di cui era circondato e l'importanza che aveva ormai per la Marvel, anche Thomas William Hiddleston a volte cedeva alla stanchezza.

Si tolse gli occhiali per massaggiare le palpebre stanche.

Dopotutto lui era umano, non era certo un dio, Thomas?

Scattò in avanti quando, per un solo, infinitesimale ma terrificante attimo, l'immagine del dio degli inganni gli apparve come marchiata a fuoco dietro le palpebre chiuse.

Riaprì gli occhi di scatto per guardare accanto a sé, ma il sedile era vuoto.

Ovviamente vuoto.

Certo, cosa era andato a pensare? Era stato solo uno scherzo della stanchezza e forse un po' di condizionamento mentale, dato che da settimane non faceva altro che partecipare ad eventi che, non potendo dare informazioni sul film non ancora distribuito nelle sale, rievocavano insieme a lui le passate gesta del dio degli inganni.

Si lasciò andare di nuovo contro lo schienale, ma stavolta per sicurezza non chiuse gli occhi.

Dieci minuti dopo arrivarono in una zona che Tom conosceva, vicino al quartiere dove abitava lui, ed allora si preparò per scendere.

Quando l'auto si fermò davanti a casa sua la voce dell'autista gli arrivò dall'interfono.

-Signor Hiddleston, siamo arrivati-

Senza abbassare il divisore, in modo che lui avrebbe semplicemente potuto scendere dalla macchina ed andarsene senza nemmeno farsi vedere in viso da chi lo aveva trasportato da un capo all'altro di Londra.

Era molto professionale, e Tom sapeva apprezzare qualsasi riguardo nei confronti della sua privacy.

Invece di rispondere con lo stesso mezzo abbassò il vetro divisore per ringraziare di persona l'autista.

-Grazie per avermi riportato a casa. Come si chiama?-

-Charles. Charles Havery, signore-

-Grazie, Charles. Mi dispiace per l'orario-

Erano le due di notte. Abbastanza tardi, ma l'autista si limitò ad un'alzata di spalle.

-Si figuri. Dopotutto è il mio mestiere. Vorrei chiederle una cosa, se non è di disturbo, signore-

Tom credeva di sapere cosi si stava preparando. Doveva solo sapere se aveva ragione oppure no.

-Dica pure, nessun disturbo-

-Ecco, io ho due figli. E la grande, Rachel, è... bè, è una grande fan di lei e del suo personaggio Loki. Potrebbe farmi un autografo per lei?-

Tom sorrise.

Forse era un sentimentale, ma erano cose cose quella a fargli provare tenerezza: un uomo di mezza età che chiedeva l'autografo per la figlia.

Per essere anche se per poco un eroe ai suoi occhi di ragazzina.

-Certo, Charles, nessun problema-

-Grazie, signor Hiddleston! Aspetti che le trovo qualcosa per scrivere-

Charles riuscì a recuperare un tacquino bianco con l'intestazione dell'autonoleggio per cui lavorava ed un pennarello nero.

-Dunque. Ha qualche dettaglio da darmi per personalizzare l'autografo?-

-Dettagli? Ecco... forse è strano, ma Rachel trova che Loki sia di ispirazione. Da quello che ho capito io dovrebbe essere il cattivo dei film, giusto? Ed invece lei lo trova un esempio di coraggio. O forza? Ora non ricordo più bene come dice-

Tom non potè impedirsi di inarcare un sopracciglio; di solito le adolescenti amavano Loki in quanto "bello&dannato", non per il coraggio. O la forza.

-Loki un esempio di coraggio? Questa non l'avevo ancora sentita-

-Sì. Rachel crede che Loki sia da ammirare per il fatto che decide di conquistare da sé un regno, piuttosto che restare ad aspettare che qualcuno lo reputi degno. Il genere di cose che possono ispirare un adolescente, suppongo. È molto forte, la mia Rachel-

Tom sorrise, se possibile ancora più intenerito di prima, perché aveva gà deciso che un uomo che da ascolto ed importanza alle chiacchiere di sua figlia era un eroe non meno degli Avengers.

-Va bene, grazie. Ora so qual è la cosa giusta da scrivere-

Si prese qualche secondo per formulare la frase nel modo migliore e poi scrisse "A Rachel, perché continui sempre a bruciare di gloriosi propositi"; firmò in calce e restituì il blocco a Charles, per cui era ora di tornare a casa.

Tom scese dall'auto e rimase a guardarla che si allontanava nella notte dietro il primo incrocio.

Sorrideva ancora, perso in una fantasticheria.

Forse, tornando a casa di notte, Charles sarebbe entrato in silenzio nella stanza della figlia addormentata ed avrebbe posato il blocchetto sul suo comodino per farglielo trovare al suo risveglio.

Oppure lo avrebbe conservato lui fino al mattino dopo per consegnarglielo di persona.

Di sicuro Tom non avrebbe mai saputo come sarebbero andate le cose in quella famiglia, ma era fiero di aver compiuto quella che secondo lui era una buona azione.

Per Charles più che per Rachel.

Una folata di vento lo fece rabbrividire e Tom si strinse nel cappotto; faceva freddo, e quello lo convinse ad entrare nell'atrio del palazzo.

***

Era ormai notte fonda, e per quanto Tom fosse abituato agli alberghi da quando era diventato più che famoso, tornare a casa aveva sempre qualcosa di diverso. Di confortante, in un certo senso.

Aprì la porta chiusa a doppia mandata e finalmente fu nel suo appartamento, ad appendere sciarpa e cappotto ed a tentare di togliersi le scarpe. Nello stesso momento.

Non una grande idea, considerata l'ora tarda ed il suo equilibrio non proprio dei migliori.

Si diresse verso camera sua, considerando seriamente l'ipotesi di andare a dormire in mutande e canottiera, quando si accorse dell'abat-jour accesa in salotto.

Bé, forse se ne era dimenticato prima di uscire di casa, e adesso sarebbe stato meglio spegnerla prima che la lampadina si fulminasse.

Era così stanco che per poco non urtò l'elmo con le corna nel tentativo di raggiungere l'interruttore sporgendosi oltre la penisola del divano.

...

L'elmo con le corna?

Riaccese in fretta la luce e dovette sbattere un paio di volte le palpebre prima di riuscire a crederci, eppure era proprio lui: l'elmo del dio degli inganni.

No, cioè... ma lui non lo aveva mai portato a casa! Non come Chris con il martello Mjollnir.

Ed anche se lo avesse fatto, non avrebbe lasciato un elmo cornamunito sui cuscini del divano.

E dunque...

Il suo povero cervello registrò troppo tardi la presenza della figura alta e truce che si stagliava contro la tenda semitrasparente, e quando lo fece gli inviò immediatamente tutti i segnali di pericolo di cui il suo sistema nervoso autonomo disponeva.

Nell'ordine Tom: gettò uno strillo acuto, indietreggiò in maniera istintiva, inciampò nella penisola del divano e cadde di schiena sui cuscini, per poi scivolare a terra subito dopo. Cuscini ed elmo compresi.

Per rimanere seduto scomposto sul tappeto a guardare dal basso Loki che lo osservava a sua volta con un misto di moderato, aristocratico divertimento, e tanta supponenza.

-Buona sera, Tom Hiddleston. Lieto che tu abbia trascorso una piacevole serata, almeno fino a questo momento-

Tom rimase a bocca aperta al suono di quella voce perché la conosceva fin troppo bene: era la voce che lui aveva dato a Loki.

Ed aveva creduto che non l'avrebbe mai più risentita dopo il loro incontro a San Diego.

Si alzò in piedi a fatica e tentando di recuperare un minimo sindacale di contegno.

-Loki? Sei davvero tu?-

-Hai ancora dubbi sulla mia esistenza? Hai già dimentcato il nostro primo incontro? Mi deludi, Thomas-

-Potrebbe essere un prank di cattivo gusto. Se sei tu, fai qualcosa... qualcosa da Loki-

Il suo alter ego lo squadrò con le spracciglia aggrottate ed una smorfia infastidita.

-Prima di tutto rimetti a posto il mio elmo, Thomas. E quanto al fare qualcosa da Loki, ecco, è proprio di questo che vorrei discutere con te. Ma poiché sono ragionevolmente sicuro che tu abbia bisigno di una prova per essere sicuro che io sia io e non uno scherzo della tua mente o di altri midgardiani, sbrighiamo questa formalità e togliemoci il pensiero entrambi-

Loki scioccò le dita e la stanza si riempì dello scintillare del Bifrost e di... lui.

Tanti Loki, tutti in assetto da combattimento con Grungnir in pugno ed elmo indosso, che lo circondavano e ridevano della sua confusione.

Era esattamente la scena del primo "Thor", vicino alla fine, quando Loki e Thor...

-Non pronunciare il nome di mio fratello in mia presenza- lo ammonì la voce in stereo di decine di Loki.

-Ma io non ho detto nulla!- protestò Tom, che non sapeva più da che parte girarsi.

-Lo hai pensato. So che lo hai fatto, Tom, perché l'ho fatto anche io-

Quello servì a convincere Tom più che l'illusione stessa, perché solo il vero Loki avrebbe potuto stabilire un contatto così profondo con lui.

-Va bene, d'accordo, scusa... adesso so che sei tu-

-Umpf... alla buon'ora, Thomas-

L'illusioe sparì e rimase solo un Loki, in abiti asgardiani ma senza mantello e senza elmo.

"L'elmo di Loki è scomodo. Sul serio, credo che sia per questo che Loki è arrabbiato tutto il tempo".

Lo aveva adetto proprio lui in un'intervista.

Per lui era stato vero.

-A proposito dell'elmo, sbaglio o prima ti avevo chiesto di rimetterlo a posto?-

Tom abbassò lo sguardo ed in effetti l'oggetto in questione era ancora a terra.

Obbedì alla richiesta di raccoglierlo, specie perché proveniva da una divinità simpatica, accomodante e per nulla permalosa.

Indeciso su cosa intendesse Loki esattamente per "rimettere a posto", Tom si limitò a posare l'elmo sul divano dove lo aveva trovato.

In effetti era pesante, più di come se lo ricordava dalle ultime riprese.

-Perdonami se te lo chiedo, ma l'elmo è davvero così terribile da indossare?-

-Per te come è stato?-

Tom non aveva nemmeno bisogno di pensarci.

-Una vera seccatura. Scenografico, regale e tutto ciò che vuoi, ma molto scomodo-

-Allora hai già la tua risposta, Thomas-

In realtà ne aveva anche un'altra: dopo quello scambio cominciava ad avere il sospetto che Loki fosse davvero ciò che lui aveva creato durante quegli anni di riprese.

Il dio degli inganni non si era mosso di un centimetro. Era innaturale. Era inquietante.

L'aspetto pallido, le guance scavate, gli occhi cerchiati, erano quello che il trucco aveva creato per Tom sul set, ma per Loki era la realtà; era l'aspetto di una persona costantemente tormentata da qualcosa, ed a Tom era piaciuto indossarlo per dare libero sfogo alla recitazione drammatica.

Si sentì in colpa per aver creato sofferenza e tormento.

-Io... tu... come sei arrivato qui?-

Gli chiese Tom per prendere tempo.

-Strano che tu me lo chieda, considerato che sei stato proprio tu a chiamarmi stavolta-

Lui? I cocktail bevuti alla premiere dovevano avergli fatto un effetto peggiore di quello che credeva. O forse era la stanchezza.

-Io? Ma non è vero!-

Loki sbuffò alla sua risposta.

-Oh, sì, che lo è. Non mentire a me, Thomas, e soprattutto non mentire a te stesso-

-Anche ammesso che sia stato così, come avrei fatto? E perché avrei dovuto chiamarti?-

Loki sorrise, il sorriso pericoloso che aveva avuto durante tutto "Avengers".

-Oh, perché tu hai cuore, Thomas-

Giusto: lui aveva appena pensato ad Avengers e Loki se ne era uscito con una citazione di quel film. Perfettamente normale... dov'erano un altro paio di cocktail quando servivano?

Loki iniziò a muoversi intorno a lui, le mani dietro la schiena e gli occhi fissi su di lui, costringendolo a voltarsi per seguire i suoi movimenti perché in quel momento dare le spalle al dio degli inganni gli sembrava l'ultima cosa da fare.

-Non capisco- tentò di giustificarsi.

-Sì che capisci, non fingerti più stolto di ciò che sei in realtà. Dimmi la verità: quante volte, quando sei stato me, ti sei chiesto se stavi facendo la cosa giusta? Quante volte ha curato al millimetro un gesto o uno sguardo perché esprimesse ciò che non potevi dire a parole? E quante volte avresti avuto da dire e non potevi, avresti voluto fare e non ti è stato permesso?-

D'accordo, quindi il problema era che Loki era di cattivo umore perché le sceneggiature assegnategli durante gli ultimi film non erano state di suo gradimento.

O meglio.

Loki era incazzato perché a Tom Hiddleston che lo interpretava le battute e le scene non erano sembrate abbastanza.

Bel casino che aveva combinato, lui e la sua passione per gli intensi drammi shakesperiani!

-Io... ecco...-

-Risparmia il fiato. So che è così-

Non c'era modo di negare l'evidenza, ed ancora meno di mentire al dio delle balle intergalattiche con i gatti incazzati dentro il cervello, per cui Tom fece l'unica cosa possibile: si arrese.

-Va bene, hai ragione, è tutto vero. Ma ancora non capisco perché sei qui-

-Perché ho atteso fin troppo a lungo, Thomas. Avete avuto occasioni e le avete sprecate, avete avuto situazioni e non le avete saputo sfruttare. Ed io, io sono rimasto imprigionato per troppo tempo-

-Imprigionato? Cosa vuoi dire?-

-Che nessuno ha più potuto vedere quello che io sono davvero-

-Nessuno sa chi tu sia davvero. Forse nemmeno tu, Loki-

-E non è questa la ragione per cui mi amano? Non è questo che vuole il popolo di Midgard? Qualcuno che sia così complesso, così oscuro, così pieno di tormenti e di contraddizioni da essere un pozzo di sentimenti intensi tra cui poter riconoscere i loro personali. Le trame sottili, l'ingano, il tormento per essere "il figlio degno", la rabbia, la conquista e la paura, oh, quelle erano cose che potevano emozionarli! Sono i sentimenti oscuri che tutti covano e che non avranno mai il coraggio di ammettere, per questo mi amavano, perché io riuscivo a manifestarli. E mi amavano quando venivo sconfitto, perché il meschino animo umano vedeva riflessa nella mia frustrazione la frustrazione delle proprie ambizioni. E dove sono finite adesso?-

Tom non rispose. Non aveva nulla da rispondere, anche perché sapeva fin troppo bene che a Loki non interessava realmente una sua giustificazione.

A che sarebbe servito parlare di sceneggiature, regia e contratti ad un dio, specie se questo è poco incline ad ascoltare?

Però capiva cosa intendesse Loki, per questo abbassò lo sguardo imbarazzato e rimase a fissare l'alone dell'abatjour sul tappeto e sui suoi calzini.

Si rese conto solo in quel momento che era rimasto a piedi scalzi, ma aveva altro di cui occuparsi del freddo del pavimento che gli stava risalendo lungo le caviglie.

Evidentemente ridurre lui al silenzio era esattamente ciò che Loki voleva ottenere, perché Tom lo vide annuire in un modo impercettibile quando si azzardò a dare una sbirciata.

Loki ricompose, con un bel respiro e raddrizzando la schiena dopo che si era quasi lasciato andare.

-Io sono stato paziente, Thomas. Ho atteso un Ragnarok che rendesse giustizia alla grandezza di Asgard e sono stato deluso, ho atteso lo scontro con il Titano e non ho nemmeno potuto partecipare. E ti sembra che non abbia ragione io, adesso, di venire qui ad esprimere il mio disappunto?-

Tom era rimasto inchiodato al suo posto, tranne per il fatto che era stato costretto a muoversi per seguire Loki.

Aveva accettato il suo monologo, completamente soggiogato dalla sua voce.

Sua nel senso letterale. Sua di Loki e sua propria.

-Ascoltami, Loki, non è ancora finita. Ci sarà ancora la seconda parte che...-

-Non mi interessa! Ho aspettato troppo a lungo, Thomas, troppo! Certo, potrei aspettare ancora. Sono un essere millenario, dopotutto, e per me un anno in più o in meno non cambierebbe. Ma se la mia attesa fosse vana? Se ancora una volta io vi accordassi fiducia e voi doveste mancare l'occasione di mostrare ciò che io sono? Potrei sopportare l'attesa, ma quello che non potrei sopportare è un'altra delusione. Tu lo capisci, non è vero? Mi capisci adesso che sto facendo appello alla tua umanità?-

Un'altra citazione di "Avengers".

Tom ormai le conosceva fin troppo bene.

E lui ancora una volta si era fatto affascinare dal monologo di Loki, dal suo tono allo stesso tempo feroce e disperato come nel primo Thor.

Quella voce che lui aveva creato per una sola battuta, quel "dimmelo!" in cui aveva dovuto racchiudere mille e trecento anni di lacrime e di angoscia.

-Ti capisco, Loki. Io non posso cambiare le scene che devo recitare, ma per quello che può valere ti comprendo e mi dispiace che tu non abbia potuto mostrare... di più-

Loki sbuffò, per nulla toccato dalla sua manifestazione di empatia.

-I miei complimenti per esserci finalmente arrivato, Thomas. Adesso vogliamo occuparci di come risolvere l'aspetto pratico della faccenda?-

Per un attimo (un attimo molto brutto) Tom ebbe il folle terrore che Loki lo avrebbe minacciato per costringerlo a sua volta a minacciare produttori e sceneggiatori di "Infinity war – parte due" affinché dessero più spazio al dio degli inganni.

Quella sarebbe stata la fine della sua reputazione. Sarebbe stata la fine della sua vita, perché sarebbe stato internato in un istituto per le malattie mentali se fosse andato in giro dicendo "il personaggio che ho creato vuole più considerazione".

O lo avrebbero preso per un approfittatore che voleva farsi pubblicità sleale, ipotesi che per lui era ancora peggiore.

-Cosa potrei fare per aiutarti?- gli chiese cauto.

-Dammi la tua voce-

Tom non era sicuro di aver capito bene. Gli veniva in mente solo un inquietante flash de "La sirenetta" con Ursula che ruba la voce di Ariel.

-Come hai detto, scusa?-

-Non fingere di non capire! Io avrei potuto dire molto di più, fare molto di più. E non mi è stato permesso. Non ci è stato permesso, Thomas. Quello che ti chiedo è di essere la mia voce, adesso. Tu sai cosa avrei detto e fatto. Sai cosa avrei potuto esprimere. E finché tu lo sai ma non lo fai, io sono bloccato. Per favore. Fammi dire tutto, dammi dei sentimenti, esprimimi come solo tu puoi fare. Liberami, Tom, perché solo tu puoi capirmi-

Il dolore negli occhi azzurri, che in realtà erano i suoi occhi, era troppo reale. Faceva davvero male, al di là della finzione cinematografica.

Il dio degli inganni era accorato, tormentato, era in uno di quei momenti di reale fragilità in cui la paura lo faceva precipitare.

Tom sapeva riconoscerli, e non potè fare a meno di sentirsi responsabile per lui e di volerlo aiutare.

-Va bene, lo farò-

Vide Loki sospirare di sollievo, ed anche lui, di riflesso, si sentì meno angosciato.

-Quindi io dovrei creare una scena per te, se ho capito bene?- gli chiese tanto per avere la conferma definitiva.

-Molto più di questo, Tom, e tu lo sai. Sii me. Fammi ridere, piangere o urlare; fai quello che sai che farei io-

Tom sospirò. Si era preso una bella responsabilità, complimenti! Ma sapeva di doverglielo, in fondo, perché lui aveva costruito buona parte del suo successo proprio sul tormento di Loki; come lo stesso dio aveva provveduto a ricordargli durante il loro primo incontro.

-Se vuoi che io sia te dovrò avere l'aspetto giusto. Ti dispiace?-

Indicò sé stesso ed i suoi abiti midgardiani, nonché i calzini con cui era rimasto.

In un attimo si chiese se fosse stato più imbarazzante se lui avesse indossato delle pantofole oppure se fosse tutto troppo strano e le sue pantofole sarebbero passate in secondo piano.

Ma anche sullo sfondo o fuori inquadratura, volendo.

-Devo darti ragione. A questo provvederò io-

Loki fece un gesto verso di lui, uno di quei suoi gesti eleganti ma allo stesso tempo pieni di potere, e Tom si trovò avvolto dalla luminescenza verde tipico delle illusioni del principe degli inganni.

Per un attimo ebbe un altro flash: Cenerentola con il vestito stracciato che veniva rivestita a nuovo dalla Fata Smemorina.

Accidenti, da quando aveva lavorato per la Disney in "Trilly e la nave pirata" non era più stato lo stesso!

Addosso a lui i vestiti erano diventati cuoio ed una stoffa sconosciuta, ed ai lati del suo campo visivo c'erano ciocche di un nero corvino impossibili da confondere, e sapeva che la barba corta che portava era sparita.

Tom non ebbe bisogno di uno specchio per sapere di essere diventato ancora una volta Loki di Asgard.

Il vero Loki, una volta portato a termine il suo compito, si sedette sul divano con le gambe accavallate.

Non sembrava rilassato, sembrava più che altro concentratssimo su di lui, e questo faceva sentire Tom come un topolino da laboratorio sotto lo sguardo attento dello scienziato.

Respirò a fondo ed ad occhi chiusi per calmarsi.

Non era mai stato così nervoso nemmeno agli esordi, accidenti!

Poteva dire a sua discolpa di non essersi mai esibito davanti ad un pubblico così esigente come un dio alieno con manie di protagonismo, ma ormai non aveva più tempo per le recriminazioni.

L'unica cosa che contava era che doveva improvvisare una scena bella, che rendesse giustizia a Loki.

Scelse la forma del monologo, nella migliore tradizione da teatro shakesperiano da "Riccardo III" ad "Enrico VI" a "Macbeth".

In fondo si diceva che il vero banco di prova per un attore era saper tenere avvinto il suo pubblico con il monologo.

Si concentrò su Loki. Chi era stato, come, cosa aveva fatto, cosa avrebbe dovuto fare.

Respirò a fondo, lentamente, con la magia delle illusioni di Loki che lo avvolgeva.

Rimase a lungo ad occhi chiusi e con una mano a coprirli, a testa china e con l'altra mano stretta attorno al gomito.

Dimenticò di essere nel salotto di casa sua e tentò di ricreare un luogo appartato nella sua mente.

-Tanto tempo fa un mortale più saggio degli altri disse che non si più giudicare se un uomo abbia vissuto una vita felice oppure no fino al momento della sua morte, perché in ogni momento può accadere qualcosa che trasforma un'esistenza dorata in rovine e cenere.

Io dico che questo vale anche per gli dei, e noi ne siamo la testimonianza.

Eravamo gli Aesir, i sovrani dei mondi ed i garanti dell'ordine nei Nove Regni. Adesso siamo un popolo di esuli, mischiati a profughi di altre razze su di una nave che nemmeno ci appartiene ma è stata sottratta con l'inganno a chi mi aveva ospitato.

Ci hanno detto che Asgard non è un luogo, ma un popolo.

Io dico che un popolo senza un luogo da chiamare casa è un popolo debole.

Il fato è davero imperscrutabile e crudele, e nessuno avrebbe mai potuto prevedere nulla di simile per il popolo di Asaehim.

Ragnarok non è stato per nulla simile a ciò che le leggende di Midgard avevano tramandato, ma il risultato è stato lo stesso: la distruzione di Asgard.

È ironico come si possa decidere di distruggere per salvare delle vite.

Forse per una volta sono costretto ad essere d'accordo con il mio odiato e disprezzato "fratello": tra il perdere sia il popolo che la città ed il perdere solo la città, anche io avrei scelto la seconda opzione.

Perché un popolo senza radici è un popolo debole, ed un popolo debole si affeziona molto più facilmente a chi si pone come guida.

Avrei potuto essere io, insieme a Thor. Abbiamo salvato Asgard unendo le forze, e quindi a parimerito.

E dunque avrebbe potuto essere il mio popolo, e lasciare a Thor come sempre le scorribande e gli affari che richiedessero forza bruta e poco cervello.

Eppure Thor mi ha sorpreso. Parlandomi di cambiamento mi ha... infastidito, ecco.

Oh, non che sia difficile infastidirmi, ma lui è riuscito ad infastidirmi in un modo che mi ha infastidito.

Ha osato accusare me, il maestro di magia, il mutaforma, il fabbro di menzogne, probabilmente l'essere con più identità nei nove regni, il cui nome deriva dalla stessa radice semantica del fuoco "Logi"... di essere statico. Di non voler cambiare.

Mi ha offeso con questo, perché nella mia esistenza non ho mai fatto altro che cambiare per ottenere l'approvazione di qualcuno.

Odino, Thor stesso, la corte di Asgard, il Titano, in ultimo persino il Gran Maestro... per tutti loro sono stato una persona diversa, eppure, a quanto pare, mai abbastanza per nessuno di loro.

Ho tentato in mille modi di dimostrare il mio valore.

Ho cercato di far capire di essere degno.

Non lo sono mai stato, se non ai miei occhi. E fa male avere il dubbio che in realtà loro avessero ragione e che io non fossi nulla di speciale.

È solo un piccolo pensiero che si aggrappa come la gramigna e mette radici nella ripida parete di roccia fatta di tutti gli episodi che mi darebbero ragione, e sono tanti in verità.

Mille momenti in cui io mi sono dimostrato più capace, più perspicace, più rapido di pensiero rispetto a tutti coloro che mi circondavano.

Eppure.

Eppure perché nessuno se n'è accorto? Perché tra tutte le mie abilità loro hanno riconosciuto solo l'inganno?

Non era inganno. L'inganno non esiste se non nel momento in cui viene scoperto.

Ma se serve ad evitare danni maggiori, perché ci si dovrebbe porre scrupoli?

È così che agisce un re, non certo facendo conoscere i suoi pensieri a chiunque.

Il potere è un fardello pesante da portare, e tuttavia sempre meglio doverlo portare da solo che dividerlo e doversi sempre guardare le spalle dal tradimento.

E mi hanno chiamato egoista per questo.

Ed io ormai sono stanco di spiegarmi a chi non capisce o non vuole capire.

Per cui, chi volesse considerarmi un imbroglione o un traditore, si accomodi pure da ora in poi-

Si rese conto solo in quel momento che si era davvero estraneato da tutto.

Fu come risvegliarsi da un sogno.

Tornò a vedere l'arredamento familiare di casa sua, ma la prima cosa che cercò con lo sguardo fu Loki.

Per un attimo aveva temuto di non trovarlo e che tutto fosse solo stato frutto della sua immaginazione, ed invece il dio degli inganni era ancora lì, che lo fissava proteso verso di lui e con gli occhi che scintillavano nella penombra.

Loki non dava segni di apprezzamento ed avrebbe potuto essere una statua per quanto era immobile, ma poiché lui non era ancora stato incenerito poteva ragionevolmente supporre che la sua performance avesse almeno l'attenzione, se non l'approvazione, del suo unico ed esigente spettatore.

Ed a dirla tutta ormai anche Tom ci aveva preso la mano.

In fondo quel gioco gli piaceva, e chi avrebbe potuto assecondarlo meglio di Loki in persona?

-Forse è vero: sono un bugiardo- sbottò infine. Loki trasalì a quella parole, ma ancora non lo ridusse ad un muccchietto di cenere.

Si limitò a fissarlo assottigliando gli occhi, in attesa di come lui avrebbe continuato.

Tom prese coraggio e continuò a riempire la stanza con la sua voce. Con la voce di Loki.

-Non solo sono fabbro di parole, ma posso anche manipolare la realtà. Io mento con ogni gesto che faccio, con ogni sguardo che potreste incrociare.

Io mento, inganno, getto polvere negli occhi di chi mi guarda e veleno nelle orechie di chi mi ascolta.

E mento su me stesso e sugli altri.

Su tutti, nessuno escluso.

L'inganno è l'arte di chi non si accontenta della propria realtà, ed io sono un grande artista.

Io forgio menzogne per forgiare una nuova realtà. Con le mie parole di miele ed acre io posso riplasmare il mondo.

Ed ho ancora tante e tante menzogne da raccontare, probabilmente tante quante sono le stelle di questo cielo senza fine che stiamo solcando.

Ma adesso è il momento per la mia verità, che è menzogna per chi non vuole accettarla.

Posso dire la verità su Odino, il sovrano della vigliaccheria. Lui, che ha rubato da me il titolo di "padre" e mi ha ceduto generosamente quello di "fabbro di menzogne" che sarebbe spettato a lui molto più che a me.

Perché mentire forse è nella mia natura, ma posso dire di essere stato allevato da un vero maestro del genere. Io mi sono limitato a perfezionarne l'arte, e si sa che a nessuno piace chi diventa più bravo. Credo sia stata questa la ragione dell'astio del padre degli dei nei miei confronti: eliminare la concorrenza.

Ancora oggi non so cosa sono stato per lui, né mai lo saprò perché Odino, infine, al momento di scomparire ha detto "i miei figli".

Non negherò di aver nutrito una speranza in quel momento. Ma poi è apparsa Hela. Ed io m domando, mi domanderò sempre, se quell'invocare me e Thor come "i suoi figli" non sia in realtà stato l'ennesimo inganno nei miei confronti, perché mi sentissi legato ad Asgard ed aiutassi Thor ancora una volta.

Non lo saprò mai, e questo dubbio si sommerà agli altri che già mi porto dentro a strapparmi ancora un po' ed un po' più a fondo.

Era sincero in punto di morte oppure era la ragione di stato che parlava attraverso di lui fino all'ultimo?

Eppure se solo me lo avesse chiesto, io avrei combattuto.

Avrebbe potuto dire "Loki, difendi Asgard" ed io l'avrei fatto.

Perché io amavo Asgard! Amavo i giardini del Fensalir, e le alte mura di Valaskjalf, e la sala delle reliquie in cui io e Thor venivamo condotti da ragazzi ad ammirare i trofei che Asgard aveva accumulato nei secoli per fare nascere in noi l'orgoglio di appartenere alla fiera razza degli Aesir.

In me era nato quel sentimento. L'errore di Odino è stato non permettermi di dimostrarlo.

Mi ha creato e poi messo da parte, senza rendersi conto che io non ero una delle sue reliquie inanimate, e che avevo dei sentimenti.

Ma Odino non si è mai curato troppo dei sentimenti, nemmeno quando l'ho guardato con gli occhi pieni di lacrime ed ho tentato di spiegargli perché.

Non avrebbe capito, oppure sapeva già tutto e non gli importava.

Io volevo solo che mi fosse data la possibilità di dimostrare cosa potevo fare per il mio regno!

Non avrei potuto aspettare in eterno che qualcuno mi reputasse degno, e dunque ho dovuto agire da solo.

È stato un male? Se lo è stato, io non riesco a vederlo, e di certo non mi fiderò del giudizio di chi mi disprezza-

Era riuscito a mettere un tono particolare nell'ultima frase: tutto il tono altezzoso di un principe spodestato che ha intenzione di riprendersi ciò che è suo.

Tom sapeva che era così, e che Loki vedeva sé stesso come qualcuno un passo avanti agli altri e quindi il più adatto a governare. Non che avesse torto. Ma Loki era anche qualcuno che non voleva ammettere le sue fragilità, ed era il non volerle ammettere la sua vera debolezza.

Guardò verso il suo pubblico con una sicurezza nuova. La sicurezza che avrebbe dato ad un principe.

Incrociò lo sguardo di Loki e nessuno dei due cedette.

Il dio degli inganni era ancora una volta perfettamente immobile, ma Tom era in grado di cogliere il respiro che si era fatto appena più rapido nel suo petto.

Era successo anche a lui. Si era immedesimato nella parte ed aveva ancora molto da dire a nome di Loki.

Si morse le labbra in preda ad un'improvvisa inquietudine.

Pima di pensare a cosa stava facendo iniziò a camminare per la stanza per scaricare la bolla d'ansia che gli premeva in gola.

-Ma forse è sciocco stare qui a recriminare sul passato quando un destino peggiore di Ragnarok incombe su di noi.

Io non ho certo dimenticato Thanos, la promessa che gli avevo fatto ed il mio fallimento. Non sono molti gli esseri ancora viventi che hanno contrariato il Titano Folle.

Io sono stato sia molto astuto che molto fortunato. Una combinazione preziosa.

Ma non dimentico mai l'ombra che incombe su di me.

Su di noi. Su me, Thor, i superstiti di Asgard, su tutti gli esseri viventi di questo universo.

La partita contro Thanos ha ancora troppe incognite, e forse per la prima volta in vita mia sto provando il tarlo del dubbio sulla riuscita di un mio piano.

Prima che Asgard andasse distrutta mi sono premurato che tutto ciò che era contenuto nella sala delle reliquie fosse messo al sicuro.

Una piccola, semplice precauzione, perché sarebbe stato un vero peccato perdere per sempre la magia racchiusa in certi manufatti.

E Thor non mi ha mai chiesto nulla al riguardo.

Non ho nemmeno avuto bisogno di mentirgli in proposito, perché nonostante lui sia cambiato come gli piace ricordarmi, non è ancora arrivato a pensare come me.

Ha imparato bene, Thor, ma non ha certo imparato tutto.

Ci sarà tempo, forse, prima che inizi lo scontro vero e proprio, e forse imparerà abbastanza da sopravvivere.

Quanto a me, non servo padroni. Ciò che faccio ha lo scopo di prendere tempo finché le condizioni non mi sono favorevoli, e chissà che stavolta, se sopravviveremo a questo scontro, non riuscirò a prendermi il rispetto che merito-

Si fermò davanti alla finestra, ma al posto del tendaggio vedeva le stelle lontane attraverso il vetro di un'astronave.

-Quindi io, Loki di Asgard, combatterò ancora. Non so in quale schieramento, non so con quali mezzi, ma non inizierò adesso a subire passivamente il destino. Forse mi ricorderanno tra i loro eroi a battaglia conclusa, o forse mi ricorderanno come un folle, un traditore ed uno spergiuro, ma non darò mai a nessuno motivo di reputarmi un vigliacco-

Sentì un movimento alle sue spalle e capì subito che doveva essere Loki, ma non si fermò.

-Io posso essere tutto ciò che voglio, e dal momento che la vigliaccheria non è altro che una forma di mediocrità, io non l'accetterò mai associata al mio nome-

Si voltò verso Loki e lo guardò negli occhi senza nessun timore.

-Perché io sono Loki, da Asgard. E sto ancora bruciando di gloriosi propositi-

Forse non era saggio adottare quel tono di sfida davanti al principe.

Non importava. Era Loki che gli aveva chiesto di essere lui, e Loki non si sarebbe ma tirato indietro.

Rimasero a scrutarsi.

Erano uno il perfetto riflesso dell'altro, e la tensione che vibrava in Loki era la stessa che Tom aveva creato per sé e per lui.

-Credo che così possa bastare- disse Tom. Aveva ancora il respiro pesante.

-Per ora, Thomas. Per ora- gli concedette Loki.

In quel "per ora" Tom non sapeva se leggere una minaccia oppure una promessa.

Loki sollevò le mani per accarezzargli il viso ed al tatto la sua pelle era fresca.

Gli tolse di dosso l'illusione e Tom tornò ad essere Tom, con i suoi capelli ramati ricci, gli abiti midgardiani ed i piedi ancora a terra sul pavimento.

Iniziava a sentire davvero freddo.

Avrebbe tanto voluto dire "scusa un attimo che vado a prendermi un paio di pantofole" ma si vergognava troppo.

Per evitare di congelare troppo finse nochalance e puntò dritto al divano e soprattutto al tappeto.

-Ci sediamo un attimo?-

-Non vedo perché no-

Adesso che Tom era tornato sé stesso era tornata anche la soggezione nei confronti di Loki.

Non si sentiva in pericolo, ma avere in casa in do norreno nonché personaggio letterario era tornato ad essere strano.

Un dio norreno che non faceva nulla per metterlo a suo agio, dato che anche se si era seduto con apparente disinvoltura sulla penisola del divano continuava a puntare su di lui uno sguardo più che pesante.

-Quanto puoi restare in... in questo mondo, diciamo?- gli chiese Tom anche solo per spezzare il silenzio.

-Tutto il tempo che voglio. Ti ricordo che io sono un dio-

Tom potè sentire chiaramente nell'aria che la frase continuava con "creatura ottusa" ma forse Loki non lo aveva detto a voce alta per una forma di educazione.

-Giusto. Certo-

-Allora, perché mi hai offerto ospitalità, a parte l'ovvio fatto che stavi congelando come se fossi a piedi nudi sui ghiacci di Jotunheim?-

Acc! Allora se n'era accorto! E lui che pensava di averla fatta franca!

-Io... ecco...-

-Non fingere, Tom. Con me non ne hai bisogno-

Suo malgrado Tom sorridette.

-In realtà vorrei chiederti come stai-

-In che senso? Sto bene, non si vede?-

-Quello che di te si vede e quello che è reale sono due cose diverse-

Stavolta fu Loki a sorridere.

-Hai imparato bene, Thomas-

-E dunque qual'è la tua risposta?-

-A cosa?-

-A ciò che ti ho appena domandato. Come stai?-

-Ti ho già risposto: sto bene. Anche tu dubiti delle mie parole?-

Ecco: Loki era riuscito a farlo sentire in colpa.

-No, scusami, è che voglio capirti. Capirti davvero-

-Tu mi capisci già, Tom. Tu hai accesso a tutti i miei sentimenti e pensieri. Dimmelo tu come sto-

Tom non capiva se era una sfida oppure una vera richiesta di comprensione. Non era certo facile e con Loki poteva essere entrambe le cose.

-Scusa. Forse sono invadente-

-Tu lo dici. E sì: conosco testi di altre religioni abbastanza da citarli a proposito-

Tom rimase interdetto. Non ci aveva mai fatto caso, ma per Loki era ovvio che fosse in quel modo, perché in mezzo a tutti i libri che aveva letto e con la sua curiosità era normale che si fosse informato su forme di culto alternative di Midgard.

-Nel senso... vuoi davvero che o ti dica come stai?-

-Lo voglio davvero?-

Tom sospirò. Altri cinque minuti di discussione in quel modo ed a lui sarebbe venuto mal di testa.

Ma non voleva lasciare l'ultima parola a Loki.

-Sì, tu vuoi che te lo dica. Lo vuoi almeno quanto lo temi-

Loki si irrigidì, come pronto ad attaccare o a fuggire.

-Ed è per questo che io non dirò una sola parola- continuò Tom -Non ce n'è bisogno-

Loki lo squadrò per un lungo attimo, poi annuì lentamente.

-Sei un umano saggio, Tom Hiddleston. Più persone dovrebbero essere come te-

Bè, quello poteva anche essere un complimento.

Tom non ne era sicuro, anche perché la stanchezza iniziava a farsi sentire. Non aveva il coraggio di indagare su che ore erano.

-Molto bene, Thomas, adesso credo che sia ora di salutarci. Tu non ti reggi più in piedi dalla stanchezza ed io ho delle faccende di cui occuparmi-

Tom reputò più saggio non chiedere di che tipo di faccende si trattasse.

-Tornerai?- gli chiese.

-Se sarà necessario-

-Non voglio sapere cosa tu intenda per "necessario"-

-Ancora una volta molto saggio da parte tua-

Loki si alzò dal divano e Tom era indeciso se fare lo stesso per accompagnare il suo ospite alla porta.

-Non disturbarti. Ci sono altre vie-

-Ah, già... dimenticavo-

-Ma apprezzo il pensiero. Sei un umano degno di attenzione, Tom Hiddleston. E... e...-

Non era abituale che Loki esitasse o restasse senza parole, ma in fondo Tom sapeva qual'era il problema e provò a toglierlo dall'imbarazzo.

-Non c'è bisogno che mi ringrazi. L'ho fatto volentieri perché tu lo meritavi. È stato un onore-

-Oh, questo lo so. Ma non posso andarmene senza ringraziare: Madre non me lo perdonerebbe mai. E quindi... ti ringrazio per tutto ciò che hai fatto per me, Thomas William Hiddleston-

Tom non ebbe emmeno bisogno di chiedere come mai Loki si riferisse a Frigga come se fosse viva: era perché lui sperava che tra tanti personaggi Marvel che avrebbero dovuto essere morti e che invece erano rispuntati, ci fosse un posto anche per Frigga.

-Allora... arrivederci, Loki?-

-Sì. Arrivederci-

Tom aveva ormai gli occhi che bruciavano per la stanchezza.

Tempo di sfregarli per tentare di dare un po' di sollievo e Loki era già sparito.

Lui era di nuovo solo nel salotto di casa sua, come se non avesse avuto il secondo incontro più surreale della sua vita.

Sul divano vicino a lui c'era ancora l'elmo del dio degli inganni, e Tom si chiese vagamente se sarebbe tornato a prenderselo. Peccato che lui ormai non connettesse più per la stanchezza e non riusciva ad articolare bene i pensieri

Si buttò di lato sul divano e poco dopo dormiva profondamente.

***

Si svegliò il giorno dopo con una strana luce blu che gli feriva gli occhi.

-Dunque è qui il Tesseract- Disse una voce profonda come il rombo del tuono -Svegliati, mortale, e consegnami la Gemma dell'Infinito-

Tom trasalì quando comprese che la voce era di Josh Brolin, che nei film era... Thanos!

Oh, no! No, no, no... proprio no! Loki poteva ancora andare bene, ma Thanos a casa sua... no!

Scattò a sedere solo per accorgersi che aveva dormito tutto il tempo stretto al Tesseract come se fosse un orsacchiotto.

Accidenti, e quello da dove saltava fuori?!

Davanti a lui aveva il Titano Folle che avanzava a passi lenti ma inesorabili per prendersi quello che era suo, e Tom si chiese se avrebbe dovuto combattere per difendere il Tesseract.

Accidenti, ma non avrebbe potuto apparire anche qualche eroe ogni tanto? Qualcuno che lo aiutasse, magari?

Tom strinse il cubo di riflesso.

Provò a pensare a qualcosa ma non gli veniva in mente nulla, e Thanos era arrivato ormai di fronte a lui.

Solo che, invece di mirare al cubo, il Titano prese l'elmo con le corna che stava ancora accanto a lui.

-Scusa...-

L'illusione svanì ed invece di un Titano con manie genocide di fronte a lui c'era Loki con un gran bel sorriso soddisfatto.

Anche il cubo sparì dalle sue mani, con gran sollievo di Tom a dire la verità, e lui si abbandonò contro lo schienale sospirando per il sollievo.

Il suo cuore martellava nel petto e non era sicuro che se lo scherzo fosse continuato lui sarebbe sopravvissuto.

-Sai, dovevo riprendermi l'elmo e non ho resistito. E poi ti ricordo che sei stato tu, ieri, a chiedermi di fare qualcosa "da Loki" per avere la prova che fossi davvero io. Spero che questo sia stato abbastanza-

-Più che abbastanza, stai tranquillo. La prossima volta non disturbarti-

Il sorriso del dio degli inganni divenne ancora più largo e soddisfatto.

-Nessun disturbo, Thomas. È stato un vero piacere-

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Cantuccio dell'Autore


Buonsalve e benritrovati.

Giuro che ho provato a resistere alla tentazione, ci ho provato davvero con tutte le mie forze.

Avevo iniziato a buttare giù questa "cosa" dopo "Ragnarok", delusa da come il personaggio di Loki fosse stato gestito malissimo e definitivamente privato di carisma e fascino, poi avevo deciso di attendere "Infinity war" per lasciare il beneficio del dubbio... e lì Loki è finito strozzato come una gallina entro i primi dieci minuti di film!

Ed allora no! Scusate ma io mi devo ribellare!

Forse con la seconda parte di "Infinity war" accadrà il miracolo, ma intanto io mi sono sfogata per le troppe occasioni mancate e per come è stato rovinato l'ottimo inizio del primo "Thor" e del primo "Avengers".

Mi scuso con Tom Hiddleston, se mai (cosa improbabile) dovesse venire a conoscenza di questa cosa.

Caro Tom, non era mia intenzione farti sembrare uno psicopatico vittima del suo alter ego immaginario come il protagonista di "Fight Club", ma poiché me ne sono accorta solo quando avevo finito di scrivere ho pubblicato lo stesso.


Buona giornata a tutti, compreso Tom, e cominciate a pregare per maggio del 2019 quando uscirà la seconda parte di IW.


Makoto


   
 
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